venerdì 8 dicembre 2017

A.A. V.V. - Monster Ballads Xmas

Nel 2007 la serie di compilation intitolata Monster Ballads è arrivata al suo quarto volume con un disco di incisioni nuove realizzate apposta per l'occasione in cui dodici famosi interpreti della scena hard and heavy degli anni 80 e 90 reinterpretano i classici della tradizione natalizia. Tra le band e i cantanti coinvolti in questa impresa troviamo gli Skid Row che interpretano Jingle Bells, Kip Winger (frontman dell'omonima band) che interpreta Happy Christmas (War Is Over), Run Rudolph Run degli L.A. Guns, Blue Christmas cantata da Tom Keifer dei Cinderella e molti, molti altri.

La formula del disco è molto semplice: i brani originali vengono reinterpretati lasciando le melodie immutate ma interpretate in chiave hard rock con i suoni potenti e allegri. Il risultato è sicuramente efficace e divertente, vista sia la qualità dei pezzi scelti che quella dei gruppi e dei cantanti coinvolti. Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente Jingles Bells, che nell'interpretazione degli Skid Row assume un sapore punk e Santa Claus is Coming to Town interpretata dai Dokken con la potente voce di Don Dokken che è uno dei migliori vocalist presenti in questa compilation.

Degne di nota anche White Christmas interpretata dai Queensrÿche in cui Geoff Tate dà prova delle sue capacità canore anche in un classico natalizio, e Blue Christmas in cui Tom Keifer mostra un lato poco consueto della sua vocalità, in un canto normale anziché nelle note altissime al limite dello scream che eseguiva ai tempi dei Cinderella.

L'unico pezzo non inedito presente sul disco è I'll Be Home for Christmas dei Twisted Sister con Lita Ford, tratto dall'album natalizio della band A Twisted Christmas uscito l'anno prima.

Monster Ballads Xmas è una buona alternativa da ascoltare durante il pranzo di Natale e da inserire in mezzo a compilation più classiche come quelle di Mariah Carey o Whitney Houston, per cambiare un po' il suono e anche per ricordare che i classici hanno sempre innumerevoli risvolti e che sono stupendi anche cambiandone radicalmente l'approccio.


martedì 5 dicembre 2017

Intervista a Francess

La cantante italoamericana Francess è la migliore voce del panorama R&B del nostro paese. All'attivo ha già due album: il primo si intitola Apnea ed è stato pubblicato nel 2015, il secondo è intitolato A Bit of Italiano è stato pubblicato nel 2017 e contiene una raccolta di classici della canzone italiana reinterpretati nello stile della musica nera.

Per parlare dei suoi due album e del suo background musicale, Francess ha accettato la nostra richiesta di un'intervista, che pubblichiamo di seguito.

Ringraziamo Francess per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ciao Francess e grazie anzitutto per il tempo che ci stai dedicando. I nostri lettori ti conoscono già perché sul nostro blog ci sono le recensioni di entrambi i tuoi album. Nonostante ciò ti chiediamo una tua breve presentazione. Raccontaci chi sei e come è nata la tua passione per la musica.

Francess: La musica in casa mia è sempre stata presente, non ci sono musicisti ma tanti appassionati. Io ho iniziato però a cantare abbastanza tardi; ho fatto il liceo artistico, poi ho iniziato l’Accademia delle Belle Arti, ho lavorato per un periodo anche da uno scultore ed è stato lui a farmi capire che non era quella la mia strada. Ed è stato lì che ho incontrato i miei attuali produttori dell’etichetta indipendente SonicFactory, con cui ho iniziato un percorso.

Questo percorso mi ha portato a sperimentare diverse cose fino ad arrivare a oggi, a questo disco che è molto particolare ed è un lavoro che mi sta molto a cuore. Faccio una premessa: io ho il padre giamaicano, la madre italiana, sono nata a New York e cresciuta a Torino, un bel mix! Questo progetto nasce proprio dal desiderio di costruire un ponte tra le mie due culture e le mie due lingue. Quindi abbiamo fatto questo esperimento, abbiamo preso brani della tradizione musicale italiana e li abbiamo rielaborati portandoli come arrangiamento nel mio mondo sonoro che deriva dalla passione per il jazz, il blues, il soul. E soprattutto li abbiamo tradotti in inglese.


