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mercoledì 4 luglio 2018

Lacuna Coil Rugby Sound Festival - Legnano, 3/7/2018

Il Rugby Sound di Legnano è da diciotto anni uno degli eventi più importanti dell'estate lombarda e sul suo palco, all'interno della corte del Castello di Legnano, si sono avvicendate molte delle band più importanti del pianeta. Anche quest'anno il calendario è stato ricco di eventi, alcuni dei quali decisamente imperdibili tra i quali quello del 3 luglio che vedeva come headliner i Lacuna Coil. Lo straordinario quintetto milanese non ha bisogno di presentazioni in nessuna parte del mondo, dove sono considerati tra le metal band più importanti degli ultimi due decenni, tranne che nella loro patria e per motivi francamente inspiegabili, visto che il metal alle nostre latitudini gode di ottimo seguito, ma forse il pubblico italico è troppo esterofilo e preferisce seguire gruppi stranieri piuttosto che valorizzare i tanti (buoni e ottimi) prodotti italiani.

Credit: Elena Di Vincenzo

Non avevo mai visto i Lacuna Coil dal vivo e il fatto che l'evento fosse vicino a casa e ufficio rendeva l'occasione particolarmente ghiotta. L'Isola del Castello Visconteo di Legnano ospita questa magnifica manifestazione tra stand che vendono panini e birra in un'atmosfera da grigliata estiva tra amici. Fortunatamente il clima è stato clemente, con un gradevole venticello che ha tenuto lontano zanzare e caldo (che nel pomeriggio si era fatto sentire con forza, in quella che fin qui era stata la giornata più calda dell'anno) regalandoci la serata perfetta per un evento di musica altrettanto perfetta.

Il concerto è stato aperto dal gothic metal dei milanesi Cayne, che hanno iniziato a scaldare il pubblico con un po' di sano metal duro e d'atmosfera con i pezzi tratti dai loro album. La musica dei Cayne, anche se purtroppo poco nota, non è mai banale considerando anche che nei loro strumenti si trovano tastiere e violini, scelta poco comune nel panorama del gothic metal. Un ottimo avvio per un evento che prometteva benissimo da ancora prima di iniziare.

Intorno alle 21 solo saliti sul palco i Rezophonic, supergruppo nella cui formazione si alternano musicisti delle band più disparate, che hanno regalato un'ora di musica di ogni genere, spaziando dal metal, al crossover, al reggae, al beatbox. Per l'occasione la formazione dei Rezophonic è stata arricchita dalla presenza di Marco Priotti e Andrea Butturini, concorrenti dell'ultima edizione di The Voice of Italy nella squadra di Cristina Scabbia.

I tanto attesi Lacuna Coil sono salito sul palco poco dopo le 22 iniziando con Our Truth introdotto dal celestiale vocalizzo di Cristina che ha scatenato la magia che ha regnato per le quasi due ore successive. Il concerto è iniziato come un fiume di energia in piena che ha pervaso il pubblico in ogni angolo dell'Isola del Castello grazie al gruppo che ha eseguito i pezzi migliori del proprio repertorio prendendoli da ogni fase della loro carriera e da ognuno dei loro album (ad eccezione del primo In a Reverie), privilegiando comunque gli ultimi tre: Dark Adrenaline, Broken Crown Halo e Delirium, ed è proprio nella title track di quest'ultimo che Cristina tira fuori più che mai i due aspetti più taglienti della sua voce con un'ottima commistione di forza e dolcezza.

I tre musicisti interpretano ogni pezzo alla perfezione, tanto che le basi suonano esattamente allo stesso modo di come fanno nei dischi, e due vocalist si amalgamo, si alternano e duettano con un'intesa e una maestria che solo le band più navigate possono vantare. Il contrasto tra la voce limpida e cristallina di Cristina e quella aspra a ruggente di Andrea è sempre molto efficace e crea un'atmosfera che nessun altro gruppo al mondo sa creare.

Verso la fine dell'esibizione la band invita sul palco il giovane disabile Christian, a cui decidano The House of Shame. Subito dopo i Lacuna Coil fingono di aver finito il concerto, ma ovviamente non ci crede nessuno e tra il pubblico non c'è una persona che si allontani. Poco dopo i cinque tornano sul palco per chiudere con gli ultimi quattro pezzi, iniziando con I Forgive (But I Won't Forget Your Name) e finendo con Nothings Stands in Our Way.

Credit: Elena Di Vincenzo

Poco prima dell'encore inizia piovere: e chissenefrega! Ci bagniamo sotto la pioggia battente, consapevoli che comunque il concerto volge al termine, che tra poco il climatizzatore della macchina offrirà un buono strumento per asciugarsi, ma anche che comunque per sentire i Lacuna Coil avremmo sopportato anche neve e grandine. La pioggia crea anche un divertente siparietto all'interno della band, con il bassista Marco Coti Zelati che dice a Cristina di non avvicinarsi troppo al bordo del palco per evitare di bagnarsi, ma l'anima rock di Cristina non ha certo paura di un temporale estivo e quindi ringrazia per il suggerimento ma lo ignora disinvoltamente.

Purtroppo il concerto si avvia alla conclusione, e mentre Cristina canta, nella cover di Enjoy The Silence dei Depeche Mode, All I ever wanted, all I ever needed is here in my arms mi viene da pensare che mi abbia letto nella testa perché al termine di un'infuocata giornata estiva, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è proprio un concerto di una band leggendaria che questa sera si è fermata a pochi chilometri da casa.

mercoledì 13 giugno 2018

Ancestral - Master of Fate

Master Of Fate è il secondo album dei siciliani Ancestral, che segue di dieci anni il loro precedente intitolato The Ancient Curse. Il quintetto di Castelvetrano vede in questo secondo disco, pubblicato nel 2017, due importanti cambi di formazione con l'ingresso di Carmelo Scozzari alla chitarra e Jo Lombardo (già vocalist degli Orion Riders e dei Metatrone) alla voce, che sostituiscono rispettivamente Giovan Battista Ferrantello e Mirko Olivo. I due si uniscono al resto del gruppo composto da Domiziano Mendolia al basso, Alessandro Olivo alla chitarra e Massimiliano Mendolia alla batteria.

L'album è composto di dieci tracce di ottimo power metal di altissima qualità che posiziona a pieno titolo la band tra i migliori interpreti al mondo di questo genere, grazie alle incredibili capacità degli strumentisti e alla straordinaria voce di Lombardo che dimostra di avere una potenza e un'estensione, soprattutto verso l'alto, che pochissimi altri possono vantare. Le sonorità degli Ancestral sono ispirate ai mostri sacri del power europeo come gli Helloween o i Blind Guardian condendolo con molti inserti melodici che attingono al contempo dalla NWOBHM e dal power americano.

L'album parte con l'ottima Back To Life contraddistinta da pesanti venature AOR ottantiane. Subito dopo segue la potente Wind Of Egadi ricca di assoli di chitarra e di scream da parte del vocalist che qui regala una delle sue performance migliori. Atmosfere vicine all'AOR si trovano anche nella bellissima title track, impreziosita da contaminazioni di stili diversi e da qualche tocco melodico in più, che è sicuramente il pezzo migliore del disco e non è un caso che il gruppo abbia scelto proprio questa per dare il titolo all'intero LP. Tra i pezzi più influenzati dall'AOR spicca anche la power ballad No More Regrets, che rallenta notevolmente i ritmi rispetto al resto del disco.

Nell'album troviamo anche qualche influenza thrash con Seven Months of Siege in cui il cantato e gli scream di Lombardo sembrano ispirati, con successo, ai giorni migliori di Neil Turbin. Tracce di thrash arricchiscono anche la strumentale Refuge Of Souls che coniuga la velocità a qualche riff più morbido in stile hair metal anni 80.

L'album vanta anche la presenza di un ospite d'eccezione, con Fabio Lione che affianca Lombardo nella ruggente Lust for Supremacy: i due si alternano nelle strofe e duettano nel ritornello con Lione che fa le voci basse (nel suo solito stile epico) e Lombardo che interpreta quelle alte.

In chiusura troviamo On the Route of Death e From Beyond che riportano allo stile teutonico del power metal europeo e non stupisce quindi che per chiudere l'LP la band abbia scelto la cover di Savage degli Helloween che non compare in nessun album del gruppo tedesco ma che è il B-side di Dr. Stein dall'album Keeper of the Seven Keys - Part II. Lombardo si confronta così con la performance di Micheal Kiske uscendone a testa alta e regalando un'interpretazione molto più matura di quella del cantante originale che all'epoca aveva solo vent'anni.

In sintesi Master of Fate è uno dei migliori dischi di power metal del nostro paese e regge benissimo il confronto con le band più blasonate al mondo, ed è un vero mistero come questo disco non sia al vertice delle classifiche di vendita, perché convince sotto ogni punto di vista, con dei musicisti di altissimo livello sia dal punto di vista interpretativo sia da quello autorale e grazie alla presenza di un cantante tra i migliori del pianeta. E il connubio di questi fattori e dei vari stili in cui il gruppo si cimenta rendono quest'album un'opera ricca e imprescindibile per gli amanti del metal di ogni genere.

martedì 5 giugno 2018

Amanda Somerville's Trillium - Tectonic

Il 2018 vede il ritorno dei Trillium, il gruppo metal capitanato dalla straordinaria Amanda Somerville, con un nuovo album intitolato Tectonic che esce a sette anni di distanza dal precedente Alloy. In questi sette anni la cantante ha pubblicato una quantità impressionante di album tra collaborazioni ed innumerevoli progetti paralleli tra i quali ci limitiamo a citare Kiske/Somerville, con l'ex cantante degli Helloween con Michael Kiske, le Exit Eden, quartetto di quattro delle migliori voci del symphonic metal, gli HDK, band guidata dal marito di Amanda e chitarrista Sander Gommans e gli Avantasia che di certo non hanno bisogno di presentazioni.

