giovedì 28 gennaio 2016

Chris Weaver Band: southern rock da Nashville

Dovendo dare una definizione alla musica della Chris Weaver Band è inevitabile ricorrere all'etichetta del southern rock. Ma già dal primo ascolto si capisce che il suono della band è ricco di tante influenze di generi diversi al punto che qualunque etichetta risulta inevitabilmente troppo specifica. Il primo brano del loro primo album si intitola Blues, Soul and Rock and Roll e chiarisce da subito che il gruppo propone un bel mix di stili diversi, sulla biografia pubblicata sul loro sito internet definiscono la loro musica come Mixing southern rock, soul, and country blues e il cantante del gruppo cita tra i musicisti che più lo hanno ispirato Tom Petty, Bob Seger, John Mellencamp e Joe Cocker a riprova del fatto che le influenze musicali che caratterizzano la musica del gruppo sono davvero varie.

Chris Weaver nacque in West Virginia, ma è dopo il trasferimento a Nashville che fondò la band che porta il suo nome; oltre allo stesso Weaver alla voce e alla chitarra il gruppo è composto da Colin Poulton alla seconda chitarra, Andy Leab al basso e Tyler Parkey alla batteria.

La band nel 2010 incise il primo album intitolato Standing in Line. Il disco è composto da 11 tracce con una buona alternanza di pezzi veloci ed altri più melodici come la bellissima ballad So Damn Beautiful. Tra i brani energici spiccano il già citato pezzo di apertura, la festaiola Last Summer e la title track, mentre tra i quelli più melodici si distinguono anche Tear Me Up e No Time to Cry. Tutte le tracce del disco sono comunque di buon livello e l'intero album non ha un attimo di noia. L'atmosfera creata dalla musica del gruppo è sempre positiva, gioiosa e molto country e southern e sembra trasportare nelle migliori feste del sud degli Stati Uniti con i suoi brani divertenti e allegri.

Il secondo album della band intitolato American Dreamer è uscito nel 2013 prodotto da Josh Leo, già produttore di band come gli Alabama o i Lynyrd Skynyrd di cui la Chris Weaver Band continua la tradizione. Il disco prosegue sulla strada segnata dal precedente ma spostando la propria musica sempre più verso il country e accentuando ancora di più l'allegria espressa dai brani; la mano del produttore si sente distintamente e i pezzi sono molti più patinati e accattivanti rispetto a quelli di Standing in Line. L'album parte alla grande con l'ottima Gravy Train sostenuta dalla chitarra e dalla voce del frontman; troviamo poi la bellissima Raise the Dead impreziosita dal coro di voci femminili sul ritornello che apre il brano a cappella e che si ritrova poi all'interno del pezzo. Il brano migliore resta comunque la title track energica e trascinante. Molto bella è anche Without Chains che ripropone la formula del coro di voci femminili che fanno la seconda voce nel ritornello. Nel disco non mancano momenti più d'atmosfera con dei brani più lenti come California High, Time Has Wings e I Should Have Said That proposta anche in versione acustica.

E' un vero peccato che gruppi rock così energici e sanguigni vengano praticamente ignorati al di fuori del loro paese perché la musica della Chris Weaver Band è davvero ottima e meriterebbe di valicare i confini. Non possiamo che restare in attesa che la band pubblichi i suoi prossimi lavori che sicuramente ci regaleranno dell'altra ottima musica.

giovedì 21 gennaio 2016

La morte di Whitney Houston

La vita di Whitney Houston si spense l'11 febbraio del 2012 nella stanza 434 del Beverly Hilton, al numero 9876 di Wilshire Boulevard a Bevery Hills dove la cantante si trovava per partecipare alla consueta festa che il produttore Clive Davis organizza annualmente la sera prima della cerimonia dei Grammy Awards. Whitney era arrivata il 6 febbraio firmandosi al check-in con il nome di Elisabeth Collins, pseudonimo ispirato al nome della nonna materna che si chiamava Sarah Elisabeth Collins Houston, inoltre la stessa Whiteny aveva Elisabeth come secondo nome. Insieme a lei viaggiavano la sua assistente Mary Jones e la guardia del corpo Ray Watson. La festa di Clive Davis si sarebbe tenuta il sabato sera, proprio il giorno della sua morte.

