mercoledì 26 aprile 2017

Guardians Of The Galaxy: Awesome Mix Vol. 1 e Vol. 2

Nota: questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino che ringraziamo per il prezioso contributo.

Sono sempre stato convinto che, al completamento di un film, un regista sappia in anticipo se il film si rivelerà un flop o meno. In questo momento storico, i film sui supereroi fanno da padroni della scena; ma, forse per rivitalizzare dei personaggi meno conosciuti, può capitare di inciampare: Daredevil, Elektra e Ghost Rider ad esempio sono stati tentativi che su IMDb non arrivarono nemmeno alla sufficienza. Nel 2014 pensavo che il film sui Guardiani della Galassia fosse un altro tentativo disperato di rilanciare un franchise di supereroi oscurato dalla fama di Avengers e X-Men. Mai idea fu più sbagliata, il film infatti fu un successo grazie al sapiente mix di fantascienza, azione e sopratutto divertimento.

Senza addentrarci troppo, la trama racconta del giovane Peter Quinn, in seguito Star-Lord, che nel 1988 venne rapito da una banda di pirati alieni. Il giovane aveva con sé il suo walkman con una cassetta: The Awesome Mix Vol.1 che rappresenterà poi il suo unico legame con il pianeta d'origine. La colonna sonora parte proprio da questa cassetta, e il sottofondo, già nel primo trailer, di Hooked on a Feeling lascia intendere una selezione musicale di livello.

Una colonna sonora di grandi classici degli anni 60 e 70 dei quali magari non tutti sanno il titolo e l'artista esatto, ma sono tutti pezzi che sicuramente una volta nella vita abbiamo sentito. Partendo dalle movimentate Hooked on a Feeling, Go All The Way e Spirit in the Sky si passa al grande David Bowie con Moonage Daydream e all'allegria dei Jackson 5 con I Want you Back. Chiude il primo volume Ain't No Mountain High Enough di Marvin Gaye.

Il secondo capitolo della saga, in uscita in questi giorni, è stato preceduto dal corrispondente volume dell'Awesome Mix (la cui tracklist era trapelata un paio di giorni prima dell'uscita ufficiale). Ottima la scelta di mettere i due pezzi più forti: Fox on The Run degli Sweet e The Chain dei Fleetwood Mac nei trailer di lancio dei mesi antecedenti l'uscita.

Il resto della compilation è una bella rassegna di rock tranquillo ma mai noioso, fatta eccezione per la movimentata Surrender dei Cheap Trick, mentre il funk di Flash Light dei Parliament ci avvia verso la chiusura.

Il pezzo finale Guardians Inferno, è un inedito, scritto a quattro mani dal regista dei due film James Gunn e dal compositore Tyler Bates e tra gli interpreti figura David Hasselhoff, il quale non è nuovo nel campo della musica. Il brano è un pezzo pop dalle sonorità anni 80, perfettamente in linea con lo stile della raccolta.

Da far notare anche che oltre a una scelta musicale di livello anche gli abbinamenti del brano con la scena del film sono stati estremamente azzeccati, a differenza di altri film dove si è peccato di superficialità inserendo un brano famoso senza badare al contesto ma solo per enfatizzare alcune scene.

Un paio di curiosità: il primo volume non solo è stato edito anche in vinile, ma anche in formato cassetta, forse per usare un classico effetto nostalgia. Inoltre è stato il primo album della storia contenente canzoni non nuove a guadagnare il primo posto nella US Billboard 200 dello stesso anno.

Concludo dicendo che in entrambi i volumi la scelta dei brani è davvero ben fatta e riesce a coinvolgere in maniera molto positiva tutte le generazioni di spettatori. E ai più giovani fornisce una bella infarinata sulla musica di quattro decenni fa.

venerdì 21 aprile 2017

Deep Purple - Infinite

La band di Ian Gillan ha scelto il titolo giusto per il loro ventesimo album in studio: Infinite. Infatti la carriera dei Deep Purple sembra proprio infinita e, come dimostra questo nuovo disco, alla soglia dei 70 anni il quintetto di Hertford ha ancora voglia di incidere e sperimentare e sforna un disco di dieci tracce tutte notevolmente diverse tra loro e alcune di esse anche molto diverse da ciò che la band ha fatto in passato.

