giovedì 21 luglio 2016

Punkreas Bubbles Fest - Pavia, 20/7/2016

Nota: questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino che ha assistito al concerto dei Punkreas nel fossato del Casetto Visconteo di Pavia il 20 luglio 2016 e ci ha mandato il suo racconto. Ringraziamo Tino per il suo prezioso contributo.


Aca toro aca toro... era da tutto il pomeriggio che avevo in testa questo ritornello in attesa del concerto dei Punkreas alla prima serata del Bubbles Fest, quattro giorni di musica nel fossato del Castello Visconteo di Pavia.

Formatisi nel 1989 a Parabiago, in provincia di Milano, la band esordì l'anno successivo con United Rumors of Punkreas ma è il secondo disco, il mitico Paranoia e Potere, che proietta la band al primo posto, o poco sotto, tra i gruppi della scena punk in Italia.

Quasi trent'anni di carriera, pochissimi cambi di formazione, attività costante, melodie aggressive ma pulite, testi molto divertenti e "contro il sistema" ma dritti al punto senza giri di parole: questi i loro marchi di fabbrica. Unica nota negativa in questi anni di ottima carriera è forse stata la controversia con il chitarrista e co-fondatore Flaco, autore di molti testi della band milanese, che prima ha dichiarato di voler abbandonare il gruppo per poi rettificare la cosa pochi giorni dopo dicendo di essere stato allontanato per incompatibilità caratteriale.

Dopo tutti questi anni e vedendo band sia italiane sia internazionali commercializzarsi per adeguarsi ai tempi, i Punkreas hanno mantenuto imperterriti lo stesso stile senza cambiare una virgola. E il loro ultimo lavoro Il Lato Ruvido lo conferma: provare per credere.

Voglio Armarmi dall'album Pelle è stato il pezzo di apertura del concerto, ottima scelta per animare la folla, anche se buona parte del concerto è stata dedicata al disco appena uscito: ben cinque pezzi quali In Fuga (eseguita nell'album con la band Lo Stato Sociale), 8000588605, Il Lato Ruvido (pezzo che da il titolo all'album), e Modena – Milano (in origine incisa con i Modena City Ramblers). E questi cinque brani confermano che la band invecchia molto bene.

Sono però i pezzi di Paranoia e Potere quelli che la gente conosce meglio: La Canzone del Bosco prima e Aca Toro subito dopo hanno generato dieci minuti di puro delirio. A chiusura del concerto si torna agli esordi, o quasi, con Il Vicino dall'album Isterico e si chiude con Canapa, unico pezzo della serata tratto dall'album Falso.

Concerto spettacolare, e alla fine il ritornello è ancora in testa...

lunedì 18 luglio 2016

Ossian - Keresztút

Gli ungheresi Ossian (da non confondere con l'omonima band scozzese) sono uno dei gruppi più longevi, costanti e qualitativamente migliori non solo della scena rock e metal del loro paese ma di tutta l'area dell'ex blocco sovietico. Il gruppo fu fondato nel 1986 dall'ex bassista Endre Paksi che dopo la sua breve esperienza nei Pokolgép fondò il nuovo gruppo in cui ricopre tuttora il ruolo di cantante. Da allora la band non ha mai interrotto la propria attività nonostante numerosi cambi di formazione che hanno lasciato il solo Paksi come unico membro fisso dalla nascita del gruppo fino ad oggi; l'unica sospensione nell'attività del gruppo nei tre decenni della sua carriera è avvenuta per tre anni e mezzo tra il 94 e il 98 al termine dei quali Paksi rifondò la band cambiando tutti i musicisti.

Ma nonostante queste vicissitudini nei loro trent'anni di carriera gli Ossian hanno inciso oltre venti dischi tra demo, album in studio e live e tra gli album più rappresentativi della loro carriera troviamo l'ultimo pubblicato prima della momentanea scissione nel 1994 intitolato Keresztút.

