giovedì 26 maggio 2016

Giacomo Voli - Ancora nell'Ombra

I talent show producono in larga maggioranza pessimi cantanti; è sotto gli occhi di tutti che le classifiche discografiche sono infestate da gente uscita da Amici o X Factor dotata di buone voci ma del tutto incapace di scrivere musica che sia di qualche interesse. Del resto un vocal coach può insegnare a un cantante a migliorare la propria tecnica, ma nessuno può insegnare a chi non sa scrivere canzoni come avere delle buone idee.

In questo panorama desolante c'è però un'ottima eccezione rappresentata dal rocker di Correggio Giacomo Voli, classificatosi secondo alla seconda edizione di The Voice of Italy nel 2014.  Durante la gara canora televisiva Giacomo ha dato prova della sua voce potente e pulita e della sua capacità di raggiungere note incredibilmente alte esibendosi in brani che spaziavano da Rock and Roll dei Led Zeppelin, a Life on Mars di David Bowie fino al Nessun Dorma di Puccini passando per Madness dei Muse che ha reso molto più energica e vibrante della versione originale. In occasione della finale di The Voice Voli aveva presentato il suo primo inedito intitolato Rimedio con cui ha dimostrato che la notevole estensione della sua voce non è limitata alle note alte ma si spinge anche a quelle basse, le strofe del pezzo sono infatti sorprendentemente basse per la voce di Giacomo che comunque esce alla grande dalla prova per poi esplodere nel ritornello con i suoni caratteristici del suo cantato.

L'anno seguente la sua partecipazione allo show di Rai 2 Voli ha pubblicato il suo primo EP intitolato Ancora nell' Ombra. Il disco è composto da sei tracce, di cui quattro inedite e due cover. Il primo pezzo si intitola Il Vento Canterà ed è un potente hard rock sostenuto da chitarre in stile hard & heavy anni 70 e dal testo rabbioso ma forte e ottimista il cui ritornello deflagrante entra nella testa come un trapano; il brano è forse il migliore di tutto il disco e non per nulla è l'unico di cui sia anche stato realizzato un video. Segue la cupa ballad La Fenice che paragona un amore in crisi all'uccello mitologico che rinasce dalle proprie ceneri. Con la terza traccia intitolata Il Capitale il disco torna alle atmosfere forti ed energiche fatte di potenza vocale e riff di chitarra trascinanti. Chiude la sequenza dei pezzi inediti il midtempo Ridi nel tuo Caffè il cui suono leggero e gioioso si accosta al testo che narra di una madre che grazie al sorriso e a un atteggiamento positivo ha superato una grave difficoltà.

Come cover Giacomo sceglie due brani lenti e di atmosfera con cui dimostra di sapersi muovere bene anche in terreni apparentemente lontani dall'hard & heavy come il folk rock e il rock progressivo italiano. I due pezzi scelti sono infatti Can't Find my Way Home del supergruppo Blind Faith e Impressioni di Settembre della PFM (che Voli aveva interpretato anche a The Voice) interpretate senza distanziarsi troppo dalle versioni originali ed uscendo a testa alta sia dal confronto canoro con Steve Winwood sia in quello con Franco Mussida.

Dopo la realizzazione del primo EP solista Voli è entrato a far parte della formazione dei TeodasiA, eccezionale gruppo symphonic metal veneziano, che per la prima volta si trova ad avere un cantante uomo che raccoglie l'eredità di Priscilla Fiazza e Giulia Rubino. Con i TeodasiA Voli ha anche inciso il nuovo album che verrà pubblicato entro la fine di quest'anno.

Le premesse per il nuovo album dei TeodasiA sono ottime, perché Ancora nell'Ombra è stato uno splendido esordio discografico che dimostra che il giovane rocker emiliano non è solo un ottimo cantante ma anche un eccellente autore che non sfigura nemmeno al confronto di cantanti ben più noti e blasonati. Meglio evitare ad esempio paragoni con un altro sedicente rocker di Correggio che dopo i primi tre album ha riproposto per vent'anni la stessa canzone, perché Voli è proprio su un altro pianeta. E non ci resta che sperare che questo giovane rocker riesca a sfondare, con i TeodasiA o da solista, e ad ottenere il successo che merita perché la scena rock italiana è in crisi profonda e ha bisogno di ventate di novità come questa.

giovedì 19 maggio 2016

Come si intitola il quarto album dei Led Zeppelin?

E' difficile individuare nella discografia dei Led Zeppelin album più importanti di altri perché tutti i lavori in studio della band di Robert Plant e Jimmy Page sono pietre miliari del rock, ma tra essi ce n'è uno che stimola più degli altri la curiosità degli appassionati da oltre quattro decenni. Il quarto album della band, pubblicato l'8 novembre del 1971, infatti non ha un titolo stampato in copertina ed è comunemente noto come Led Zeppelin IV solo per continuità, perché i precedenti si chiamano appunto Led Zeppelin, Led Zeppelin II e Led Zeppelin III, ma da nessuna parte nel disco appare questo titolo.

