giovedì 31 ottobre 2019

Il patto con il diavolo di Robert Johnson

Si ringrazia Bruce Conforth, coautore del libro "Up Jumped the Devil: The Real Life of Robert Johnson", per la consulenza fornita durante la stesura di questo articolo.

La leggenda più longeva e oscura nel mondo della musica moderna è quella secondo cui il bluesman Robert Johnson avrebbe venduto l'anima al diavolo in cambio della capacità di suonare la chitarra come nessun altro. Questa leggenda nasce da un racconto di un altro bluesman dell'epoca, Eddie "Son" House, secondo cui Johnson sarebbe stato un musicista particolarmente scarso fino all'età di sedici anni, quando sparì dalla zona del delta del Mississippi per un periodo compreso tra un anno e mezzo e due anni e al suo ritornò aveva capacità musicali che suscitavano l'invidia di tutti gli altri chitarristi.


Robert Johnson era nato a Hazlehurst, un paese rurale del Mississippi, nel 1911 e dall'età di otto anni visse con la madre vicino alla città di Tunica, nell'area del delta del Mississippi. La leggenda narra che a sedici anni Robert tornò al suo paese natale dove imparò a suonare la chitarra da un uomo misterioso, vestito di nero, con il quale si incontrava nel cimitero del paese a mezzanotte. Al quel tempo storie di musicisti che vendevano l'anima al diavolo non erano rare. Pochi anni prima, infatti, un altro chitarrista chiamato Tommy Johnson (non parente di Robert, nonostante l'omonimia) raccontò al fratello di aver venduto l'anima al diavolo in cambio della capacità di suonare la chitarra e nel 1925 la cantante Clara Smith del South Carolina scrisse e incise il pezzo Done Sold My Soul To The Devil.

A parte la leggenda, che Robert Johnson abbia compiuto un viaggio a Hazlehurst che lo portò lontano dal delta per quasi due anni è effettivamente vero. Robert probabilmente stava cercando il suo vero padre, ma oltre a questi era in cerca di un famoso chitarrista noto per le sue capacità tecniche a cui voleva chiedere che gli insegnasse a suonare. Quest'uomo ha un nome e un cognome e la sua vita non è per niente avvolta nel mistero. Il suo nome era Isaac Zimmerman, detto Ike, il cui cognome è alle volte scritto come Zinneman, Zinnerman, Zinman o Zinemon, anche se lui lo scriveva con due "m" e la stessa grafia è riportata nei censimenti fin dal secolo precedente.

Ike Zimmerman era un operaio, e non un agricoltore o un mezzadro come alle volte riportato, e proprio grazie alla sua occupazione poteva comprarsi chitarre che altri suoi contemporanei non potevano permettersi. Zimmerman viveva con la moglie Ruth e i loro sette figli, un maschio e sei femmine, in una shotgun house vicino al cimitero del paese. Come riportato dalla figlia di Ike Zimmerman, Loretha Zimmerman, al biografo Bruce Conforth, il padre accolse Robert in casa propria ed era solito dargli lezioni di chitarra di notte al cimitero. Secondo la figlia la scelta del luogo e dell'orario notturno non aveva significati oscuri, ma la scelta del padre fu dettata dalla volontà di trovare un posto silenzioso e dove non ci fosse nessuno oltre a lui e Johnson in modo da non essere disturbati.

Secondo la leggenda Zimmerman e Johnson si sarebbero incontrati ad un incrocio per siglare il proprio patto, ma Loretha ha chiarito che tra la casa dove abitava con i suoi genitori e il cimitero non c'era nessun incrocio e quindi l'aggiunta di questo dettaglio alla leggenda deve essere di carattere allegorico; con l'incrocio come simbolo di scelta della strada da seguire.