125esima Strada: Visto che hai introdotto l’argomento del tuo nuovo disco, proseguiamo pure a parlarne. Come avete scelto i pezzi? Passare da Buscaglione a Neffa è un bel salto!

Francess: Sicuramente siamo partiti da brani che ci piacevano e poi abbiamo fatto una selezione di quelli che si prestavano a una trasformazione molto radicale. Ci tenevamo a non stravolgere i brani originali nella traduzione, ma la traduzione fedele non si può fare con tutte le canzoni e quindi il campo si è ristretto e piano piano abbiamo scelto quelli che andavano meglio e che ci piacevano di più.


125esima Strada: Raccontaci come è nato l’inedito Good Fella, che racconta degli stereotipi sugli italiani all'estero. Tu che sei italoamericana sei cresciuta con questi stereotipi, immagino.

Francess: Questo brano mette insieme le mie due lingue, è scritto un po’ in inglese e un po’ in italiano. E’ molto ironico perché ci ho messo tutti gli stereotipi possibili sull’Italia. Volevo parlare del mio conflitto interiore che ho sempre avuto per via delle mie origini. Nasce così quindi, ed esprime il mio orgoglio e il mio senso di appartenenza all’Italia.


125esima Strada: In Don’t Want The Moonlight alla fine canti in italiano e questo mostra un lato della tua voce diverso da quello solito. Pensi in futuro di poter fare qualche pezzo intero o un disco intero in italiano?

Francess: Non escludo niente e sicuramente questo disco mi ha fatto riflettere su questa cosa. E’ stato un esperimento linguistico vedere che suoni potevano uscire dalle due lingue diverse. Potrebbe essere una strada interessante anche solo come esperimento per capire in che direzione mi potrebbe portare.


125esima Strada: Parliamo anche del tuo disco precedente, Apnea. Come è nato? Credo che sia molto difficile fare un disco di R&B in Italia.

Francess: Quello è stato il mio primo disco, avevo iniziato questo percorso con i miei produttori che ho avuto la fortuna di incontrare e che hanno creduto nelle mie capacità. Ma soprattutto mi hanno dato uno spazio per cercare di capire chi ero musicalmente e artisticamente seguendo i miei gusti e quello che mi piaceva. Quindi il genere nasce da questo, ci abbiamo creduto e l’abbiamo realizzato.

E’ il disco che segna il mio inizio e mi dà anche un’impronta e un’identità.


125esima Strada: C’è qualche pezzo di Apnea a cui sei particolarmente legata? Se posso dirti il mio parere personale, a me piace soprattutto Cool.

Francess: Sicuramente Cool è un pezzo che mi è sempre piaciuto anche da fare live. Mi coinvolge molto, e quindi sono d’accordo con te.


125esima Strada: Ricordo di averti sentita dire che tra i musicisti che ti hanno influenzata di più c’è Billie Holiday, oltre a lei chi sono i tuoi musicisti preferiti?

Francess: Ce ne sono tanti, ascolto tanti tipi di musica diversa. Però sicuramente ho ascoltato molto Lauryn Hill e Nina Simone che sono quelle che hanno influito di più sul mio modo di sentire o vivere la musica.


125esima Strada: Sinceramente non mi aspettavo di sentirti nominare Lauryn Hill perché i suoi dischi sono fatti spesso su basi campionate mentre tu suoni con una band. Se io dovessi consigliare una cantante R&B a un marziano, tra te e lei sceglierei te.

Francess: Beh, io crescendo e sperimentando la mia voce a livello di vocalità ho sempre ascoltato Lauryn Hill e mi è sempre piaciuta molto. Proprio a livello vocale.


125esima Strada: Chi sono invece i tuoi musicisti preferiti di oggi?