La copertina frontale mostra infatti un quadro rurale ad olio in cui si vede un contadino piegato dal peso del fascio di legna che sta trasportando; secondo quanto riportato nel libro Led Zeppelin FAQ di George Case il quadro fu comprato da Page in un negozio di antichità a Reading, nel Berkshire, mentre si trovava in giro alla ricerca di oggetti d'epoca con Plant. La cornice è appesa a un muro su cui la carta da parati si stacca vistosamente, ma unendo il retro di copertina all'immagine frontale si vede che in realtà il muro in questione è parzialmente demolito e si vede in lontananza un paesaggio periferico urbano che mostra la Salsbury Tower del distretto Ladywood di Birmingham. Sull'esterno del disco, comunque, non è riportato alcun titolo.


All'interno della copertina è stampata un'illustrazione del pittore Barrington Colby che ritrae un eremita e che è chiaramente ispirata all'omonima carta dei tarocchi. L'originale fu venduto ad un'asta nel 1981 e secondo alcune teorie un po' strampalate l'immagine vista allo specchio rivelerebbe il disegno della testa di un cane nero, ma si tratta di un ovvio caso di pareidolia suggerita anche dal fatto che il primo brano del disco è proprio Black Dog.

La busta che avvolge il vinile riporta sopra ai titoli dei brani quattro simboli, ognuno dei quali rappresenta un membro della band. Page scelse come simbolo un disegno che ricorda più o meno vagamente la scritta ZoSo e come riportato nel libro Led Zeppelin: The UK Complete Vinyl Discography di Neil Priddey, il chitarista sostenne per anni di averlo disegnato da solo ma il realtà lo si trova già in un grimorio medievale intitolato Le Dragon Rouge. Plant scelse una piuma in un circolo che rappresentava lo scriba o, nel suo caso, lo scrittore di canzoni; il simbolo può essere al contempo ispirato alla piuma della dea egizia Maat che rappresenta la verità e la giustizia. Bonham e Jones scelsero i proprio simboli dal libro The Book of Signs di Rudolf Koch edito nel 1955 che raccoglie simboli vari dalla preistoria al medioevo. Jones scelse una triquetra con un cerchio al centro e Bonham scelse un simbolo a caso con tre cerchi che si intersecano. Sulla facciata opposta della busta è riportato il testo di Stairway to Heaven scritto in caratteri antichi e in basso a sinistra vi è il disegno di un uomo che legge un libro con dei caratteri misteriosi incisi alle sue spalle. Ma a parte tutto ciò neanche sulla busta è riportato alcun titolo per l'album.

Neanche l'etichetta sul vinile chiarisce il dubbio perché riporta di nuovo solo i quattro simboli e i titoli dei brani. Da nessuna parte, quindi, né in copertina né altrove viene dato un titolo a questo album.

Oltre a Led Zeppelin IV il disco è noto anche come Four Symbols, The Fourth Album, Untitled, Runes (per via dei quattro simboli runici), The Hermit (per via dell'illustrazione all'interno della copertina), and ZoSo (per via dei caratteri disegnati nel simbolo di Page).

In realtà come spiegato dallo stesso Page e come pure riportato nel libro di Priddey l'intera questione è molto semplice: l'album intenzionalmente non ha un titolo. Led Zeppelin III ricevette critiche non sempre positive che spesso accusarono la band di aver aggiungo chitarre acustiche per imitare il supergruppo Crosby, Stills, Nash & Young, ma Page ribatté di aver usato chitarre acustiche anche nei primi album e che quindi la critica non aveva capito il disco. Decise quindi che il nuovo album sarebbe uscito senza un titolo, perché nomi e titoli non vogliono dire nulla. In origine Page avrebbe voluto che ci fosse solo un simbolo stampato nel packaging del disco, poi cambiò idea e decise per i quattro simboli, a rappresentare i quattro membri ma anche il quarto disco.

La casa discografica osteggiò la scelta del gruppo sostenendo che pubblicare un album senza titolo sarebbe stato un suicidio professionale. Ma la band rimase sulle proprie posizioni e a distanza di oltre quarant'anni è sotto gli occhi di tutti che grazie a brani leggendari come la già citata Black Dog oltre che Rock and Roll e Stairway to Heaven questo disco resta un capolavoro senza tempo della storia del rock, a dimostrazione del fatto che la band fece le scelte giuste e che la casa discografica si sbagliò clamorosamente.

giovedì 12 maggio 2016

H-Bomb - Attaque

La carriera dei parigini H-Bomb è stata molto breve essendo il gruppo rimasto in attività per soli quattro anni dal 1982 al 1986. La loro prima produzione in studio risale al 1983 con il celebre EP Coup de Metal a cui è seguito nel 1984 l'unico album intero della band intitolato Attaque; nel 1986 il gruppo pubblicò anche due lavori in lingua inglese: il singolo Stop the Lights e l'EP To Feel is Pain entrambi inseriti come bonus track nella ristampa in CD di Coup de Metal del 1998.

