mercoledì 24 ottobre 2018

Ace Frehley - Spaceman

Ace Frehley è noto soprattutto per essere il chitarrista storico dei Kiss avendo fatto parte della formazione iniziale della band newyorkese dall'esordio nel 1973 fino all'82 e poi ancora dalla reunion del 1996 al 2002. Ma oltre alla militanza nella band di Paul Stanley e Gene Simmons, Ace Frehley può vantare una ricchissima carriera parallela come solista e come frontman dei Frehley's Comet da lui stesso fondati.

Con il nuovo Spaceman è giunto al suo ottavo album solista e il titolo stesso del disco chiarisce in quale direzione Frehley voglia andare: spaceman era infatti la maschera che indossava nei Kiss e che componeva il quartetto con Starchild (Paul Stanely), Demon (Gene Simmons) e Catman (Peter Criss). Le nove tracce del nuovo album offrono quasi un'ora di puro hard rock che attinge dalle origini musicali dei Kiss che mischia nelle giuste dosi i suoni duri degli anni 70 con quelli patinati e divertenti dell'AOR ottantiano.

Spaceman centra perfettamente il proprio obiettivo regalando nove tracce divertenti, che prendono subito al primo ascolto e che spingono ad alzare il volume per tutta la durata del disco. Come è ovvio e normale aspettarsi tutte le nove tracce sono basate sul suono grintoso della chitarra e sulla voce tonante di Ace. L'album è piuttosto breve, ed è forse questo il suo unico limite, ma proprio per questo non contiene riempitivi, ma solo pezzi di altissimo livello. Se proprio dovessimo scegliere tracce migliori di altre la scelta cadrebbe sulla ruggente traccia di apertura Without You I’m Nothing che vede ospite Gene Simmons in veste di autore e bassista e su Your Wish Is My Command, scritta anch'essa insieme a The Demon.

Il disco contiene anche la cover di I Wanna Go Back dei Billy Satellite che trasforma una melodica ballad in un pezzo potente midtempo che rallenta il ritmo rispetto al resto del disco. L'unico altro pezzo che presenta ritmi più lenti è l'ultimo e strumentale Quantum Flux che sconfina nel soft rock.

Giunti alla fine dell'ascolto di questo portentoso album, che purtroppo ad ogni ascolto sembra finire troppo in fretta, resta solo da constatare che i musicisti della generazione di Ace Frehley sono tra i migliori che il nostro pianeta abbia mai ospitato e che tra i chitarristi più giovani non se ne trova uno che possa competere con questo quasi settantenne. Questo disco convince sotto ogni aspetto, compositivo, musicale e vocale, risultando una delle incisioni migliori di questo 2018 che va a porre un altro memorabile tassello nell'incredibile e immensa galassia musicale nata intorno al quartetto dalle facce dipinte nato a New York nei primi anni 70.

martedì 16 ottobre 2018

Sandro Di Pisa - Tutto (Da) Solo

A quasi vent'anni dall'esordio discografico con A Night in viale Tunisia e dopo innumerevoli prove discografiche da solita, in trio o quartetto, il musicista e divulgatore Sandro Di Pisa tenta un nuovo esperimento musicale con un album di canzoni in cui mischia il jazz, di cui è uno dei maggiori esponenti del nostro paese, con la tradizione cantautorale italiana. Il nuovo album si intitola Tutto (Da) Solo ed è composto da tredici tracce divertenti e ricche di sonorità diverse.

L'album si apre con Daunizzeuèi composto da un testo nonsense su una base musicale soft rock che sembra nata da un incontro tra gli Eagles e i Velvet Underground. Il resto dell'album si assesta su un cool jazz nello stile collaudato di Sandro Di Pisa, con testi ironici e scherzosi che fanno riflettere su alcune situazioni della vita quotidiana di cui l'assuefazione non ci fa cogliere gli aspetti più bizzarri. Tra questi troviamo Ab ITA Colo che racconta cosa avviene nell'abitacolo di un auto e Obsoleto che ironizza sulla rapida obsolescenza degli apparati elettronici di cui la nostra vita è sempre più pervasa, Di Pisa sottolinea come lo stesso trattamento venga riservato anche alla musica, con brani di successo di facile presa che vengono dimenticati nel giro di breve.

