martedì 17 ottobre 2017

Black Merda: rock psichedelico da Detroit (prima parte 1969 - 1972)

Il nome del gruppo farà sorridere gli ascoltatori italofoni, ma a dispetto del nome un po' infelice i Black Merda (che è il respelling di black murder e non ha nulla a che vedere con la parola omografa in italiano) sono una delle realtà più interessanti del rock psichedelico dei primi anni 70. La formazione nacque come un terzetto composto da Anthony Hawkins alla chitarra, VC Lamont Veasey al basso e alla voce e Tyrone Hite alla batteria. Prima della pubblicazione del primo album il gruppo divenne un quartetto con l'aggiunta di Charles Hawkins (fratello di Anthony) alla seconda chitarra.

L'attività discografica della band iniziò nel 1969 come musicisti per l'album Mary Don't Take Me On No Bad Trip di Fugi, musicista dallo stile simile che registrava per la stessa etichetta, la Funky Delicacies. Il disco fu inciso nel 1969, ma pubblicato su vinile solo 28 anni dopo e su CD nel 2005.

Il primo ed eponimo album dei Black Merda è stato pubblicato nel 1970 ed è composto da 11 tracce di puro rock psichedelico, fortemente basato sul suono delle chitarre che conferiscono alle basi delle marcate venature funk. Tra i pezzi migliori dell'album troviamo il brano di apertura Prophet e la grintosa Ashamed che richiamano molte le sonorità dei contemporanei Jimi Hendrix Experience, sia nelle musiche sia nel canto di Veasey che si ispira a Hendrix in modo non troppo velato. I Black Merda attingono a piene mani anche dalla tradizione blues della loro città, come dimostrato da pezzi come Think of Me e Over and Over. Tra i pezzi migliori troviamo anche Cynthy-Ruth, caratterizzata da un poderoso coro eseguito da tutta la band sul ritornello, e la ballad soul Reality.

Due anni dopo la band pubblicò il secondo album intitolato Long Burn the Fire, per l'occasione il quartetto cambiò il proprio nome in Mer-Da. Oltre al nome cambia anche la musica, con il suono che si fa più morbido e patinato. Il pezzo di apertura For You, così come la terza traccia My Mistake, sono infatti lenti soul più simili alle produzioni della Motown che al disco di esordio dei Black Merda; la stessa tendenza si riscontra in The Folks From Mother's Mixer che però si assesta su ritmi più alti. Non mancano brani più graffianti, come la title track e I Got a Woman, che comunque non raggiungono quanto a intensità le sonorità psichedeliche del disco precedente.

Long Burn the Fire in realtà dimostrò che il quartetto era in grado di spaziare in vari stili della musica nera con risultati più che buoni, ma la scarsa promozione dell'LP portò a risultati di vendita inferiori alle aspettative e come conseguenza la band si sciolse.

Tuttavia la carriera del gruppo non si arrestò, perché la pubblicazione di due compilation nel primi anni 2000 risvegliò l'interesse verso il rock funk dei Black Merda. La band tornò in studio come terzetto, perché Tyrone Hite morì nel 2004, e registrò due nuovi album tra il 2006 e il 2009.

La seconda parte della discografia dei Black Merda verrà trattata in un prossimo articolo.

mercoledì 11 ottobre 2017

La discografia solista di Amanda Somerville

Amanda Somerville è nota per essere una delle migliori voci del symphonic metal, ma parallelamente a questa sua attività come vocalist di HDK, Avantasia, Exit Eden e molti altri, ha anche una carriera solista in cui mostra un lato di sé completamente diverso, più pop e più melodico.

Il primo album solita di Amanda Somerville è stato pubblicato nel 2000 e si intitola In The Beginning There Was... ed è composto da undici tracce, principalmente ballad e midtempo, spesso malinconiche nel narrare storie d'amore tormentate. In queste registrazioni Amanda mostra un registro vocale da soprano e uno stile di canto leggero, molto diverso da quello che anni dopo l'avrebbe resa una delle regine del metal. In questo album oltre a cantare Amanda suona le tastiere, pertanto i due brani fatti solo di voce e tastiera, Still The Same e I Write For Me, sono frutto solo delle sue mani e della sua voce. Tra gli altri spiccano la traccia d'apertura Puzzling Rapunzel, Blue Nothing, Angel of Mine e I Miss America che regala un momento un po' più allegro mentre la cantante loda il suo paese di origine.

Lo stesso anno del primo album, Amanda ha pubblicato anche il singolo Blue Nothing, che contiene il brano omonimo nella stessa versione presente sull'album e in un inedito remix, oltre alla versione live della ballad How It Had Been (anch'essa tratta dall'album) e al remix di Angel of Mine. Completa il disco l'inedito This And That (Or Might've Beens), un pezzo veloce e allegro che si stacca decisamente per atmosfere dal resto del singolo e dell'album.

Nel 2003 Amanda ha realizzato un EP intitolato Never Alone a scopo benefico, gli introiti sono infatti stati devoluti all'associazione del calciatore polacco Krzysztof Nowak a favore della ricerca sulla sclerosi laterale anamorfica (di cui il calciatore era malato e che lo portò alla morte nel 2005). Il disco contiene una reinterpretazione di Amanda dell'inno You'll Never Walk Alone, spesso usato in ambito calcistico dalle tifoserie, una versione a cappella del canto natalizio Oh, Holy Night e tre inediti quali le ballad Searching e Forces of Love e il pezzo veloce e tendente al funk Are You Ready.