Chi crede alla leggenda aggiunge che nel brano Up Jumped the Devil Robert Johnson parlerebbe del suo rapporto con il diavolo. In realtà il titolo del brano, pubblicato postumo nel 1939, è Preachin' Blues (Up Jumped The Devil) e quindi il riferimento al demonio è presente solo nel sottotitolo; il testo del brano inoltre non parla assolutamente del diavolo, ma parla della musica blues. Inoltre Up Jumped the Devil era un titolo già utilizzato per una melodia di violino incisa negli anni 20 da almeno orchestre jazz.

Il presunto patto con il diavolo di Robert Johnson non ha quindi nulla di misterioso, per il semplice fatto che non ci fu mai nessun evento del genere. Purtroppo ad oggi Robert Johnson è ricordato più per le leggende sulla sua vita che non per la sua musica e sarebbe opportuno finalmente che si tornasse a studiare e conoscere la sua breve ma fondamentale discografia lasciando da parte fantasiosi patti demoniaci.



Fonti:

  • Up Jumped the Devil: The Real Life of Robert Johnson di Bruce Conforth e Gayle Dean Wardlow (2019)
  • Escaping the Delta: Robert Johnson and the Invention of the Blues di Elijah Wald (2012)
  • Ike Zimmerman: The X in Robert Johnson’s Crossroads di Bruce Conforth (2008)

lunedì 21 ottobre 2019

Collective Soul - Hints Allegations and Things Left Unsaid

Il 1993 fu un anno di transizione per il mondo del rock; il grunge dominava le classifiche mentre qualche gruppo influenzato dal Seattle sound avviò quello che fu da lì a poco noto come post grunge. Una di queste formazioni che proveniva dal profondo sud degli USA sono stati i Collective Soul che proprio in quell'anno pubblicarono il loro primo album intitolato Hints Allegations and Things Left Unsaid. Il primo album del gruppo guidato da Ed Roland offre un'ottima mescolanza di alt rock, post grunge e pop rock con quattordici tracce leggere e divertenti, ricche di melodia e di chitarre acustiche.

L'album si apre con Shine che resta ad oggi il più grande successo dei Collective Soul e il cui suono è smaccatamente grunge proprio perché grazie ai passaggi radiofonici doveva al tempo attirare l'attenzione del pubblico. Il resto del disco alterna momenti più grintosi come Goodnight Good Guy, Breathe e Love Lifted Me che sono i pezzi più simili al sound di Seattle, fino a brani più leggeri ed eterei come Wasting Time e Heaven's Already Here.

È difficile in questo disco individuare tracce migliori di altre perché tutto l'album si lascia ascoltare con piacere grazie anche ai diversi stili che la musica dei Collective Soul tocca. Nel disco troviamo infatti anche la strumentale Pretty Donna realizzata con solo piano, trombone e archi che regala un vero pezzo di musica classica in un disco rock, e la sperimentazione dei Collective Soul non si esaurisce qui grazie anche ai tocchi punk di Scream e alle venature AOR di All. Tra i momenti migliori del disco spicca anche la ballad melodica Sister Don't Cry, il cui rimando a Watching The Wheels di John Lennon è decisamente esplicito.

La copertina dell'edizione della Rising Storm Records
La versione originale dell'album su CD della Rising Storm Records (che ha una copertina leggermente diversa dalle altre edizioni) contiene anche la ballad di chiusura Beautiful World contraddistinta da percussione acustiche.

Hints Allegations and Things Left Unsaid è ad oggi il primo dei dieci album pubblicati dai Collective Soul tra il 1993 e il 2019 e nonostante non godano del blasone di altre band nate negli anni 90 restano una delle realtà più interessanti e prolifiche di quel decennio. Negli anni la band ha visto molti cambi di formazione e attualmente della lineup originale restano solo i fratelli Roland, il cantante Ed e il chitarrista Dean. Il più recente album dei Collective Soul è Blood uscito quest'anno che regala dieci tracce di ottimo rock melodico, a riprova del fatto che nonostante il loro successo internazionale si limiti a Shine il gruppo è ancora attivo e produttivo e merita sicuramente di essere riscoperto.

martedì 15 ottobre 2019

La discografia degli N.W.A

Nonostante la loro carriera come band sia durata solo quattro anni, gli N.W.A sono uno dei gruppi più rappresentativi e influenti della scena hip-hop della West Coast e oltre alle loro incisioni collettive i membri di questa crew vantano tutti successi notevoli anche nelle loro carriere soliste.