Tectonic è composto di dieci tracce basate, come è ovvio e naturale, sulla portentosa voce di Amanda che al mondo non ha eguali e pochissime che le si possono avvicinare, e le basi strumentali ricche di suoni potenti e di distorsioni sembrano scritte apposta per valorizzarla.

L'album presenta una preponderanza di pezzi energici e aggressivi in cui Amanda dà piena prova della propria potenza vocale e della propria estensione. Il brano di apertura Time To Shine mostra subito gli ingredienti distintivi di Tectonic, con un suono energico e sostenuto ma anche ricco di melodia e di valori positivi. Atmosfere simili si trovano nella seguente Stand Up, nella potente Hit Me e nella graffiante Full Speed Ahead. E basta un ascolto, anche singolo, a uno dei ritornelli delle ultime due per capire come in questo disco Amanda sia nella forma migliore che ha mai incontrato nella sua pur straordinaria carriera.

Tectonic offre un ventaglio musicale che attinge anche dall'AOR ottantiano con la quinta traccia Fighting Fate e anche da sonorità più teatrali con la straordinaria Cliché Freak Show che presenta contrasti di grande effetto tra le strofe recitate i ritornelli cantanti con la consueta maestria. La musica dei Trillium sconfina anche nel gothic con Nocturna, che rallenta notevolmente i ritmi rispetto al resto del disco per assestarsi su atmosfere più crepuscolari. Completano il disco la veloce e incalzante Shards, la straziante Fatal Mistake dedicata all'ex tastierista dei Trillium Simon Oberender morto suicida e la bellissima traccia di chiusura Eternal Spring, power ballad che mostra come Amanda Somerville sappia coniugare potenza e dolcezza come nessun'altra.

Tectonic è in sintesi un album ottimo, che convince sotto ogni punto di vista ed è forse il miglior album della ricchissima discografia di Amanda Somerville e quello che mette in luce maggiormente le straordinarie caratteristiche della sua voce che nonostante sia già a livelli stellari sembra migliorare da ogni disco al successivo. Questo nuovo lavoro dei Trillium è sicuramente uno degli album migliori di quest'anno e siamo sicuri che non passerà molto tempo prima che Amanda sfoderi un altro disco in cui supererà anche questa vetta.

giovedì 31 maggio 2018

An interview with Amanda Somerville

An Italian translation is available here.

Multifaceted and hyper-productive metal singer Amanda Somerville is back with the new album by Trillium, the band she fronts, called Tectonic which is being published these days. To discuss her new work and her other projects, Amanda accepted our proposal for an interview that we are offering our readers today.

We would like to thank Amanda for her kindness and availability.


125esima Strada: Hi Amanda, first of all thanks for the time you are giving us. Let's speak about Trillium's new album Tectonic first. To me it's outstanding and it's maybe your best record so far, how was this record conceived and written?

Amanda Somerville: Thank you for your interest and I’m very happy to hear you appreciate Tectonic! It was quite the labor of love, taking a long time to create. In the time since Alloy came out, I got married, had three kids, went on many tours and released several other albums, like Kiske/Somerville and Exit Eden, so there was a lot going on. Tectonic is a lot about all of what went on in those years and trying to make room for everything in my life, especially the big change of becoming a mother. I think it’s always life-changing and a huge adjustment to have a child, no matter who you are, but combining a career - especially a music career - with that is an incredible challenge. The first year after my first daughter, Lana, was born, I pretty much only wrote lullabies and silly children’s songs. Full Speed Ahead has a lot of race car metaphors in it, but it’s basically about me waking up one morning and realizing, "Whoa. I need to get back to myself as a songwriter and serious musician!"

My husband, Sander, and I wrote, produced and recorded everything you read and hear on the album almost entirely on our own. It was a major undertaking and yet immensely gratifying because we work so well together and love what we do. We are both really happy with how it turned out. For many songs, Sander had composed and tracked instrumental demos that we then reworked together and I wrote the lyrics and vocal lines to. Sander was in charge of the main part of the the production to get the instrumentals polished up. There were some songs that began differently, like Shards, which I had written and recorded as a piano-vocal demo and then we re-worked the arrangement and Sander laid down the instrumental tracks. Nocturna began as an acoustic guitar-vocal demo by a friend of mine from my hometown in Flint, Michigan, named Ashley Peacock. But everything ended in the same way, with hard work and wonderful musicians, just as you hear it on the album!

Of course there’s the geological definition in relation to a figurative meaning in my life as a reason for my naming the album Tectonic, but it’s also having to do with art and architecture and the combination of various elements in order to make a new work of art or structure. This album is combining so many elements and experiences from my life that span the last seven years that it’s really an incredible structure for me to present to everyone. I’m so very proud of it.


125esima Strada: Is there any song in Tectonic you like better than the others? If so, why?

Amanda Somerville: You know, it’s always been difficult for me to choose favorites amongst my songs because they’re kind of like children to me. They’re all special to me for different reasons, so I’ll just take a few as examples and tell you why.

Time To Shine - I chose this to be the opener because I think it epitomizes what I set out Tectonic to be: heavy sounding with a positive and uplifting spirit. It’s about keeping on working to fulfill your dreams, staying true to yourself in the process and not letting anyone stand in the way.

Shards - This could have been the opening track because it’s really the song that transitions the restlessness and emotions from Alloy, leaving that behind and beginning anew with everything in Tectonic. I love the song and it means so much because, after writing it, I felt free of all of the darkness in Alloy.

Fatal Mistake - This is probably the saddest and heaviest song on Tectonic and I will NEVER play it live because it was so difficult to even record for me, but I still love it. My music is like therapy to me and my songs are like a journal in many ways, this being no exception. I wrote it after my friend and bandmate Simon Oberender committed suicide just before we were going on tour with Trillium in 2012. Tectonic is dedicated to him.


125esima Strada: My favorite song is Eternal Spring because it shows both sides of your voice: the power and the sweetness. What's the story behind this song?

Amanda Somerville: That’s wonderful, thank you! I co-wrote that with Yves Huts, who was the original bass player in Epica, along with another song that’ll probably be on my next solo album (whenever that’ll get done!). He sent me the instrumental demo track and then I wrote lyrics and the vocal lines and tracked some vocals. He really liked it and actually ended up using it as a wedding song for his brother. It’s definitely a love song!


125esima Strada: If we compare Tectonic to Alloy it seems that this new record is more metal oriented. Do you agree? If so, what's the choice behind this?

Amanda Somerville: Yes, definitely. My husband is the metal child of all metal children and so anything he touches is bound to end up very “metalized”! Haha! Since my background is really more folk / pop / rock, that’s how most of my songs start out sounding. I’m also a piano player, not a guitar player, so my songs needed him to bring out the edge and create a heavier sound. We both wanted this album to be more “pure” in the metal genre than Alloy was, which was kind of a mixing transition for me.


125esima Strada: How do you explain that your pop and jazz oriented solo records are so different from Trillium's albums and from pretty much everything else that you do?

Amanda Somerville: Well, that was really how I grew up as a musician and is my foundation, where I come from. Even though I’ve lived in Europe for many years and I’m fluent in various languages, my mother tongue is and always will be English. I feel that’s very similar to my musical path; I’ll always be a “singer-songwriter,” but I’ve also added hard rock and metal to my musical being.


125esima Strada: One of my favorite records of yours is Heroes Temporis by Magni Animi Viri. How did you get involved in that project and how do you like the original Italian version?

Amanda Somerville: Oh, yes, that’s really a great album. I got involved just like I have with many other bands and projects; Giancarlo [Trotta, producer of Heroes Temporis -- Ed.] contacted me and asked if I would like to be a part of his project. He sent me the original songs and I thought they were really beautiful. I think the original versions are amazing! What a voice Ivana Giugliano has! Really incredible.


125esima Strada: Talking about another of your current projects, will there ever be a second Exit Eden album?

Amanda Somerville: Yes, as a matter of fact, we’re recording it right now!


125esima Strada: I remember you mentioning more the once that you don't consider yourself a metal girl, so apart from metal what other kinds of music do you like?

Amanda Somerville: Haha! Well, I’ve become much more of a “metal girl” than I ever thought I would and have really embraced it. There’s really also no escaping it, living with my husband! I love jazz, specifically old-school, big band and modern easy listening jazz. I also love pop, rock and singer-songwriters like Tori Amos, Imogen Heap and Sarah McLachlan.


125esima Strada: Who are your all time favorite musicians?

Amanda Somerville: Paul Simon is my all-time favorite musician and songwriter. I met him once a long time ago in Hamburg and it was so embarrassing; I was a total fan-girl fail. He actually told me, “It’s all right, it’s all right. Calm down now.” Oh, my God!


125esima Strada: Thanks again, Amanda! It was a privilege speaking to you.

Amanda Somerville: Thank you and all the best!

Intervista ad Amanda Somerville

L'originale inglese è disponibile qui.

La poliedrica e iperproduttiva cantante metal Amanda Somerville è tornata con il nuovo album dei Trillium, la band di cui è la voce principale, intitolato Tectonic che viene pubblicato in questi giorni. Per discutere del suo nuovo lavoro e dei suoi altri progetti, Amanda ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostro lettori.

Ringraziamo Amanda per la sua cortesia e disponibilità


125esima Strada: Ciao Amanda, anzitutto grazie per il tempo che ci stai dedicando. Parliamo come prima cosa del nuovo album dei Trillium Tectonic. Secondo me è ottimo ed è forse il tuo miglior disco fin qui, come è stato concepito e scritto questo disco?

