domenica 24 luglio 2016

Pino Scotto Bubbles Fest - Pavia, 23/7/2016

Credit: Silvio Piccinini
Come sarà vedere Pino Scotto dal vivo? mi chiedevo in attesa di vedere per la prima volta il rocker napoletano in concerto. Del resto la sua carriera è stata così lunga e varia che non sapevo se avrei dovuto aspettarmi una maggioranza di pezzi dei Vanadium, dei Fire Trails o della sua carriera solista.

Prima di trovare una risposta a queste domande, appena entrato nel fossato del castello Visconteo di Pavia mi sono trovato immerso nella festa: quella del Bubbles Fest! Il Bubbles Fest non è solo un festival di quattro giorni di musica, ma è anzitutto una grande festa organizzata alla perfezione da un gruppo di volontari in cui si respira l'aria delle grigliate tra amici di mezza estate, in allegria, serenità e con tanta buona musica.

I gruppo di supporto hanno suonato fino a poco prima delle 23, quando Pino e la sua band sono saliti sul palco dando inizio a oltre un'ora di rock forsennato e carico di energia. La risposta ai miei dubbi è arrivata ben presto: Pino ha ricoperto tutta la sua carriera aprendo il concerto con alcuni pezzi dei Fire Trails, per poi passare ad alcuni tratti dal repertorio dei Vanadium e dedicando la seconda metà dello spettacolo alla sua carriera da solista, compresi i due inediti tratti dal suo ultimo album Live for a Dream. Il rock e l'energia della sua musica sono intervallati solo dai coloriti commenti socio-politici di Pino a cui il suo pubblico è ben abituato.

La band di Pino è stellare e la loro esecuzione è perfetta in ogni pezzo. Il batterista Marco Di Salvia resterà impresso nella mente degli spettatori tanto quanto Pino per la sua esecuzione energica e coinvolgente; non da meno sono il bassista Dario Bucca e il chitarrista Steve Angarthal a cui Pino cede il microfono a metà concerto per potersi concedere qualche minuto di pausa e per poter dar modo al chitarrista di eseguire un pezzo dal suo nuovo album solista intitolato Uranus And Gaia.

Credit: Silvio Piccinini
Ma oltre alla musica anche la voce di Pino conquista il pubblico, nonostante abbia passato i sessant'anni la potenza vocale non l'ha abbandonato così come l'estensione che gli consente degli scream che farebbero impallidire molti colleghi trentenni.

Al termine del concerto Pino si ferma sotto al palco a salutare i suoi fan a cui racconta di voler essere una persona vera prima ancora di essere un musicista, perché nonostante una carriera quasi quarantennale è ancora incredibilmente vicino al suo pubblico e molto più umano di tanti altri che hanno meno della metà della sua capacità e qualità.

Come recitava la scritta sullo sfondo del palco, durante la serata è stata più volte ricordato il leggendario Lemmy Kilmster recentemente scomparso. Perché il rock è anzitutto voglia di stare insieme e anche di ricordare chi ne ha scritto la storia ma ora non c'è più.

Grazie Pino e grazie Bubbles Fest per la bella serata. A presto!

sabato 23 luglio 2016

La morte di Amy Winehouse

Dal 23 luglio del 2011 il celebre Club 27, riservato ai musicisti morti a 27 anni come Jim Morrison o Jimi Hendrix, ha una nuova e illustre iscritta: la cantante soul Amy Jade Winehouse che in quella data fu trovata senza vita stesa sul letto della sua residenza al numero 30 di Camden Square, a Londra.

La cantante soffrì per molti anni di dipendenza da varie droghe quali crack, eroina, cocaina e cannabis. Dopo una lotta durata vari anni nel 2008 riuscì ad abbandonare le droghe pesanti, ma purtroppo sostituì la dipendenza dagli stupefacenti con quella dall'alcol.