Il disco è caratterizzato da sonorità di metal classico robusto e grintoso che si basa sulla forza, sapientemente alternata alla melodia, delle chitarre e sulla voce potente di Paksi dotata di una notevole estensione sia verso l'alto che verso il basso. L'album e composto da da 10 tracce e parte fortissimo con l'energica e trascinante A Magam Útját Járom impreziosita da un poderoso coro sul ritornello. Tra i brani migliori si trova anche A Pénz Dala caratterizzata da un cantato che tende verso il post punk e Mikor Eltalál Téged che ripropone lo stille dell'inno metal del primo brano. Dei dieci brani otto sono veloci,  potenti e ricchi di assoli di chitarra di chiara ispirazione NWOBHM; a questi si aggiungono la ballad Árnyék-ember e la melodica Éjszaka che è il brano più leggero di tutto l'album. Come nella miglior tradizione delle band dell'est Europa comunque questo album non conosce un attimo di noia e offre dieci ottime tracce di sano metal energico e sanguigno.

L'Ungheria è uno dei principali produttori mondiali di musica metal ed è un vero peccato che gruppi dalla lunga carriera come gli Ossian, ma anche come i già citati Pokolgép o i Kalapacs, non varchino mai i confini nazionali perché questo gruppi possono competere a testa alta con i più grandi esponenti del metal europeo e meriterebbero di riempire le nostre classifiche. E tra questi tesori del metal sicuramente gli Ossian occupano un posto di rilievo sia per la qualità che per la longevità, il gruppo di Paksi è infatti ancora in attività e loro ultimo e ottimo album, intitolato Fényárban és Félhomályban è stato pubblicato nell'aprile dei quest'anno a conferma del fatto che l'energia e la qualità della band non accenna a diminuire.

martedì 12 luglio 2016

I presunti misteri di Stairway to Heaven

La carriera dei Led Zeppelin è costellata di grandi successi dagli inizi fino alle pubblicazioni dei soli Page e Plant successive allo scioglimento del gruppo. Tra i loro innumerevoli brani di successo Stairway to Heaven occupa sicuramente un posto privilegiato perché per via della sua armonia e del suo testo onirico è al centro di numerose leggende metropolitane riguardo a presunti significati misteriosi che il pezzo nasconderebbe. Tra l'altro a dispetto del suo successo Stairway to Heaven non è mai stata stampata in singolo per la vendita ma solo in 45 giri promozionale.

Secondo una popolare leggenda infatti il brano conterrebbe strani messaggi se riprodotto al contrario. In particolare il verso If there's a bustle in your hedgerow, don't be alarmed now it's just a spring clean for the May Queen. Yes, there are two paths you can go by, but in the long run there still time to change the road you're on nasconderebbe significati satanici e se riprodotto al contrario direbbe Oh here's my sweet Satan, the one little path won't make me sad, whose power is saint... he'll give growth giving you six-six-six... a little tool shed he'll make us suffer sadly. Su alcuni siti web si trovano testi leggermente diversi e qualcuno arriva a ipotizzare che l'intera canzone possa essere ascoltata al contrario perché tutta conterrebbe un testo satanico.

In realtà nessun teorico di queste strane teorie ha mai spiegato come avrebbero potuto i Led Zeppelin registrare i versi incriminati prevedendo quale suono avrebbero avuto se riprodotti al contrario né per quale motivo avrebbe dovuto farlo quand'anche fossero aderenti a religioni oscure. Si tratta solo infatti di un caso di pareidolia acustica grazie a cui è possibile attribuire significati sinistri a qualunque brano sentendolo al contrario. Ovviamente la band ha smentito in più occasioni di aver inserito intenzionalmente messaggi misteriosi all'interno del pezzo; nella biografia non ufficiale Hammer of the Gods del giornalista Stephen Davis (disponibile anche in italiano con il titolo Il Martello degli Dei) viene riportato il parere del tecnico del suono Eddie Kramer che definisce queste teorie totally and utterly ridiculous [totalmente e completamente ridicole]. E aggiunge:

Why would they want to spend so much studio time doing something so dumb? [Perché avrebbero voluto spendere così tanto tempo in studio per fare una cosa così stupida?]