Amanda Somerville: Grazie per il tuo interesse e sono molto felice di sapere che ti piace Tectonic! E' stato davvero un lavoro fatto con amore, la cui creazione ha richiesto molto tempo. Nel tempo che è trascorso da quando è stato pubblicato Alloy mi sono sposata, ho fatto tre figli, sono stata in molti tour e ho pubblicato molti altri album, come Kiske/Somerville ed Exit Eden, quindi sono successe molte cose. Tectonic parla di tutto ciò che è successo in quegli anni e del tentativo di far posto per tutto nella mia vita, specialmente il grande cambiamento di essere madre. Credo che ti cambi sempre la vita e richiede un grande adeguamento avere un figlio, indipendentemente da chi sei, ma combinarlo con una carriera (in particolare una carriera musicale) è una sfida incredibile. Nel primo anno dopo che è nata mia figlia, Lana, ho scritto quasi solo ninne nanne e canzoni sciocche per bambini. Full Speed Ahead contiene molte metafore relative alle corse automobilistiche, ma di base parla di me che mi sveglio una mattina e penso "Whoa. Devo tornare a scrivere canzoni e a fare la musicista seria!"

Io e mio marito, Sander, abbiamo scritto, prodotto e registrato tutto ciò che leggi o senti nell'album quasi completamente da soli. E' stata una grande impresa ma anche immensamente gratificante perché lavoriamo molto bene insieme e amiamo ciò che facciamo. Siamo entrambi molto contenti di come è venuto. Per molti dei pezzi, Sander ha composto e inciso le demo strumentali che abbiamo rielaborato insieme e su cui io ho scritto i testi e le linee vocali. Sander aveva il compito della parte principale della produzione per rifinire le basi strumentali. Ci sono altre canzoni che sono nate in un altro modo, come Shards che ho scritto e registrato come una demo piano e voce e di cui poi abbiamo rielaborato l'arrangiamento e Sander ha scritto le tracce strumentali. Nocturna è nata come una demo chitarra e voce di un mio amico della mia città natale, Flint nel Michigan, che si chiama Ashley Peacock. Ma tutto si è concluso allo stesso modo, con lavoro duro e bravissimi musicisti, così come lo senti nell'album!

Ovviamente c'è la definizione geologica in relazione a un significato figurato nella mia vita che è il motivo per cui abbiamo intitolato l'album Tectonic, ma riguarda anche l'arte e l'architettura e la combinazione di vari elementi in modo da creare un nuovo lavoro d'arte o strutturale. Questo album combina così tanti elementi ed esperienze degli ultimi sette anni della mia vita che è davvero una struttura incredibile per me da presentare a tutti. Ne sono molto orgogliosa.


125esima Strada: C'è qualche pezzo di Tectonic che ti piace più degli altri? Se sì, perché?

Amanda Somerville: Sai, è sempre difficile per me scegliere dei pezzi preferiti tra i miei perché sono tutti un po' come dei figli per me. Sono tutti speciali per motivi diversi, quindi ti faccio solo qualche esempio e ti spiego perché.

Time To Shine - L'ho scelta come traccia di apertura perché penso che sintetizzi ciò che volevo che Tectonic fosse: con un suono pensante e uno spirito positivo. Parla del lavoro duro per realizzare i propri sogni, essere onesti con sé stessi durante il processo e non lasciare che nessuno si frapponga.

Shards - Avrebbe potuto essere la traccia di apertura perché rappresenta proprio la transizione dalle emozioni e dall'irrequietezza di Alloy, lasciandosi tutto ciò dietro e ripartendo da zero con Tectonic. Adoro questa canzone e per me significa molto, perché, dopo averla scritta, mi sono sentita liberata da tutta la cupezza di Alloy.

Fatal Mistake - Questa è probabilmente la canzone più triste e pesante di Tectonic e non la canterò MAI dai vivo perché per me è stato difficile anche registrarla, ma la adoro lo stesso. La mia musica è come una terapia per me e le mie canzoni sono come un diario sotto molti aspetti, e questa non fa eccezione. L'ho scritta dopo che il nostro amico e compagno di band Simon Oberender si è suicidato appena prima di andare in tour con i Trillium nel 2012. Tectonic è dedicato a lui.


125esima Strada: La mia canzone preferita è Eternal Spring perché mostra entrambi gli aspetti della tua voce: la potenza e la dolcezza. Che storia c'è dietro a questo pezzo?

Amanda Somerville: Che bello, grazie! Lo scritta insieme a Yves Huts, che è stato il primo bassista degli Epica, insieme a un altro pezzo che sarà probabilmente sul mio prossimo album solista (quando mai sarà fatto!). Mi ha mandato la demo strumentale e poi ho scritto il testo e le linee vocali e ho registrato parte della voce. Gli è piaciuto molto e l'abbiamo usata come canzone per il matrimonio di suo fratello. E' decisamente una canzone d'amore!


125esima Strada: Se confrontiamo Tectonic e Alloy sembra che questo nuovo disco sia più orientato al metal? Sei d'accordo? Se sì, che scelta c'è dietro?

Amanda Somerville: Si, sicuramente. Mio marito è il figlio del metal tra tutti i figli del metal e così tutto ciò che tocca è destinato a finire molto "metallizzato"! Siccome il mio background è più folk / pop / rock, molte delle mie canzoni all'inizio suonano così. Inoltre io sono una pianista, non una chitarrista, quindi le mia canzoni hanno bisogno di lui perché ne tiri fuori gli spigoli o per creare un suono più duro. Entrambi volevamo che questo album fosse di un metal più "puro" rispetto ad Alloy, che per me è stato un po' di transizione.


125esima Strada: Come spieghi che i tuoi album solisti orientati al pop e al jazz sono così diversi dagli album dei Trillium e da più o meno qualunque altra cosa tu abbia fatto?

Amanda Somerville: Beh, quello è proprio come io sono cresciuta come musicista e sono le mie fondamenta, da dove arrivo. Anche se vivo in Europa da molti anni e parlo fluentemente molte lingue, la mia lingua madre è e sarà sempre l'inglese. Credo che sia molto simile al mio percorso musicale; sarò sempre una cantautrice, ma ho aggiunto anche l'hard rock e il metal alla mia essenza musicale.


125esima Strada: Uno degli album che preferisco della tua discografia è Heroes Temporis dei Magni Animi Viri. Come sei stata coinvolta nel progetto e cosa pensi della versione italiana?

Amanda Somerville: Oh, sì, è veramente un ottimo album. Sono stata coinvolta come mi succede di solito con altre band o progetti; Giancarlo [Trotta, produttore di Heroes Temporis - N.d.R.] mi ha contattato e mi ha chiesto se volevo far parte del suo progetto. Mi ha mandato le canzoni originali e ho pensato che fossero davvero bellissime. Credo che le versioni originali siano stupende! Che voce che ha Ivana Giugliano! Davvero incredibile.


125esima Strada: Parlando di un altro dei tuoi progetti attuali, ci sarà mai un secondo album delle Exit Eden?

Amanda Somerville: Si, e di fatto lo stiamo registrando proprio adesso!


125esima Strada: Ricordo di averti sentito dire più di una volta che non ti consideri una metal girl, quindi a parte il metal che altri generi musicali ti piacciono?

Amanda Somerville: Haha! Beh, sono diventata una metal girl molto più di quanto pensassi e ho proprio abbracciato questo genere. Non puoi sfuggirne, vivendo con mio marito! Adoro il jazz, nello specifico l'old school, le grandi orchestre e il jazz easy listening moderno. Amo anche il pop, il rock e le cantautrici come Tori Amos, Imogen Heap e Sarah McLachlan.


125esima Strada: Chi sono i tuoi musicisti preferiti di ogni tempo?

Amanda Somerville: Paul Simon è il mio musicista e autore preferito di ogni tempo. Lo incontrai molti anni fa ad Amburgo ed è stato imbarazzante; è stato un vero fan-girl fail. Mi ha proprio detto "Va tutto bene, va tutto bene. Calmati adesso." Oh, mio Dio!


125esima Strada: Grazie ancora, Amanda! E' stato un onore parlare con te.

Amanda Somerville: Grazie a te e ti auguro il meglio!

lunedì 7 maggio 2018

La morte di Chester Bennington

Dopo soli due mesi dal suicidio di Chris Cornell, un'altra grande voce dell'alternative rock ha trovato la morte in circostanze molto simili a quelle del cantante dei Soundgarden. La mattina del 20 luglio del 2017, proprio nel giorno di quello che sarebbe stato il cinquantatreesimo compleanno di Cornell, Chester Bennington, voce dei Linkin Park, fu trovato morto nella sua villa al numero 2842 di Via Victoria (le strade di quell'area si chiamano proprio via anche in originale) di Palos Verdes Estates, nella contea di Los Angeles, che aveva comprato meno di due mesi prima.

La scelta della data non sembra essere stata casuale, visto che Bennington e Cornell erano legati da una profonda amicizia. Bennington era anche il padrino del figlio di Cornell e aveva cantato Hallelujah di Leonard Cohen al funerale dell'amico e collega.

Nel dicembre del 2017 il sito di informazione sul mondo dello spettacolo TMZ ha ottenuto e pubblicato numerosi documenti, tra cui il rapporto dell'autopsia e quello del medico legale intervenuto sulla scena, e l'audio della chiamata al 911 dai quali emerge piuttosto chiaramente la dinamica degli eventi. Dal materiale rilasciato si apprende che l'ultima persona a vedere Bennington in vita fu la sua governante, che lavorava per lui già da due anni. Fino al giorno precedente Bennington era in vacanza in Arizona con la famiglia, ma tornò in anticipo per via di un impegno di lavoro il giorno seguente. Arrivò a casa intorno alle 22:30 mentre la governante, che si stava apprestando ad andare via, era in bagno; la donna non lo sentì entrare e lo vide solo dopo che era salito al piano superiore e aveva messo via i bagagli con cui era tornato. Bennington disse alla governante, di cui non viene rivelato il nome, che la mattina dopo sarebbe andato via alle 4:30 e che lei avrebbe potuto svolgere il suo lavoro anche in sua assenza. La donna riferì comunque che Bennington era sereno e che non c'era nulla di strano nel suo comportamento.

