giovedì 16 luglio 2015

Myrath - Tales of the Sands

I tunisini Myrath sono uno dei gruppi più noti del movimento oriental metal che nei primi anni del nuovo millennio è stato particolarmente florido in Israele, nella penisola arabica e nel Maghreb. Ma a differenza di tutte le altre formazioni di questo movimento musicale i Myrath affondano le proprie radici nel prog e nel power metal, anziché nel black e in altre forme più estreme; la musica che ne risulta è un meraviglioso connubio di sonorità arabe e orientali con un metal riconducibile a modelli quali i Symphony X, Kamelot e in parte anche ai Dream Theater.

Il loro terzo album intitolato Tales of the Sands pubblicato nel 2011 è il miglior esempio di quanto valida e fresca sia la musica prodotta dalla band. Ogni brano è composto da una efficace mistura di mondi musicali diversi con la componente metal della musica dei Myrath, ricca di melodia, che si mischia alla perfezione ai suoni tradizionali dei luoghi di origine della band.

Tra i brani degni di una menzione particolare troviamo Under Siege che si apre con un vocalizzo di grande effetto della soprano francese Clémentine Delauney (ex cantante dei Serenity e attuale voce dei Visions of Atlantis) che si unisce al suono della tastiera e poco dopo al resto della strumentazione. Anche la title track è tra i brani migliori e anche questa si apre con un vocalizzo particolarmente efficace ed è caratterizzata da una melodia orientale ancora più marcata che crea il pezzo di migliore impatto di tutto il disco anche grazie al ritornello cantato in lingua tunisina. Il cantante Zaher Zorgati alterna lo stile di canto tradizionale a quello arabo e dimostra di sapersi muovere bene in entrambe le tradizioni, impreziosendo così i brani con un altro tocco di unicità.

Tutti i movimenti musicali caratterizzati dalla mistura di sonorità diverse sono di norma portati avanti da pochi gruppi davvero innovativi e da un lungo stuolo di emuli; ad esempio questo è accaduto nel crossover di fine anni 90 e nel celtic rock francese dei primi anni duemila, e lo stesso è avvenuto nell'oriental metal con gruppi con gli Orphaned Land e i Narjahanam a guidare un nutrito gruppo di imitatori. Ma i Myrath si distinguono sia dai primi che dai secondi creando una musica decisamente godibile e unica e fortunatamente del tutto priva di growl, molto usato invece dagli altri gruppi e che altro non fa che rendere brutto qualcosa che sarebbe altrimenti molto bello.

giovedì 9 luglio 2015

Tang Dynasty - A Dream Return to Tang Dynasty

I pechinesi Tang Dynasty sono spesso definiti il primo gruppo metal cinese. Francamente non ci sembra che la musica dei Tang Dynasty sia annoverabile nel metal, siamo più propensi a definirlo hard rock, ma a parte le etichette quello che importa è che la musica della band è decisamente di alto livello ha portato una bella ondata di novità fin dal loro album di esordio intitolato A Dream Return to Tang Dynasty pubblicato nel 1992.

La peculiarità dei Tang Dynasty è che la loro musica fonde elementi dell'hard rock, con forti chitarre di chiara ispirazione NWOBHM, con sonorità tradizionali cinesi suonate con gli strumenti della loro terra. Ne sono ottimi esempi i brani A Dream Return to Tang Dynasty e la ballad The Sun (sulla copertina del CD i titoli dei brani sono riportati in inglese e non in ideogrammi cinesi, almeno nella copia in nostro possesso). In alcuni casi le due componenti musicali sono semplicemente accostate, mentre in altri sono proprio mischiate. Il canto di Ding Wu spazia dalla tradizione del canto cinese all'hard rock di stampo più occidentale fino a lanciarsi in acuti, come nei brani Nine Four e Dream of Doomsday, che effettivamente sono l'unica componente di questo disco che si avvicina all'heavy metal, non raggiunge di certo i livelli di Bruce Dickinson o Rob Halford (a cui comunque si ispira), ma dal punto di vista estetico l'esito è comunque molto bello da ascoltare.