Lo stesso Page in un'intervista rilasciata nel 1983 alla rivista Musician smentì queste leggende senza nascondere un po' di rabbia; disse infatti Page:

to me it's very sad, because 'Stairway to Heaven' was written with every best intention, and as far as reversing tapes and putting messages on the end, that's not my idea of making music. [per me è molto triste, perché 'Stairway to Heavern' è stata scritta con le migliori intenzioni, e riguardo all'invertire il nastro e mettere messaggi alla fine, non è la mia idea di fare musica].

Accantonate le ridicole accuse di satanismo, i veri misteri riguardo a Stairway to Heaven sono altri: la band è stata infatti accusata di aver plagiato il brano Spirit dei Taurus nell'arpeggio di chitarra iniziale. Spirit è stata pubblicata nel 1968, tre anni prima di Stairway To Heaven, ed effettivamente l'arpeggio sembra proprio simile. In realtà non sarebbe neanche inaspettato che i Led Zeppelin prendano spunto in modo disinvolto e non autorizzato da pezzi di altri, ma in questo caso il tribunale ha stabilito invece che la somiglianza tra i due brani non è sufficiente perché si tratti di plagio e la band di Page e Plant è stata quindi prosciolta.

L'unico vero mistero su Stairway to Heaven è stato quinti risolto in tribunale, mentre per l'accusa di satanismo non c'è e non c'è mai stato alcun mistero da dipanare.

mercoledì 6 luglio 2016

La morte di Little Walter

Nonostante la sua notorietà non sia all'altezza di quella di altre leggende del blues, Little Walter fu uno dei più grandi e influenti musicisti di ogni tempo; è a lui che si deve la nascita dell'harmonica blues grazie alla sua intuizione di amplificare il suono dell'armonica in modo da poter competere, quanto a volume sonoro, con i chitarristi suoi contemporanei. Marion Walter Jacobs, questo era il suo vero nome, trovò la morte il 15 febbraio del 1968 in seguito a una rissa nella periferia di Chicago.


Negli ultimi giorni della sua vita Walter viveva a casa di una donna chiamata Katherine, al numero 209 E della 54esima strada, che aveva conosciuto grazie ad Armilee Thompson (una delle ex ragazze di Walter e sedicente madre del suo unico figlio). La sera prima del giorno della sua morte Walter si esibì in un locale chiamato Theresa's Lounge all'incrocio tra la 48esima strada e South Indiana (la foto sopra mostra come appare il luogo oggi, la scala d'ingresso al locale che era al piano interrato è visibile in basso a sinistra sul marciapiede) dove suonavano regolarmente altri grandi musicisti come Buddy Guy e Junior Wells. Durante una pausa dell'esibizione Walter si spostò con altri musicisti e avventori sulla strada per una partita di dadi. L'uomo con cui Walter stava giocando lanciò i dadi, ma colpì lo stesso Walter. Cadendo, i dadi diedero la combinazione vincente; ma Walter contestò che avendo i dadi colpito proprio lui quella non poteva essere considerata una vittoria legittima. L'avversario si allungò per prendere i soldi, ma Walter lo anticipò; l'avversario allora afferrò un oggetto metallico e colpì Walter alla testa.

A distanza di quasi cinquant'anni vi sono ancora grossi dubbi su come il fatto si sia svolto e in particolare su che oggetto metallico l'uomo abbia usato per colpire Walter alla testa: secondo quando raccontato da Katherine ad Armilee lo stesso Walter le avrebbe riferito di essere stato colpito con un tubo di ferro; ma due testimoni oculari riportano versioni diverse dell'accaduto. Il primo di questi fu il bluesman Big Guitar Red, secondo cui Walter sarebbe stato colpito con un'armonica, e il secondo fu il ben più noto Junior Wells, la cui versione è riportata in modo esteso nell'autobiografia del leggendario bluesman Buddy Guy, che sostiene che Walter fu colpito con un martello, oggetto molto più simile a un tubo di ferro di quanto non lo sia un'armonica.