La mattina dopo la governante arrivò alle 8:30 ed entrò in casa con la propria copia delle chiavi, pensando di essere sola nell'edificio. Alle 8:45 vide un autista di Uber arrivare sul vialetto di ingresso, salì quindi al piano di sopra per vedere se Bennington era in casa e lo trovò morto impiccato, appeso alla porta dello sgabuzzino. Bennington scelse un metodo di impiccagione molto simile a quello adottato da Chris Cornell, facendosi passare una cintura di Hugo Boss (mentre Cornell aveva scelto una banda elastica per esercizi ginnici) attorno al collo e bloccando la stessa tra il traverso della porta e il battente. Il rapporto dell'autopsia spiega chiaramente che il cantante aveva entrambi i piedi che poggiavano a terra; sulle prime può sembrare strano che questo sia possibile, ma abbiamo già spiegato nella trattazione della morte di Cornell come invece non è necessario che l'intero corpo sia sospeso affinché sopraggiunga la morte per impiccagione.

Alla vista del cadavere la governante scappò fuori, dove l'auto di Uber, che era stata inviata dal management della band, aspettava ancora. Fu proprio l'autista dell'auto a chiamare il 911 perché la donna era in stato di shock e non riusciva a parlare. L'audio della chiamata è pubblicamente disponibile, e mentre l'autista parla con l'operatore si sente chiaramente la donna che piange e urla in sottofondo. I pompieri della contea di Los Angeles arrivarono sulla scena in pochi minuti, ma il capitano non poté fare altro che riscontrare che Bennington era morto.

Molte immagini interne della casa di Palos Verdes Estates sono disponibili su diversi siti di annunci immobiliari, come Realtor.com o Real Estate Edge (che ne mostra anche le planimetrie); altre foto della casa con l'arredamento di Bennington sono disponibili negli articoli online che il Dailymail e Alternative Nation hanno dedicato alla morte del cantante.


Come in ogni caso di morte prematura di un personaggio famoso, anche nel caso di Chester Bennington si trovano in rete teorie della cospirazione secondo cui il cantante sarebbe stato ucciso perché stava indagando sulla morte di Chris Cornell e stava scoprendo cose che sarebbero dovute rimanere nascoste. Ma queste teorie si basano completamente sul nulla. Nel rapporto dell'autopsia di Bennington non emergono ferite da difesa o segni di lotta e la casa non presenta segni di scasso, né la governante ha segnalato evidenze di effrazioni. Del resto anche la moglie di Bennington, Talinda Ann Bentley, ha confermato che il marito soffriva di depressione e aveva manifestato in passato tendenze suicide.

Inoltre se un ipotetico gruppo di cospiratori avesse voluto eliminare Bennington in quanto stava conducendo indagini pericolose, non avrebbe scelto proprio la data del compleanno di Cornell per farlo, né modalità così simili, in modo da non indirizzare i sospetti proprio nella direzione della morte del cantante dei Soundgarden.

Purtroppo quanto accaduto il 20 luglio del 2017 a Palos Verdes Estates è estremamente ovvio: Chester Bennington si è tolto la vita volontariamente, schiacciato dallo stress e dalla depressione.

lunedì 30 aprile 2018

Phantom Elite - Wasteland

Il primo album dei Phantom Elite ha avuto una gestazione molto lunga, con il primo singolo Siren's Call pubblicato nell'estate del 2016 e il secondo Wasteland un anno dopo; per ascoltare l'album per intero è stato però necessario aspettare fino all'aprile del 2018 quando l'LP che porta il titolo del secondo singolo è stato finalmente pubblicato.

Nonostante la band sia un nome nuovo nel panorama metal mondiale, i suoi membri non sono certo degli esordienti. Il gruppo è stato infatti fondato dal chitarrista olandese degli After Forever Sander Gommans con i musicisti che compongono la band che segue dal vivo gli HDK (una delle formazioni collaterali della lunga e varia attività di Gommans) composta dai chitarristi Goof Veelen e Ted Wouters e dal batterista Eeelco van der Meer. Alla voce i Phantom Elite possono vantare la presenza della brasiliana Marina La Torraca, che è una delle migliori interpreti del metal sinfonico di ogni tempo e che dà un tocco personale e unico all'ottimo primo album di questa inedita formazione. Oltre che essere la voce dei Phantom Elite, Marina milita anche nel supergruppo vocale Exit Eden ed è anche la cantante dei rumeni Highlight Kenosis, e se con questi ultimi mostra il lato più delicato della sua voce, nei Phantom Elite tira fuori tanta grinta e tanta rabbia.

Il disco è composto da dodici tracce che offrono un symphonic metal che unisce la durezza del suono delle chitarre alla straordinaria voce della vocalist che (non che ce ne fosse bisogno) dimostra le due doti incredibili traccia per traccia confermandosi a pieno titolo una delle regine del genere. Il disco vede una preponderanza di brani energici, ma non mancano momenti più raccolti. L'album parte fortissimo proprio con Siren's Call in cui Marina attacca a cantare a secco per essere subito raggiunta da poderosi riff di chitarra; il secondo pezzo Rise With The Dawn continua su ritmi sostenuti con il suolo martellante delle chitarre che apre il brano prima che Marina attacchi la prima strofa.


Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente i due singoli che hanno anticipato l'uscita dell'album, in particolare la title track mostra al meglio la potenza e l'estensione della voce della cantante. Tra i momenti più energici spiccano anche Every Man For Himself ricca di sonorità vicine al grunge e Spectrum of Fear che offre qualche influenza di rock ottantiano. Una menzione particolare merita anche anche la bellissima e unica Revelation che si distingue dalla restanti tracce per il poderoso coro che accompagna la voce della cantante e che avvicina i Phantom Elite a sonorità più affini a quelle di gruppo come gli Xandria. Tra i pezzi più raccolti troviamo la ballad Above The Crowd e due lenti acustici fatti con solo voce e chitarra quali Astray e la traccia di chiusura Serenade Of The Netherworld, che mostrano un lato più dolce e meno aggressivo della voce dell'ottima cantante di questa band.

L'album di esordio dei Phantom Elite ripaga appieno la lunga attesa, realizzando quello che sarà uno dei migliori dischi di metal sinfonico di quest'anno. Del resto basta guardare il curriculum del fondatore e quello della cantante per non restare sorpresi: basta anche solo la voce di Marina La Torraca a trasformare una buona idea in un album memorabile.

mercoledì 4 aprile 2018

Dreamtale - Difference

I Dreamtale sono una delle realtà più interessanti del power metal finlandese, anche se purtroppo non godono della fama che meriterebbero al di fuori dei confini del loro paese. Nella sua ultradecennale carriera il gruppo ha visto molte rivoluzioni della propria formazione lasciando il solo chitarrista Rami Keränen (che nelle prime incisioni ricopriva anche il ruolo di cantante) come unico membro fisso. Tra i dischi migliori della lunga carriera di questa band va annoverato sicuramente l'album Difference uscito nell'aprile del 2005 in cui al microfono troviamo lo straordinario cantante Jarkko Ahola, che curiosamente nello stesso mese pubblicò anche il suo primo album con i Teräsbetoni intitolato Metallitotuus.

Come tutti gli album dei Dreamtale, Difference offre un power metal melodico composto da un buon equilibrio tra il suono sostenuto delle chitarre e quello morbido delle tastiere, con la potente e versatile voce di Jarkko Ahola a dare la propria marcata impronta a tutti i dodici pezzi. L'album si apre con due brani aggressivi come Lost Souls, e Wings of Icarus che chiariscono da subito quali saranno le sonorità prevalenti dell'album, che infatti vede una preponderanza di pezzi duri. Sonorità simili si trovano anche in World's Child e in New Life che si apre con un coro a secco per poi sfociare in un suono più aggressivo del resto del disco, il pezzo è ricco di rimandi all'AOR degli anni ottanta grazie anche alla superlativa prova di Ahola negli acuti. Sonorità AOR si trovano anche nella bellissima Secret Door, anch'essa ricca di cori e nella quale le tastiere hanno un ruolo molto importante nel sostenere la melodia. Tra i momenti più energici si distingue anche We Are One, anch'essa basata fortemente sul suono delle tastiere ed impreziosita dall'apertura con un vocalizzo di voci femminili.

Nel disco non mancano brani più lenti e d'atmosfera. Troviamo infatti due power ballad come Mirror e Green Fields, oltre alla acustica Sail Away. Una menzione a parte merita la bellissima Lucid Times, brano di oltre sette minuti che unisce le sfumature AOR a tocchi di epic metal; la traccia si apre con un rock sostenuto e melodico con un ritornello potente in cui il coro della band si somma alla potente voce di Ahola, dopo un poderoso inciso corale il ritmo rallenta grazie a uno stacco al piano per proseguire con ritmi da ballad appena prima di riprendere la potenza dell'apertura per la chiusura del pezzo. Completa il disco Fly, anch'essa caratterizzata da notevoli cambi di tempo, con strofe lente e ritornelli potenti in cui Ahola dà di nuovo prova della sua potenza ed estensione; il pezzo è impreziosito dalle chitarre acustiche dal sapore spagnoleggiante che introducono la seconda strofa.

Chiude l'album la bonus track, presente solo nell'edizione giapponese, Powerplay che grazie al suo suono grintoso e ruggente riporta i ritmi ad alti livelli prima di chiudere il disco.