La formazione del gruppo resta la stessa degli ultimi album, da Bananas del 2003, e vede Ian Gillian alla voce e all'armonica, Tommy Bolin alla chitarra, Roger Glover al basso, Ian Paice alla batteria e Don Airey alla tastiera.

La prima cosa che si nota già da un primo ascolto è che in questo disco il suono dei Deep Purple tende fortemente verso il prog, con ricche melodie e lunghe parti strumentali in cui regnano il suono delle chitarre e quello dell'organo Hammond. Il disco parte con la sostenuta Time for Bedlam che prima di assestarsi su un prog rock piuttosto classico si apre con una voce robotica che troveremmo più consueta in un album dei Kraftwerk o dei Rockets e che per i Deep Purple rappresenta una bella innovazione. Con la seconda traccia intitolata Hip Boots troviamo già il primo energico cambio di rotta, con una pezzo vibrante dalle forti venature nere che tendono verso il funk. Nel disco troviamo anche due pezzi di chiara ispirazione rock and roll, quali One Night in Vegas, sostenuta principalmente dal suono dell'Hammond, e le più tradizionale Johnny's Band in cui sono le chitarre a reggere la base del pezzo.

Nel disco troviamo due pezzi più hard & heavy che sembrano catapultati ai giorni nostri direttamente dagli anni 70: On Top of the World contraddistinta dal suono più duro delle chitarre e Birds of Pray arricchita da una lunga parte strumentale al centro, tra la seconda strofa e il ponte che introduce alla terza. Spicca anche The Surprising che parte come una ballad per poi lasciare spazio a una lunga e complessa parte strumentale che fa da preludio a un nuovo cambio di tempo per tornare sui ritmi iniziali.

Chiude il disco una cover di Roadhouse Blues dei Doors con un riff iniziale che ricorda quello di La Grange degli ZZ Top e riproposta in chiave ancora più blues dell'originale, regalando così un nuovo omaggio alla musica nera che ha dato origine all'hard rock nei primi anni 70.

Nonostante non raggiungano più i successi di Child in Time o Smoke on The Water, i Deep Purple nel 2017 restano una delle band più interessanti del panorama rock mondiale, nella speranza che quello anticipato come ultimo tour non implichi che il gruppo intenda anche smettere di registrare album in studio e di regalare ai fan perle di assoluto valore come questa.

mercoledì 19 aprile 2017

Chris Weaver Band - Live in Brazil

L'esperienza sudamericana di cui Chris Weaver ci ha raccontato in una recente intervista ha portato il cantante e la sua band a registrare un album dal vivo proprio in Brasile, nella città di San Paolo. Durante il concerto, tenutosi il 15 maggio 2016, la band ha eseguito quindici pezzi di cui cinque nuovi, due tratti dal primo album Standing in Line, quattro tratti dal secondo American Dreamer, un medley di due pezzi dei Maroon 5, due eseguiti con il cantante brasiliano Sorocaba e una cover di Marcos & Belutti interpretata insieme al medesimo duo di San Paolo.

I suoni del disco sono molto interessanti e sperimentali. Chris Weaver gioca la carta della mescolanza tra la propria musica southern con i ritmi latinoamericani brasiliani, e l'esperimento non è solo dal punto di vista musicale ma anche canoro; infatti Chris Weaver esegue una cover in inglese di Madrid di Sorocaba e lo stesso pezzo è cantato in due lingue, inglese e portoghese, insieme allo stesso Sorocaba. I due interpretano anche California High di Chris Weaver in un'inedita versione in doppia lingua. Anche Marcos & Belutti sono presenti come ospiti nel live e con Chris Weaver interpretano il loro brano Domingo de Manhã, qui cantato in doppia lingua e intitolato Sunday Morning. Il risultato di questa mescolanza è di grande effetto e molto suggestivo, sia per l'accostamento di musicalità diverse, sia per l'accostamento del canto nelle due lingue.

Chris Weaver non perde comunque la sua impronta fortemente southern e legata alla musica degli Stati Uniti, nei vari pezzi sono infatti molto presenti anche la tromba e il sassofono a rimarcare l'origine sudista delle musica della band. Grazie a quest'ampia strumentazione, il gruppo dà un tocco di novità anche ai brani già incisi nei propri album in studio e l'effetto è particolarmente efficace nelle ballad Tear Me Up and So Damn Beautiful.

Nel complesso in disco offre un buon equilibrio tra pezzi lenti e veloci, in particolare tra questi ultimi spiccano due delle bellissime tracce nuove: la vibrante Mexico contraddistinta da un buon mix di organo, sax e chitarra che richiama ritmi caraibici, e la più tradizionale traccia iniziale Circus che si apre con un singolare assolo di organo.

Tra i brani più allegri e spensierati troviamo anche le cover dei Maroon 5 This Love e Sunday Morning (che ovviamente non ha alcun legame con l'omonimo pezzo di Marcos & Belutti pure presente nel disco), qui proposte in un medley.

Con questo album live, Chris Weaver si libera dell'etichetta di musicista southern rock e dimostra di sapersi muovere benissimo anche in altri terreni e soprattutto di saper mischiare generi diversi con grande maestria. Non resta che godersi l'ascolto di questo live, in attesa del prossimo album in studio.

mercoledì 12 aprile 2017

L'omicidio di John Lennon

La vita di John Lennon finì l'8 dicembre del 1980, mentre il cantante rientrava nel suo appartamento nel complesso noto come The Dakota, raggiunto da una serie di proiettili sparati da un uomo solitario di nome Mark Chapman.


Mark Chapman, nato nel 1955, lavorava a Honolulu come guardia giurata e venerdì 5 dicembre volò a New York portando con se quattordici ore di musica dei Beatles in musicassetta. Si registrò al YMCA della 63esima strada e in un negozio di New York comprò una copia di Double Fantasy, l'ultimo disco di Lennon, e il numero di Playboy con l'ultima intervista al cantante. Chapman passò gran parte del weekend fuori dal Dakota ma senza vedere Lennon. Riuscì nella sua impresa solo domenica 7 dicembre; facendosi largo tra le groupie si avvicinò al cantante e a Yoko Ono e iniziò a scattar loro delle foto. Lennon si arrabbiò e corse verso di lui cercando di strapparli la macchina fotografica, lo fermò Yoko Ono urlandogli di lasciar stare.

La mattina dell'8 dicembre Lennon e la Ono fecero colazione al La Fortuna di Columbus Avenue, quindi Lennon andò dal barbiere per un taglio di capelli e la coppia tornò al Dakota per un servizio fotografico e per un'intervista alla RKO Radio. Secondo il biografo Philip Norman, autore del libro John Lennon: The Life, i due fecero prima l'intervista e poi le foto, secondo altre fonti (tra cui CBS News) prima vennero le foto e poi l'intervista.

Quale che sia stato l'ordine dei due eventi, la coppia uscì di nuovo dal Dakota intorno alle quattro del pomeriggio per andare agli studi Record Plant dove doveva incidere nuovi brani. Si fecero portare dalla limousine dell'RKO e appena saliti davanti al Dakota, Chapman si avvicinò loro e chiese a Lennon di autografargli la copia di Double Fantasy. Il cantante acconsentì aggiungendo Is that all you want? Di questo momento esiste anche un'iconica foto scattata dal fotografo del New Jersey Paul Goresh. Chapman in seguito dichiarò che avrebbe avuto intenzione di sparare a Lennon in quella circostanza, ma desistì disarmato dalla sua cortesia.

L'ossessione di Chapman per Lennon si era già manifestata in ottobre. L'uomo lasciò il lavoro da guardia giurata firmando il registro con il nome John Lennon, per poi cancellarlo con una croce. Quindi prese un volo per New York con l'intento di uccidere il cantante, ma non portò a termine il suo piano.

La sera dell'8 dicembre Lennon e Yoko Ono registrarono fino alle dieci e trenta; quindi, prima di uscire a cena, Lennon volle tornare al Dakota per vedere di nuovo il figlio Sean prima che si addormentasse. Arrivarono al palazzo alle 10:50 e l'autista fece scendere i due sul marciapiede; la coppia si diresse verso l'ingresso del palazzo: Chapman li attendeva sotto l'arco d'ingresso.