Insieme a lei nella casa di Camden Square viveva la sua guardia personale Andrew Morris che abitava in una delle camere degli ospiti al piano inferiore rispetto a dove stava Amy. Negli ultimi 16 mesi della sua vita la cantante frequentava l'attore Reg Traviss che però non viveva con lei. La sera del 22 luglio Reg chiamò Amy intorno alle otto per dirle che avrebbe fatto tardi al lavoro e che sarebbe passato da lei portandole del cibo comprato in un take away così che potessero mangiare insieme, ma la ragazza non volle aspettare e chiese a Morris di ordinare del cibo indiano da asporto che Morris ordinò al telefono e che i due consumarono separatamente ognuno nella propria stanza.

Morris la sentì per ore al piano di sopra che rideva, guardava video su YouTube e in televisione. Quindi poco dopo le dieci la cantante trovò su YouTube il video di un suo ex fidanzato e scese al piano di sotto per chiedere a Morris di salire da lei a vederlo. Morris rimase con lei a guardare video per ore. Nel frattempo Reg Traviss terminò la sua giornata lavorativa e tentò di contattare Amy al telefono, sia con chiamate sia con messaggi, ma la ragazza non rispose. Reg considerò anche l'ipotesi di farsi portare da lei dal taxi, ma dopo vari ripensamenti desistette; per motivi che nemmeno lui seppe spiegare non chiamò sul telefono fissò né chiamo Morris al cellulare.

Morris rimase con lei fino alle due e mezza, quindi scese nella sua stanza dove guardò un film fino a poco prima delle quattro per poi stendersi a letto. Quando Andrew si addormentò la cantante era ancora sveglia perché Morris continuò a sentirla muoversi nell'appartamento fino a dopo essersi messo a letto. Intorno alle tre e mezza la cantante inviò un sms all'amico Kristan Marr ma curiosamente ignorò i messaggi e le chiamate di Reg.

Prima di addormentarsi andò in bagno a vomitare, forse inducendo il rigetto, per via delle bulimia di cui pure soffriva oltre alla dipendenza dall'alcol. Quindi si stese a letto prona, ancora vestita, lasciando il computer acceso e tre bottiglie di vodka Smirnoff a terra accanto al letto.

Alle dieci del mattino del giorno seguente Morris si svegliò e salì a verificare se Amy stesse bene. La trovò stesa sul letto, ma siccome la cantante era solita dormire fino a tardi non si avvicinò a toccarla e se ne andò senza preoccuparsi decidendo che fosse opportuno lasciarla riposare. Intorno alle tre e mezza Morris tornò a verificare la situazione e trovo la ragazza stesa nella stessa posizione in cui l'aveva vista prima e si allarmò. Si avvicinò tentando di svegliarla, ma il tentativo fu vano. Le sentì il polso e non poté che constatare che il battito era assente e che non respirava.

Cercò per casa se vi fossero segni di consumo di droga, ma non ne trovò: solo le tre bottiglie di vodka sul pavimento. Alle 3 e 57 chiamò l'ambulanza (secondo altre fonti alle 3:54) e il medico Andrew Cable al suo arrivo pochi minuti dopo constatò che il battito era assente e che era subentrato il rigor mortis a conferma del fatto che la cantante era morta da alcune ore.

Amy Winehouse fu dichiarata morta poco dopo le quattro a casa sua.

L'esame tossicologico del coroner fu rilasciato ad ottobre del 2011 e chiarì che Amy non aveva assunto droghe nel periodo antecedente la sua morte ma che questa era dovuto a un arresto respiratorio causato dall'intossicazione da alcol, la ragazza in sintesi si era intossicata con l'alcol fino a morire. Il medico legale Suhail Baithun constatò che la cantante aveva 416 milligrammi di alcol per 100 millilitri di sangue, oltre cinque volte il limite ammesso per potersi mettere alla guida di un autoveicolo in UK. Lo stesso medico asserì che il livello letale di alcol nel sangue è di 350 milligrammi per 100 millilitri, ben al di sotto dei valori della Winehouse. Del resto la cantante aveva consumato grandi quantità di alcol anche nei giorni precedenti alla morte, come confermato dal racconto della madre Janis che l'aveva incontrata la mattina del 22 luglio e che dichiarò in seguito che la figlia puzzava di alcol, che non riusciva a scendere le scale senza aiuto e che Morris l'aveva probabilmente aiutata a lavarsi, vestirsi e pettinarsi. Inoltre Amy assumeva regolarmente il Librium, calmante utilizzato per combattere la dipendenza dall'alcol.