Whitney passò la serata precedente al bar dell'Hilton con altri ospiti dell'albergo bevendo fino a tardi. Nel primo pomeriggio di sabato 11 telefonò alla cugina, la famosa cantante Dionne Warwick, per assicurarsi che le due sarebbero state sedute allo stesso tavolo alla festa, in seguito la Warwick riportò che Whitney a quell'ora stava bene ed era di buon umore in vista della serata che le aspettava.

Poco prima delle 15 Whitney disse alla Jones di sentirsi la gola secca e di avere questa sensazione da alcuni giorni, l'assistente le consigliò di farsi un bagno per rilassarsi e di prepararsi per la serata. Quindi Mary uscì dalla stanza e alle 15:15 Whitney sentì al telefono anche la madre, la cantante Cissy Houston, che pure confermò in seguito che la figlia stava bene.

Alle 15:36, come confermato dal sistema elettronico di rilevamento delle aperture delle porte dell'albergo, la Jones tornò nella stanza, aprì con la propria chiave elettronica e non vide la cantante in giro, la cercò in bagno dove vide dapprima il pavimento bagnato e un attimo dopo la Houston priva di sensi stesa nella vasca piena a faccia in giù. Il rubinetto era comunque chiuso. L'assistente provò a estrarla dalla vasca, ma non riuscì. Chiamò quindi Watson e insieme trassero il corpo dalla vasca deponendolo sul pavimento del salotto della suite spostando il divano in modo da creare più spazio; alle 15:43 Watson chiamò la reception chiedendo di chiamare il 911. Arrivarono dapprima alcuni agenti di polizia e i paramedici dei vigili del fuoco già presenti nell'albergo per via del grosso evento che avrebbe avuto luogo la sera, i paramedici tentarono la rianimazione cardio-polmonare, ma invano. Alle 15:55 Whitney Houston fu dichiarata morta.

Il corpo rimase a lungo nella stanza 434 e il medico legale ne ordinò la rimozione solo dopo dieci ore, quando la festa di Davis. che si tenne comunque, era già abbondantemente iniziata nell'imbarazzo di molti degli ospiti. Il medico legale nel suo rapporto definitivo scrisse che la causa del decesso fu annegamento dovuto ad aterosclerosi (malattia cardiaca di cui soffriva) e uso di cocaina, sostanza che la cantante usava regolarmente come confermato dalle perforazioni nel setto nasale riscontrate dal coroner. Il medico scrisse anche di aver trovato nella stanza molte medicine, tra cui ansiolitici e miorilassanti, che le erano state prescritte, posaceneri colmi di cicche di sigarette, bottiglie di alcolici e uno specchio con della polvere bianca. In bagno sul ripiano del lavello fu trovato anche un cucchiaino con una sostanza cristallina e un foglio di carta arrotolato accanto al cucchiaio, segno che la cantante aveva assunto cocaina poco prima di immergersi nella vasca. Anche l'esame tossicologico confermò la presenza nel suo sangue di cocaina e alti livelli di benzoilecgonina, il principale metabolita della cocaina.

Del resto Whitney aveva consumato cocaina varie volte durante la sua permanenza al Beverly Hilton e non sono solo gli oggetti trovati nella sua stanza a confermarlo. Intervistato dal documentario delle serie Autopsy di Channel 5 dedicato alla morte di Whitney Houstion lo spacciatore abituale della cantante, che appare nel documentario con il viso coperto, racconta di averle consegnato cocaina all'Hilton più volte durante quei cinque giorni. L'uomo le si avvicinava fingendosi un fan e porgendole una biro come se volesse un autografo. La cantante, che conosceva la procedura, estraeva dalla borsa un quaderno in cui aveva nascosto nelle banconote e dopo averlo autografato lo porgeva all'uomo tenendosi in cambio la biro che era in realtà piena di cocaina. Inoltre secondo un'indagine di TMZ l'uomo che le fornì la cocaina in quei giorni riuscì a rimuoverne alcune quantità dalla stanza dopo la morte della cantante e prima che arrivassero le autorità, non c'è modo di verificare indipendentemente questa asserzione che in realtà appare poco credibile perché non si capisce quando l'uomo sarebbe entrato senza essere notato, come avrebbe fatto a sapere che la cantante era morta prima che ne venisse diffusa la notizia e soprattutto TMZ sostiene che nella stanza non vi fossero più tracce di cocaina quando arrivarono le autorità ma questo, come abbiamo visto, non corrisponde al vero.