L'autore tratta anche il tema dell'inquinamento dilagante nel brano Le Polveri Sottili e quello dei rifiuti urbani che rischiano di sommergerci nella scherzosa Zachepù (il cui titolo ripetuto più volte assume tutt'altro significato). Tra i brani migliori troviamo anche Sveglia, caffè, uno swing ottantiano dal sapore vagamente caraibico, e A Me Non La Si Fa le cui sonorità sembrano prese di peso dal cool jazz della West Coast degli anni 50. Quest'ultimo pezzo è presente anche in una versione eseguita solo con archi denominata string version.

In Tante Cose Da Spiegare Di Pisa racconta anche quanto sia difficile insegnare musica nel mondo attuale e come nella sua migliore tradizione arricchisce il pezzo con inserti di altri brani famosi quali il tema di Mission: Impossible di Lalo Schifrin, Albachiara di Vasco Rossi e il tema di James Bond di Monty Norman.

Questo nuovo album di Sandro Di Pisa regala un'ora di ottimo jazz divertente e godibile che intrattiene e si ascolta facilmente senza rinunciare ai suoni complessi e di alto livello. Nella speranza che questo disco possa servire a far conoscere il jazz agli ascoltatori meno avvezzi, appare evidente come la creatività compositiva di Sandro Di Pisa non conosca limiti. Questo disco di canzoni convince sotto ogni aspetto e l'esperimento di Sandro Di Pisa di reinventarsi cantautore è riuscito alla grande; alla luce di questo grande successo non resta che aspettare di vedere quali altre frontiere della musica valicherà in futuro questo straordinario artista.

martedì 9 ottobre 2018

La discografia dei Crickets successiva alla morte di Buddy Holly (seconda parte 1964 - 1965)

La carriera discografica dei Crickets subì una dura battuta d'arresto nel 1959 per via della morte del leader storico Buddy Holly che perse la vita in un incidente aereo insieme a Ritchie Valens e The Big Popper. Tuttavia la band non arrestò la propria produzione e riuscì a riprendere l'attività rimaneggiando la formazione. Dopo i primi tre album pubblicati tra il 1960 e il 1962 il gruppo proseguì senza sosta e nel 1964 uscì il quarto album successivo alla morte di Buddy Holly.

Nonostante il disco sia noto come She Loves You / California Sun in realtà non ha un titolo; sulla copertina è riportato l'elenco dei pezzi in esso contenuti e i primi due sono proprio She Loves You e California Sun ed è per questo motivo che il disco è noto con questo titolo. Come riportato anche sul retro di copertina, l'LP vuole sfruttare il successo della british invasion e della beatlemania, infatti contiene cinque cover dei Beatles quali I Want To Hold Your Hand, She Loves You, I Saw Her Standing There, Please, Please Me e From Me To You oltre a Money (That's What I Want) di Barrett Strong di cui i fab four avevano realizzato una cover per l'album With The Beatles del 1963.

Oltre a queste l'album contiene Slippin' and Slidin' di Little Richard, California Sun di Joe Jones, A Fool Never Learns di Andy Williams, Lonely Avenue di Ray Charles (che viene notevolmente accelerata e trasformata da un blues in un rapido rock and roll) e Come On di Tommy Roe. Completa il disco You Can't Be In-Between, l'unico pezzo inedito contenuto sull'LP, un melodico midtempo che rallenta il ritmo rispetto al resto del disco.