Il disco offre un'ottima varietà di pezzi veloci, in cui il suono delle chitarre si fa più forte, e di ballad, come la già citata The Sun e la suggestiva The Moon Hangs High. Ma la vera perla di questo album è il brano di apertura: il famoso inno socialista Internationale qui riproposto in chiave hard rock che pur mantiene l'impatto sonoro di un inno grazie al canto corale di grande effetto. Tra i brani spicca anche Paradise dalle forti atmosfere AOR per via della melodia più marcata e del trascinante coro che chiude il brano.

Nonostante non siano molto prolifici e a volte fanno passare anni e anni tra una pubblicazione e l'altra i Tang Dynasty sono ancora in piena attività e continuano a sfornare album di buon livello sulla scia dei loro inizi e dimostrando che in ogni zona del mondo esiste buona musica, spesso impreziosita dalla tradizione locale.

giovedì 2 luglio 2015

Muddy Waters - After the Rain

Muddy Waters è un musicista coraggioso. Perché solo un musicista coraggioso avrebbe potuto incidere album come Brass and the Blues, in cui rinuncia al proprio stile per avventurarsi in una via di mezzo tra B.B. King e Otis Redding, ed Electric Mud, in cui prova a miscelare il blues e il rock psichedelico tipico degli anni in cui il disco è stato pubblicato. Ma non sempre una scelta coraggiosa corrisponde a musica di buona qualità, infatti i due album sopra citati sono ampiamente discutibili: il primo è decisamente noioso e poco efficace, il secondo confuso e poco amalgamato con gli strumenti che sembrano suonare senza coordinazione.

Ma oltre che essere coraggioso, Muddy Waters è anche un genio della musica a tuttotondo e dopo due album così sperimentali ha dimostrato di aver imparato la lezione, prendendo quanto di buono questa esperienza gli aveva lasciato e usandolo per condire quello che è il suo stile distintivo: e il risultato è stato l'ottimo album After the Rain del 1969. In questo disco Muddy Waters torna a suonare la chitarra elettrica, cosa che non faceva da Folk Singer del 1964, e mantiene quel poco di suono distorto che aveva sperimentato in Electric Mud e senza arrivare agli accessi di allora.

Tutti i brani sono caratterizzati dalla chitarra e dalla voce di Muddy Waters che danno un'impronta potente, il disco è composto da cinque pezzi nuovi e da tre standard dello stesso Muddy e tutti gli otto brani sono di ottimo livello. Spiccano sicuramente I am the Blues che apre il disco, l'onirica Bottom of the Sea e la più allegra Honey Bee.

After the Rain è caratterizzato da suoni appartenenti al delta blues, di cui Muddy Waters è un maestro indiscusso, leggermente impreziositi dal rock psichedelico senza che questa componente ne prenda il sopravvento.

Si tratta in sintesi un album di grande blues che aprì le porte al ritrovato successo commerciale per Muddy Waters nel giro di pochi anni. Del resto una delle caratteristiche dei geni della musica è anche quella di sapere imparare dai propri errori.


giovedì 25 giugno 2015

La morte di Jim Morrison

James Douglas Morrison, universalmente noto come Jim, morì a 27 anni a Parigi la mattina del 3 luglio del 1971. L'unico testimone delle ultime ore di vita del cantante è la compagna dell'ultimo periodo della sua vita, Pamela Courson che al tempo aveva 24 anni, cui con abitava nell'appartamento affittato dalla ragazza al quarto piano del numero 17 di rue Beautreillis. La sera del 2 luglio i due erano usciti per andare al cinema dove videro Pursued (che in italiano si intitola Notte senza fine) con Robert Mitchum; dopo il cinema si fermarono per la cena in un ristorante cinese su rue Saint-Antoine e all'una tornarono a casa.