Il loro lavoro più importante resta quindi il primo e unico LP che è caratterizzato da sonorità metal classiche che attingono dai modelli musicali della NWOBHM e che tendono a tratti verso lo speed metal, ispirandosi ai giganti dell'hard rock e del metal come i Judas Priest o i Saxon. Già dalla prima traccia Attaque/Exterminateurs carica di energia il gruppo dà prova di quale vuole essere il suo suono distintivo ricco di riff di chitarra e velocità elevata. Il cantante Didier Izard si cimenta fin dall'inizio del disco in scream e acuti che mostrano subito la sua notevole estensione imitando in parte lo stile dei mostri sacri del genere come di Rob Halford o Bruce Dickinson.

E' difficile individuare brani migliori di altri perché tutte le tracce del disco sono notevoli e di alto livello e se c'è una critica che può essere mossa ad Attaque è proprio quella di non offrire una grande varietà di suoni perché il disco è composto da dieci tracce veloci ed energiche e non ci sono brani melodici né ballad. Spiccano comunque Substance Mort che è il pezzo più speed metal del disco, Crache et Crève che inizia con un potente riff di chitarra per poi sfociare in un brano metal piuttosto classico e Fou Sanguinaire grazie al potente ritornello in cui Izard dà la miglior prova delle sue doti vocali per potenza ed estensione.

Nonostante questo disco sia un ottimo pezzo di puro metal è poco conosciuto così come gli H-Bomb non godono della fama che meritano perché spesso messi in ombra da gruppi più rappresentativi della scena metal francese come Blasphemie, ADX e Sacrilege. Ma nonostante la scarsa notorietà gli H-Bomb reggono benissimo il confronto con i loro colleghi più noti e la brevità della loro carriera ha fatto sì che non conoscessero cali di qualità nelle loro produzioni, tra le quali il loro primo e unico album è una perla da riscoprire.

giovedì 5 maggio 2016

The Roots of Guns N' Roses: le uniche registrazioni degli Hollywood Rose

Prima di essere il vocalist dei leggendari Guns N' Roses, Axl Rose fu il cantante di un gruppo da lui stesso fondato a Los Angeles nel 1983: gli Hollywood Rose.

La prima formazione degli Hollywood Rose vedeva oltre ad Axl i chitarristi Chris Weber e Izzy Stradlin, il batterista Johnny Kreis e i bassisti Rick Mars, Andre Troxx e Steve Darrow. Dopo un solo anno dalla fondazione la formazione vide alcuni importanti cambi di formazione dopo che Weber colpì accidentalmente Axl alla testa con la paletta della chitarra durante un'esibizione dal vivo nella trasmissione televisiva Music Machine. Axl abbandonò l'esibizione e in seguito allo screzio Weber fu licenziato; oltre a Weber anche Stradlin e Kreis lasciarono il gruppo. I chitarristi furono sostituiti da Slash e il batterista da Steven Adler.

Anche la nuova formazione durò poco e in seguito ad altre liti, altri abbandoni e alcuni rientri gli Hollywood Rose si fusero con gli L.A. Guns e il nuovo gruppo assunse il nome di Guns N' Roses. La formazione originale vedeva Axl e Izzy Stradlin degli Hollywood Rose e Tracii Guns, Ole Beich e Rob Gardner degli L.A. Guns. Poco dopo i tre ex membri degli L.A. Guns uscirono dalla nuova band e furono sostituiti da Duff McKagan, Slash e Steven Adler lasciando così i Guns N' Roses di fatto privi di elementi provenienti dagli L.A. Guns, ma formando così quella che fu per anni la formazione storica.

Tracii Guns riformò quindi gli L.A. Guns con un altro cantante e con altri musicisti e la carriera del gruppo procede tutt'ora dopo oltre trent'anni e nonostante liti, scissioni e cambi di formazione che non hanno impedito agli L.A. Guns di dimostrarsi nei decenni più costanti e duraturi dei più celebri Guns N' Roses.

Gli Hollywood Rose invece ebbero una carriera molto breve ed esiste un solo disco che contiene il materiale registrato in quel breve periodo. L'album, intitolato The Roots of Guns N' Roses, è stato pubblicato nel 2004 grazie alla produzione proprio di Chris Weber e contiene i cinque brani registrati prima dello screzio tra Weber e Axl in tre diverse versioni ciascuno.