L'anno dopo le autorità britanniche riaprirono le indagini sulla morte di Amy perché si scopri che il deputy coroner incaricato delle indagini Suzanne Greenaway non aveva i requisiti per ricoprire quel ruolo ma la seconda indagine portò ai medesimi risultati della prima confermando che la cantante si era avvelenata con l'alcol.

Secondo il fratello di Amy, Alex Winehouse, anche la bulimia fu uno dei fattori che contribuì alla morte della sorella, ma questa teoria è confutata dal dottor Jason Payne-James, che espresse il proprio parere nella puntata della serie televisiva Autopsy dedicata ad Amy Winehouse, secondo cui molto raramente la bulimia è causa di morte ma può essere sintomatica di altri disturbi. Al contrario, sempre secondo Payne-James, uno degli aspetti fondamentali per capire le ragione del decesso di Amy è che la cantante smise di bere alcolici del tutto per due settimane fino al 20 di luglio quando ne riprese un consumo massiccio. Resta il dubbio del perché abbia interrotto il periodo di astinenza e secondo il medico il motivo stava nel disturbo borderline di cui Amy soffriva, che induce spesso comportamenti impulsivi e pericolosi. Il fatto che Amy soffrisse di questo disturbo è confermato dal fatto che il suo medico Christina Romete le aveva prescritto la terapia dialettico-comportamentale e dal fatto che la cantante aveva spesso sulle braccia graffi netti e diritti probabilmente autoinflitti. La circostanza che Amy si procurasse ferite da sola è confermato anche da un drammatico racconto della madre.

Purtroppo Amy non volle mai intraprendere cure psichiatriche durante la sua vita per evitare che queste potessero influire sulla sua creatività e sulla capacità di scrivere musica. Purtroppo il rifiuto delle cure, cantato da Amy in Rehab, fu uno dei motivi per cui morì a soli 27 anni.

Il dottor Payne-James chiude la sua analisi con una drammatica considerazione: il fatto di essersi addormentata in posizione prona contribuì a schiacciarle il busto e a occluderle le vie respiratorie e se si fosse addormentata supina o su un fianco avrebbe probabilmente dormito tranquilla e la mattina dopo si sarebbe rialzata.

Oltre alle fonti già citate nell'ambito di questa ricerca abbiamo consultato il volume Amy, 27 di Howard Sounes e il film biografico Amy di Asif Kapadia.

giovedì 21 luglio 2016

Punkreas Bubbles Fest - Pavia, 20/7/2016

Nota: questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino che ha assistito al concerto dei Punkreas nel fossato del Casetto Visconteo di Pavia il 20 luglio 2016 e ci ha mandato il suo racconto. Ringraziamo Tino per il suo prezioso contributo.


Aca toro aca toro... era da tutto il pomeriggio che avevo in testa questo ritornello in attesa del concerto dei Punkreas alla prima serata del Bubbles Fest, quattro giorni di musica nel fossato del Castello Visconteo di Pavia.

Formatisi nel 1989 a Parabiago, in provincia di Milano, la band esordì l'anno successivo con United Rumors of Punkreas ma è il secondo disco, il mitico Paranoia e Potere, che proietta la band al primo posto, o poco sotto, tra i gruppi della scena punk in Italia.

Quasi trent'anni di carriera, pochissimi cambi di formazione, attività costante, melodie aggressive ma pulite, testi molto divertenti e "contro il sistema" ma dritti al punto senza giri di parole: questi i loro marchi di fabbrica. Unica nota negativa in questi anni di ottima carriera è forse stata la controversia con il chitarrista e co-fondatore Flaco, autore di molti testi della band milanese, che prima ha dichiarato di voler abbandonare il gruppo per poi rettificare la cosa pochi giorni dopo dicendo di essere stato allontanato per incompatibilità caratteriale.