Jim si sedette davanti a un blocco per appunti sperando che gli venisse un'ispirazione per scrivere qualche poesia mentre beveva whisky direttamente dalla bottiglia e mentre Pamela tagliava strisce di eroina su uno specchio usando una carta di credito. Morrison odiava l'eroina e rimproverava a Pamela la sua dipendenza da questa sostanza, ma quella notte trasgredì al suo stesso principio; forse sistemandola in strisce la ragazza riuscì a fargli credere che si trattasse di cocaina. Jim non riusciva a scrivere nulla e i due iniziarono a tirare l'eroina insieme usando delle banconote arrotolate. Per un po' guardarono alcuni filmini in Super-8 delle loro vacanze passate, mentre ascoltavano in sottofondo vecchie canzoni dei Doors. Jim era irrequieto e nonostante fosse piena notte aprì la porta di casa e uscì sul pianerottolo a schiamazzare finché Pamela non lo riportò all'interno dell'appartamento.

Andarono a dormire intorno alle tre, dopo un'altra striscia di eroina. Un'ora dopo Pamela si svegliò disturbata dai lamenti di Jim che sembrava stesse soffocando e annegando nella sua stessa saliva. Non era la prima volta che questo accadeva e la ragazza provò a svegliarlo, lo prese anche a sberle e dovette farlo più e più volte e con molta forza prima che lui rinvenisse. Jim decise quindi di farsi un bagno caldo e dopo che il cantante si stese nella vasca la ragazza tornò a dormire. Poco dopo Pamela fu svegliata di nuovo: Jim stava vomitando. La ragazza si precipitò in bagno e lo trovò che rimetteva grumi di sangue e pezzi di ananas, corse quindi in cucina a prendere una casseruola che gli portò affinché potesse vomitarci dentro anziché sporcare l'acqua della vasca. La donna quindi gettò il vomito nel lavandino e lavò la casseruola, compì questa operazione per tre volte. Intorno alle cinque Jim disse che si sentiva meglio, ma restò nella vasca mentre Pamela tornò a letto.

Circa un'ora dopo Pamela si svegliò di nuovo e notò che Jim non era tornato nel letto con lei. Corse in bagno e lo trovò ancora nella vasca in stato di incoscienza; provò a svegliarlo ma senza alcun risultato. In preda al panico e cosciente del fatto che il suo francese non era sufficiente a chiamare un'ambulanza, Pamela chiamò l'amico di Jim Alain Ronay a cui chiese, tra i singhiozzi e a voce bassa, di chiamare un'ambulanza per lei. Alain e la sua compagna Agnes Varda chiamarono quindi i vigili del fuoco che arrivarono in pochi minuti, guidati dal colonnello Alain Raisson (la cui testimonianza è stata raccolta sia dal documentario francese Gli ultimi giorni di Jim Morrison sia da Final 24: Jim Morrison), e lo trovarono immerso nell'acqua tinta di rosa dal sangue e ancora calda. I pompieri lo estrassero dalla vasca e lo stesero sul pavimento della camera da letto seguendo le indicazioni di Pamela. Raisson gli praticò un massaggio cardiaco, ma capì subito che Jim era deceduto. I due pompieri allora sollevarono il cadavere per deporlo sul letto.

Già fin qui alcune cose non sono chiare. Come abbiamo già detto secondo tutte le fonti Pamela si svegliò alle 6 e trovò Morrison in stato di incoscienza. Ciò nonostante la telefonata ai pompieri, come riferito dallo stesso Raisson, arrivò solo alle 9:20 e i pompieri arrivarono in quattro minuti. A questo punto si apre anche il quesito di a che ora Pamela abbia telefonato a Ronay, secondo il biografo Stephen Davis, autore del volume Jim Morrison: Life, Death, Legend, questa telefonata avvenne alle 7:30. Ci sono quindi due voragini temporali impossibili da spiegare.

Comunque, poco dopo l'intervento dei pompieri arrivarono anche Alain Ronay e Agnes Varda e dopo di loro, alle 9:45, arrivò anche l'ispettore di polizia Jacques Manchez che raccolse la deposizione di Pamela. Tutti e tre i presenti dichiararono alla polizia che il morto si chiamava Douglas James Morrison in modo che non venisse identificato e che non si destasse clamore e siccome neanche i pompieri lo avevano riconosciuto ancora nessuno al di fuori dei tre amici di Jim sapeva che un noto cantante rock era morto nella vasca. Poco dopo arrivò anche il medico legale che, anche grazie al lavoro di Ronay che tradusse per lui le risposte di Pamela, stabilì in pochi minuti che si era trattato di un decesso per cause naturali e lasciò loro un modulo compilato da portare all'anagrafe per ottenere il certificato di morte. Ma quello stesso pomeriggio l'ufficio dell'anagrafe rifiutò di emettere il certificato ritenendo non sufficienti le frettolose spiegazioni del medico legale.