La caratteristica principale di questo album di ottimo rock and roll è che nella riproposizione dei pezzi dei Beatles mostra come l'interpretazione dei Crickets, a dispetto della diversità di notorietà, sia in tutto superiore a quella del quartetto di Liverpool. I Crickets infatti non solo suonano meglio, ma eseguono meglio anche le polifonie vocali. Inoltre il cantante Jerry Neylor ha un'estensione e capacità di modulare la voce ben superiore a quella di Paul McCartney, come confermato anche dall'inedito You Can't Be In-Between.

L'anno seguente i Crickets pubblicarono A Collection che come dice il titolo stesso è una raccolta di singoli pubblicati tra il 1962 e il 1965. Non essendo strettamente legato all'esecuzione di cover, questo album consentì ai Crickets di esprimersi prevalentemente in pezzi propri dal suono più vario e maturo in cui il cantante mostra di nuovo le sue notevoli doti e in cui anche le melodie diventano più ricche e complesse.

L'album contiene una versione in inglese di La Bamba realizzata per il film The Girls on the Beach (che oltre ai Crickets include pezzi dei Beach Boys) del 1965 e le cover di Lonely Avenue (già proposta nell'album precedente) e Playboy di David Gates. Oltre a queste il disco contiene undici tracce inedite tra cui You Can't Be In-Between, anch'essa inclusa nel disco precedence. Tra le tracce migliori troviamo My Little Girl e Teardrops Fall Like Rain tratte dal film Just For Fun del 1963. Quest'ultima in particolare, la cui melodia ricorda vagamente Everyday incisa ai tempi di Buddy Holly, mostra nuovamente le incredibili capacità della band non solo come musicisti, ma anche nel canto polifonico. Degna di nota è anche All Over You, brano smaccatamente blues arricchito dalla presenza dell'armonica in cui il canto di Naylor si fa più basso e aspro.

Dopo A Collection la produzione discografica dei Crickets subì un nuovo lungo stop a causa dell'abbandono della band da parte di Naylor. Tuttavia neanche questo nuovo cambio fermò l'attività del gruppo che ripartì nel 1970 con il chitarrista Sonny Curtis alla voce e tuttora la band realizza album nuovi in cui fanno rivivere l'atmosfera degli anni d'oro del rock and roll. Questa straordinaria formazione resta quindi a tutt'oggi una delle band più influenti della storia del rock, anche se la loro scarsa notorietà (almeno in Italia) non rende giustizia alla loro creatività e alle loro capacità tecniche.

martedì 2 ottobre 2018

Cayne: gothic metal da Milano

Il panorama del gothic metal italiano è particolarmente ricco, anche se molte delle formazioni del nostro paese che suonano questo tipo di musica non godono del seguito di pubblico che meriterebbero. Gruppi come gli Opera IX, i Dakrua e i Macbeth sfornano album di altissimo livello da oltre vent'anni, ma in questa pletora di formazioni esiste un gruppo di Milano che si colloca al di sopra di tutti gli altri per notorietà e qualità della musica: i Cayne.

I Cayne nascono nel 1999 a Milano per opera dei due chitarristi Raffaele Zagaria e Claudio Leo in seguito alla loro uscita dai Lacuna Coil. Al momento della loro fondazione completavano la formazione il vocalist Mario Piazza, il bassista Daniele Rossetti e il batterista Filippo Ferrari.

La band così formata produsse il proprio primo album in studio nel 2002 con il titolo Old Faded Pictures. Il disco è composto da otto tracce che spaziano tra il gothic rock e l'alternative rock, risultando in un album di facile ascolto che colpisce già al primo giro nello stereo. Tra i pezzi spiccando sicuramente la morbida In My Eyes Return contraddistinta da qualche contaminazione new wave, la grezza e graffiante title track e Una Favola, unico pezzo in italiano del disco che è anche quello che tende più verso il rock alternativo che al tempo aveva buon seguito di pubblico in tutta Europa. Il disco contiene anche una cover di Small Town Boy dei Bronski Beat che trasforma il notissimo pezzo in un grintoso hard rock.