Dopo tutti questi anni e vedendo band sia italiane sia internazionali commercializzarsi per adeguarsi ai tempi, i Punkreas hanno mantenuto imperterriti lo stesso stile senza cambiare una virgola. E il loro ultimo lavoro Il Lato Ruvido lo conferma: provare per credere.

Voglio Armarmi dall'album Pelle è stato il pezzo di apertura del concerto, ottima scelta per animare la folla, anche se buona parte del concerto è stata dedicata al disco appena uscito: ben cinque pezzi quali In Fuga (eseguita nell'album con la band Lo Stato Sociale), 8000588605, Il Lato Ruvido (pezzo che da il titolo all'album), e Modena – Milano (in origine incisa con i Modena City Ramblers). E questi cinque brani confermano che la band invecchia molto bene.

Sono però i pezzi di Paranoia e Potere quelli che la gente conosce meglio: La Canzone del Bosco prima e Aca Toro subito dopo hanno generato dieci minuti di puro delirio. A chiusura del concerto si torna agli esordi, o quasi, con Il Vicino dall'album Isterico e si chiude con Canapa, unico pezzo della serata tratto dall'album Falso.

Concerto spettacolare, e alla fine il ritornello è ancora in testa...

lunedì 18 luglio 2016

Ossian - Keresztút

Gli ungheresi Ossian (da non confondere con l'omonima band scozzese) sono uno dei gruppi più longevi, costanti e qualitativamente migliori non solo della scena rock e metal del loro paese ma di tutta l'area dell'ex blocco sovietico. Il gruppo fu fondato nel 1986 dall'ex bassista Endre Paksi che dopo la sua breve esperienza nei Pokolgép fondò il nuovo gruppo in cui ricopre tuttora il ruolo di cantante. Da allora la band non ha mai interrotto la propria attività nonostante numerosi cambi di formazione che hanno lasciato il solo Paksi come unico membro fisso dalla nascita del gruppo fino ad oggi; l'unica sospensione nell'attività del gruppo nei tre decenni della sua carriera è avvenuta per tre anni e mezzo tra il 94 e il 98 al termine dei quali Paksi rifondò la band cambiando tutti i musicisti.

Ma nonostante queste vicissitudini nei loro trent'anni di carriera gli Ossian hanno inciso oltre venti dischi tra demo, album in studio e live e tra gli album più rappresentativi della loro carriera troviamo l'ultimo pubblicato prima della momentanea scissione nel 1994 intitolato Keresztút.

Il disco è caratterizzato da sonorità di metal classico robusto e grintoso che si basa sulla forza, sapientemente alternata alla melodia, delle chitarre e sulla voce potente di Paksi dotata di una notevole estensione sia verso l'alto che verso il basso. L'album e composto da da 10 tracce e parte fortissimo con l'energica e trascinante A Magam Útját Járom impreziosita da un poderoso coro sul ritornello. Tra i brani migliori si trova anche A Pénz Dala caratterizzata da un cantato che tende verso il post punk e Mikor Eltalál Téged che ripropone lo stille dell'inno metal del primo brano. Dei dieci brani otto sono veloci,  potenti e ricchi di assoli di chitarra di chiara ispirazione NWOBHM; a questi si aggiungono la ballad Árnyék-ember e la melodica Éjszaka che è il brano più leggero di tutto l'album. Come nella miglior tradizione delle band dell'est Europa comunque questo album non conosce un attimo di noia e offre dieci ottime tracce di sano metal energico e sanguigno.