Fu inviata una nuova squadra di polizia, questa volta guidata dall'ispettore Berry il quale sospettava che Morrison fosse morto di overdose. L'uomo interrogò Ronay e Pamela a lungo e riprese vigorosamente la ragazza per aver abbandonato Jim nella vasca per tre volte per lavare la casseruola in cui aveva vomitato. I due ammisero che Morrison aveva consumato alcol, ma tacquero riguardo alle droghe che nel frattempo avevano fatto sparire dalla casa. Berry ordinò un nuovo controllo da parte di un altro medico e il dottor Max Vassille arrivò alle 18 per constatare, di nuovo in pochi minuti, che si era trattato di arresto cardiaco per cause naturali e convinse Berry a non insistere. Il corpo rimase steso nel letto fino al 5 luglio e per due notti Pamela dormì accanto al cadavere di Jim.

Un racconto leggermente diverso su come sono andati i fatti fu raccolto da alcuni amici di Jean de Breteuil, nobile francese discendente da una famiglia di marchesi e noto spacciatore da cui si riforniva abitualmente proprio la Courson, pochi giorni dopo in Marocco. Jean raccontò che quando Pamela si svegliò alle 6 del 3 luglio trovò la porta del bagno chiusa a chiave dall'interno. La ragazza chiamò Jim e bussò con forza, ma non ottenne risposta. Alle sei e trenta Pamela chiamò quindi proprio Jean il quale si trovava a letto con la ben nota Marianne Faithfull a cui disse di dover andare via perché aveva ricevuto la telefonata di Pamela. Arrivò da lei in circa mezz'ora, ruppe il vetro della porta del bagno e finalmente i due poterono entrare e furono i primi a vedere il cadavere di Jim Morrison.

Lo trovarono senza vita mentre dal naso e dalla bocca perdeva ancora sangue e con due lividi violacei sul petto. Pamela iniziò a urlare, entrò nella vasca e prese a sberle Jim nella speranza di risvegliarlo, fin quando Jean la prelevò di forza e la portò fuori dal bagno, quindi le disse che a breve sarebbe partito per il Marocco e di chiamare Alain.

Il racconto di Jean è poco realistico per una serie di motivi. Anzitutto come si vede dal fotogramma accanto tratto da Gli ultimi giorni di Jim Morrison (che mostra le vere stanze dell'appartamento in cui è morto il cantante, al contrario di Final 24 che mostra invece una ricostruzione grossolanamente sbagliata) e considerando che, come specificato da Raisson, Morrison era steso con la testa dalla parte opposta della vasca rispetto alla porta, per chiudere a chiave Jim avrebbe dovuto alzarsi, camminare per alcuni metri fuori o dentro la vasca, girare la chiave e tornare a stendersi nella vasca. E' uno scenario poco realistico per un uomo che si sente male e che non riesce a tornare a letto. In secondo luogo pensare che Pamela da sola non fosse in grado di sfondare il vetro è semplicemente ridicolo, si trattava probabilmente di un vetro singolo che avrebbe potuto rompere a mani nude o con qualunque utensile casalingo. In ultimo Raisson nel suo racconto non menziona mai la presenza di vetri rotti a terra e se ci fossero stati sarebbero stati un dettaglio degno di menzione. Potremmo anche aggiungere che dalle immagini del documentario francese la porta in questione non ha alcun vetro, ma ovviamente negli anni le porte potrebbero essere state sostituite e quindi si tratta di una considerazione molto debole.