Dopo la pubblicazione del primo album l'attività in studio dei Cayne ha vissuto una lunga pausa, fino a quando Claudio Leo, insieme al chitarrista Marco Barusso, ha rinnovato la formazione con Guido Carli alla batteria, Antonello Pudva al basso, Giovanni Lanfranchi al violino e alle tastiere e con il nuovo vocalist Giordano Adornato. Prima di tornare a registrare, la formazione della band vide un nuovo cambiamento con l'ingresso del bassista Andrea Bacchio che andò a sostituire Pudva.

La band tornò in sala di incisione nel 2011 per realizzare l'EP denominato Addicted. Visti i numerosi cambi di formazione, anche il suono si adattò ai nuovi gusti e questa nuova incisione vira decisamente verso il gothic metal.

Il disco è composto di sole quattro tracce, che mischiano sapientemente sonorità dure con altre più melodiche riuscendo a creare una buona commistione di sonorità gotiche e venature AOR. Inoltre la musica dei Cayne si arricchisce, come anticipato, della presenza del violino che dona alle tracce un tocco di classicità che crea un contrasto di grande effetto con il suono duro di chitarre, basso e batteria.

Il risultato di questa ottima mescolanza è sintetizzato in pezzi quali My Damnation e Together as One. Completano il disco una versione live di In My Eyes Return e la title track che è sicuramente il pezzo più forte dell'EP come confermato dal suono duro della strumentazione e dal canto di Adornato che si rende qui più aspro che nelle altre tracce.

Il 2013 si aprì per i Cayne con la tragica scomparsa di Claudio Leo a seguito di una lunga malattia. Tuttavia la band decise di continuare la propria attività, proprio per rispettare i desideri del chitarrista e riuscì a concludere la realizzazione di un nuovo album grazie all'ingresso in formazione di Diego Minach, che sostituì il compianto Leo.

Nello stesso anno uscì quindi il secondo LP intitolato semplicemente Cayne, prodotto dal chitarrista Marco Barusso, che ripropone le stesse sonorità dell'EP precedente con un gothic metal melodico ricco di contaminazioni di stili diversi e con la presenza sempre maggiore del violino a impreziosire la musica. Il disco parte con un intro dalle sonorità orientali che risente dell'influenza dell'oriental metal e che si apre con un bellissimo vocalizzo di Giordano Adornato. L'album contiene alcuni pezzi già pubblicati nell'EP quali My Damnation, Together as One e Addicted e vede anche la presenza di ospiti d'eccezione come Paul Quinn dei Saxon nella ruggente e veloce Black Liberation, Jeff Waters degli Annihilator in King of Nothing, e Andrea Ferro dei Lacuna Coil che duetta con Adornato in Through the Ashes. Il ritmo sostenuto del disco è intervallato da tre ballad quali Little Witch, dalle sonorità leggermente grunge, Deep Down and Under e Like The Stars.

L'anno seguente la band pubblicò un altro EP intitolato Little Witch che propone il pezzo già pubblicato sull'album in due versioni (quella originale e una seconda leggermente più corta) oltre alla versione acustica di Together as One e una ballad inedita intitolata Adore.

All'inizio del 2015 Barusso e Carli lasciarono la band, con il batterista che venne sostituito da Giovanni Tani. Con la nuova formazione, la band tornò in studio per realizzare il terzo LP intitolato Beyond The Scars che ha visto la luce nell'estate del 2018 grazie alla produzione di Diego Minach.

In questo nuovo disco il gruppo perfeziona la formula riproponendo un gothic metal melodico ricco di tastiere e violino, di sfumature AOR e di qualche spruzzata di grunge, come testimonia la melodica traccia di apertura No Answers From The Sky il cui giro di chitarra introduttivo ricorda da vicino il suono di Seattle.