L'Ungheria è uno dei principali produttori mondiali di musica metal ed è un vero peccato che gruppi dalla lunga carriera come gli Ossian, ma anche come i già citati Pokolgép o i Kalapacs, non varchino mai i confini nazionali perché questo gruppi possono competere a testa alta con i più grandi esponenti del metal europeo e meriterebbero di riempire le nostre classifiche. E tra questi tesori del metal sicuramente gli Ossian occupano un posto di rilievo sia per la qualità che per la longevità, il gruppo di Paksi è infatti ancora in attività e loro ultimo e ottimo album, intitolato Fényárban és Félhomályban è stato pubblicato nell'aprile dei quest'anno a conferma del fatto che l'energia e la qualità della band non accenna a diminuire.

martedì 12 luglio 2016

I presunti misteri di Stairway to Heaven

La carriera dei Led Zeppelin è costellata di grandi successi dagli inizi fino alle pubblicazioni dei soli Page e Plant successive allo scioglimento del gruppo. Tra i loro innumerevoli brani di successo Stairway to Heaven occupa sicuramente un posto privilegiato perché per via della sua armonia e del suo testo onirico è al centro di numerose leggende metropolitane riguardo a presunti significati misteriosi che il pezzo nasconderebbe. Tra l'altro a dispetto del suo successo Stairway to Heaven non è mai stata stampata in singolo per la vendita ma solo in 45 giri promozionale.

Secondo una popolare leggenda infatti il brano conterrebbe strani messaggi se riprodotto al contrario. In particolare il verso If there's a bustle in your hedgerow, don't be alarmed now it's just a spring clean for the May Queen. Yes, there are two paths you can go by, but in the long run there still time to change the road you're on nasconderebbe significati satanici e se riprodotto al contrario direbbe Oh here's my sweet Satan, the one little path won't make me sad, whose power is saint... he'll give growth giving you six-six-six... a little tool shed he'll make us suffer sadly. Su alcuni siti web si trovano testi leggermente diversi e qualcuno arriva a ipotizzare che l'intera canzone possa essere ascoltata al contrario perché tutta conterrebbe un testo satanico.

In realtà nessun teorico di queste strane teorie ha mai spiegato come avrebbero potuto i Led Zeppelin registrare i versi incriminati prevedendo quale suono avrebbero avuto se riprodotti al contrario né per quale motivo avrebbe dovuto farlo quand'anche fossero aderenti a religioni oscure. Si tratta solo infatti di un caso di pareidolia acustica grazie a cui è possibile attribuire significati sinistri a qualunque brano sentendolo al contrario. Ovviamente la band ha smentito in più occasioni di aver inserito intenzionalmente messaggi misteriosi all'interno del pezzo; nella biografia non ufficiale Hammer of the Gods del giornalista Stephen Davis (disponibile anche in italiano con il titolo Il Martello degli Dei) viene riportato il parere del tecnico del suono Eddie Kramer che definisce queste teorie totally and utterly ridiculous [totalmente e completamente ridicole]. E aggiunge:

Why would they want to spend so much studio time doing something so dumb? [Perché avrebbero voluto spendere così tanto tempo in studio per fare una cosa così stupida?]

Lo stesso Page in un'intervista rilasciata nel 1983 alla rivista Musician smentì queste leggende senza nascondere un po' di rabbia; disse infatti Page:

to me it's very sad, because 'Stairway to Heaven' was written with every best intention, and as far as reversing tapes and putting messages on the end, that's not my idea of making music. [per me è molto triste, perché 'Stairway to Heavern' è stata scritta con le migliori intenzioni, e riguardo all'invertire il nastro e mettere messaggi alla fine, non è la mia idea di fare musica].

Accantonate le ridicole accuse di satanismo, i veri misteri riguardo a Stairway to Heaven sono altri: la band è stata infatti accusata di aver plagiato il brano Spirit dei Taurus nell'arpeggio di chitarra iniziale. Spirit è stata pubblicata nel 1968, tre anni prima di Stairway To Heaven, ed effettivamente l'arpeggio sembra proprio simile. In realtà non sarebbe neanche inaspettato che i Led Zeppelin prendano spunto in modo disinvolto e non autorizzato da pezzi di altri, ma in questo caso il tribunale ha stabilito invece che la somiglianza tra i due brani non è sufficiente perché si tratti di plagio e la band di Page e Plant è stata quindi prosciolta.