La carriera degli N.W.A iniziò nel 1987, quando il gruppo era composto da Arabian Prince, DJ Yella,
Dr. Dre, Eazy-E e Ice Cube. La prima pubblicazione discografica degli N.W.A è il singolo Panic Zone del 1987 la cui copertina mostra una foto di gruppo in cui compaiono anche rapper associati agli N.W.A che comunque non ne hanno mai fatto parte e che non compaiono all'interno dei disco. Il singolo contiene la title track oltre a Dope Man (in due versioni) ed 8ball (anch'essa in due versioni). Rispetto ai brani più noti degli N.W.A i pezzi del primo 45 giri sono sorprendentemente elettronici e sono caratterizzati da un approccio meno rabbioso rispetto le loro incisioni successive e fortemente influenzato dal suono della East Coast.

Nello stesso anno uscì la compilation N.W.A. and the Posse che conteneva i tre pezzi del singolo più altre tracce di altri artisti prodotti da Dr. Dre ma slegati dagli N.W.A. Sia sul singolo sia sulla compilation il nome del gruppo è scritto N.W.A. (con un punto anche dopo la A) anche se in tutti i dischi successivi sarà scritto N.W.A (senza punto alla fine).

Il primo album intero degli N.W.A risale all'anno precedente ed quello che resta ad oggi il loro più grande successo. Straight Outta Compton uscì l'8/8/88 e per l'occasione la formazione del gruppo si arricchì della presenza di MC Ren. Il disco contiene quasi tutti i più grandi successi della band come la title track, Fuck Tha Police, Gangsta Gangsta e una nuova versione di Dopeman (qui scritto in una parola sola). In questo primo album il gruppo raggiunge le proprie sonorità distintive con basi aggressive e ossessive su cui si alternano al microfono i vocalist che con il loro rap furente cantano di solito una strofa ciascuno.

Dopo l'uscita del primo album il gruppo iniziò a incontrare i primi problemi di formazione, con Ice Cube che lasciò il gruppo non sentendosi riconosciuto il proprio ruolo di principale autore dei pezzi. Nel 1990 uscirono sia AmeriKKKa's Most Wanted, primo album solita di Ice Cube, sia 100 Miles and Runnin', EP degli N.W.A che mostrarono come la fuoriuscita del proprio membro più famoso non scalfì la qualità delle loro produzioni. Il disco contiene infatti cinque ottime tracce tra cui la title track, che nella seconda strofa parla proprio dell'allontanamento volontario di Ice Cube, Real Niggaz e Sa Prize (Part 2) che rappresenta il seguito ideale di Fuck Tha Police.

Con la stessa formazione di 100 Miles and Runnin', gli N.W.A tornarono in studio l'anno successivo per incidere l'album Efil4zaggin, il cui titolo letto al contrario diviene Niggaz 4 Life. Anche questo secondo album contiene alcuni dei brani più famosi del gruppo come Alwayz into Somethin', Appetite for Destruction e Approach to Danger. Pur mantenendo lo stile tipico degli N.W.A, in questi disco i ritmi si fanno più lenti gettando le basi del G-funk che in seguito vedrà esponenti di spicco come Snoop Doggy Dogg, Nate Dogg e lo stesso Dr. Dre.