I cinque pezzi del disco sono:
  • Killing Time: brano veloce e aggressivo in tipico stile GNR
  • Anything Goes: che fu poi reincisa dai Guns N' Roses nell'album Appetite for Destruction
  • Rocker: altro brano veloce e tagliente in cui la voce di Axl dà già prova nella sua notevole estensione
  • Shadow of Your Love: reincisa nell EP del 1988 Guns 'N Roses pubblicato solo per il mercato giapponese e noto anche come Live From the Jungle per via della scritta in ideogrammi giapponesi riportata sulla obi strip
  • Reckless Life: in seguito reincisa ed inclusa nell'EP dei Guns 'N Roses Live ?!*@ Like a Suicide del 1986 che fu poi interamente incluso in G N' R Lies del 1988

Tutti e cinque i pezzi sono presenti sull'album sia in versione demo originale senza sovraincisioni successive, con tanto di voce introduttiva che ne annuncia il titolo seguito da take 1, sia in due versioni remixate. Delle cinque tracce sono infatti presenti i remix del chitarrista Gilby Clarke (che in seguito avrebbe avuto un posto fisso nei Guns N' Roses dopo l'abbandono di Izzy Stradlin) e quelli del batterista dei Cinderella Fred Coury. Come riportato dal retro di copertina della versione in CD, le versioni di Clarke di Reckless Life e Shadow of Your Love vedono anche la presenza di una sovraincisione di Tracii Guns alla chitarra; curiosamente sulla versione in vinile questa nota è omessa.

Un'altra bizzarria di questa incisione riguarda i nomi riportati come autori dei brani. Infatti Anything Goes, Reckless Life e Shadow of Your Love (cioè le tre che sono poi state reincise con il marchio Guns N' Roses) sono attribuite non solo ad Axl Rose, Chris Weber e Izzy Stradlin (indicato con il vero nome Jeffrey Dean Isbell) ma anche a Slash (indicato con il vero nome Saul Hudson), McKagan e Adler. Ma gli ultimi tre non avevano alcun legame professionale con Axl e gli Hollywood Rose ai tempi di questa incisione e l'unica spiegazione è che la scelta sia stata dettata da motivi legati ai diritti d'autore.

Ad aumentare la confusione riguardo a questa preziosa registrazione, nel 2007 il disco è stato stampato anche in Argentina per il mercato sudamericano con la medesima tracklist e riportando i medesimi autori, ma con copertina diversa su sfondo nero (foto sopra) che attribuisce l'intero disco non solo agli Hollywood Rose ma anche agli L.A. Guns, probabilmente per via della presenza di Tracii Guns perché le cinque tracce sono state registrate prima della fusione.

Nota: un gruppo chiamato Hollywood Rose con un logo molto simile a quello dei Guns 'N Roses ha inciso nel 2014 un live intitolato Live From Budapest facilmente reperibile su iTunes e Amazon, ma si tratta di una cover band che non ha nulla in comune con il primo gruppo di Axl.

giovedì 28 aprile 2016

La morte di Elvis Presley

Il 16 agosto del 1977 segnò una data fondamentale nella storia della musica perché nel primo pomeriggio di quel martedì il re del rock and roll Elvis Presley fu trovato morto in uno dei bagni della sua residenza di Graceland ponendo così una forzata fine alla carriera di uno dei più grandi interpreti della musica di tutti i tempi.

Nell'ultimo periodo Elvis conduceva una vita sregolata e senza orari, il giorno prima della sua morte si svegliò dopo le quattro del pomeriggio e quella stessa sera volle vedere il proprio dentista, il dottor Hofman, intorno alle 22:30 perché soffriva di forte mal di denti. Insieme a lui andò anche la donna con cui visse nell'ultimo periodo della sua vita, la ventunenne Ginger Alden con cui era fidanzato da meno di un anno. Il dentista praticò la pulizia della bocca e Elvis e gli fece anche alcune otturazioni, quindi visitò anche Ginger a cui pure praticò la pulizia della bocca. In quei giorni i rapporti tra Elvis e Ginger erano molto tesi perché il 16 agosto il cantante avrebbe dovuto partire per l'ennesima tournée della sua carriera e voleva che la ragazza lo seguisse, ma Ginger sosteneva di avere degli impegni che l'avrebbero trattenuta a Memphis e che lo avrebbe raggiunto in seguito.

Elvis e Ginger tornarono a Graceland alle 00:28 dalla visita dal dentista e mentre il cantante era ancora in macchina durante il suo ultimo spostamento gli fu scattata quella che rimarrà per sempre la sua ultima foto in vita. Alle 2:15 Elvis chiamò il suo medico personale, il dottor George Nichopoulos chiedendogli un analgesico perché uno dei denti curati da Hofman gli faceva ancora male, il medico gli prescrisse il Dilaudid ed Elvis chiamò quindi il fratellastro Rick Stanely chiedendogli di ritirare la prescrizione dal medico e le medicine dalla farmacia del Baptist Memorial Hospital. In rete si trova facilmente una copia della prescrizione del dottor Nichopoulos che include degli stimolanti oltre al Dilaudid, ma si tratta di un falso che veniva venduto insieme al bootleg Elvis' Greatest Shit del 1982 che nelle intenzioni di chi lo ha realizzato doveva raccogliere il peggior materiale mai registrato da Elvis. Nel documento falso il nome del medico è scritto sbagliato, Nichopolous invece di Nichopoulos, così come è sbagliato anche il codice di avviamento postale, 34108 invece di 38104.