L'unico vero mistero su Stairway to Heaven è stato quinti risolto in tribunale, mentre per l'accusa di satanismo non c'è e non c'è mai stato alcun mistero da dipanare.

mercoledì 6 luglio 2016

La morte di Little Walter

Nonostante la sua notorietà non sia all'altezza di quella di altre leggende del blues, Little Walter fu uno dei più grandi e influenti musicisti di ogni tempo; è a lui che si deve la nascita dell'harmonica blues grazie alla sua intuizione di amplificare il suono dell'armonica in modo da poter competere, quanto a volume sonoro, con i chitarristi suoi contemporanei. Marion Walter Jacobs, questo era il suo vero nome, trovò la morte il 15 febbraio del 1968 in seguito a una rissa nella periferia di Chicago.


Negli ultimi giorni della sua vita Walter viveva a casa di una donna chiamata Katherine, al numero 209 E della 54esima strada, che aveva conosciuto grazie ad Armilee Thompson (una delle ex ragazze di Walter e sedicente madre del suo unico figlio). La sera prima del giorno della sua morte Walter si esibì in un locale chiamato Theresa's Lounge all'incrocio tra la 48esima strada e South Indiana (la foto sopra mostra come appare il luogo oggi, la scala d'ingresso al locale che era al piano interrato è visibile in basso a sinistra sul marciapiede) dove suonavano regolarmente altri grandi musicisti come Buddy Guy e Junior Wells. Durante una pausa dell'esibizione Walter si spostò con altri musicisti e avventori sulla strada per una partita di dadi. L'uomo con cui Walter stava giocando lanciò i dadi, ma colpì lo stesso Walter. Cadendo, i dadi diedero la combinazione vincente; ma Walter contestò che avendo i dadi colpito proprio lui quella non poteva essere considerata una vittoria legittima. L'avversario si allungò per prendere i soldi, ma Walter lo anticipò; l'avversario allora afferrò un oggetto metallico e colpì Walter alla testa.

A distanza di quasi cinquant'anni vi sono ancora grossi dubbi su come il fatto si sia svolto e in particolare su che oggetto metallico l'uomo abbia usato per colpire Walter alla testa: secondo quando raccontato da Katherine ad Armilee lo stesso Walter le avrebbe riferito di essere stato colpito con un tubo di ferro; ma due testimoni oculari riportano versioni diverse dell'accaduto. Il primo di questi fu il bluesman Big Guitar Red, secondo cui Walter sarebbe stato colpito con un'armonica, e il secondo fu il ben più noto Junior Wells, la cui versione è riportata in modo esteso nell'autobiografia del leggendario bluesman Buddy Guy, che sostiene che Walter fu colpito con un martello, oggetto molto più simile a un tubo di ferro di quanto non lo sia un'armonica.

Wells prosegue raccontando che il colpo subito non stese Walter, che non cadde nemmeno a terra e non diede l'impressione di essere stato colpito a morte. Walter non riuscì comunque a riprendere a cantare e tornò verso casa di Katherine. Arrivato a casa intorno alle 23:30 disse a Katherine di avere un forte mal di testa; quindi telefonò all'amico musicista Sam Lay, che era abituato alle chiamate di Walter a tarda ore, a cui disse di essere stato colpito alla testa da un pugno sferratogli dal fratello di Katherine infuriato perché Walter aveva preso l'orologio della donna e lo aveva ceduto in pegno a seguito di una partita persa, Walter chiese a Sam di andare da lui perché sapeva che l'amico aveva una pistola, ma questi non poté accontentarlo perché non aveva un'automobile a disposizione. Katherine gli diede quindi un'aspirina; il musicista si stese a letto e poche ore dopo, intorno alle 3:00, la donna lo trovò morto accanto a sé.

Il certificato di morte redatto dal dottor William Monabola attribuisce la causa della morte a trombosi coronarica, non menziona la possibilità di un omicidio né visibili danni esteriori e questo unito alla testimonianza di Wells suggerisce che il colpo riportato peggiorò una situazione di salute già compromessa e non fu esso stesso la causa della morte. Il medico non ravvisò nulla che facesse pensare a un omicidio, la polizia non condusse alcuna indagine e non ci fu nessuna autopsia.