Il secondo, e fino ad ora ultimo, album solista di Amanda è stato pubblicato nel 2008 con il titolo Windows ed è la sua opera solista più famosa. Nelle 12 tracce si trova una varietà di suoni che manca ai suoi lavori precedenti. Nel disco troviamo ballad leggere che continuano sulle atmosfere del primo LP, come Moth, Point of Safe Return, All That I Am e la title track, ma anche brani decisamente rock come My Song For You, Inner Whore e la cover di Out dei Lunatica. In questo album Amanda si cimenta anche in qualche pezzo jazz come Clean e Sometimes, la cui melodia è retta dal piano suonato anche in questo caso dalla stessa vocalist. Nel brano intitolato Carnival, troviamo anche un esperimento di latin jazz, a riprova dell'elettricità di Amanda come musicista e cantante.

Oltre a questi quattro dischi, la pagina di Broadjam di Amanda Somerville propone altri quattro pezzi. La ballad Foreigner, realizzata dalla sola cantante con piano e voce, il brano uptempo Phenomenal, inciso per l'apertura del museo della scienza del Phaeno di Wolfsburg, e la scherzosa Bring Home the Bacon, scritta per una campagna pubblicitaria, nelle versioni dixie e afro.

Purtroppo questi quattro dischi e le altre poche tracce vengono spesso ignorati perché la notorietà di Amanda Somerville è legata alla sue innumerevoli apparizioni nel mondo metal, sia nelle collaborazioni sia come artista principale. Conoscere la sua discografia solista offre comunque della buona musica e un lato meno noto, ma per lei sicuramente non meno importante, del profilo professionale di questa straordinaria musicista.

mercoledì 4 ottobre 2017

Giacomo Voli - Prigionieri Liberi

Giacomo Voli non è più solo un cantante uscito da un talent show ma è ad oggi una delle più importante realtà del rock italiano, a tre anni dalla sua esperienza a The Voice il cantante di Correggio è infatti oggi la voce maschile dei TeodasiA, con cui ha inciso nel 2016 l'album Metamorphosis, e il frontaman dei Rhapsody of Fire, la formazione metal più gloriosa del nostro paese in cui ha sostituito egregiamente il leggendario Fabio Lione, con cui ha realizzato un album di nuove versioni di pezzi editi intitolato Legendary Years.

Nonostante gli impegni con le due band, Giacomo non trascura la propria carriera solista che lo vede produrre dell'ottimo rock in italiano e a due anni e mezzo dall'EP di esordio Ancora nell'Ombra ha appena pubblicato il suo primo LP intitolato Prigionieri Liberi. Il disco è composto da otto tracce di puro rock, spesso ai confini con l'hard rock e ricche di venature prog. I pezzi sono stati scritti, nelle musiche e nei testi, dallo stesso Voli e da Daniela Ridolfi che è anche produttrice del disco e hanno come caratteristica principale quella di mettere in luce l'incredibile estensione vocale del cantante e di mostrarne le notevoli capacità.

L'album si apre con l'aggressiva Esasperante, che con un testo graffiante su una base ricca di distorsioni narra del rapporto contrastato con la donna amata la cui gelosia è soffocante. La seconda traccia dal titolo Segni di Tregua prosegue su atmosfere simili, con un'altra base sostenuta ed energica a creare un brano che descrive la strana prossimità dell'amore e del dolore.

Tra i brani energici troviamo anche Templi Moderni, una critica sferzante alla spettacolarizzazione del vuoto nei media e ai talent show (e non solo quelli canori), e la title track in cui compare come ospite Giulia Dagani, il pezzo narra del senso di oppressione di chi è costretto a vivere situazioni di facciata che costringono a indossare maschere in pubblico e a negare la propria vera identità. Il pezzo è impreziosito dai duetti dei due cantanti che si integrano perfettamente con Giacomo che fa le voci alte e Giulia quelle basse.

Il disco lascia molto spazio anche a momenti più melodici e intimistici. Troviamo infatti una sorta di preghiera salmodica in Non Ci Pensi Mai e due ballad quali L'Ultimo Frame e Il Libro dell'Assenza, quest'ultima è in particolare uno dei pezzi migliori dell'album grazie all'atipico fischio che introduce le strofe e al testo toccante che descrive il desiderio di rivedere la donna amata dopo un periodo troppo lungo di allontanamento; la melodia del pezzo ne fa l'unica vera power ballad mai incisa in italiano.

Completa il disco la cover di Ti Sento dei Matia Bazar, che Voli aveva già interpretato nei suoi live con la GV Band, che trasforma un brano pop in uno hard rock sostenuto dal suono potente delle chitarre, mantenendone la melodia originale.

Questo primo album conferma che Giacomo Voli è una delle realtà più interessanti del panorama rock nostrano. Ciò che colpisce di questo straordinario vocalist è l'incredibile versatilità, che gli consente di passare dal power metal alle cover della tradizione italiana traendo il meglio della propria incredibile voce in ogni occasione

Musicisti come Giacomo Voli sono tesori preziosi per la nostra nazione che grazie a un numero veramente ristretto do personalità di questo calibro può continuare a produrre ottima musica, proprio come Prigionieri Liberi.

Non resta che godersi l'ascolto di questo album, in attesa del prossimo disco di inediti dei Rhapsody of Fire.