Difference è solo uno degli ottimi album realizzati da questa band la cui discografia conta ad oggi sette LP in studio, tutti caratterizzati da un power metal che unisce ottime musiche ad altrettanto ottime vocalità. Sebbene Jarkko Ahola sia difficilissimo da raggiungere quanto a capacità vocali, anche gli altri vocalist della band hanno garantito performance di altissimo livello, e se Difference resta il loro album migliore (proprio grazia alla presenza di Ahola) anche l'ascolto degli altri sei album non lascerà certo delusi gli amanti del power metal e della buona musica di ogni genere.

mercoledì 14 marzo 2018

Judas Priest - Firepower

Il 2018 vede il ritorno dei leggendari Judas Priest a quattro anni di distanza dal precedente album Redeemer of Souls; il nuovo disco porta il portentoso titolo di Firepower e la grinta espressa già in copertina trova, come vedremo di seguito, ampio riscontro nella musica. La band arriva a questa nuova prova in studio con la stessa formazione del disco precedente, anche se Glenn Tipton ha abbandonato l'attività per gravi motivi di salute appena dopo la registrazione del disco e prima dell'avvio del tour mondiale.

L'album è composto da quattordici pezzi e offre un metal poderoso e massiccio mostrando il gruppo in grande forma, sia compositiva sia interpretativa. Come sempre la musica dei Judas Priest coniuga sapientemente sonorità dure e pesanti con melodie di facile presa, restando quindi fedele agli stilemi classici del metal riuscendo anche a entrare nella testa dell'ascoltatore già al primo giro. A quarantaquattro anni dall'album di esordio, l'elemento più riconoscibile della musica della band di West Bromwich resta l'incredibile voce di Rob Halford, ineguagliato nel mondo metal quanto a potenza ed estensione, come dimostrano da oltre quattro decenni i suoi inimitabili acuti.

Firepower parte subito alla grande con due brani potentissimi come la title track e Lightning Strike che sembrano presi di peso dalle produzioni dei Judas dei primi anni 80, come lo storico album Screaming For Vengeance, e trasportate ai giorni nostri. Con i successivi due Evil Never Dies e Never the Heroes i ritmi scendono leggermente senza rinunciare alla durezza dei suoni, facendo di nuovo rivivere i fasti di incisioni storiche come British Steel.

Tra i pezzi più energici troviamo anche Flame Thrower, la graffiante Traitors Gate, Necromancer e No Surrender, quest'ultima in particolare offre qualche assaggio di power metal grazie anche ai cori sul ritornello che ammorbidiscono la sonorità del pezzo.

L'album contiene anche una buona quantità di pezzi più melodici. Tra questi si trovando Children of the Sun e il midtempo Rising From Ruins, introdotta dalla strumentale Guardians, in cui Halford dà grande prova anche delle sue doti melodiche oltre a quelle di potenza che trovano ampio sfoggio in tutto il disco. Sulle stesse tonalità più morbide troviamo anche Spectre che è il brano più ricco di assoli di chitarra che si alternano alla voce del cantante.

Chiudono il disco i due pezzi molto particolari e unici nella lunga discografia dei Judas Priest. Lone Wolf è un brano crepuscolare, cupo e d'atmosfera, che tende verso lo stoner rock risentendo in parte delle influenze di Master of Reality dei Black Sabbath. In ultima posizione troviamola power ballad Sea of Red che si apre con un bellissimo arpeggio di chitarra per poi sfociare in un pezzo melodico che richiama di nuovo il decennio ottantiano con l'attacco del ritornello in parte debitore a The Unforgiven dei Metallica.

Firepower è un album che convince sotto tutti i punti di vista e che non ha momenti bassi ma intrattiene con del metal puro e genuino per 58 minuti. Senza timore di essere smentiti possiamo dire che si tratta della migliore prova in studio della band da rientro di Rob Halford e l'ennesima dimostrazione che nonostante gli anni che avanzano e la carriera ultraqurantennale i Judas Priest hanno ancora molte frecce al proprio arco.

domenica 25 febbraio 2018

Visions of Atlantis - The Deep & The Dark

A due anni di distanza dall'EP Old Routes - New Waters tornano gli austriaci Visions of Atlantis con il primo album in studio realizzato con i due nuovi cantanti Siegfried Samer e Clémentine Delauney. Il nuovo album si intitola The Deep & The Dark ed è composto da dieci tracce che ripropongono la formula classica dei Visions of Atlantis con un symphonic metal melodico e ricco di venature di AOR ottantiano basato su un sapiente accostamento tra la forza delle chitarre e il suono morbido delle tastiere a cui si uniscono le voci dei due vocalist, con il canto di Siegfried in tipico stile power metal e Clémentine a fare da vero punto di forza di questo insieme.

L'album si apre con la potente title track cantata interamente dalla soprano francese che dà subito prova della potenza ed estensione della sua voce. Tra i brani più energici troviamo anche Ritual Night in cui di nuovo Clémentine sfoggia il meglio della sua forza vocale, Dead Reckoning e Words of War che è la traccia del disco in cui i rimandi agli anni 80 sono più netti. Restando sui brani forti spiccano anche The Silent Mutiny che è il pezzo più duro del disco il cui le chitarre prendono il sopravvento sulle tastiere e Book of Nature che presenta sonorità mediorientali che tendono verso l'oriental metal, genere nel quale Clémentine si era già cimentata partecipando come ospite all'album Tales of the Sand dei tunisini Myrath.

Il disco contiene anche tre pezzi più melodici. Il primo di essi è l'epica Return to Lemuria che riprende in parte la melodia di Lemuria dall'album Cast Away del 2004 quando i vocalist del gruppo erano Mario Plank e la compianta Nicole Bogner. Tra i brani più melodici troviamo anche The Grand Illusion che è uno dei pezzi migliori dell'album anche perché Clémentine fa un uso più esteso del canto lirico che è quasi assente nel resto dell'album e oltre che in questo brano compare solo nei ritornelli di Return to Lemuria e Dead Reckoning. Nel disco sono presenti anche due ballad: The Last Home, cantata dalla sola Clémentine e realizzata con voce e tastiera fino all'ultimo ritornello in cui si aggiunge il resto della strumentazione, e Prayer to the Lost, anch'essa cantata solo dalla soprano.


Con The Deep & The Dark i Visions of Atlantis realizzano un altro ottimo album, il sesto della loro carriera, che prosegue degnamente la scia dei precedenti e che dà una lezione tanto importante quanto semplice: se si ha nel gruppo un talento naturale come quello di Clémentine Delauney diventa tutto facile e il disco che ne risulta non può che essere di ottima qualità. Il gruppo esce da questa prova a testa altissima, realizzando il loro ennesimo album memorabile.

lunedì 19 febbraio 2018

Demon Eyes - Rites Of Chaos

Rites Of Chaos del 1984 è il primo album dei parigini Demon Eyes, band formata da Thierry Masson e Philippe Chastagnol alle chitarre, Philippe Masson alla voce, Remy Bertelle al basso e Bob Snake alla batteria. Quest'ultimo negli stessi anni militava anche in un'altra band francese, i ben più noti Sortilège che realizzarono il loro primo LP nello stesso anno in cui uscì Rites Of Chaos. Questo album segue di un anno la realizzazione di un demo nel 1983 che si intitola con il nome stesso del gruppo ed è composto da otto tracce di sano metal diretto, sanguigno e con pochi fronzoli.

La musica dei Demon Eyes è chiaramente ispirata ai mostri sacri della NWOBHM degli anni 80, ricca di riff e assoli di chitarra graffianti a cui si somma la potente voce del cantante che si lancia spesso in scream e acuti. Inoltre, il canto in francese aggiunge un tocco di originalità rispetto alle sonorità tipiche degli altri gruppi della stessa decade. Gli otto pezzi sono tutti energici e veloci e compongono un album divertente, in cui non ci sono momenti di noia, che intrattiene senza sosta.

La versione in vinile dell'album riporta sul retro di copertina i titoli dei pezzi in inglese, con tra parentesi il titolo in francese. Tra i brani migliori troviamo sicuramente la veloce L'orgie Des Damnés, che tende verso lo speed metal, la più melodica L'Invincible Force De La Mort e la grintosa Les Deux Maudites.

La versione in CD dell'album è notevolmente più lunga e contiene quindici tracce, i cui titoli sono scritti sul retro in francese; oltre alle otto originale contiene infatti tre brani dal demo Demon Eyes, tre b-side e due incisioni dal vivo.

L'unico difetto che si può trovare a questo album è che effettivamente il suono è poco pulito e molto grezzo, anche il cantato di Philippe Masson, per quantio potente, è piuttosto ruspante. Nell'album successivo, Garde à Vue del 1987, la band proporrà infatti un suono altrettanto duro e diretto ma più pulito e patinato, sia nelle basi sia nel canto. I Demon Eyes registreranno un terzo album nel 1990 intitolato Out Of Control, con un vocalist diverso, e cantato in inglese, che prosegue sulla strada del precedente, con un metal sempre più pulito senza rinunciare all'impatto sonoro dei pezzi.

Purtroppo la carriera dei Demon Eyes durò solo pochi anni, ma i loro tre album sono altrettanti capolavori del metal francese e della musica degli anni 80 in generale. Per quanto siano poco noti al di fuori dei confini nazionali, i Demon Eyes restano per noi una piccola perla da riscoprire.

lunedì 12 febbraio 2018

Metallica WorldWired Tour - Torino, 10/2/2018

Nota: questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino che ringraziamo per la collaborazione.

Una volta erano headliner a qualche festival costosissimo e avevo il sospetto suonassero poco tempo, vuoi che una volta erano lontani, una volta mi sono pure svegliato tardi e i biglietti erano andati, ma stavolta i Metallica non me li sono fatti scappare. Nella serata della finale del Festival di Sanremo, io e altre 14000 persone di tutte le età che il frontman ha definito 'The Metallica's family' abbiamo letteralmente riempito il Pala Alpitour per vedere Hetfield e altri 3 'old men' che da ben 37 anni picchiano duro con il loro metal grezzo, veloce e violento al punto giusto, thrash appunto.