Dopo aver assunto le medicine portategli da Stanley. Alle 4 di notte, ancora non riuscendo a dormire, Elvis svegliò il cugino Billy Smith e la moglie Jo per una partita di racquetball (sport simile allo squash ma giocato con una palla di gomma) con lui e Ginger, pensando che l'esercizio fisico lo avrebbe aiutato a tenere il peso sotto controllo, del resto la forma fisica sarebbe tornata a essere un fattore determinante vista l'imminente tournée. Nonostante Billy e Jo fossero addormentati a casa loro, accettarono l'invito e andarono a Graceland a giocare. Giocarono dapprima le due ragazze, poi Elvis e Ginger, poi Billy e Jo e poi Billy ed Elvis ma la partita dei due uomini degenerò in fretta e i due cominciarono a tentare di colpirsi reciprocamente con la palla, finché Elvis non si fece male allo stinco con la sua stessa racchetta. La partita finì con una risata di gruppo, quindi Elvis portò Ginger, Billy e Jo nella sala dove teneva il piano e intrattenne i suoi tre ospiti suonando e cantando due brani gospel e la canzone Blue Eyes Crying in the Rain di Fred Rose che Elvis aveva inciso per il suo penultimo album From Elvis Presley Boulevard, Memphis, Tennessee e Unchained Melody che Elvis aveva inciso per il suo ultimo album Moody Blue.

Verso le cinque del mattino Elvis e Ginger tornarono e letto e mentre il cantante camminava verso la sua stanza vide la figlia Lisa Marie ancora sveglia, la rimise a letto dandole un bacio della buona notte. Arrivato in stanza chiese a Rick di portargli altri sonniferi e il fratello gli consegnò il primo pacchetto di medicine che assunse quella mattina. Non riuscendo a dormire Elvis prese altre pastiglie alle 7 e ancora altre alle 8. Purtroppo le medicine assunte non ebbero l'effetto sperato e alle 9 Elvis, in preda a dolori addominali dovuti a una grave costipazione, si alzò dal letto dicendo a Ginger che sarebbe andato in bagno a leggere portando con sé un libro.

Nel frattempo Ginger si addormentò e si svegliò tra l'una e trenta e le due del pomeriggio non trovando Elvis accanto a sé. Non si allarmò da subito ed andò dapprima a lavarsi e truccarsi in un altro bagno, quindi andò a cercare Elvis nel bagno in cui l'uomo si era chiuso dalle 9 e dopo aver bussato senza ottenere la porta entrò e trovò il cantante steso a terra sul fianco sinistro con ancora i pantaloni abbassati in stato di incoscienza e con il viso immerso in una pozza di vomito. In preda allo spavento Ginger chiamò la governante al piano di sotto con l'interfono e questa inviò Al Strada, una delle guardie di Elvis, e il suo road manager Joe Esposito (nessuna relazione con l'omonimo cantante) che arrivò di corsa dal Howard Johnson Hotel e che capendo subito della gravità della situazione chiamò il soccorso medico e subito dopo chiamò anche Nichopoulos. Ginger, Al e Joe girarono il corpo sulla schiena ma questo era già freddo e rigido, provarono comunque a praticargli la rianimazione cardio-polmonare ma per via del rigor mortis la bocca di Elvis non si aprì, segno che il cantante era già deceduto da alcune ore e quindi ogni tentativo di rianimarlo sarebbe comunque stato vano. Sopraggiunsero sulla scena anche Vernon Presley, il padre del cantante, e Lisa Marie che Ginger tenne fuori dalla stanza per non farle vedere il cadavere del padre.

I paramedici arrivarono a Graceland alle 14:33, nonostante il cadavere fosse ormai freddo provarono comunque anche loro a rianimarlo e continuarono a farlo durante in tragitto verso l'ospedale anche intubandolo e somministrandogli degli stimolanti. Nel frattempo arrivò anche Nichopoulos che salì sull'ambulanza e diede istruzioni di portare Elvis al Batpist Memorial Hospital e non al Methodist South Hospital che sebbene fosse più vicino non aveva mai avuto Elvis in cura e quindi i registri relativi al cantante si trovavano al Baptist Memorial dove inoltre Nichopoulos aveva numerose conoscenze. Ma una volta arrivato all'ospedale, alle ore 15 Elvis Presley fu dichiarato morto.

L'autopsia iniziò il giorno stesso del decesso e questa accertò che il fegato del cantante era gravemente danneggiato, il cuore ingrossato e l'intestino occluso da materiale fecale. Gli esiti degli esami furono consegnati alla famiglia solo due mesi dopo e rilevarono nel corpo di Elvis la presenza di ben 14 farmaci di cui dieci ampiamente oltre i limiti imposti dall'uso terapeutico. L'ipotesi sostenuta dai patologi fu quindi che l'abuso di farmaci causò il decesso di Elvis Presley. Tuttavia il medico legale della contea di Shelby, il dottor Jerry Francisco, sostenne da subito che si trattò invece di un problema al cuore. Tutt'ora a quasi quarantanni dalla morte di Presley il dibattito su quale fu la causa del decesso è ancora aperto tra chi sostiene che il motivo sia l'abuso di farmaci e chi sostiene un evento di tipo cardiaco causato dallo sforzo della defecazione. Di questa seconda opinione è anche il dottor Shepperd della trasmissione televisiva Autopsy trasmessa da Channel 5 che nella puntata dedicata alla morte di Elvis fa notare che prima di morire il cantante di alzò dalla toilette e fece alcuni passi allontanandosi di un metro dalla toilette stessa e facendo cadere con la mano alcuni flaconi vicino al lavello. Di norma chi muore per abuso di farmaci perde coscienza e si addormenta, ma questo non sembra essere il caso di Elvis che al contrario si alzò e probabilmente aveva intenzione di chiedere aiuto.