Secondo una ricostruzione ancora diversa Jim sarebbe invece morto intorno alle 3 di notte del 3 luglio al night club Rock'n'Roll Circus che frequentava abitualmente. Jim si sarebbe chiuso in bagno e sarebbe morto di overdose da eroina iniettata in vena nel bagno del locale e poi sarebbe stato trascinato fuori attraverso un altro locale, l'Alcazar che è collegato al Circus da un tunnel, e portato a casa dove è stato deposto nella vasca da bagno. Questa versione è sostenuta dall'ex proprietario del Circus Sam Bernett (che però ammette di non aver visto Jim e che la vicenda gli è stata raccontata) e da alcuni avventori del locale presenti quella sera. A parte l'evidente assurdità di portare fuori un cadavere da un locale gremito e trasportarlo per tre chilometri da rue Mazarine (dove si trova l'Alcazar, il Circus invece dava su rue de Seine) a rue Beautreillis senza essere visti da nessuno, se Jim avesse avuto buchi nelle braccia questi sarebbero stati notati da entrambi i medici legali e anche dai pompieri che invece non hanno ravvisato nulla di strano. Inoltre non si capisce perché Pamela avrebbe dovuto prestarsi a una simile sceneggiata. La cosa più probabile è che gli avventori del bar abbiano scambiato un altro cliente per Jim Morrison.

Nel 2014 è emersa ancora un'altra teoria sostenuta proprio da Marianne Faithfull che è in contraddizione con tutte le precedenti. Sostenne la Faithfull in un'intervista alla rivista musicale Mojo che la sera del 2 luglio Jean si recò a casa della Courson per consegnare a Morrison una dose di eroina che si rivelò fatale, il cantante morì poi nella vasca dove è stato trovato. Sebbene questa teoria sia meno folle delle altre e non prevede improbabili trasporti di cadaveri, siamo restii a prenderla per buona perché la fonte è assolutamente inattendibile. La Faithfull nella sua autobiografia uscita nel 1994 e intitolata Faithfull sostenne la prima versione secondo cui Jean andò a casa di Pamela dopo la telefonata di questa e non giustifica questo suo disinvolto cambio di versione né in base a cosa ritiene di aver individuato la causa della morte di Morrison. In ultimo di nuovo non si capisce perché Pamela avrebbe dovuto mentire e scagionare Jean.

Altre teorie sulla morte di Morrison vogliono che abbia finto la propria morte e che sia ancora vivo. Altre dicono invece che sia davvero morto e che il suo fantasma appaia magicamente nelle foto scattate sulla sua tomba. Ma si tratta di sciocchezze talmente risibili da non meritare alcuna trattazione.

Sebbene il quadro generale sia chiaro e delineato è innegabile che qualche mistero nella morte di Jim Morrison resti. Purtroppo Jean de Breteuil morì lo stesso anno a Tangeri e nel 1974 a 27 anni anche Pamela Courson morì nella sua casa di Los Angeles per overdose. I misteri sulla morte della storica voce dei Doors resteranno per sempre tali.

domenica 21 giugno 2015

The Darkness - Last of Our Kind

Il 2015 ha visto il ritorno, a tre anni dall'ultimo album, della band inglese The Darkness con il nuovo disco intitolato Last of Our Kind. L'album è stato anticipato da due ottimi singoli: Barbarian e Open Fire. Le prime due tracce pubblicate hanno dato un chiaro segnale del fatto che la band volesse continuare sulla strada già intrapresa dell'hard rock con forti influenze hair metal e AOR fatto per divertire e fare festa.

Barbarian attinge a piene mani dalle chitarre degli INXS (a chi non è venuta in mente The One Thing?) e per il ritornello dalla voce di Gene Simmons (a chi non è venuta in mente Unholy?). In modo del tutto simile Open Fire ricorda più di un brano dei The Cult, sopra a tutti Rain. Questi due brani introducono alla grande il disco che prosegue su atmosfere allegre e festaiole per tutte le 10 tracce attingendo dai grandi del passato e riportando atmosfere di gioia che sembravano perse dopo gli anni 80. Tutte le dieci tracce sono decisamente ottime, difficile scegliere quali siano le migliori oltre ai due singoli già citati; se fossimo costretti forse sceglieremmo Hammer & Tongs, in cui il cantante Justin Hawkins si lancia in una non troppo velata imitazione di Mick Jagger, e la ballad Sarah O'Sarah.