Il disco offre un ottimo equilibrio tra pezzi lenti e pezzi energici. Tra quelli più forti si distinguono Torn Apart, Celebration of the Wicked e Free at Last che è forse il brano in cui il violino ha il ruolo maggiore.

Tra le ballad spiccano le bellissime e coinvolgenti The Asylum of Broken Hope e One More Chance che mostrano come il gruppo sappia muoversi bene anche in terreni più lenti, senza rinunciare ai propri suoni distintivi che rendono la musica dei Cayne unica e immediatamente riconoscibile.

I Cayne hanno quindi oggi all'attivo tre album e due EP di altissimo livello che rendono a pieno titolo questa band una delle realtà più interessanti del panorama metal del nostro paese e non solo; infatti nonostante non godano del blasone che meriterebbero i Cayne reggono benissimo il confronto con le band di gothic metal di ogni angolo del mondo.

In quasi due decenni di carriera il gruppo non ha mai sbagliato un colpo regalando sempre brani suggestivi e di ottimo impatto; non resta che aspettare la loro prossima fatica in studio con la sicurezza che si tratterà di un altro album stellare, come i tutti i precedenti.

mercoledì 26 settembre 2018

Billy Gibbons - The Big Bad Blues

Dopo l'esperimento di musica caraibica di Perfectamundo, il chitarrista e cantante degli ZZ Top Billy Gibbons torna su terreni più noti e battuti con il nuovo album solista intitolato The Big Bad Blues uscito nel settembre del 2018. Come suggerito dal titolo stesso le sonorità del nuovo album sono contraddistinte da un blues rock grezzo e diretto che attinge direttamente dalle origini di questo genere.

Rispetto agli album degli ZZ Top, The Big Bad Blues offre un suono generalmente più lento e più duro in cui hanno la parte principale la voce graffiante di Gibbons e la sua chitarra che scandisce le melodie. Inoltre, come nella migliore tradizione del blues di Chicago, trovano ampio spazio le tastiere e l'armonica ed è proprio quest'ultima che spesso duetta con la chitarra.

Il fatto che Gibbons abbia attinto ampiamente dai modelli delle origini è confermato dalla presenza di ben quattro cover, quali Standing Around Crying e Rollin’ and Tumblin di Muddy Waters, e Bring It to Jerome e Crackin’ Up di Bo Diddley. Queste due in particolare sono tra i migliori pezzi dell'album, con Bring It to Jerome che si distingue per i suoni duri e aggressivi, mentre Crackin’ Up è sicuramente il brano più leggero dell'intero album (e lo stacco si sente nettamente durante l'ascolto) grazie alle sue atmosfere rock and roll e al coro di voci femminili che si affiancano a Gibbons sul controcanto del ritornello.

Tra i sette brani inediti spiccano la traccia di apertura Missin’ Yo’ Kissin’ che è quella che si avvicina più allo stile degli ZZ Top e in cui l'armonica ha il ruolo più importante, e le grintose Let The Left Hand Know e la già citata Rollin' and Tumblin'. Tra i pezzi migliori troviamo anche Mo' Slower Blues, che come dice il titolo stesso rallenta notevolmente il ritmo senza rinunciare alla durezza dell'impatto sonoro, e l'allegra Hollywood 151 che offre un po' di freschezza rinunciando alle venature hard rock di cui il resto del disco è pervaso.