Come tutte le morti premature di personaggi famosi anche il decesso di Elvis Presley ha dato vita a numerose teorie alternative tra le più fantasiose. Secondo alcuni Elvis sarebbe stato ucciso dal suo manager, il Colonnello Tom Parker, il quale sarebbe stato anche un agente dell'FBI incaricato di uccidere Elvis per evitare che questi rivelasse particolari scomodi che aveva scoperto sugli omicidi dei fratelli Kennedy. Ma si tratta di una delle tante ipotesi di complotto che si basa sul nulla; non vi è prova fattiva di nulla di tutto ciò.

Una teoria più nota vuole che Elvis abbia intenzionalmente abusato dei farmaci che aveva a disposizione per suicidarsi in quanto depresso. Ma se queste fossero state davvero le intenzioni del cantante avrebbe probabilmente cercato di ingerire tutte le dosi di medicine contemporaneamente (ad esempio accumulandole per l'ultima somministrazione se non poteva averle a disposizione prima senza destare sospetti da parte di Ginger o di Rick). Inoltre Ginger nelle interviste rilasciate dopo la morte di Elvis lo descrisse come euforico ed eccitato per la tournée che stava per intraprendere e questo non sembra proprio il quadro di una persona intenta a suicidarsi.

Ma la teoria alternativa più nota è senza dubbio quella secondo cui Elvis sarebbe vivo e si nasconderebbe da qualche parte del mondo, nessuno sa né dove né perché. Francamente questa teoria è più assurda di quella del suicidio e dovrebbe prevedere un gigantesco complotto di cui farebbero parte anche Nichopoulos, Francisco e tutti i medici che hanno avuto contatti con il cadavere di Elvis da Graceland fino all'autopsia. In rete e in alcuni libri si legge che Francisco avrebbe dichiarato che il cervello e il cuore di Elvis dopo l'autopsia sono rimasti al Baptist Memorial Hospital, nell'ambito di questa ricerca non abbiamo trovato la citazione originale e forse Francisco non ha mai proferito quella frase e quindi non possiamo prendere per assodato che Elvis sia stato sepolto senza questi organi vitali. Tuttavia anche senza questa smentita è oltre il ridicolo pensare che il cantante abbia finto la propria morte e non sia stato scoperto in quasi quattro decenni.

Le fonti che abbiamo utilizzato per questa ricerca sono i libri Careless Love: The Unmasking of Elvis Presley di Peter Guralnick, The Death of Elvis di Charles C. Thompson II e James P. Cole e The King and Dr. Nick: What Really Happened to Elvis and Me del dottor George Nichopoulos, i documentari Autopsy e Elvis Presley: The Last 24 Hours e numerose interviste rilasciate poco dopo l'accaduto da Ginger Alden facilmente reperibili su YouTube.

giovedì 21 aprile 2016

Trust - Répression

I parigini Trust vengono spesso definiti dalla critica e dalla stampa come la versione francese e più leggera degli AC/DC e nonostante la diversità linguistica imponga necessariamente una differenza anche nei suoni e nel cantato è effettivamente vero che l'hard rock veloce e divertente dei Trust non è molto lontano da quello dei più noti angloaustraliani. L'album migliore e più famoso della band è sicuramente il loro secondo intitolato Répression uscito nel 1980 ad un solo anno di distanza dal primo che porta il nome stesso della band. Il disco fu pubblicato poco dopo la morte del primo cantante degli AC/DC Bon Scott e infatti è dedicato proprio a lui, del resto il legame tra Scott e il cantante dei Trust Bernard Bonvoisin, detto Bernie, era molto stretto per via dell'amicizia che li legava e non solo. I Trust infatti nel loro primo album avevano inciso una cover del brano Ride On degli AC/DC ed esiste anche una registrazione live del pezzo che vede Bernie duettare con Scott, la registrazione è stata poi pubblicata nel bootleg Bon Scott Forever Volume 1. E nel loro album live Répression dans l'Hexagone i Trust eseguirono anche Live Wire e Problem Child sempre del gruppo angloaustraliano.