Se c'è una cosa che non manca a questo album è la varietà di suoni: ci sono brani veloci, ballate e midtempo e Hawkins dimostra di sapersi muovere bene sia con la voce piena che con il falsetto, come dimostrato tra gli altri dal brano Mighty Wings.

Se invece c'è una cosa che di sicuro manca a questo disco, e alla produzione dei The Darkness in generale, è l'originalità. Nessun suono inedito e solo tanto rock pescato dal passato. Ma considerando quanto è allegra e divertente la musica della band, questo è un aspetto trascurabile. Forse non entreranno nelle enciclopedie del rock, ma di sicuro saranno i benvenuti alle feste di chiunque o nel lettore di chi si vuole regalare un'ora di divertimento.

martedì 16 giugno 2015

L'omicidio di Jam Master Jay

Non sono solo i gangsta rapper, come Tupac o Notorious B.I.G, a incontrare la morte in conflitti a fuoco mai chiariti. La stessa sorte nel 2002 è toccata al DJ e polistrumentista dei Run-DMC, gruppo che si è sempre contraddistinto per le tematiche allegre e festaiole trattate, Jam Master Jay.

Il 30 ottobre del 2002 intorno alle 18:45 Jason Mizell, questo era il vero nome di Jam Master Jay, arrivò al proprio studio di registrazione di Merrick Boulevard, nel Queens, insieme all'amico Uriel Rincon, detto Tony, con cui si era dato appuntamento insieme ad altri amici che sarebbero arrivati più tardi. Il 24/7 Studios, così si chiamava lo studio Mizell, si trovava all'interno 3 del civico 90-10 di Merrick Boulevard, nel quartiere di Jamaica, nel Queens; attualmente lo stesso spazio è occupato dall'Hall of Fame Music Studios e purtroppo su Google Street View la visuale della porta d'ingresso è ostruita da un autobus, ma ve ne sono due buone foto sul sito Citysearch. Mizell e Rincon salirono nello studio ed entrarono in una delle sale per una partita alla Playstation prima di iniziare a lavorare. Il gioco con cui si intrattennero era Madden NFL 2002: Rincon prese la squadra dei Rams e Mizell quella dei Giants. Mizell aveva portato con sé una pistola, una calibro .45, e la appoggiò sul bracciolo del divano su cui lui e Rincon erano seduti, ma questi ricorda che non era la prima volta che ciò accadeva e non si stupì. Poco dopo arrivò allo studio anche l'assistente e receptionist di Jam Master Jay Lydia High che al contrario si mostrò irritata e chiese al DJ di farla sparire, ma lui la ignorò e lasciò la pistola dove stava.

Poco dopo arrivarono anche Randy Allen (fratello di Lydia High) e Mike B, gli altri due amici con cui Mizell e Rincon avevano appuntamento, che però si diressero subito verso una delle control room per verificare alcuni demo di un giovane cantante esordiente, lasciando così i due a giocare alla Playstation.

Meno di un'ora dopo, intorno alle 19:30, due persone vestite di nero che indossavano un copricapo che ne adombrava il volto entrarono nello studio. Uno dei due si fermò alla reception dove costrinse Lydia a stendersi al suolo. Il secondo proseguì vero la sala dove stavano Mizell e Rincon. Proprio in quell'instante il telefono di Rincon squillò e siccome lo aveva appoggiato sul pavimento accanto al divano, si volse e si abbassò per raccoglierlo. Un attimo dopo sentì dei passi, quindi Mizell salutare una persona appena entrata, poi lo sentì dire "Oh, shit!" e seguirono due colpì di pistola in rapida successione. Il primo colpì Rincon alla gamba sinistra, il secondo centrò Mizell alla testa. Rincon si girò, ma fece appena in tempo a vedere l'aggressore che indossava un maglione scuro correre via e non riuscì a vederlo in viso. Un istante dopo anche Allen e Mike uscirono dalla sala in cui si trovavano, ma gli aggressori si erano già allontanati e i due trovarono solo Rincon ferito e Jam Master Jay morto steso al suolo.