Secondo quanto sostenuto da Autopsy il grave errore della cantante fu di aver riempito la vasca con acqua troppo calda, infatti quando fu misurata sei ore dopo l'incidente era ancora oltre 34 gradi. Dopo aver chiuso il rubinetto la Houston sarebbe quindi entrata in piedi nella vasca sotto l'effetto della cocaina e lo stordimento della droga le avrebbe impedito di percepire lo shock termico dell'acqua eccessivamente calda, lo shock le causò un crollo della pressione sanguigna e la conseguente perdita di sensi la fece cadere nella vasca, l'aterosclerosi e l'effetto della droga le impedirono di riprendere conoscenza e la cantante annegò nell'acqua.

Sebbene non vi siano seri motivi per dubitare della ricostruzione del medico legale, anche la morte di Whitney Houston ha generato varie teorie del complotto secondo cui la cantante sarebbe in realtà stata uccisa. E' quanto sostiene il detective privato Paul Huebl le cui motivazioni sono però piuttosto risibili. Secondo Huebl durante il periodo in cui Whitney è rimasta da sola in stanza, un gruppo di aggressori non meglio identificato sarebbe entrato nella stanza, l'avrebbe aggredita e poi tenuta con la testa sott'acqua forse solo per spaventarla e non con l'intenzione di ucciderla. L'unica motivazione addotta da Huebl sono le abrasioni trovate sul corpo della Houston e gli slittamenti della pelle rilevati dal medico legale, la causa scatenante sarebbe un debito per droga mai saldato. Ma la spiegazione data da Autopsy è molto più semplice: le abrasioni alla testa furono causate dalla caduta nella vasca, e il tentativo di estrarla a peso morto dalla vasca e la rianimazione causarono le altre. Lo slittamento della pelle è dovuto invece alla lunga permanenza nell'acqua calda.

Inoltre come tutte le teorie del complotto si basa su dettagli insignificanti e ne ignora altri ben più significativi. Huebl ad esempio non considera il fatto che la Houston è stata trovata nella vasca nuda e ci sembra piuttosto bizzarro che la cantante potesse ricevere ospiti nuda. Del resto la porta non è stata forzata, né il sistema di rilevamento elettronico delle aperture delle porte dell'albergo ha registrato un passaggio della chiave prima di quello di Mary Jones. I vestiti avrebbero comunque esserle stati strappati, anche solo un accappatoio, ma se davvero ci fosse stata una colluttazione in quella stanza il mobilio e gli oggetti di Whitney sarebbero stati in disordine ma la camera come descritta dal medico legale nel rapporto è invece ordinata con tutti gli oggetti disposti in modo coerente, questo dettagli è confermato anche dalle poche foto che sono state pubblicate in esclusiva da TMZ. Nemmeno Mary Jones ha mai riportato di aver trovato nella stanza un disordine sospetto.

In ultimo se la Houston fosse stata aggredita avrebbe verosimilmente urlato e in un hotel gremito come quello qualcuno avrebbe sentito le grida. Ma nessuno dei testimoni mai riportò nulla del genere. L'unico dettaglio sospetto è il fatto che il coroner precisa che la patente di guida di Whitney è stata sottratta dal portafogli prima del suo arrivo, ma questo non indica in alcun modo che si sia trattato di un omicidio piuttosto sembra indicare che tra le persone che sono entrate nella stanza qualcuno abbia raccolto un cimelio.

Ancora una volta anche nel caso di Whitney Houston le teorie del complotto sembrano solo il parto delle menti troppo fervide di chi intende lucrare su morti famosi.

Oltre a quelle già citate le fonti che abbiamo utilizzato per la nostra ricerca sono gli articoli di ABC News A Timeline of Whitney Houston's Final Days e Whitney Houston: 'White Powder' Found on Spoon in Hotel Room, Whitney Houston found dead in a bathtub at Beverly Hilton Hotel del New York Daily News e We'll always love you: Whitney is carried from funeral to sound of her greatest hit - but Bobby Brown storms out in row over seating del Daily Mail.