Répression è un disco di rock travolgente che volge verso il punk sia nelle sonorità che nelle tematiche trattate. E' composto da dieci tracce da cui emerge che nonostante le somiglianze i Trust offrono suoni diversi che non si trovano in nessun album degli AC/DC. Tutti i brani sono ovviamente veloci i incalzanti e come nel caso degli AC/DC non ci sono ballad né midtempo, ciò nonostante la varietà di suoni è nettamente superiore con un brano dalle tonalità smaccatamente rock and roll come Fatalité e anche uno i cui riff di chitarra tendono al blues intitolato Saumur. tra i brani migliori troviamo anche le energiche Antisocial, Passe e Les Sects con quest'ultima che vira decisamente verso lo speed metal.

Nello stesso anno il disco è stato ripubblicato con il medesimo titolo e cantato in inglese, rinunciando alla propria lingua di origine la musica dei Trust perde un po' di originalità ma ha guadagnato in diffusione visto che di due dei pezzi cantati in inglese sono state realizzate altrettante cover dagli Anthrax che nel loro album State of Euforia del 1988 hanno riproposto Antisocial e nell'EP Penikufesin del 1989 hanno inciso anche Sects (versione inglese della già citata Les Sects).

I Trust sono tra i più famosi gruppi rock tra quelli non anglofoni e nonostante la loro notorietà sia ancora ben lontana da quella delle band angloamericane la qualità della loro musica non ha nulla da invidiare a quella dei gruppi più famosi, purtroppo la loro carriera è durata troppo poco ma restano autori di grandi capolavori del rock, proprio come Répression.

giovedì 14 aprile 2016

Intervista a David Moretti

Gli anni 90 sono stati un decennio d'oro per il rock italiano e tra i vari gruppi che la nostra penisola ha prodotto spiccano qualitativamente su tutti gli altri i milanesi Karma. La band guidata dal frontman David Moretti ha pubblicato solo due album tra il 94 e il 96 che spaziano dal grunge al rock psichedelico arricchiti di suoni etnici e tribali. Chiusa l'avventura dei Karma e dopo oltre dieci anni di lontananza dalle scene nel 2007 lo stesso gruppo di musicisti tornò in studio sotto il nome di Juan Mordecai per registrare un unico album dalle sonorità molto varie.

Oggi David Moretti è direttore creativo di Wired a San Francisco e ha accettato la nostra proposta di un'intervista per raccontarci qualcosa di più sul suo profilo musicale e su come sono nati i tre album che ha inciso.

Ringraziamo David Moretti per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ciao David, e anzitutto grazie del tempo che ci dedichi. Parliamo come prima cosa dei Karma, come vi è venuta nei primi anni 90 l'idea di portare il grunge in Italia?

David Moretti: In realtà non ci siamo resi mai conto di essere “grunge”, forse fino alla produzione del primo album in italiano. I Karma nascono verso la fine degli anni 80 come cover band: Hendrix, Led Zeppelin, Pink Floyd, Rolling Stones, Beatles, Jefferson Airplaine… Ognuno di noi veniva da generi diversi: metal, punk rock, prog, hardcore, rock psichedelico. Il classic rock è stata la base sulla quale abbiamo costruito il nostro suono. Nel 1991 iniziammo a comporre musica nostra e a registrare il nostro primo “disco” in inglese sotto il nome di Circle of Karma. Fu Fabrizio Rioda dei Ritmo Tribale a convincerci a riscrivere i testi in italiano e nel 1992 abbreviammo il nome in Karma e iniziammo a farci conoscere come prodotto italiano. L’album omonimo uscì nel 1994 per Ricordi/Ritmi Urbani. Volevamo un suono contemporaneo e molte band dell’epoca avevano le nostre stesse radici: Pearl Jam, Mother Love Bone, King’s X, Alice in Chains, Soundgarden. Ma fu la stampa ad etichettarci come grunge.


125esima Strada: Come vi è venuta l'idea di mischiare il grunge e il rock con sonorità tribali ed etniche?

David Moretti: E’ difficile crederlo ascoltando il primo album, ma la vena acustica è sempre stata molto forte, tanto quanto quella psichedelica. Iniziammo a suonare con Pacho, il nostro percussionista, qualche mese prima dell’inizio delle registrazioni dell’album. Iniziammo a portare in giro uno spettacolo con percussioni industriali, lamiere, bidoni, perfino una lavatrice (!). Con lui fu amore a prima nota. Condivideva inoltre la mia “passione” per l’India e le filosofie orientali ed era (ed e’) un suonatore di tablas formidabile. Io suonicchiavo il sitar e una delle nostre jam finì come intro del nostro primo singolo La Terra. Il nostro secondo lavoro, Astronotus, nato come una lunga jam session di quasi 2 ore, e’ il frutto di questa miscela decisamente atipica.


125esima Strada: Personalmente trovo il tuo cantato in questa prima fase della tua carriera molto simile a quello di Layne Staley. Sei d'accordo con questa similitudine?