Nel corso delle indagini Lydia High identificò l'uomo che l'aveva costretta a stendersi al suolo nel noto criminale Ronald Washington, in seguito arrestato per rapina, che confidò anche alla sua fidanzata di allora di aver preso parte all'omicidio. Secondo il New York Daily News una fonte da loro intervistata avrebbe indicato l'amico di Mizell e produttore Curtis Scoon come mandante dell'omicidio, il motivo del gesto sarebbe in un debito di Mizell mai pagato all'amico. Scoon ha sempre negato il proprio coinvolgimento e gli inquirenti non hanno mai trovato indizi contro di lui.

Ma qualcosa di molto strano in questo omicidio c'è. Mizell aveva fatto installare un sistema di videosorveglianza che mostrava le immagini di chi entrava sul monitor accanto a quello collegato alla Playstation e che al contempo le registrava su VHS. Il detective Vincent Santangelo, che si è occupato del caso fin dall'inizio, ha riferito a Pix11 (il video è disponibile anche qui) che le cassette erano inservibili: forse erano vecchie oppure erano state sostituite. La causa potrebbe semplicemente essere l'incuria, forse Mizell non sostituiva i nastri con la dovuta frequenza. Ma è plausibile che un uomo che tiene alla propria sicurezza al punto di portare con sé una pistola non sottoponga l'impianto di videosorveglianza alla dovuta manutenzione? D'altro canto se qualcuno avesse fraudolentemente sostituito la cassetta perché mai avrebbe dovuto perdere tempo a inserirne un'altra nel registratore anziché limitarsi a fare sparire quella appena estratta? Questi quesiti restano insoluti.

Come succede frequentemente in questi casi i pochi testimoni vennero accusati da più parti di non collaborare adeguatamente alle indagini. Ad esempio nel 2003 la giornalista Michelle McPhee scrisse sul New York Daily News che i fratelli Randy e Lydia potrebbero sapere più di quanto hanno riferito e punta il dito particolarmente contro Lydia (di cui sbaglia il cognome chiamandola Allen anziché High) sostenendo che sia stata lei a fare entrare i due aggressori nello studio attivando il meccanismo elettronico di apertura delle porte. Ovviamente pochi giorni dopo Lydia, attraverso il sito AllHipHop smentì quanto sostenuto dalla McPhee dichiarandosi estranea all'accaduto e negando di aver aperto le porte ai due aggressori.

In seguito anche Randy Allen passò all'attacco sostenendo che la versione di Rincon secondo cui non riuscì a vedere l'aggressore deve essere falsa perché non è possibile che l'uomo seduto accanto alla vittima non abbia visto in faccia lo sparatore. In realtà guardando una foto della sala in cui è avvenuta la sparatoria, ad esempio quella accanto presa dal video di Pix11, si evince che essendo lo sparatore entrato dalla porta ed essendo Rincon chinato al suolo per raccogliere il cellulare, lo stesso Mizell gli ostruiva la vista rispetto all'uomo sulla porta (i due erano secondo ogni ricostruzione seduti sul divano a destra entrando dalla porta della stanza). Inoltre dopo essere stato colpito alla gamba può non aver avuto la freddezza di voltarsi per guardare in faccia l'uomo che aveva sparato. Questa potrebbe essere la spiegazione del perché Rincon ha sempre sostenuto di non aver visto in viso l'aggressore.

Va tuttavia sottolineato che in rete si trovano ricostruzioni grafiche della scena completamente sbagliate; ad esempio secondo questo fotogramma tratto da una galleria di immagini di MTV lo sparatore sarebbe stato in posizione quasi frontale rispetto ai due seduti sul divano e da quella posizione sarebbe stato impossibile per Rincon non vedere l'uomo armato; ma questa ricostruzione è grossolanamente sbagliata e inverte anche la posizione di Mizell e Rincon.

Alle accuse che i testimoni si scambiano tra loro si aggiungono quelle del fratello di Jam Master Jay, Marvin Thompson, che ritiene che i quattro presenti nello studio al momento della sparatoria stiano nascondendo la verità perché è secondo lui impossibile che nessuno abbia visto lo sparatore in faccia. La teoria di Thompson vuole che lo sparatore altri non sia che il fratello minore di Randy e Lydia, Teddy. Secondo Thompson si tratterebbe di una vendetta trasversale per regolare un conto in sospeso tra Teddy e il cugino di Mizell a cui solo una settimana prima lo stesso Teddy avrebbe puntato una pistola durante un litigio.