Dopo l'apertura dei norvegesi Kvelertak, il palco sembrava una banale piattaforma quadrata in mezzo al campo centrale, ma sulle note di Ecstasy of Gold di Morricone, luci, proiettori cubici mobili e piccoli droni lucciole non hanno per nulla fatto sentire la mancanza degli oramai tradizionali megaschermi.

Il tour si chiama WorldWired e la band ha iniziato con i due singoli dell'ultimo disco (un ottimo disco, secondo me stanno ancora cercando di farsi perdonare St. Anger), le mitragliate di doppia cassa di Hardwired e Atlas, Rise! aprono le danze prima che James annunci che faranno sia nuove canzoni che vecchie. La band attacca quindi con il riff iniziale di Seek and Destroy, dal primo album del 1983, per molti il vero concerto inizia solo ora. Sulla via della nostalgia Leper Messiah e Welcome Home anticipano una tripletta pezzi recenti come Now We Are Dead, la più melodica HardWired, e Spit Out the Bone e Halo on Fire; in mezzo a questi For Whom the Bell Tolls, altro classicone direttamente da Ride The Lightning degli anni 80.

Sorpresona del concerto è stato un duetto Hammet-Trujillo che a sorpresa partono con C'è Chi Dice No, di Vasco Rossi come tributo alla nazione ospitante del concerto; ho apprezzato moltissimo il gesto, ma come molti altri ho pareri contrastanti.

Unici due pezzi tratti dagli album meno apprezzati dei Metallica sono stati la cover di Blitzkrieg, mi piace talmente tanto che non ho mai nemmeno cercato la versione originale, e The Memory Remains, dall'album Reload. Si prosegue poi con Moth Into Flame, Sad But True, la mitica One e la devastante Master Of Puppets, un vero pezzo di storia della musica heavy metal.

Pausa minima prima della strumentale Orion e finale più che epico con due pezzi tratti dall'album eponimo; oltre a vendere 16 milioni di copie solo negli Stati Uniti, lancia i Metallica nel circuito un po' più commerciale consacrandoli davvero come fenomeno planetario. L'arpeggio di Nothing Else Matters fa cantare tutti, un tempo ci sarebbero stati gli accendini al cielo, e la famosissima Enter Sandman chiude le oltre due ore di concerto.

Hanno passato i 50 e hanno i capelli bianchi, ma diamine se spaccano dal vivo...

mercoledì 7 febbraio 2018

RavenBlack Project - Breaking Through The Mist

Nel 2015 il progetto RavenBlack Project, guidato dal chitarrista e compositore Riccardo Bacchi, ha pubblicato il proprio primo, e fin'ora unico, album intitolato Breaking Through The Mist. Il disco è composto da nove tracce che attingono dall'hard rock melodico degli anni '70 ispirandosi a band come i Rainbow e i Deep Purple, ricco di basi energiche e potenti a cui si unisce la voce degli eccezionali vocalist chiamati a far parte del progetto.

Già da un primo ascolto, ciò che colpisce di questo disco è la forza del suono che offre un metal puro, energico e carico di riff di chitarra dello stesso Bacchi; infatti sui nove pezzi del disco ne troviamo cinque dalle sonorità dure e graffianti. Due di queste sono interpretate dal bassista e cantante Mark Boals. Il primo è il brano di apertura My New Revelations, sostenuto dal suono della chitarra e nel quale la voce di Boals dà grande prova della sua potenza, Il secondo brano cantato dall'ex bassista dei Dokken è The Road to Hell Paso che unisce sonorità AOR ottantiane a venature southern, Boals chiude il pezzo con un acuto potentissimo con cui dimostra che nel pezzo precedente aveva solo dato un piccolo assaggio delle sue qualità.

Tra i pezzi veloci troviamo anche One-Night Stand affidata alla voce dell'ex cantante dei Rainbow Doogie White, e due brani interpretati da altrettanti vocalist italiani d'eccezione: Redemption Blaze, puro hard rock anni 70 ricco del suono dell'organo Hammond, cantata da Alberto Bollati, e Your Load of Lies che è il pezzo più metallico dell'intero disco, grazie anche alla graffiante voce di Franco Campanella.

Oltre a queste nell'album troviamo quattro brani più raccolti tra cui la toccante The Faithless and The Dreamer, brano lento dedicato alle vittime dell'11/9 cantato da Andre Matos, ex vocalist degli Angra, con Jon Oliva dei Savatage, e la power ballad in stile ottantiano Wasting Memories cantata da James Christian degli House of Lords. Tra i brani lenti spiccano due splendidi gioielli di musica interpretati dalla sempre straordinaria Amanda Somerville. Il primo di essi si intitola The Ancestral Call e vede Amanda duettare con Doogie White; il pezzo è una sorta di ballata celtica medievale ricca di flauti, chitarre e percussioni acustiche. Il brano mostra un lato di White ben diverso da quello grintoso di One-Night Stand e l'aspetto migliore del pezzo è proprio la parte canora dei due straordinari vocalist che nell'ultimo ritornello duettano con Doogie a fare la voce bassa e Amanda quella alta. Il secondo pezzo cantato da Amanda Somerville è la splendida e onirica Lullaby for a Wolf, che si apre con un vocalizzo della cantante e che è realizzata con soli voce, piano e chitarra acustica.

Nella versione fisica del disco è presente come bonus track la cover di Tarot Woman dei Rainbow (a rimarcare qual è la fonte di ispirazione principale di questo progetto) che lascia invariata la melodia originale, ma la rende molto più aggressiva affidandola alle voci di Bolas e Campanella.

Due anni dopo l'uscita dell'album è stata pubblicata anche una versione acustica di Wasting Memories con alla voce Giacomo Voli, uno dei migliori cantanti italiani rock di ogni epoca, che rallenta notevolmente il pezzo condendolo con una strumentazione acustica di grande atmosfera.

Ascoltando Breaking Through The Mist si capisce fin da subito che si tratta di una perla di grande valore, che purtroppo non gode della notorietà che meriterebbe. Questo album di Riccardo Bacchi è semplicemente perfetto e non deluderà le aspettative degli amanti del rock e del metal che si accingeranno ad ascoltarlo. Bacchi mischia con grande maestria elementi musicali diversi, con una strumentazione molto varia e avvalendosi di cantanti che contribuiscono alla realizzazione dell'opera ognuno con il proprio stile. L'album nel suo complesso offre una varietà di suoni veramente notevole a comporre un disco che offre tantissime emozioni diverse.

Non resta che augurarsi che Breaking Through The Mist non resti un esperimento isolato e che Riccardo Bacchi torni presto in studio con questa o un'altra squadra di musicisti a registrare un altro capolavoro di questo calibro. Anche nella speranza che magari le prossime incisioni di questo progetto riescano a guadagnare le posizioni in classifica che la loro musica merita.

lunedì 22 gennaio 2018

Northern Kings: il supergruppo dei re finlandesi

Nel 2007 quattro tra le migliori voci maschili del panorama symphonic metal finlandese hanno formato un supergruppo vocale per reinterpretare alcuni classici dei decenni passati. Il quartetto porta il nome di Northern Kings ed è composto da Jarkko Ahola (cantante tra gli altri dei Teräsbetoni e degli Ahola), Marco Hietala (Nightwish), Tony Kakko (Sonata Arctica) e Juha-Pekka Leppäluoto (Charon e Harmaja).

Il primo album dei Northern Kings si intitola Reborn ed è composto da cover di pezzi rock anni 80 (con la sola aggiunta di Creep dei Radiohead che appartiene al decennio successivo) reinterpretati in chiave symphonic metal; lo scopo principale di queste revisioni è mettere in luce le notevoli capacità canore dei quattro interpreti, con Leppäluoto, unico basso della formazione, ad eseguire le voci più basse mentre i tre tenori eseguono quelle più alte ognuno nel proprio stile distintivo. Ogni pezzo è cantato principalmente da uno dei quattro, con gli altri tre che eseguono i cori. In questo primo album fa eccezione solo la cover di We Don't Need Another Hero di Tina Turner che è invece cantata da tutti e quattro; il brano è aperto con le sonorità basse di Leppäluoto a cui si aggiungono gli altri tre, di particolare effetto è il duetto tra lo stesso Leppäluoto e Kakko nella seconda strofa con il secondo a fare la voce alta e il primo quella inferiore.

I pezzi vengono spesso reinterpretati cambiandone la melodia o la natura stessa. La linea vocale del ritornello della già citata We Don't Need Another Hero è infatti diversa da quella originale. Rebel Yell di Billy Idol, qui cantata da Leppäluoto, diventa una lunga ballata gotica di quasi otto minuti; I Just Died in Your Arms dei Cuttin Crew qui interpretata da Jarkko Ahola è trasformata invece in una power ballad. In The Air Tonight di Phil Collins, eseguita dalla ruggente voce di Hietala, rispecchia la struttura della versione originale con la prima metà più lenta della seconda, ma in questa occasione l'ultimo ritornello è molto più graffiante di come interpretato dall'ex batterista dei Genesis.

Anche Hello di Lionel Ritchie, in origine un melodico brano soul, diventa qui veloce e aggressivo guidato dalla forte voce di Ahola con un bellissimo coro degli altri vocalist in sottofondo. Fallen on Hard Times dei Jethro Tull, interpretata da Hietala, trasforma un folk progressivo un pezzo di potente metal, il rock elettronico di Don't Bring Me Down degli Electric Light Orchestra qui cantato da Ahola viene riletto in una versione particolarmente veloce che rasenta lo speed metal; mentre altri brani come Sledgehammer di Peter Gabriel (affidata alla voce di Tony Kakko) e Don't Stop Believing dei Journey (cantata da Hietala) si mantengono più simili alle melodie originali.