Con questo nuovo album solista Billy Gibbons confeziona l'ennesimo ottimo disco della sua lunghissima carriera. In The Big Bad Blues infatti non c'è nemmeno un pezzo noioso o che si sarebbe potuto evitare e l'album è ricco solo di tanta buona musica blues che, data la notorietà dell'interprete, può servire a far conoscere a un pubblico più ampio questo genere musicale, troppo spesso messo da parte in favore delle mode del momento e di musica di più facile consumo.

martedì 18 settembre 2018

Billy Gibbons - Perfectamundo

Nel 2015, a sessantasei anni di età e a quarantacinque dalla prima uscita discografica, il cantante e chitarrista degli ZZ Top Billy Gibbons ha realizzato il proprio primo album solista con il titolo di Perfectamundo. In questo disco Gibbons si lancia in una sperimentazione di musica latina e lontana da tutto ciò a cui ci ha abituato nelle ultime quattro decadi. Come riporta il retro di copertina, infatti, la musica di Perfectamundo contiene una mescolanza di Tejano, Mexicano, Carribeano e Afro-Cubano, il tutto arricchito abbondantemente del blues rock del sud di cui gli ZZ Top sono tra i migliori interpreti del pianeta.

Come specificato dallo stesso Gibbons in un Behind the Scenes, per raggiungere l'obiettivo ha dovuto utilizzare una strumentazione ben diversa da quella usata con la band di Frank Beard e Dusty Hill e ha al contrario impiegato strumenti quali congas, bonghi, timbales e maracas; e in questo disco oltre a cantare in inglese si cimenta a più riprese con lo spagnolo e anche con un divertente spanglish.

Il risultato di questa sperimentazione è un album fresco e divertente dalle musiche allegre e dai testi spensierati. Le atmosfere caraibiche si respirano in ogni pezzo dell'album che è composto da undici brani, di cui nove inediti e le cover di Treat Her Right di Roy Head e Baby, Please Don't Go di Joe Williams, in cui Gibbons dimostra grande capacità di trasformare in caraibico due pezzi nati come soul e blues rispettivamente.

I pezzi più interessanti dell'album sono sicuramente quelli cantanti in spagnolo tra cui Sal y Pimiento, Piedras Negras e Hombre Sin Nombre, proprio perché il canto in una lingua diversa aggiunge un tocco esotico che rende queste incisioni ancora più particolari.

Con Perfectamundo Billy Gibbons confeziona un album che centra in pieno l'obiettivo e che intrattiene senza sosta per tutta la sua durata, senza riempitivi ma solo con tanta buona musica. L'esperimento del chitarrista e cantante è perfettamente riuscito, con un album che non contiene momenti deboli e che sopratutto mostra l'incredibile ecletticità di questo musicista, che è tra i più dotati al mondo.

mercoledì 12 settembre 2018

L'omicidio di Scott La Rock

Prima di Tupac Shakur, Notorious B.I.G. e Jam Master Jay, un altro rapper famoso ha incontrato la morte prematuramente durante una sparatoria stradale. Il primato temporale di questi assurdi decessi va infatti al DJ dei Boogie Down Productions Scott La Rock la cui vita finì tragicamente a venticinque anni tra le strade del Bronx nell'agosto del 1987.

Il primo album del gruppo, che in origine era formato dai soli Scott La Rock e KRS-One, intitolato Criminal Minded era stato pubblicato nel marzo dell'87 e godeva di un buon successo commerciale grazie ai suoni duri di cui era stato un precursore e alla mescolanza inedita tra hip-hop e sonorità reggae originarie della Jamaica. La carriera discografica di Scott La Rock era quindi iniziata nel migliore dei modi e negli ultimi giorni di agosto dell'87 il duo avrebbe dovuto esibirsi al Madison Square Garden di New York, purtroppo quel concerto non avvenne mai perché la vita di Scott finì prima.