Il gruppo si sciolse poco dopo l'uscita di Efil4zaggin e da allora uscirono molte compilation dei maggiori successi del gruppo che spesso includono anche incisioni soliste, pezzi di rapper associati o di altri gruppi di cui i membri degli N.W.A fecero parte durante le loro carriere, come ad esempio i Westside Connection, terzetto composto da Ice Cube, Mack 10 e WC che realizzò due album tra il 1996 e il 2003.

Le uniche reunion del gruppo avvennero nel 1999 quando Ice Cube, MC Ren e Dr. Dre usarono il nome storico degli N.W.A per la traccia Chin Check inserita nella colonna sonora del film Next Friday interpretato dallo stesso Ice Cube; per l'occasione i tre reclutarono anche Snoop Dogg, tuttavia sul CD il pezzo è attribuito ai soli N.W.A, come se Snoop in quell'occasione facesse parte del collettivo.

L'anno seguente Ice Cube, MC Ren e Dr. Dre tornarono insieme anche per registrare la traccia di apertura Hello dell'album solista di Ice Cube War & Peace - Vol. 2 (The Peace Disc) e ad oggi quella resta l'ultima, seppure non ufficiale, reunion degli N.W.A.

Per quanto la carriera degli N.W.A sia stata molto breve restano tra gli artisti più importanti della storia dell'hip-hop; si deve a loro l'aver spostato l'importanza del mondo del rap da New York a Los Angeles nei primi anni 90, l'aver aver avviato le carriere di Dr. Dre e Ice Cube e l'aver reso mainstream il gangsta rap. Dr. Dre ha inoltra una lunga carriera da produttore di rapper come Eminem, 2pac, Xzibit e 50 Cent e ha collaborato anche con musicisti R&B come i Blackstreet o Mary J. Blige. Gli N.W.A hanno quindi lasciato un'impronta che perdura nella musica odierna e la black music dei decenni successivi non sarebbe stata la stessa se non fosse stato per questa crew californiana.

lunedì 30 settembre 2019

Ini Kamoze - Ini Kamoze

Il 1984 ha visto l'esordio discografico del musicista reggae Ini Kamoze con il suo primo album che porta il suo stesso nome. Il disco è composto di sei tracce di puro dancehall, grezzo e diretto con qualche nota di rock psichedelico.

Come in tutti i suoi album successivi, Ini Kamoze ha scritto tutti i pezzi dell'album, ma in fase di registrazione si limita a cantare con una voce che risulta un po' acerba e molto lontana dalla maturità e profondità che mostrerà in futuro nei suoi successi migliori come Here Comes The Hotstepper. Al basso e alla batteria troviamo il leggendario duo di di produttori giamaicani Sly & Robbie che all'epoca avevano già all'attivo quattro album e che in futuro avrebbero collaborato con Kamoze per i due album successivi Statement, anch'esso del 1984, e Pirate del 1986.

Tra i pezzi migliori dell'album troviamo World-A-Music, che nel 2005 è stata campionata da Damien Marley (figlio del re del reggae Bob Marley) nella title track del suo album Welcome to Jamrock, e la più melodica Wings With Me in cui Ini Kamoze mostra qualche dote canora in più che nel resto del disco.

Questo album fu pubblicato in un periodo in cui il dancehall viveva un nuovo periodo di splendore, grazie non solo ai musicisti giamaicani ma anche a gruppi della Gran Bretagna come gli Aswad o gli UB40 (soprattutto nei remix pubblicati come b-side) che diedero nuovo lustro al genere. Purtroppo per ottenere un po' di visibilità nelle classifiche e nei passaggi televisivi, Ini Kamoze dovette attendere la metà degli anni 90 con il suo album di maggior successo Lyrical Gangsta del 1995, eppure anche le sue produzioni precedenti offrono musica reggae di livello altissimo, come conferma questo suo album di debutto che merita sicuramente di essere riscoperto.

sabato 21 settembre 2019

Pierre Edel - Live in Moscow 2018

The original Italian text is available here.