Inoltre la Special Edition di Reborn include anche la versione orchestrale di We Don't Need Another Hero, in cui le voci dei quattro spiccano ancora di più, e un remix più cupo di Creep.

L'anno seguente i Northern Kings hanno realizzato il loro secondo, e fino a ora ultimo, album intitolato Rethroned. L'album ripropone la formula del precedente, con una serie di brani presi principalmente dagli anni 80 reinterpretati in stile symphonic metal, ma a differenza del primo album in Retrhoned sono cinque i pezzi cantanti dai quattro vocalist insieme. Tra questi troviamo Kiss From a Rose di Seal che qui diventa un pezzo veloce e grintoso, A View to Kill dei Duran Duran, Take On Me degli A-Ha e Killer di Adamski che da sommesso brano trip hop diventa molto energico, con i quattro cantanti che tirano fuori una potenza vocale nel ritornello che sarebbe inaspettata conoscendo il pezzo originale.

Tra i brani migliori di questo secondo disco troviamo Nothing Compares 2 U cantata da Jarkko Ahola che rielabora il pezzo di Prince (anche se qui siamo sicuramente più vicini alla versione di Sinead O'Connor) in una power ballad in cui di nuovo sfodera la sua potenza vocale modificando anche la linea vocale in modo da adeguarla alle sue caratteristiche. Lo stesso Ahola interpreta anche My Way in uno stile magistrale dando di nuovo sfoggio delle sue straordinarie doti vocali e trasformando il pezzo in uno ruvido e graffiante ricco di riff di chitarra.

Il quartetto chiude l'edizione standard del disco con Róisín Dubh (Black Rose): A Rock Legend dei Thin Lizzy, ovvero un medley di quattro brani folk americani e britannici realizzando così il pezzo più melodico e raccolto dell'album dalla notevole durata di oltre sette minuti.

L'edizione giapponese dell'album contiene anche la cover di They Don't Care About Us di Micheal Jackson cantato dall'intero quartetto, lo stesso pezzo è disponibile in versione orchestrale solo sull'edizione dell'album venduta su iTunes.

Oltre ai due album, i Northern Kings realizzarono un solo singolo nel 2010 con una cover di Lapponia di Monica Aspelund, brano con cui la Finlandia partecipò all'Eurovision Song Contest del 1977. Il pezzo è ovviamente cantato da tutti e quattro e mantenendo fede al brano originale ha un approccio molto più allegro e leggero di quanto registrato dai quattro nei loro due album.

Purtroppo la sperimentazione dei Northern Kings è durata molto poco ed è difficile che dopo otto anni di inattività il gruppo si possa riunire. Queste incisioni di facile ascolto, trattandosi di cover, possono però aiutare anche i non appassionati a conoscere questi quattro straordinari vocalist e le loro band che producono dell'ottimo metal sinfonico che pone molta cura alla qualità delle parti vocali.

martedì 12 dicembre 2017

Raskasta Joulua - Raskasta Joulua IV

Il supergruppo finlandese Raskasta Joulua è giunto nel 2017 al proprio settimo album in studio intitolato Raskasta Joulua IV (il numero IV nel titolo può essere forviante ed è dovuto al fatto che tre degli album del gruppo hanno titoli diversi). Cambiano i membri della band ma resta uguale la formula con il collettivo che propone dodici brani natalizi reinterpretati nello stile del symphonic metal del loro paese di origine, con basi che sanno coniugare melodia e forza e canto potente e ricco di virtuosismi che mettono bene in luce le capacità canore di questi straordinari artisti.

Per questo album la formazione del gruppo vede anche la presenza di due ospiti non finlandesi: la svedese Elize Ryd degli Amaranthe che fa parte dei Raskasta Joulua già dal 2013 e l'olandese Floor Jansen che partecipa alle tournée del gruppo già dallo scorso anno ma che solo quest'anno è entrata stabilmente nella formazione.

Tra i dodici pezzi scelti c'è una buona commistione di brani tratti dalla tradizione finlandese poco conosciuti fuori dai confini nazionali e alcuni classici universalmente noti. Troviamo infatti nel disco le versioni metal di What Child is This (qui intitolata Joulumuisto) cantata da Kimmo Blom, Silent Night (Jouluyö, juhlayö in finlandese) interpretata da Juha-Pekka Leppäluoto e una versione straordinariamente accelerata di Gloria in Excelsis Deo (Kuului laulu enkelten) di Antti Railio.

I pezzi migliori del disco sono comunque, e forse non a caso, gli ultimi due. All'undicesimo posto troviamo infatti Joulun rauhaa (versione finlandese di Happy Xmas) cantata da tutta la band con una bellissima alternanza di voci tra cui spiccano l'attuale e la storica voce dei Nightwish: Floor Jansen e Tarja Turunen. La stessa Tarja è protagonista anche della traccia di chiusura, l'Ave Maria di Schubert che interpreta insieme Marco Hietala dei Nightwish riformando così un duo che non si esibiva insieme dalla burrascosa separazione della cantante dalla band avvenuta nel 2005.

E' un enorme peccato che questo supergruppo goda di così poca popolarità nel nostro paese, perché i loro sette album sono semplicemente magnifici e dimostrano come questo numeroso combo di musicisti nordici sappia unire l'energia del metal alla melodia e alle atmosfere dei canti di Natale, realizzando pezzi di ottima fattura che piaceranno sia agli amanti del metal sia agli amanti della tradizione natalizia. La creatività dei Raskasta Joulua non si esaurisce nello studio di registrazione, infatti nelle loro interpretazioni dal vivo spesso propongono arrangiamenti nuovi e voci diverse da quelle incise negli album. Basta ascoltare la versione dal vivo di O Holy Night (Oi Jouluyö) cantata da Floor Jansen in puro stile symphonic metal (mai incisa in studio con Floor alla voce) per rendersi conto del livello altissimo messo in campo da questi geni della musica.

Non resta che ascoltare il loro nuovo bellissimo album durante le feste e, per chi non li ha mai sentiti, andare a scoprire i loro sei dischi precedenti e i video dei loro concerti.

venerdì 8 dicembre 2017

A.A. V.V. - Monster Ballads Xmas

Nel 2007 la serie di compilation intitolata Monster Ballads è arrivata al suo quarto volume con un disco di incisioni nuove realizzate apposta per l'occasione in cui dodici famosi interpreti della scena hard and heavy degli anni 80 e 90 reinterpretano i classici della tradizione natalizia. Tra le band e i cantanti coinvolti in questa impresa troviamo gli Skid Row che interpretano Jingle Bells, Kip Winger (frontman dell'omonima band) che interpreta Happy Christmas (War Is Over), Run Rudolph Run degli L.A. Guns, Blue Christmas cantata da Tom Keifer dei Cinderella e molti, molti altri.

La formula del disco è molto semplice: i brani originali vengono reinterpretati lasciando le melodie immutate ma interpretate in chiave hard rock con i suoni potenti e allegri. Il risultato è sicuramente efficace e divertente, vista sia la qualità dei pezzi scelti che quella dei gruppi e dei cantanti coinvolti. Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente Jingles Bells, che nell'interpretazione degli Skid Row assume un sapore punk e Santa Claus is Coming to Town interpretata dai Dokken con la potente voce di Don Dokken che è uno dei migliori vocalist presenti in questa compilation.

Degne di nota anche White Christmas interpretata dai Queensrÿche in cui Geoff Tate dà prova delle sue capacità canore anche in un classico natalizio, e Blue Christmas in cui Tom Keifer mostra un lato poco consueto della sua vocalità, in un canto normale anziché nelle note altissime al limite dello scream che eseguiva ai tempi dei Cinderella.

L'unico pezzo non inedito presente sul disco è I'll Be Home for Christmas dei Twisted Sister con Lita Ford, tratto dall'album natalizio della band A Twisted Christmas uscito l'anno prima.

Monster Ballads Xmas è una buona alternativa da ascoltare durante il pranzo di Natale e da inserire in mezzo a compilation più classiche come quelle di Mariah Carey o Whitney Houston, per cambiare un po' il suono e anche per ricordare che i classici hanno sempre innumerevoli risvolti e che sono stupendi anche cambiandone radicalmente l'approccio.


giovedì 30 novembre 2017

Amadeus Awad's Eon - The Book of Gates

Sotto al nome Amadeus Awad's Eon si cela il duo libanese composto dal chitarrista Amadeus Awad e dal cantante Elia Monsef che sono anche autori delle musiche e dei testi dei loro dischi. Nel 2013 gli Amadeus Awad's Eon hanno dato vita alla metal-opera The Book of Gates, ambientata nell'antico Egitto, che narra una storia di tradimento e di ritorno dai morti interpretata da vocalist di grande spessore. Il faraone è infatti interpretato da Russell Allen, una delle voci delle più potenti e apprezzate del panorama metal attuale, la regina dalla straordinaria Amanda Somerville e il negromante proprio da Elia Monsef.

Come è lecito aspettarsi dalla tematica trattata e dalla provenienza dei due autori, l'album è riconducibile al filone dell'oriental metal, con melodie tipiche del power metal arricchite di sonorità magrebine e mediorientali. Non a caso tra i musicisti troviamo anche Elyes Bouchoucha, tastierista dei Myrath, una delle migliori band mondiali di questo genere.

Il disco è composto da quattro tracce più tre bonus track tratte da un album precedente di Amadeus Awad. Il brano di apertura è intitolato Visions e dopo aver introdotto le melodie orientali che pervaderanno l'intero disco lascia la narrazione al negromante che introduce la storia che sta per svolgersi, cioè che la regina ha intenzioni maligne e che il faraone dovrà affrontare una dura lotta da solo.

