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venerdì 11 maggio 2018

The Dead Daisies Burn It Down Tour - Trezzo sull'Adda, 9/5/2018

Non ero mai stato al Live Club di Trezzo sull'Adda, nonostante sia uno dei locali più famosi del milanese tra quelli in cui passano le leggende del rock nei loro tour europei. Il 9 maggio del 2018 il programma prevedeva il live dei Dead Daisies, uno dei gruppi più interessanti del panorama hard rock mondiale e l'occasione era ghiotta per vedere questo leggendario posto e per vedere dal vivo questo quintetto straordinario.

Credit: Tino
In una giornata passata da un caldo africano alla pioggia battente nel giro di poche ore, lo show è stato introdotto da un gruppo di apertura di altissimo livello, con i tedeschi New Roses che hanno regalato alla folla un'ora di ottimo rock dal buon equilibrio tra sonorità dure, melodia e qualche sfumatura di southern.

Poco dopo le 21 è salito sul palco il gruppo guidato da John Corabi che ha aperto con Resurrected, dal nuovo album Burn It Down, per iniziare due ore di rock folle e forsennato, fatto da una sana combinazione di energia e allegria senza sosta. Il gruppo ha scelto sapientemente la scaletta attingendo dagli ultimi tre album (quelli che vedono Corabi alla voce) e prendendo solo i pezzi più energici, quelli che infiammano la folla come Make Some Noise, Can't Take It With You e Song and a Prayer. Mexico, proposta come sesta, è il pezzo che accende di più la folla e l'energia non si spegne mai, fino al finale introdotto da Long Way To Go.

Il gruppo sul palco si muove con una maestria che pochi hanno, la macchina musicale si muove alla perfezione e l'esecuzione è impeccabile in ogni momento dell'esibizione. Del resto questo quintetto è composto da musicisti di grandissima esperienza e successo, e se la definizione di supergruppo inizia ad andare stretta a un combo di musicisti che sforna (tra registrazioni in studio e live) un album all'anno possiamo dire con sicurezza che i Dead Daisies sono un vero dream team dell'hard rock.

Corabi domina la scena e caratterizza ogni pezzo con la sua potenza vocale e con gli stessi acuti dei tempi in cui militava nei Mötley Crüe. Marco Mendoza interpreta appieno il ruolo di vice frontman ed è consapevole di essere quello che raccoglie più attenzione insieme al cantante. Il bassista lancia decine di plettri tra la folla che fa a gara per raccoglierli, scende dal palco e passeggia in mezzo al pubblico mentre suona (tanto che io stesso gli ho toccato una spalla e una ragazza poco distante gli ha stampato un bacio su una guancia) e soprattutto ricopre il ruolo principale nelle seconde voci in cui di solito esegue la voce alta lasciando a Corabi quella bassa.

I Dead Daisies chiudono la serata con la cover di Highway Star dei Deep Purple che non hanno mai inciso in studio ma che eseguono spesso dal vivo a coronare una serata memorabile, con tanto rock di altissimo livello, fresco e divertente, eseguito come meglio non si potrebbe.

Nel frattempo fuori ha smesso di piovere, ma il caldo del pomeriggio ha lasciato il posto a una notte piuttosto fredda per la stagione, e mentre lasciamo il Live Club verso l'autostrada resta il ricordo di un concerto superlativo e la consapevolezza di avere appena visto in azione cinque tra i migliori musicisti di ogni epoca.

Grazie Live Club, grazie New Roses e soprattutto grazie Dead Daisies. Alla prossima!

lunedì 16 aprile 2018

The Dead Daisies - Burn It Down

Il 2018 vede il ritorno dei Dead Daisies con un nuovo album in studio intitolato Burn It Down che esce a meno di due anni dal precedente Make Some Noise e a solo uno dal live Live & Louder. Vista la frequenza delle pubblicazioni del combo guidato da John Corabi appare evidente che l'etichetta di supergruppo inizi ad andare un po' stretta a una band che di fatto sforna più album di molte formazioni permanenti e che spesso porta la propria musica sui palchi di arene e palazzetti in lunghe tournée planetarie.

Rispetto all'album precedente la formazione vede un solo cambio, con il batterista Deen Castronovo che prende il posto di Brian Tichy e che contribuisce a formare un cast di stelle assolute dell'hard rock insieme a David Lowy alla chitarra ritmica, Doug Aldrich alla chitarra solista, Marco Mendoza al basso e John Corabi alla voce.

In questo nuovo LP la band propone di nuovo il proprio suono distintivo fatto di un hard rock ispirato ai classici degli anni 70, ricco di sfumature di blues e soprattutto fatto per divertire con sonorità veloci e fracassone. Il disco è composto da dieci pezzi più una bonus track presente solo nell'edizione su CD. Come è ovvio e naturale attendersi, l'album vede una preponderanza di pezzi veloci ed energici; tra questi troviamo le due tracce che aprono l'album subito su ritmi molto sostenuti quali Resurrected e Rise Up. Tra i migliori pezzi veloci spiccano anche Dead And Gone in cui Corabi tira fuori il meglio delle sue doti vocali rimaste troppo a lungo adombrate dall'essere considerato il sostituto temporaneo di Vince Neil (al quale Corabi è in realtà molto superiore). Meritano una menzione anche la velocissima Leave Me Alone, che propone sonorità più vicine all'hair metal degli anni 80, e l'aggressiva Can't Take It With You.