Wells prosegue raccontando che il colpo subito non stese Walter, che non cadde nemmeno a terra e non diede l'impressione di essere stato colpito a morte. Walter non riuscì comunque a riprendere a cantare e tornò verso casa di Katherine. Arrivato a casa intorno alle 23:30 disse a Katherine di avere un forte mal di testa; quindi telefonò all'amico musicista Sam Lay, che era abituato alle chiamate di Walter a tarda ore, a cui disse di essere stato colpito alla testa da un pugno sferratogli dal fratello di Katherine infuriato perché Walter aveva preso l'orologio della donna e lo aveva ceduto in pegno a seguito di una partita persa, Walter chiese a Sam di andare da lui perché sapeva che l'amico aveva una pistola, ma questi non poté accontentarlo perché non aveva un'automobile a disposizione. Katherine gli diede quindi un'aspirina; il musicista si stese a letto e poche ore dopo, intorno alle 3:00, la donna lo trovò morto accanto a sé.

Il certificato di morte redatto dal dottor William Monabola attribuisce la causa della morte a trombosi coronarica, non menziona la possibilità di un omicidio né visibili danni esteriori e questo unito alla testimonianza di Wells suggerisce che il colpo riportato peggiorò una situazione di salute già compromessa e non fu esso stesso la causa della morte. Il medico non ravvisò nulla che facesse pensare a un omicidio, la polizia non condusse alcuna indagine e non ci fu nessuna autopsia.

Resta il rimpianto di non sapere quanto altro blues di ottimo livello avrebbe potuto scrivere Little Walter se non fosse morto a soli trentotto anni. Probabilmente sarebbe ricordato come un musicista fondamentale come il suo mentore Muddy Waters, ma purtroppo la sua vita sregolata lo portò via prima del tempo.

Le fonti che abbiamo utilizzato per la nostra ricerca sono la biografia di Little Walter Blues with a Feeling: The Little Walter Story di Tony Glover,Scott Dirks e Ward Gaines; l'autobiografia di Buddy Guy When I Left Home: My Story; e il volume Highway 61: Crossroads on the Blues Highway di Derek Bright.

giovedì 30 giugno 2016

1st Avenue: AOR dall'Olanda

L'AOR è un genere musicale radicato negli Stati Uniti e nel nord Europa, può quindi stupire a prima vista che una delle migliori band di questo genere venga invece dai Paesi Bassi ma basta un breve ascolto anche di uno solo dei loro album per capire che i 1st Avenue sono davvero una delle più interessanti realtà di questo stile.

Durante la loro breve carriera i 1st Avenue hanno pubblicato solo due album tra il 1992 e il 1994, quando in realtà l'AOR aveva già intrapreso la propria parabola discendente e aveva ceduto il posto al grunge nelle classifiche di vendita mondiali. La band era inizialmente formata da Nop Ton alla batteria, Arko Bommer al basso, Gil Lopez alla chitarra e Joby Bosboom alla tastiera; la voce del gruppo era invece il più famoso Peter Strykes che aveva già avuto una breve esperienza (invero piuttosto negativa) nei Vandenberg e che il seguito sarebbe diventato uno dei vocalist dei Los Angeles: The Voices. Il primo album intitolato Tears and Triumph uscì nel 1992 e poteva vantare la presenza di Robby Valentine, ex tastierista degli Zinatra e in seguito frontman della band da lui fondata che porta il suo cognome, come autore ed arrangiatore. Il disco è un vero capolavoro di AOR dal suono morbido, elegante e patinato, ricco di tastiere e di chitarre come nella migliore tradizione dei dischi di questo genere. I punti di forza dell'album sono sicuramente la voce pulita di Strykes, la tastiera onnipresente e i notevoli assoli di chitarra. Il disco è composto da dieci tracce e offre un buon equilibrio di brani veloci, ballate e midtempo. Tra i brani migliori si trovano sicuramente la forte e trascinante traccia introduttiva Going for the Gold grazie anche al poderoso coro sul ritornello, la ballad Heaven in Your Arms e il leggero midtempo Once In a Million Years.