Resta il rimpianto di non sapere quanto altro blues di ottimo livello avrebbe potuto scrivere Little Walter se non fosse morto a soli trentotto anni. Probabilmente sarebbe ricordato come un musicista fondamentale come il suo mentore Muddy Waters, ma purtroppo la sua vita sregolata lo portò via prima del tempo.

Le fonti che abbiamo utilizzato per la nostra ricerca sono la biografia di Little Walter Blues with a Feeling: The Little Walter Story di Tony Glover,Scott Dirks e Ward Gaines; l'autobiografia di Buddy Guy When I Left Home: My Story; e il volume Highway 61: Crossroads on the Blues Highway di Derek Bright.

giovedì 30 giugno 2016

1st Avenue: AOR dall'Olanda

L'AOR è un genere musicale radicato negli Stati Uniti e nel nord Europa, può quindi stupire a prima vista che una delle migliori band di questo genere venga invece dai Paesi Bassi ma basta un breve ascolto anche di uno solo dei loro album per capire che i 1st Avenue sono davvero una delle più interessanti realtà di questo stile.

Durante la loro breve carriera i 1st Avenue hanno pubblicato solo due album tra il 1992 e il 1994, quando in realtà l'AOR aveva già intrapreso la propria parabola discendente e aveva ceduto il posto al grunge nelle classifiche di vendita mondiali. La band era inizialmente formata da Nop Ton alla batteria, Arko Bommer al basso, Gil Lopez alla chitarra e Joby Bosboom alla tastiera; la voce del gruppo era invece il più famoso Peter Strykes che aveva già avuto una breve esperienza (invero piuttosto negativa) nei Vandenberg e che il seguito sarebbe diventato uno dei vocalist dei Los Angeles: The Voices. Il primo album intitolato Tears and Triumph uscì nel 1992 e poteva vantare la presenza di Robby Valentine, ex tastierista degli Zinatra e in seguito frontman della band da lui fondata che porta il suo cognome, come autore ed arrangiatore. Il disco è un vero capolavoro di AOR dal suono morbido, elegante e patinato, ricco di tastiere e di chitarre come nella migliore tradizione dei dischi di questo genere. I punti di forza dell'album sono sicuramente la voce pulita di Strykes, la tastiera onnipresente e i notevoli assoli di chitarra. Il disco è composto da dieci tracce e offre un buon equilibrio di brani veloci, ballate e midtempo. Tra i brani migliori si trovano sicuramente la forte e trascinante traccia introduttiva Going for the Gold grazie anche al poderoso coro sul ritornello, la ballad Heaven in Your Arms e il leggero midtempo Once In a Million Years.

Il secondo album dei 1st Avenue intitolato Daily Battle uscì due anni dopo e vide come unico cambio di formazione la sostituzione di Bosboom con Chris Allister, inoltre per questo secondo disco la band dovette rinunciare al contributo di Valentine. Daily Battle mantiene la formula vincente collaudata con il primo album con un AOR ricco di tastiere e di sonorità patinate anche se nel complesso vira più verso il pop rock. Il primo pezzo è l'energica Feel Love in cui le tastiere si sentono con potenza e il brano è anche impreziosito dall'attacco a secco dei ritornelli. Anche questo secondo disco offre un buon equilibrio tra brani lenti e veloci. Tra le tracce che spiccano, oltre alla già citata Feel Love, si trovano la ballad I Still Believe in You e la gioiosa track di chiusura A Party. Notevole anche Ready for You che tende verso il funky con sonorità più nere del resto del disco.

E' un vero peccato che una band valida come i 1st Avenue sia pressoché sconosciuta e che i suoi dischi abbiano avuto una diffusione così scarsa, perché questi due album sono dei veri capolavori dell'AOR che potrebbero reggere il confronto con i mostri sacri americani o scandinavi. Forse il punto debole dei 1st Avenue sta nell'essere usciti quando l'AOR era ormai al tramonto e possiamo immaginare che se i loro album fossero usciti cinque anni prima avrebbero avuto il successo che meritavano; ma ora a distanza di oltre un ventennio questi due piccoli gioielli possono e devono essere riscoperti.