Nell'album non mancano momenti più tranquilli con la titletrack che presenta sonorità blues molto marcate e con la ballad dal sapore southern intitolata Set Me Free.

Come anticipato nella versione fisica troviamo una bonus track, ovvero la cover di Revolution dei Beatles (che ovviamente non c'entra nulla con l'album Revolución dei Dead Daisies del 2015, che tra l'altro non aveva una title track), di cui il quintetto lascia inalterata la melodia incalzante e ribelle condendola con chitarre distorte e con il ritmo potente della batteria che ne sottolinea l'incedere deciso.

E' ovvio che siamo davanti a un disco che ripropone stilemi e del passato e che non offre grandi novità in termini sonori, ma non sarebbe neanche corretto aspettarselo dai Dead Daisies la cui missione è ovviamente quella di produrre musica di facile presa e divertente che regali un'ora di atmosfere allegre e festaiole. E se questo è lo scopo di Burn It Down, il risultato raggiunto dalla band con il loro quarto album centra in pieno l'obiettivo.

domenica 7 agosto 2016

The Dead Daisies - Make Some Noise

Ci sono supergruppi che si limitano a incidere album in studio, e poi ci sono quelli che fanno anche tournée e suonano dal vivo. E' questo il caso degli australoamericani Dead Daisies che oltre ad avere il merito di suonare nelle arene e negli stadi hanno anche quello di essere incredibilmente prolifici, visto che il loro nuovo album Make Some Noise esce a poco più di un anno di distanza dal precedente Revolución.

Rispetto al lavoro precedente la formazione del gruppo ha visto qualche cambio con la fuoriuscita di Richard Fortus e Dizzy Reed e l'ingresso di Doug Aldrich alla chitarra. Gli altri membri del gruppo restano David Lowy alla chitarra ritmica, Marco Mendoza al basso, Brian Tichy alla batteria e John Corabi (ex vocalist dei Mötley Crüe) alla voce.

Se la formazione cambia, non cambia invece lo stile musicale del gruppo. Come dice il titolo stesso dell'album, Make Some Noise offre del sano hard rock festaiolo e divertente con forti venature blues soprattutto nei riff di chitarra; del resto l'amore dei Dead Daisies per il blues non sorprende visto che Revolución conteneva una cover di Evil di Howlin' Wolf. La band infatti si ispira chiaramente ai mostri sacri del passato, come gli Aerosmith o i Van Halen degli inizi, che hanno fatto dal proprio marchio di fabbrica il connubio tra rock e blues. Ma la vera peculiarità della musica dei Dead Daisies sta nella forte e graffiante voce di Corabi che anche questa volta mette in campo tutta la sua esperienza e capacità ed è proprio Corabi, va riconosciuto, che ha concesso alla band di fare un vero salto di qualità quando tra il primo e il secondo album ha preso il posto del pur bravo ma inferiore Jon Stevens.

Il brano di apertura del disco, intitolato Long Way to Go, era stato pubblicato in video a giugno e dà subito una bella scarica di energia che si ritrova in tutti gli altri pezzi. Tra i brani migliori troviamo anche Song And a Prayer in cui lo stile degli Aerosmith si sente forte e Corabi sembra imitare Tyler anche nel cantato; spiccano anche le energiche Mainline e Freedom che si contendono il titolo del brano più veloce dell'intero disco, la festaiola e coinvolgente Last Time I Saw the Sun, la trascinante title track la cui strumentazione musicale ricorda We Will Rock You e l'allegra All The Same.

L'album contiene anche due preziose cover. La prima è Fortunate Son dei Creedence Clearwater Revival, riproposta in versione molto simile all'originale ma resa più energica dal suono delle chitarre; la seconda è Join Together degli Who che viene trasformata in un inno travolgente mantenendone ovviamente il coro sul ritornello che anche in questa versione ne è il punto di forza.

Il nuovo album dei Dead Daisies conferma le aspettative regalando dodici tracce di puro rock sanguigno con forti influenze blues come nella tradizioni delle band che li hanno ispirati. Del resto se una delle caratteristiche distintive dei Dead Daisies è la loro solerte attività dal vivo la band ha raggiunto il proprio scopo incidendo dodici pezzi che si prestano tantissimo ad essere suonati davanti alla folla. Un altro merito indiscusso di questa band è di dare finalmente il giusto spazio alla voce di John Corabi, uno dei cantanti più sottovalutati della storia, che troppo spesso viene considerato solo sostituto temporaneo di Vince Neil. L'unica critica che può essere mossa a Make Some Noise è che i suoni proposti sono effettivamente un po' troppo simili tra loro e l'album non brilla per varietà; ma è anche vero che dai supergruppi non ci si aspetta innovazione o sperimentazione, ma piuttosto che regalino della musica divertente che sappia coniugare immediatezza e qualità. E questo disco sicuramente centra l'obiettivo.