French vocalist Pierre Edel can't be described as "former competitor of The Voice" anymore, because his musical activity proceeds both live and in studio with deserved success. On September 21, Pierre published on YouTube the video of the concert he held in September 2018 at the Mezzo Forte Club in Moscow, where he entertained the audience with rock and roll classics for over an hour.


The band led by Pierre Edel is composed by Dmitry Ursul on guitar, Kirill Zelepukhin on keyboards, Anton Chuiko on bass, Michael Sorokin on drums and two extraordinary singers such as Anna Solo and Lera Green. The team is backed by the sound engineer Igor Baidikov.

During the concert Pierre Edel performs a selection of historical pieces taken from rock and hard rock music of the 70s and 80s, from Bon Jovi to Deep Purple through Styx and David Lee Roth. The band moves perfectly on stage and in each songs Pierre shows off his unmistakable voice, powerful and able to reach very high notes. In addition to the excellent voice of the leader, the two girls also stand out and they immediately give proof of their abilities in Bad Medicine and reiterate them in Hold the Line in which each of them sings a verse leaving the chorus to Pierre.

The concert sees a predominance of fast tracks, with the only exception of Feels Good to Me by Black Sabbath, in which Pierre proves he can compare with Tony Martin. In the setlist, Pierre adds just one blues song with Joe Bonamassa's The Ballad of John Henry, leaving unaltered its psychedelic taste; thanks to the long instrumental parts the song highlights the excellent skills of all musicians, which Pierre introduces with short interviews mounted inside the video between each song and the next one.

The only new song in the setlist is the powerful Rock 'n' Roll Slave (written by Pierre Edel and Dmitry Ursul), a gritty and vibrant AOR piece in full 80's style that allows Pierre, more than the covers, to show his vocal skills. The singer closes the concert with two very strong Deep Purple tracks such as I Can't Do It Right and Burn (which in an interview he said is one of his favorite songs) that surely leave a lot of energy in the audience and a great memory.

Burn fades with the closing credits of this concert by one of the best rock voices in recent years. And at the end of the vision, this video leaves the certainty that the voice is hot, the shape is dazzling and we just have to wait for the next record of new works by this phenomenal singer.

Pierre Edel - Live in Moscow 2018

Una traduzione in inglese di questo articolo è disponibile qui.

L'etichetta di "ex concorrente di The Voice" inizia ad andare stretta al vocalist francese Pierre Edel la cui attività musicale procede sia dal vivo sia in studio con meritato successo. Il 21 settembre Pierre ha pubblicato su YouTube il video del concerto tenutosi a settembre del 2018 al Mezzo Forte Club di Mosca, dove ha intrattenuto il pubblico con i classici del rock and roll per oltre un'ora.

La band capitanata da Pierre Edel è composta da Dmitry Ursul alla chitarra, Kirill Zelepukhin alle tastiere, Anton Chuiko al basso, Michael Sorokin alla batterie e due coriste straordinarie quali Anna Solo e Lera Green. Il team è coadiuvato dietro le quinte dall'ingegnere del suono Igor Baidikov.


Durante il concerto Pierre Edel esegue una selezione di pezzi storici del rock e dell'hard rock degli anni 70 e 80 spaziando dai Bon Jovi ai Deep Purple passando per gli Styx e David Lee Roth. La band si muove sul palco alla perfezione e in ogni pezzo Pierre dà sfoggio della sua voce inconfondibile, potente e in grado di raggiungere note altissime. Oltre all'ottima voce del leader, spicca anche quella delle due ragazze, che danno subito prova delle loro capacità in Bad Medicine e che le ribadiscono in Hold the Line in cui ciascuna di loro canta una strofa lasciando a Pierre il ritornello.