Uno dei rapper che collaboravano con i Boogie Down Productions, D-Nice, ebbe una lite con alcuni ragazzi nel Bronx per via di una telefonata che aveva fatto a una ragazza del quartiere che era stata interpretata dal ragazzo di lei come delle avances. Pochi giorni dopo la fatidica telefonata D-Nice venne infatti minacciato con una pistola da alcune persone, tra cui una donna, mentre passeggiava tra gli housing projects del quartiere di Highbridge nel Bronx e uno di loro lo colpì al viso con una pistola lasciandolo sanguinante. D-Nice allora chiamò Scott in cerca di aiuto e il DJ gli promise che sarebbe andato nel Bronx per aiutarlo a risolvere la situazione riappacificandosi con quel gruppetto che lo aveva minacciato. Scott a quel punto chiamò Ced Gee (un altro rapper della zona) per riferirgli della situazione e questi gli consigliò di abbandonare il proprio intento e di dire a D-Nice non reagire. Tuttavia Scott non raccolse il consiglio perché sperava di poter risolvere la situazione in modo che D-Nice non avesse problemi a muoversi a Highbridge senza sentirsi minacciato.

La sera del 26 agosto Scott si recò nella zona insieme a D-Nice, al proprio manager Scott Morris (detto Manager Moe), alla guardia del corpo Darrell e a un altro dei collaboratori dei Boogie Down Productions chiamato DJ McBooo su una Jeep Wrangler CJ-7. Il quintetto arrivò nella strada dove D-Nice era stato aggredito, cioè nel segmento di University Avenue (noto anche come Martin Luther King Jr. Boulevard) compreso tra la 166esima e la 167esima strada (evidenziato in rosso nell'immagine sotto). Lo stesso D-Nice ricordò in un'intervista rilasciata a The Combat Jack Show il 20 maggio del 2014 che la strada era a senso unico in direzione nord (come facilmente riscontrabile anche da Google Maps); i cinque parcheggiarono la Jeep sul lato destro, mentre il palazzo davanti a cui era avvenuto l'alterco era sul lato sinistro.


Davanti all'housing project non c'erano gli aggressori di D-Nice, ma altre persone. D-Nice, Scott e i loro amici scesero dall'auto; Darrell si avvicinò al palazzo per primo e nonostante le intenzioni pacifiche di Scott adottò un approccio da subito aggressivo. Chiese se avessero visto chi quella mattina aveva minacciato D-Nice; uno di loro gli rispose male e Darrell, alto un metro e novantacinque, lo sollevò in aria e lo rilanciò a terra. Un istante dopo qualcuno nascosto dietro a dei cespugli iniziò a sparare contro D-Nice e i suoi amici, seguito da altri nascosti sul tetto del palazzo. Secondo i primi riscontri della polizia, inoltre, qualcuno sparò anche dalle finestre di un palazzo dall'altro lato della strada.

KRS-One e Scott La Rock
I cinque corsero sull'auto in cerca di protezione e Darrell mise in moto per allontanarsi dalla sparatoria più in fretta possibile. Appena furono lontani dal pericolo, Darrell fermò l'auto; l'unico rimasto ferito dai proiettili fu proprio Scott La Rock che era stato colpito da due colpi al collo. Darrell corse con la Jeep fino al Lincoln Hospital dove Scott arrivò poco dopo mezzanotte in stato di coma. Dopo meno di un'ora fu dichiarato morto.

Le indagini non portarono a nulla per molti mesi, perché la sparatoria avvenne nel buio e in totale assenza di testimoni oculari. La polizia fece due arresti solo otto mesi dopo, quando fermò due uomini residenti a Highbridge: Cory Bayne e Kendall Newland di 17 e 18 anni rispettivamente. Bayne era già stato arrestato in precedenza per aver rubato dei gettoni della metropolitana e fu segnalato alla polizia per la sparatoria in cui rimase ucciso Scott La Rock da altre due persone sospettate per il furto dei gettoni. Tuttavia nessuno testimoniò contro di loro e i due furono rilasciati.

La madre di Scott ritiene ancora oggi che i Bayne e Newland siano tra i responsabili della morte del figlio, eppure l'omicidio di Scott La Rock rimane tuttora insoluto ed è la prima di una lunghissima lista di assurde morti nel mondo dell'hip hop che dal 1987 dura ancora oggi.


Fonti aggiuntive rispetto a quelle citate nell'articolo: