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mercoledì 22 aprile 2015

Brian Wilson - No Pier Pressure

Quello che avrebbe dovuto essere il nuovo album dei Beach Boys dopo l'ottimo e sorprendente That's Why God Made the Radio del 2012 è diventato l'undicesimo disco solista di Brian Wilson e il primo di inediti dal 2008. L'album è composto da dodici brani più una breve introduzione e la lista degli ospiti è davvero lunga, i pezzi cantati dal solo Wilson sono infatti solo due. Conoscendo la storia dei Beach Boys questa scelta non stupisce più di tanto perché i brani del gruppo sono sempre stati caratterizzati da cori e controcanti e per poter replicare la stessa polifonia in un disco solista è necessario avvalersi di numerosi collaboratori.

L'album si apre con un brano veramente pessimo intitolato Runaway Dancer la cui base elettronica e ossessiva richiama sonorità disco-pop europee, ma fortunatamente l'inciampo è episodico e il resto del disco riporta la qualità su buoni livelli. La prima metà è interamente composta da brani lenti, tra di essi si trova Half Moon Bay, traccia interamente strumentale in cui la tromba di Mark Isham si sostituisce ai cantanti e costituisce il secondo calo di livello del disco perché il brano sembra fuori contesto e anche piuttosto noioso.

Dal settimo brano aumenta la velocità e anche la qualità. Brani come The Right Time, in cui compaiono come ospiti Al Jardine e David Marks, e Sail Away, ancora con Jardine e Blondie Chaplin, riportano alle atmosfere di That's Why God Made the Radio e il suono caraibico di Guess You Had to be There, a cui partecipa la cantante country Kacey Musgraves, sembra estratto da Still Cruisin' del 1988. Il suono dei pezzi è fresco e solare e richiama alla memoria spiagge, sole e divertimento come nella migliore tradizione del gruppo.

L'album si chiude con la lentissima, forse troppo, The Last Song che è il terzo brano che Wilson avrebbe potuto scartare. Ma tre brani di livello inferiore in un disco di tredici tracce sono assolutamente perdonabili e anche se questo album non raggiunge il livello di That's Why God Made the Radio ci si avvicina molto e nonostante la presenza di alcuni cantanti che non meritano di stare accanto ai Beach Boys (francamente non pensiamo che gli She & Him saranno ricordati tra i migliori musicisti della storia) offre una varietà di suoni che l'ultimo album della band non aveva.

Un altro ottimo lavoro, insomma, nell'attesa che il gruppo torni in studio a dimostrare ancora una volta che anche passati i settant'anni la qualità della loro musica è inalterata.