Il secondo album dei 1st Avenue intitolato Daily Battle uscì due anni dopo e vide come unico cambio di formazione la sostituzione di Bosboom con Chris Allister, inoltre per questo secondo disco la band dovette rinunciare al contributo di Valentine. Daily Battle mantiene la formula vincente collaudata con il primo album con un AOR ricco di tastiere e di sonorità patinate anche se nel complesso vira più verso il pop rock. Il primo pezzo è l'energica Feel Love in cui le tastiere si sentono con potenza e il brano è anche impreziosito dall'attacco a secco dei ritornelli. Anche questo secondo disco offre un buon equilibrio tra brani lenti e veloci. Tra le tracce che spiccano, oltre alla già citata Feel Love, si trovano la ballad I Still Believe in You e la gioiosa track di chiusura A Party. Notevole anche Ready for You che tende verso il funky con sonorità più nere del resto del disco.

E' un vero peccato che una band valida come i 1st Avenue sia pressoché sconosciuta e che i suoi dischi abbiano avuto una diffusione così scarsa, perché questi due album sono dei veri capolavori dell'AOR che potrebbero reggere il confronto con i mostri sacri americani o scandinavi. Forse il punto debole dei 1st Avenue sta nell'essere usciti quando l'AOR era ormai al tramonto e possiamo immaginare che se i loro album fossero usciti cinque anni prima avrebbero avuto il successo che meritavano; ma ora a distanza di oltre un ventennio questi due piccoli gioielli possono e devono essere riscoperti.

venerdì 24 giugno 2016

I presunti misteri di Hotel California

Hotel California è senza dubbio il brano più noto e riconoscibile dei californiani Eagles, una delle band di punta della scena rock anni 70 dello stato americano che si affaccia sull'Oceano Pacifico. Il brano è cantato dal batterista Don Henley e il suo testo onirico narra di un viaggiatore nel deserto che si ferma all'Hotel California dove assiste a scene di edonismo sfrenato dalle quali, dopo un primo momento in cui ne rimane affascinato, vorrebbe scappare ma non trova la via d'uscita dal dedalo dei corridoi e resta imprigionato all'interno dell'albergo. Dal momento della sua pubblicazione nel dicembre del 1976 all'interno dell'album omonimo il brano ha suscitato la fantasia di molti che si interrogano su quale sia il vero significato del testo oltre l'allegoria. Le versioni più note che si possono facilmente trovare in rete vogliono che la canzone alluda all'occultismo, al satanismo, alla droga o addirittura al cannibalismo.

Don Henley oltre che essere la voce guida del pezzo ne è anche l'autore, insieme a Glenn Frey, e nel documentario History of the Eagles del 2013 spiega che a dispetto delle mille leggende nelle sue intenzioni l'unico significato era la descrizione di un viaggio dall'innocenza all'esperienza. A questa spiegazione molto intimistica Henley ne aggiunge un'altra secondo cui l'Hotel California può essere una metafora del sogno americano su scala più ampia, dice infatti l'autore nello stesso documentario:

On just about every album we made, there was some kind of commentary on the music business, and on American culture in general. The hotel itself could be taken as a metaphor not only for the myth-making of Southern California, but for the myth-making that is the American Dream, because it is a fine line between the American Dream, and the American nightmare.

Secondo quanto riportato dal volume Encyclopedia of Great Popular Song Recordings, Volume 2 di Steve Sullivan lo stesso Henley ha ribadito il concetto dando una spiegazione ancora più completa:

Lyrically, the song deals with traditional or classical themes of conflict: darkness and light, good and evil, youth and age, the spiritual versus the secular. I guess you could say it's a song about loss of innocence.

In occasione di un'intervista rilasciata alla BBC anche Glenn Frey ha dato una spiegazione del significato della canzone; al contrario di quanto sostenuto da Henley, secondo Frey il testo di Hotel California è solo un esercizio di fantasia senza un significato preciso e che non è detto che per forza ne debba esistere uno.

Nessun riferimento oscuro, quindi; secondo nessuno dei due autori il testo della canzone avrebbe significati malevoli nascosti.