Tuttavia non vi sono prove in tal senso e al contrario tutto sembra indicare che Teddy non fosse presente nello studio al momento della sparatoria. Infatti questi arrivò allo studio a torso nudo, appena uscito dalla doccia, poco dopo l'omicidio perché attirato dal rumore degli spari.

A distanza di tredici anni l'omicidio rimane insoluto.

Oltre a quelle già citate nell'articolo, le fonti che abbiamo usato per la nostra ricerca sono gli articoli Breaking silence, witness says Jam Master Jay had a gun on night of murder del New York Daily News, Jam Master Jay’s Murder: A Timeline And The Key Players di MTV, Cops Probe Death of Jam Master Jay di Fox News, Was surveillance tape switched in the murder of Jam Master Jay? di Pix11.

venerdì 12 giugno 2015

Kiss 40th Anniversary World Tour - Verona, 11/6/2015

Io c'ero. Arena di Verona, 11/6/2015, gradinata numerata, blocco 23, Fila 16, Posto 28 al concerto dei Kiss per il 40th Anniversary World Tour.

Siamo riusciti a entrare verso le 20 e il gruppo di supporto, i bravissimi Dead Daisies, era già a metà della sua esibizione tra brani della stessa band e classici del rock che spaziavano dai Deep Purple ai Beatles.

Ma il vero show, quello per cui eravamo lì, lo hanno fatto i Kiss che hanno aperto il concerto con Detroit Rock City, Deuce e Psycho Circus. Appena il telo nero con la scritta KISS si è sollevato, l'energia della band e il suono delle esplosioni dei cannoni hanno invaso il pubblico e la serata si è magicamente trasformata. Lo spettacolo è andato avanti per quasi due ore di ininterrotta energia tra i migliori brani della band privilegiando quelli del primo decennio, ma non rinunciando a qualcuno delle decadi successive. Il tutto condito da palle di fuoco sparate dai lati del palco, fuochi d'artificio ed esplosioni di cannone in una festa di luci, colori e immagini proiettate sui maxi schermi. Tutti i pezzi dal vivo suonavano molto più energici e potenti rispetto alle incisioni da studio e il pubblico ha risposto con l'entusiasmo che il gruppo merita.

Sulle gradinate e in platea c'erano mani alzate e magliette dei Kiss a perdita d'occhio e il gruppo rispondeva all'affetto dei fans come solo i Kiss sanno fare con Paul Stanley che si avvicinava al pubblico fino a farsi toccare mentre suonava e senza togliere le mani dalla chitarra.

E' stato bellissimo vedere la festa sul palco e tra il pubblico, con famiglie con nonni e bambini con le facce dipinte a inneggiare al più grande gruppo rock della storia. Perché la musica dei Kiss esprime gioia ed è stata proprio questa ad unire il pubblico e farci alzare le mani al cielo mentre dalle gradinate cantavamo con il gruppo.

Le uniche due interruzioni al fiume di energia sono state quando dopo War Machine Gene ha sputato fuoco e quando dopo Lick It Up ha ripetuto la scena del sangue dalla bocca, per poi alzarsi in volo sul palco e ripartite con God of Thunder.

La chiusura dello show, con I Was Made for Loving You e I Wanna Rock and Roll all Nite, è stata impreziosita da spari di cannone tra il pubblico che diffondevano nell'aria pezzi di carta bianca a colorare ancora di più l'atmosfera e a dare un tocco di unicità a quei momenti conclusivi.

Se proprio si vuole trovare una critica da muovere a questo concerto si potrebbe obiettare che hanno eseguito un solo brano del periodo dell'unmasking escludendo i brani di Hot in the Shade e Revenge. Ma francamente: chissenefrega! Anche perché per aggiungere altri brani avrebbero dovuto toglierne alcuni e la scelta sarebbe stata difficilissima perché sono stati tutti ottimi. E soprattutto il concerto è stato stupendo, due ore di gioia, due ore di energia. E questa è l'unica cosa che conta.