Lo stesso Chapman in un'intervista alla CNN ricordò che Lennon gli rivolse uno sguardo, come se si ricordasse di lui avendolo visto poche ore prima. Chapman aspettò che i due passassero, quindi chiamò sommessamente "Mr. Lennon", si mise in posa da combattimento e sparò cinque colpi nella schiena del cantante con la Charter Arms .38 che portava con sé. In seguito Chapman dichiarò alla polizia di aver sentito in quel momento una voce che gli diceva Do it! Do it! Do it! Lennon non crollò sul colpo ma riuscì a fare pochi passi verso la reception, salì alcuni gradini poi cadde dicendo I'm shot. Il concierge Jay Hastings attivò l'allarme connesso con la polizia, quindi tolse a Lennon gli occhiali e lo coprì con la sua giacca. Intanto il portiere dello stabile Jose Perdomo, con cui Chapman aveva scambiato qualche parola durante l'attesa, gli tolse la pistola dalle mani scalciandola via. Yoko Ono scoppiò a piangere urlando John's been shot, mentre Chapman si appoggiò al muro esterno del palazzo leggendo la copia di The Catcher in the Rye di J.D. Salinger (noto in italia con il titolo Il Giovane Holden) che aveva con sé.

Una prima auto della polizia arrivò poco dopo e i due agenti arrestarono Chapman che non oppose alcune resistenza, disse ai poliziotti di essere disarmato e di aver agito da solo, quindi venne dapprima immobilizzato contro il muro e poi ammanettato e condotto in macchina. Una seconda auto della polizia arrivò poco dopo, mentre i primi agenti ammanettavano Chapman; vista la gravità delle ferite gli agenti decisero di non aspettare l'ambulanza e portare Lennon al Roosvelt Hospital dove fu portato al pronto soccorso, ma poco dopo fu dichiarato morto alle 11:07.

Lennon in sintesi fu ucciso da un pazzo che agì in solitudine, ma come tutte le morti violente di persone famose anche l'omicidio dell'ex membro dei Beatles ha suscitato la fantasia di chi vuole vedere complotti ovunque. E' questo il caso ad esempio dello scrittore Phil Strongman che nel suo libro John Lennon: Life, Times and Assassination pubblicato nel 2010 sostiene che Chapman fosse stato un sicario al soldo della CIA.

L'agenzia, secondo quanto scrive Strongman, avrebbe assoldato Chapman in quanto Lennon era pericoloso per via delle sue idee sinistrorse. Secondo Strongman, ad esempio, è sospetto che Chapman avesse compito viaggi in Libano (dove la CIA era molto attiva), Giappone, UK, India e altri paesi, considerando la precaria situazione lavorativa dell'uomo. Strongman sostiene quindi che questo sia prova del fatto che Chapman riceveva finanziamenti di nascosto.

Rappresentazione grafica della polizia dell'omicidio di Lennon
Premesso che nessuno ha mai spiegato perché uno che canta delle canzoni dovrebbe essere un sobillatore (per quanto fosse un grande musicista, le idee pacifiste di Lennon altro non erano che un'accozzaglia di banalità), l'impegno antimilitarista di Lennon risale ai primi anni 70, ben dieci anni prima di essere ucciso. In secondo luogo Strongman dovrebbe spiegare perché aver viaggiato molto farebbe automaticamente di Chapman un sicario, il salto logico ci pare incolmabile: secondo Chapman chiunque fa un viaggio in più di cinque paesi in un anno è automaticamente un assassino prezzolato? In ultimo, come ammette lo stesso Strongman, i viaggi di Chapman risalgono al 1975, quindi secondo l'autore la CIA ha impiegato cinque anni a commissionare un omicidio.

Inoltre Strongman sostiene che i proiettili nei corpo di Lennon siano stati sparati da due armi diverse e quindi nel Dakota era nascosto un secondo sparatore mai identificato. Strongman ci sta quindi dicendo che la CIA ha assoldato un misterioso cecchino che è sparito nel nulla e un secondo aggressore talmente imbranato da non muoversi dopo aver ucciso Lennon. L'ipotesi di Strongman è oltre il ridicolo.