Ciò nonostante alcune parti del testo hanno stimolato più di altre la fantasia di chi vuole forzatamente trovare in questo classico del rock degli inviti sinistri. All'inizio della prima strofa si racconta infatti che il viaggiatore nel deserto protagonista del racconto sente warm smell of colitas e ovviamente da quattro decenni è aperto il dibattito su cosa siano queste colitas; secondo molti infatti si tratterebbe di un riferimento sessuale o alla marijuana. Ma di nuovo la spiegazione di Glenn Frey esclude questi rimandi improbabili al sesso o alla droga; come riportato dal sito SFGate secondo l'autore le colitas sarebbero solo estremità profumate di alcune piante del deserto.

Inoltre Hotel California è tra quelle canzoni che vengono spesso accusate di backmasking, ossia di contenere messaggi subliminali, ovviamente dai contenuti spaventosi, che possono essere percepiti solo riproducendo il brano al contrario. Nello specifico la leggenda vuole che il verso in the middle of the night just to hear them say se riprodotto al contrario dica Satan hears this he had me believe in him o secondo altri Satan organized his own religion. Ovviamente basta un minimo di buon senso per capire che si tratta solo di un caso di pareidolia acustica. Anzitutto è possibile riconoscere le presunte parole contenute nel verso riprodotto al contrario solo dopo che queste ci vengono suggerite (al primo ascolto senza suggerimento è impossibile dare alcun senso ai suoni che si sentono); inoltre il fatto che coloro che sostengono l'esistenza di questi messaggi non concordano su quanto il messaggio stesso dica è molto eloquente. In ultimo nessuno ha mai spiegato come sarebbe possibile registrare un verso prevedendo quale suono questo abbia quando riprodotto al contrario.

Anche la copertina dell'album è da anni oggetto di numerose leggende. Qualcuno sostiene che la foto frontale ritragga una delle sedi della Church of Satan fondata da Anton LaVey, ma questo è falso e facilmente verificabile: l'edificio nella foto è il Beverly Hills Hotel. Un'altra popolare leggenda metropolitana riguarda invece le foto all'interno della copertina del vinile scattate al Lido Hotel di Hollywood che ritraggono quella che sembra essere una festa in una sala dell'hotel: affacciato a una delle finestre ci sarebbe proprio Anton LaVey. Sarebbe anzitutto interessante che chi sostiene che quello alla finestra sia l'occultista americano spiegasse in base a cose ritiene che si tratti di LaVey perché il volto alla finestra è a malapena riconoscibile; ma a parte ciò in realtà come riferito da Joe Walsh in questa intervista per il sito In Music We Trust l'uomo alla finestra non è LaVey ma un dipendente della Asylum Records, la casa discografica che ha stampato il disco.


Qualcuno in rete insiste nel voler attribuire un contenuto satanista all'intero LP sostenendo anche che nell'album Hotel California vi sarebbe il brano Good Day in Hell. Ma basterebbe una minima ricerca per verificare che Good Day in Hell è sull'album On the Border del 1974 e che pur essendo anch'essa una canzone allegorica parla di fascino femminile e non certo di inferno.

Ma la più bella, o almeno la più creativa, leggenda metropolitana sugli Eagles vuole che nel 1982 il manager della band, tale Larry Salter, abbia riportato in un intervista al Waco Tribune-Herald che la band aveva ricorrenti rapporti con la Chiesa di Satana di LaVey; peccato che nello staff degli Eagles non ci sia mai stato nessun manager con quel nome e che l'articolo in questione del 1982 non esista neanche negli archivi del Waco Tribune-Herald nonostante alcuni contributori di Wikipedia si siano prodigati per trovarlo.