Nota: Il 19 novembre del 2014 il conduttore radiofonico Adam Corolla ha sostenuto nel suo programma The Adam Corolla Show che lo spacciatore intervistato nella puntata di Autopsy sia in realtà un attore e che l'intervista fosse quindi falsa. Il presunto attore ha partecipato alla trasmissione di Corolla, tuttavia non abbiamo potuto confrontare le voci perché il podcast della puntata non è più disponibile, ma guardando le foto pubblicate dal sito dell'Adam Corolla Show non ci sembra proprio che l'uomo intervistato da Corolla sia lo stesso apparso in Autopsy, in particolare la bocca e nello specifico il labbro superiore sembrano notevolmente diversi. Inoltre l'uomo intervistato da Corolla ha sostenuto di aver interpretato l'autista di Whitney Houston in un'intervista telefonica nella stessa puntata di Autopsy, ma questo è falso come è facilmente verificabile visionando Autopsy. L'ipotesi più probabile è che l'uomo intervistato da Corolla sia un mitomane che nulla ha in comune con lo spacciatore di Whitney Houston. Detto ciò, che la testimonianza dello spacciatore di Autopsy sia vera o meno non cambia minimamente la ricostruzione della morte della cantante.

lunedì 11 gennaio 2016

ilNero E=MC2 Tour - Desio, 9/1/2016

Ci sono concerti che ti lasciano dentro un qualcosa che poi non sai descrivere, una sensazione di aver partecipato a qualcosa di vero, a un profluvio di emozioni genuine che sgorgano dal cuore. E' questo ciò che ho provato io e gli altri che erano con me al concerto de ilNero al Rock On The Road di Desio il 9 gennaio del 2016. Il pubblico trepidande si è raccolto ai piedi del palco ben prima che la band capitanata da Gianluigi Cavallo (e che vede nella sua formazione anche il figlio Sebastiano come chitarrista) uscisse dai camerini intorno alle 23 accompagnata dalle nuvole di fumo che uscivano dai lati e della title track del loro album E=MC2 che veniva trasmessa dagli altoparlanti.

E da lì in poi è stato solo rock, energia a fiumi per un'ora e mezza di musica ininterrotta. La band sul palco ha un'energia incredibile e trasmette una forza degna dell'olimpo del rock. I "neri" hanno eseguito tutti i pezzi del loro primo album e dalle esecuzioni live emerge la perfezione tecnica che contraddistingue la band che non sbaglia un colpo. Il concerto è partito alla grande con Splendido Girone, per poi proseguire con Cuore, Oltre e tutti gli altri brani che compongono il disco e tutto il pubblico era unito nel cantarli a memoria insieme a Cabo. Oltre a questi ilNero ha eseguito due inediti entrambi in inglese: The Return una ballad che inizia con tastiera a voce che circa a metà concerto ha rallentato per un attimo il ritmo creando un'atmosfera più intima e raccolta e We Are Back vibrante e trascinante rock and roll da headbanging in chiusura del concerto che Cabo usa per lanciare la frase che sintetizza al meglio ciò che abbiamo vissuto: Siamo vivi!

Dopo We Are Back come ultimo brano non poteva mancare la cover di Heroes di David Bowie (in una delle ultime, forse proprio l'ultima, interpretazioni live eseguite quando il Duca Bianco era ancora in vita) che Cabo dedica ai propri sostenitori ma che tutti i presenti in realtà avrebbero dedicato alla band che, va ricordato, non è composta di professionisti ma da informatici che fanno musica per hobby e che nonostante ciò non hanno nulla da invidiare a gruppi blasonati del panorama mondiale.

Dopo Heroes il pubblico ha richiesto alla band un bis, non per consuetudine ma per la vera voglia di stare ancora insieme, di regalarsi altri pochi minuti di musica, forza e amicizia e ilNero ha riproposto Dolce Vita, forse il pezzo migliore dell'album e del concerto, e la cover di Personal Jesus dei Depeche Mode in una versione particolarmente infernale. E mentre ci allontanavamo dal locale c'era la forte sensazione di non essere stati solo a un concerto, ma quasi a un evento in famiglia e tra amici. "Piacere di avervi conosciuto" dicevo a chi aveva cenato con me, con cui avevo scambiato poche parole ma che erano bastate a capire che la passione per il rock ci accomunava. E i sei ragazzi sul palco il rock ce l'hanno nel sangue e l'hanno riversato nell'aria come solo quelli a cui scorre fino al cuore sanno fare. Grazie "neri", alla prossima!

giovedì 7 gennaio 2016

Intervista a Gianluigi Cavallo

Il 2015 ha visto il ritorno sulle scene musicali di Gianluigi Cavallo, ex frontman dei Litfiba dal 2000 al 2006 e attualmente cantante del suo nuovo progetto musicale chiamato ilNero che vede nella sua formazione anche la presenza del figlio Sebastiano come chitarrista.