In realtà in questi quasi quarant'anni non è mai emerso nessun legame tra Chapman e ipotetici mandanti. Al contrario potremmo osservare che se la CIA avesse voluto eliminare Lennon avrebbe forse avuto a disposizione mezzi ben migliori. Avrebbe potuto eliminarlo, ad esempio, in una situazione con meno testimoni magari in un drive-by shooting. Senza voler credere alle teorie del complotto, gli assassini di Tupac Shakur o di Notorious B.I.G. sono stati molto più professionali del maldestro Mark Chapman.

Purtroppo anche in questo caso la realtà è drammatica e semplice: un uomo che agiva da solo ha ucciso John Lennon sparandogli alla schiena. Nessun complotto governativo, ma solo uno squilibrato in azione.

venerdì 7 aprile 2017

Body Count - Bloodlust

Tre anni dopo il precedente Manslaughter tornano i Body Count, la band metal capitanata dall'eclettico rapper Ice-T, con un nuovo album registrato in studio intitolato Bloodlust. Oltre ad Ice-T i membri del gruppo che vi appartengono fin dalla fondazione sono il chitarrista Ernie C e Sean E Sean al campionatore; a loro si sono aggiunti nel 2010 il batterista III Will, il secondo chitarrista Juan of the Dead e il bassista Vincent Price. Già con Manslaughter il gruppo aveva preso la direzione del metal più pesante, tendendo sempre più verso il thrash, e limando dalle proprie basi le componenti più nere di ispirazione funk che erano presenti fino a Murder 4 Life del 2006.

Il nuovo album è composto da dieci pezzi dal suono duro, monolitico e a tratti ostico a cui si somma il rap di Ice-T in una combinazione sonora di grande effetto che ai Body Count riesce molto meglio che a qualunque altro gruppo del cosiddetto nu metal: i vari Limp Bizkit, Linkin' Park e Korn spariscono al confronto dei Body Count. In tre dei dieci pezzi troviamo anche degli ospiti di grande spicco. Nel brano di apertura Civil War è ospite Dave Mustaine, in All Love is Lost troviamo un contributo vocale di Max Cavalera e in Walk With Me... Randy Blythe affianca Ice-T. Curiosamente questi tre pezzi sono i meno convincenti dell'intero album. Mustaine dà un bel contributo alle chitarre, ma senza il suo growl il pezzo sarebbe stato senza dubbio migliore. Cavalera e Blythe fanno pure peggio, perché il loro contributo è solo negativo per via dello stile che male si amalgama a quello di Ice-T e per la bruttezza intrinseca del loro cantato.

Fortunatamente il resto del disco è di altissimo livello e nelle altre sette tracce troviamo un Ice-T in grande forma per potenza, velocità e pulizia di esecuzione. Tra i brani spiccano sicuramente le due tracce pubblicate nelle settimane antecedenti l'uscita dell'album: No Lives Matter, che ricorda i brani più old school della band, e la saltellante Black Hoodie. Meritano una menzione anche le cupe The Ski Mask Way e Here I Go Again, quest'ultima impreziosita da urla da film horror in sottofondo.


Nel disco è presente anche un medley di due brani degli Slayer: Reign in Blood e Postmortem, tratte dall'album Reign in Blood su cui erano consecutive ma in ordine inverso rispetto all'esecuzione dei Body Count, in particolare la prima delle due è cantata da Ice-T, mentre la seconda da Vincent Price. I due pezzi degli Slayer sono resi in un'inedita versione con strumentazione più essenziale e il testo rappato. Il medley si apre con una spiegazione di Ice-T del motivo per cui ha voluto fondare una band metal e del fatto che i gruppi che lo hanno influenzato di più sono stati i Black Sabbath, i Suicidal Tendencies e ovviamente gli Slayer.

I testi dei pezzi restano comunque prossimi a quella della carriera gangsta rap di Ice-T e parlano di povertà e violenza nelle periferie americane.

A parte l'inspiegabile scelta di Ice-T di farsi affiancare da altri vocalist, Bloodlust si rivela un ottimo disco di metal in chiave nera come nessun'altro gruppo ha saputo fare. L'ennesima prova del fatto che alla soglia dei sessant'anni il rapper di Los Angeles ha ancora molta creatività e non è ancora stanco di sfornare musica di alto livello.

sabato 1 aprile 2017

Litfiba Eutòpia Tour - Assago, 31/3/2017

Credit: Gian Davide Alfano
Vedere dal vivo la propria band preferita è come una serata tra amici che non vedi da qualche tempo: non sai cosa aspettarti, ma sai che andrà alla grande. L'ho pensato appena ho visto le date dell' Eutòpia Tour e ho letto che ce n'era una al Forum di Assago, alle porte di Milano. Ho comprato il biglietto per un posto in Tribuna Gold ancor prima che uscisse l'album nuovo, perché Piero e Ghigo non hanno mai sbagliato un colpo e ovviamente non sarebbe successo nemmeno questa volta. L'album Eutòpia si è rivelato uno dei migliori della loro carriera e il concerto al Forum del 31 marzo è stato proprio lo attendevo: una grande festa del miglior rock sanguigno che il nostro paese (e non solo) abbia mai prodotto.

La folla gremiva gli spalti e il parterre, attendendo il gruppo di Piero e Ghigo con trepidazione. Quando poco dopo le 21 è partita Lo Spettacolo, che con il suo potente riff di chitarra iniziale sembra fatta proprio per aprire i concerti, un boato di gioia ha accolto la band. E da lì sono state due ore e mezza di energia pura che pervadeva ogni angolo del Forum. I Litfiba dimostrano che gli anni per loro non passano mai: Ghigo è sempre perfetto e presente alla chitarra e la voce di Piero è forte e tonante come ai tempi di Terremoto. La band sceglie sapientemente i pezzi per la setlist prendendoli da tutta la loro storia: da Lulù e Marlene tratto dall'album di esordio Desaparecido del 1985 fino all'ultimo Eutòpia, regalando così alla folla stili musicali diversissimi. Il gruppo passa infatti con estrema facilità dalla new wave, all'hard rock, alle atmosfere del deserto di Tex e Fata Morgana fino a momenti più tranquilli con le ballad Vivere il Mio Tempo, La Mia Valigia e Straniero, tratta proprio da da Eutòpia.

In questo arcobaleno di suoni non sono mancati momenti più esotici, con i ritmi gitani di Lacio Drom, in cui il pubblico ha dimostrato al massimo il proprio affetto per la band unendosi al saltellante ritornello ti porterò nei posti dove c'è del buon vino e festa festa fino al mattino, e il rock reggaeggiante di Spirito il cui coro uaea uae, uaea uae ha infiammato le migliaia di persone raccolte ad ascoltare la propria band preferita. I Litfiba dimostrano anche la loro creatività non dorme mai, nemmeno in un momento in cui possono godere del successo di un nuovo album appena pubblicato: dal vivo eseguono infatti anche un inedito mash-up tra Tex e Intossicato, due brani tra cui passano quasi trent'anni di storia.

Credit: Gian Davide Alfano
Ovviamente era alta l'attesa per le esecuzioni dal vivo dei pezzi nuovi e la band non ha deluso: i brani di Eutòpia eseguiti sono stati sette e dal vivo suonano ancora più forti che sul disco trasmettendo ancora una volta la maestria di una band che sforna solo capolavori. Durante tutto lo show ogni brano è stato impreziosito da stupende coreografie di luci e da proiezioni di immagini diverse e in movimento sullo sfondo del palco.

Verso la fine del concerto, dopo una versione quasi metal di Gira Nel Mio Cerchio, il gruppo ha dato un piccolo omaggio ai Doors con una cover di Break On Through (to the Other Side), appena prima di chiudere con El Diablo e la title track dell'ultimo album.

Tornando a casa senza voce per aver cantato a memoria tutti i pezzi eseguiti dai Litfiba resta il ricordo di aver assistito a una serata memorabile, a un concerto di una band leggendaria composta da geni della musica a tuttotondo che a oltre trent'anni dall'esordio mantiene la passione delle origini e le capacità di entusiasmare le folle che hanno solo i musicisti più esperti.

Grazie Piero, grazie Ghigo, grazie Litfiba. Siete grandi, siete eterni!