Il concerto vede una predominanza di brani veloci, con l'unica eccezione di Feels Good to Me dei Black Sabbath, in cui Pierre esce a testa altissima dal confronto con Tony Martin. Nella setlist Pierre aggiunge un solo pezzo blues con The Ballad of John Henry di Joe Bonamassa di cui lascia inalterato il gusto psichedelico e che grazie alle lunghe parti strumentali mette in luce le ottime capacità di tutti i musicisti, che Pierre presenta con brevi interviste montate all'interno del video tra un pezzo e l'altro.

L'unico inedito in scaletta è il potente Rock 'n' Roll Slave (scritta da Pierre Edel e Dmitry Ursul), un grintoso e vibrante pezzo AOR in pieno stile anni 80 che consente più delle cover a Pierre di mettere in mostra le proprie capacità vocali. Il cantante chiude il concerto con due pezzi fortissimi dei Deep Purple quali I Can't Do It Right e Burn (che in un'intervista ci aveva rilevato essere uno dei suoi brani preferiti) che sicuramente lasciano nel pubblico un bel po' di energia e un ottimo ricordo.

Su Burn sfumano i titoli di coda che sanciscono la chiusura di questo concerto di una delle migliori voci del rock degli ultimi anni. E al termine della visione, questo video lascia la certezza che la voce è calda, la forma è smagliante e ora non resta che aspettare il prossimo disco di inediti di questo cantante fenomenale.

lunedì 16 settembre 2019

Black Star Riders - Another State of Grace

Il nome della band potrebbe non suonare familiare a tutti, ma a dispetto di ciò i Black Star Riders non sono una band esordiente dalla storia breve, ma un gruppo nato dalla formazione dei Thin Lizzy del 2012 che da allora ha deciso di utilizzare un nome diverso per le incisioni nuove così da non utilizzare il marchio della band storica.

Nel 2019 i Black Star Riders hanno pubblicato il loro quarto album dal titolo Another State of Grace composto da undici tracce nel puro stile tradizionale dei Thin Lizzy. Così come nei tre album precedenti, anche in questo nuovo disco la musica dei Black Star Riders è composta da un hard rock potente e diretto fatto per divertire e catturare l'ascoltatore dal primo giro nello stereo. L'album presenta ovviamente una predominanza di brani veloci in cui lo stile della storica band di Phil Lynott è perfettamente riconoscibile grazie all'uso delle cosiddette twin guitars che conferiscono ai pezzi un suono particolarmente grintoso.

L'album parte con la travolgente traccia di apertura Tonight the Moonlight Let Me Down, che dà un primo assaggio di ciò che si troverà nel resto del disco e il cui rimando alla storia Dancing in the Moonlight dei Thin Lizzy non è troppo velato, il pezzo è anche impreziosito da un assolo di sax nel finale. Tra i pezzi migliori troviamo anche la funkeggiante Soldier in the Ghetto che ricorda come i Thin Lizzy non abbiano mai rinunciato alle contaminazioni della musica nera. Ovviamente non possono mancare le influenze del folk irlandese che troviamo molto marcatamente nella title track che proprio grazie a queste risulta essere il pezzo migliore dell'album. Su undici tracce ne troviamo solo due dai ritmi più lenti, quali la ballad Why Do You Love Your Guns? e il midtempo What Will It Take?

Another State of Grace è in sintesi un disco che fa esattamente ciò che ci si aspetta debba fare, cioè diverte e intrattiene per tutta la sua durata, con una musica grezza, diretta e senza fronzoli. È ovvio che i Black Star Riders non faranno mai rivere i fasti dei Thin Lizzy perché un leader carismatico come Phil Lynott è impossibile da sostituire, e anche perché mentre la band originale attraversò vari periodi questa nuova formazione tende a mettere insieme tutti i caratteri distintivi dei Thin Lizzy producendo una musica un po' troppo uguale a sé stessa. Ma se si ascolta questo disco con le giuste aspettative non si può non considerare che l'obiettivo è centrato in pieno e che i Black Star Riders sono una delle realtà più interessanti del panorama rock degli ultimi anni.