Nel secondo pezzo intitolato The Crown’s Fate entrano in scena i due protagonisti principali interpretati dai due straordinari vocalist che non hanno bisogno di presentazioni. Entrambi regalano un'altra, ennesima, prova magistrale delle loro doti canore. Un plauso particolare va comunque ad Amanda Somerville che si lancia in un canto arabeggiante in tonalità più acute rispetto al solito, mostrando grandi capacità anche lontana dal suo repertorio solito; Russell Allen interpreta il faraone con voce potente e aspra, senza allontanarsi troppo dal suo stile consueto. The Crown’s Fate svela qual è il piano malvagio della regina, ovvero avvelenare il faraone ed ereditarne il regno.

Il terzo pezzo è la title track e si apre con il suono duro e ossessivo delle chitarre che introducono quanto verrà raccontato: il faraone si trova nell'oltretomba e lo attende la dura prova di superare tredici cancelli per rompere l'incantesimo e porre fine al regno della regina. Il faraone trae la forza dalla rabbia di essere stato tradito mentre torna in scena il necromante che gli promette il favore degli dei nella sua impresa. Il pezzo si chiude con un una stoccata finale della regina, in cui Amanda di nuovo esegue un canto in stile orientale, che minaccia il faraone di tenerlo per sempre in suo potere.

Nel brano conclusivo troviamo il faraone tornare in vita da comune mortale, ma di nuovo il negromante gli promette la vittoria sulla regina, la quale non si arrende e continua a proclamare la propria supremazia; la chiusura del pezzo è cantanta da tutti e tre con le voci che si sovrappongono a creare un contrasto canoro di grande effetto.

Il disco è completato dalla presenza di tre bonus track tratte dall'EP di Amadeus Awad Schizanimus uscito nello stesso anno (che è composto in realtà di questi soli tre pezzi) che ribadiscono l'altissimo livello della capacità compositiva del chitarrista libanese che anche in questo caso propone del bellissimo oriental metal cantato questa volta dal solo Elia Monsef.

L'unico difetto di The Book of Gates è che dura troppo poco. Meno di venticinque minuti per una metal-opera ricca di suggestioni e cantata da due maestri del metal, quando questa formula avrebbe retto bene per l'intera durata di un LP. E' anche un peccato che Amadeus Awad non goda della fama che merita perché, come testimonia questo disco, ci troviamo davanti a uno dei più creativi interpreti del metal mondiale.

domenica 12 novembre 2017

W.A.S.P. Re-Idolized Tour - Live Club Trezzo sull'Adda, 9 novembre 2017

Questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino che ringraziamo per il contributo.

We Are Sexually Pervert, è a questo che normalmente si associa l'acronimo del nome della band fondata a Los Angeles da Blackie Lawless all'inizio degli anni 80; la versione ufficiale si riverisce al nome inglese della comune vespa (wasp, appunto) ma il primo è senza dubbio il più divertente.
Un miscuglio di heavy metal per la durezza e la velocità dei suoni, di hair metal per il provocatorio abbigliamento e di shock rock per la presenza scenica e, talvolta, la volgarità dei loro testi; hanno permesso a questo gruppo, oramai trentennale, di vendere circa 12 milioni di dischi in tutto il mondo.

Menzione doverosa sull'aperitivo (musicale) della serata che è stato offerto dai Rain, band formatasi a Bologna oramai nei lontani anni 80 e proseguita fino a oggi con un'alternanza di generazioni di musicisti. La loro esibizione, seppure breve mi è piaciuta molto e mi suona strano non averli mai sentiti fino ad ora, probabilmente cantando in inglese sono più apprezzati oltre confine.

Questo tour degli W.A.S.P. è incentrato sul 25esimo anniversario dell'uscita di The Crimson Idol un concept album che racconta, attraverso i suoi pezzi la vita di Jonathan Steel. Solitamente i concerti che seguono la tracklist di un album non mi appassionano ma in questo caso, essendo una sorta di rock opera le cose cambiano.

In The Titanic Overture e The Invisible Boy viene presentato il protagonista, un adolescente cresciuto in una cittadina americana, il figlio non voluto dai genitori, la pecora nera della famiglia i cui unici punti fissi della sua vita erano suo fratello maggiore e la sua immagine riflessa nello specchio. Dopo la morte del fratello, Jonathan decide di scappare di casa dove passa due anni come mendicante ai bordi di una grande città, come raccontato in Arena Of Pleasure, fino a quando non trova in un negozio una chitarra cremisi. Una situazione alla Sliding Doors dove una decisione cambia la vita di Michael.

Inizia lentamente, anche grazie all'incontro con un produttore, la vita da rockstar di Jonathan con tutte le gioie e i dolori che ne conseguono, mentre in The Gypsy Meets The Boy viene raccontato l'incontro del protagonista con una zingara che predice il suo futuro: Be careful what you wish for, cause it may come true.

Con l'incontro di Doctor Rockter inizia il viaggio nel lato oscuro di quella vita, dove droghe e stupefacenti fanno lentamente perdere il contatto con la realtà fino quasi a mettere a rischio la carriera da musicista.

Il racconto si conclude con The Great Misconceptions Of Me nel quale Jonathan, resosi conto di aver perso gli affetti, ovvero la cosa a lui più cara, cerca di riallacciare il rapporto con i genitori, ma viene gelato al telefono con la frase: we have no son pronunciata dalla madre.

Qualche giorno dopo, Johnatan si suicida; dopo un concerto il corpo del Crimson Idol viene rinvenuto appeso alle corde della stessa chitarra rossa dalla quale tutto era iniziato.

Una performance davvero ben riuscita, Blackie Lawless, oramai unico membro della formazione originale, riesce ancora a sparare acuti nonostante abbia passato da poco i 60 anni, cosa non scontata per performer di quell'età.

L.O.V.E. Machine è la prima delle 4 cartucce pesanti che chiudono il concerto, seguita da Wild Child, a mio avviso uno dei pezzi migliori della band. Golgotha, dall'omonimo album, del 2015 è l'unico pezzo recente, prima del gran finale con I Wanna Be Somebody, tratto dall'album di esordio del 1984, che ha letteralmente messo sottosopra il Live Club.

Unica osservazione che mi sento di fare è che negli ultimi quattro pezzi sono stati proiettati i rispettivi video sugli schermi usati per proiettare il film a supporto del racconto; non mi sembra una gran scelta perché rende impossibile la possibilità di legare due o più pezzi per qualche medley, ma rimane un parere personale.

Concerto davvero bellissimo, se avessero suonato anche Blind in Texas sarebbe stato perfetto.

sabato 23 settembre 2017

Motörhead - Under Cöver

Questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino che ringraziamo per il contributo.

40 anni di carriera e 23 dischi in studio non sono abbastanza e dopo circa due anni dalla scomparsa del leggendario Lemmy Klimster e dal loro conseguente scioglimento, i Motörhead pubblicano una raccolta dal titolo Under Cöver che contiene 10 reinterpretazioni di brani registrati tra il 1992 e il 2015 già inclusi in altre raccolte e un inedito. La raccolta abbraccia generi musicali diversi, ma il tutto è in perfetto stile Motörhead: grezzo e veloce, ruggente e violento.

Il punk non è mai stato la mia passione ma la reinterpretazione di God Save the Queen dei Sex Pistols fatta nel 2000 per il disco We Are Motörhead è davvero ben riuscita; entusiasma meno Rockaway Beach dei Ramones, incisa nel 2002 ma mai pubblicata.

Andando invece su sonorità più familiari, il brano di apertura Breaking The Law dei Judas Priest è spettacolare, fu inciso nel 2008 per la raccolta Hell Bent Forever: A Tribute To Judas Priest ma non è presente nella discografia ufficiale. Bellissima ma da non considerarsi esattamente una cover Hellraiser, scritta da Ozzy Osbourne, Lemmy Klimster e Zack Wylde. Lemmy e soci sono riusciti a rendere più devastante anche Wiplash, direttamente dall'album di esordio dei Metallica, pubblicata nel 2005 che valse a Lemmy e soci l'unico Grammy della loro carriera.

Con la collaborazione di Biff Byford dei Saxon e direttamente dal repertorio dei Rainbow anche un riarrangiamento di Starstruck, pubblicata nel 2014 nella raccolta Ronnie James Dio This Is Your Life, dedicata al compianto ex frontman proprio dei Rainbow.

Non particolarmenti degni di nota Cat Scratch Fever di Ted Nugent e di Sympathy for the Devil dei Rolling Stones, mentre secondo me, sempre dei Rolling Stones, Jumpin' Jack Flash è un pezzaccio da sparare nell'autoradio a tutto volume! Buon lavoro anche per Shoot'em Down dei Twisted Sisters.

Ho lasciato intenzionalmente in fondo la reinterpretazione di Heroes di David Bowie, pezzo che da solo vale tutto il disco. Il pezzo è epico già nella versione originale, ma Lemmy l'ha reso ancora più bello; registrato nel 2015 durante la produzione dell'ultimo disco dei Motörhead Bad Magic è rimasto inedito fino ad agosto del 2017 ed è l'ultima registrazione del frontman della band prima di lasciarci 4 mesi più tardi. Singolo e videoclip per questa raccolta è già stato scelto come inno ufficiale per il festival metal Wacken Open Air del 2018.

Anche se a prima vista il disco può sembrare un'operazione nostalgica ma sopratutto commerciale è davvero ben fatto e ne consiglio a tutti gli amanti di musica rock, non solo a i fan dei Motörhead, l'ascolto. Lemmy non c'è più, ma il mito continua...

They are Motörhead ... and they play rock 'n roll!