Tutte queste voci e leggende contribuiscono sicuramente a dare un'aura di mistero e ad aumentare l'interesse verso questo classico del rock; ma Hotel California resta una delle canzoni più belle di ogni epoca con o senza misteri al contorno e prima di accusare chicchessia di occultismo o satanismo sarebbe meglio informarsi un minimo onde evitare di macchiare la reputazione di un gruppo di grandi musicisti.

lunedì 20 giugno 2016

ilNero E=MC2 Tour - Desio, 18/6/2016

"Come sarà rivedere una band dopo cinque mesi?" mi chiedevo nel tragitto stradale verso Desio. Avevo ipotizzato di tutto, ma non che mi sarei trovato a vivere una serata completamente diversa da quella di gennaio. Del resto il rock è fatto di emozioni e le emozioni non sono mai uguali.

Il concerto è stato aperto da un ottimo gruppo di spalla che è salito sul palco intorno alle 23, il duo locale Abactor composto da basso e batteria che ha proposto un vibrante ed energico repertorio di brani propri di chiara ispirazione punk cantati in italiano che hanno scaldato il pubblico a dovere. Un'ottima apertura che ha concesso al duo di farsi conoscere e al pubblico di ascoltare qualcosa di nuovo e di meritevole e gli Abactor resteranno nella memoria degli spettatori non solo per la loro musica ma anche per l'incredibile mimica facciale del cantante e bassista.

E poi, poco dopo le 23:30 in gruppo di Cabo è salito sul palco quando l'attesa era ormai rovente per un concerto pieno di energia a fiumi ininterrotta. La band ha eseguito tutti i pezzi del loro primo album intitolato E=MC2 aggiungendo ad ognuno una dose di forza travolgente, il pezzo più forte è stato forse la cover di Personal Jesus eseguita con una base ricca di chitarre e batteria che sfiora l'heavy metal.

"Stasera sentirete un po' di brani nuovi, o meglio un po' di nuovi brani vecchi." aveva preannunciato Cabo ad alcuni fan radunatisi prima dell'esibizione per carpire un po' del lato umano di una rockstar incredibilmente vicina al suo pubblico. Avevamo capito cosa intendesse e di certo non servivano spiegazioni; infatti verso metà concerto la band ha eseguito Oceano, inizialmente inclusa nell'album Insidia risalente al periodo in cui Cabo era il vocalist dei Litfiba, in una versione più lenta e minimale dell'originale e più avanti anche No Mai e Stasera, tratte da Essere o Sembrare, che tutto il pubblico ha cantato a memoria dimostrando a Cabo di non essere mai uscito del cuore dei suoi fan.

Tra i brani del passato recuperati per il tour la band ha eseguito anche Il Patto proposta qui in una nuova versione ancora più energica e sanguigna e sicuramente più vicina a quella registrata da Cabo nel 95 per il proprio demo che alla versione di Elettromacumba. E il brano ha dato vita a un nuovo coro infuocato con  il pubblico che cantava dimmi si o no a mani tese verso il palco.

Il gruppo sul palco si muove alla grande con estrema bravura e una precisione nell'esecuzione degna dell'Olimpo del rock. Tra i membri della band va ricordata la presenza del figlio di Cabo, Sebastiano, che oltre a essere impegnato come chitarrista fa un gran lavoro vocale nei cori e nelle seconde voci. Ma ovviamente il piatto forte della band è la detonante voce di Cabo che quanto a potenza ed estensione non ha eguali in Italia e anche all'estero ha pochi rivali.

Terminato il concerto il pubblico ha chiesto il bis e mentre Cabo radunava la band al centro del palco per decidere il da farsi qualcuno dal pubblico chiedeva Luce Che Trema. "Ok, vi va se improvvisiamo qualcosa?" ha chiesto Cabo mentre i musicisti tornavano al loro posto. E come pezzo di chiusura il gruppo ha scelto proprio Luce Che Trema, il pezzo di punta di Insidia, che ha di nuovo e per l'ultima volta infiammato la folla, e a giudicare dalla precisione dell'esecuzione non sembrava proprio che fosse un'improvvisazione.

Dopo un'ora e mezza di fiumi di rock che entra nelle vene, quello che resta nel cuore non è solo la musica, ma è anche e soprattutto l'amicizia. Perché ai concerti de ilNero si entra da sconosciuti, ci si conosce sotto al palco e si esce amici. Il rock è questo, e ilNero è rock.