David Moretti: Grazie del complimento! Layne aveva una voce strepitosa. Ho sempre cantato in inglese, fin da giovanissimo. Amo molto le voci potenti ma versatili come Glenn Hughes, Doug Pinnick, Demetrio Stratos. Avendo una voce molto bassa e una discreta estensione mi è venuto naturale impostare i miei cantati su quei modelli. Layne e anche Vedder sono stati molto importanti nella mia fase di passaggio tra inglese e italiano. Il primo album è decisamente Alice in Chains, soprattutto nelle armonizzazioni dei cori.


125esima Strada: Parliamo invece degli Juan Mordecai, come è nato questo progetto e come ti è tornata da voglia di tornare in studio e sul palco a oltre dieci anni dall'avventura dei Karma?

David Moretti: Non ho mai smesso di comporre. Quando sei un musicista non vai mai in pensione. Mi sono così ritrovato dopo quasi dieci anni di distanza ad avere moltissimi brani archiviati. La vita ci aveva fatto prendere strade differenti, ma la persona con la quale mi vedevo più spesso era Andrea Viti che nel frattempo era entrato in pianta stabile negli Afterhours. Ognuno dei due si era attrezzato con un piccolo studio mobile casalingo e così iniziammo a scambiarci file audio. Alcuni pezzi erano talmente in sintonia che fu facile farne una playlist. Poi iniziammo a coinvolgere gli altri Karma, chi per una linea di chitarra, chi per le percussioni. In realtà gran parte del disco fu suonata e registrata da me ed Andrea tra il 2004 e il 2007. Ma ricontattare gli altri Karma fu l’inizio di un processo che ci riportò poi dal vivo per i due anni successivi.


125esima Strada: Cioè che stupisce del disco degli Juan Mordecai è l'incredibile varietà dei suoni proposti, a quali artisti vi siete ispirati per comporre i pezzi?

David Moretti: Juan Mordecai è un disco bastardo. Nel vero senso della parola. Tom Waits, Johnny Cash, ma anche MC5, Stooges potrei citarti migliaia di nomi. Siamo sempre stati onnivori musicalmente. Quando hai a disposizione 10 anni e poi fai una selezione, l’unico modo di tenere tutto insieme è farne un frullato. Per di più nessuno dei due ha mai avuto il controllo della cosa. “Mi serve una linea di basso”, “Ho bisogno di una melodia”, “ Ho aggiunto un solo, che dici?”… Questo è stato il modo con cui abbiamo messo insieme dieci pezzi. Anche la lunghissima jam finale è frutto di sovraincisioni a “distanza”. Quando uno di noi aveva il tempo aggiungeva qualcosa e passava all'altro. Per cucinare il tutto poi ci è servita una persona terza che prendesse le decisioni: il grande Taketo Gohara.


125esima Strada: Nei Karma cantavi in italiano e negli Juan Mordecai in inglese. Nella tua esperienza personale quali sono le caratteristiche e i pregi di ciascuna di queste due lingue da un punto di vista musicale e canoro?

David Moretti: Non sono mai stato un poeta, non è quello che sono. Amo la poesia, ma ho sempre trovato ingenua e banale ogni cosa che abbia fatto in quella direzione. Molte delle liriche dei Karma sono cut-and-paste di manuali di meditazione, saggi di filosofia, citazioni, fiabe orientali… Con l’inglese ho un rapporto più diretto, suona in me subito giusto. Almeno questa è la mia esperienza.


125esima Strada: Quali sono i tuoi musicisti preferiti di tutti i tempi?

David Moretti: Non riesco a fare una classifica. Ti direi i Led Zeppelin perché hanno ossessionato la mia adolescenza, perché trovo in loro molto dei suoni che amo dal rock britannico alle sonorità orientali. Ma è davvero molto difficile.


125esima Strada: Nella scena musicale attuale invece chi sono i tuoi preferiti?

David Moretti: Questa è ancora più’ difficile. Ti dico quello che ho aggiunto recentemente su Spotify: Iggy Pop – Post Pop Depression (con Josh Homme), Black Mountain – IV, Bee Caves – Animals with Religion. Adesso che vivo in California ascolto tantissima musica indipendente. Gli unici italiani che ascolto con molto piacere sono i Verdena. Per il resto sono completamente sconnesso.


125esima Strada: Essere un musicista ed essere direttore creativo di Wired sono profili professionali molto diversi, come riesci a coniugare questi due aspetti così all'apparenza distanti?

David Moretti: Nella mia vita ho sempre alternato grafica a musica e musica a grafica. A volte queste due cose si sono sovrapposte. Facevo il grafico per pagarmi l’università e il “vizio” della musica, poi mi sono ritrovato musicista “professionista” e quando la “professione” non mi ha più consentito di viverci sono tornato a fare il grafico.


125esima Strada: Ti rivedremo mai il sala di registrazione o su un palco?

David Moretti: Il bello di stare negli Stati Uniti e’ che qui suonano TUTTI. Molti dei miei colleghi hanno band e ogni tanto spariscono per una settimana girando in piccoli tour. Qui i locali ci sono, la gente va ai concerti e a nessuno gliene frega niente se hai 50 o 16 anni. Diciamo che sto scaldando l’ugola :)