Cabo ha cortesemente accettato la nostra proposta di rilasciarci un'intervista che potete leggere di seguito.

Ringraziamo Gianluigi per la sua cortesia e disponibilità


125esima Strada: Ciao Cabo, anzitutto grazie del tempo che ci dedichi. Parliamo del tuo nuovo disco, come è nato ilNero?

Gianluigi Cavallo: Dalla voglia di creare insieme ad amici e fratelli arte, musica ed emozioni. Il concetto di nero è davvero molto esteso e rispecchia completamente le nostre filosofie di pensiero a riguardo. Il nero è la madre della luce. Senza il nero le luci, anche le più tenui, non sarebbero visibili. E’ uno stato di profonda quiete che ti impone di ascoltare il tuo essere.


125esima Strada: E i brani del disco come sono nati?

Gianluigi Cavallo: Ho sempre continuato a scrivere in questi anni, con il piacere di estrarre quanto contenuto nel mio essere. Alcuni arrivano addirittura dal 1995, brani che avevo scritto e che non abbiamo utilizzato nei Litfiba. Il tutto è stato preso e portato in sala prove con i miei fratelli “neri” e da lì la stesura ed il vestito finale.


125esima Strada: Cosa provi a vedere tuo figlio che si esibisce insieme a te come chitarrista?

Gianluigi Cavallo: Orgoglio e gioia. Metà di me vorrebbe essere giù dal palco per assistere allo spettacolo senza perdere un secondo. Un dei regali più belli di questa vita, suonare insieme a mio figlio.


125esima Strada: A quale brano del disco sei più legato (se ce n'è uno)?

Gianluigi Cavallo: Nessuno in particolare.


125esima Strada: Come mai hai scelto proprio Heroes per tornare sulle scene dopo la tua lunga assenza?

Gianluigi Cavallo: Il Duca Bianco è un esempio, un maestro, sempre. La sua capacità di emozionare è rimasta inalterata e non perde occasione per mostrare la sua coerenza e il suo talento. Heroes è stata una scelta immediata, secca, diretta.

Adoro quel brano e dedicarlo ai mie fan che fino ad oggi hanno aspettato con pazienza e passione il mio ritorno è stato spontaneo. Celebrare persone e amici che per tanto tempo hanno fatto viaggi, sacrifici, chilometri, speso soldi, per condividere le emozioni di una sera insieme è quanto di più vero c’è in questa vita.


125esima Strada: Quali sono i tuoi gruppi o cantanti preferiti attualmente?

Gianluigi Cavallo: Ascolto musica a 360 gradi. Attualmente le mie preferenze sono David Bowie, Foo Fighters, Muse, Franz Ferdinand, Kasabian, Slash.


125esima Strada: E invece quali sono i tuoi preferiti di tutti i tempi?

Gianluigi Cavallo: Troppi da nominare: da Robert Johnson ai Muse, non dimenticando Paganini, Miles Davis, Paco de Lucia, ecc.ecc.

Troppi per fare una lista sensata. Ogni artista mi incontra durante i passi del mio vivere.


125esima Strada: Quali generi musicali ascolti oltre al rock?

Gianluigi Cavallo: Tutti. Non ci sono limiti alle emozioni. Tutto quello che mi emoziona.


125esima Strada: Qual'è il tuo ricordo più bello degli anni che hai trascorso nei Litfiba?

Gianluigi Cavallo: Il pubblico, i fan, gli amici.


125esima Strada: Come riesci a coniugare il tuo lavoro di CEO di Virtualcom con l'attività di rocker?

Gianluigi Cavallo: C’è chi gioca a golf o a calcetto… io suono.


125esima Strada: Ci sarà mai un nuovo album de ilNero?

Gianluigi Cavallo: E’ già in lavorazione. Siamo tornati, per restare.