Francess: Questa è una domanda difficile perché ascolto molta musica del passato. Di oggi mi piace veramente poco. Sicuramente mi piace molto Vinicio Capossela.


125esima Strada: Ho visto i tuoi video e sono fatti con molta professionalità, non hanno nulla da invidiare a quelli delle star più blasonate. Come riuscite a raggiungere livelli così alti pur non avendo i budget delle star?

Francess: Abbiamo un’ottima squadra, il lavoro di squadra è sempre fondamentale per fare buoni prodotti. Abbiamo sempre trovato gente pronta a investire tempo e risorse per riuscire a fare un ottimo lavoro.


125esima Strada: Ti faccio una domanda che esula un po’ dal resto. Cosa pensi delle nuove tecnologie come Spotify o YouTube che consentono anche a chi è lontano e non può comprare fisicamente il disco di sentire la tua musica?

Francess: Non sono mai contraria ai cambiamenti, quindi anche le nuove piattaforme digitali come YouTube, Spotify o altri sono ottime risorse. Bisogna sfruttarle perché hanno rivoluzionato il modo di ascoltare la musica, di comprarla e di venderla. Bisogna capire come tirarne fuori il meglio, ma sono un ottimo mezzo.

giovedì 30 novembre 2017

Amadeus Awad's Eon - The Book of Gates

Sotto al nome Amadeus Awad's Eon si cela il duo libanese composto dal chitarrista Amadeus Awad e dal cantante Elia Monsef che sono anche autori delle musiche e dei testi dei loro dischi. Nel 2013 gli Amadeus Awad's Eon hanno dato vita alla metal-opera The Book of Gates, ambientata nell'antico Egitto, che narra una storia di tradimento e di ritorno dai morti interpretata da vocalist di grande spessore. Il faraone è infatti interpretato da Russell Allen, una delle voci delle più potenti e apprezzate del panorama metal attuale, la regina dalla straordinaria Amanda Somerville e il negromante proprio da Elia Monsef.

Come è lecito aspettarsi dalla tematica trattata e dalla provenienza dei due autori, l'album è riconducibile al filone dell'oriental metal, con melodie tipiche del power metal arricchite di sonorità magrebine e mediorientali. Non a caso tra i musicisti troviamo anche Elyes Bouchoucha, tastierista dei Myrath, una delle migliori band mondiali di questo genere.

Il disco è composto da quattro tracce più tre bonus track tratte da un album precedente di Amadeus Awad. Il brano di apertura è intitolato Visions e dopo aver introdotto le melodie orientali che pervaderanno l'intero disco lascia la narrazione al negromante che introduce la storia che sta per svolgersi, cioè che la regina ha intenzioni maligne e che il faraone dovrà affrontare una dura lotta da solo.

Nel secondo pezzo intitolato The Crown’s Fate entrano in scena i due protagonisti principali interpretati dai due straordinari vocalist che non hanno bisogno di presentazioni. Entrambi regalano un'altra, ennesima, prova magistrale delle loro doti canore. Un plauso particolare va comunque ad Amanda Somerville che si lancia in un canto arabeggiante in tonalità più acute rispetto al solito, mostrando grandi capacità anche lontana dal suo repertorio solito; Russell Allen interpreta il faraone con voce potente e aspra, senza allontanarsi troppo dal suo stile consueto. The Crown’s Fate svela qual è il piano malvagio della regina, ovvero avvelenare il faraone ed ereditarne il regno.

Il terzo pezzo è la title track e si apre con il suono duro e ossessivo delle chitarre che introducono quanto verrà raccontato: il faraone si trova nell'oltretomba e lo attende la dura prova di superare tredici cancelli per rompere l'incantesimo e porre fine al regno della regina. Il faraone trae la forza dalla rabbia di essere stato tradito mentre torna in scena il necromante che gli promette il favore degli dei nella sua impresa. Il pezzo si chiude con un una stoccata finale della regina, in cui Amanda di nuovo esegue un canto in stile orientale, che minaccia il faraone di tenerlo per sempre in suo potere.

Nel brano conclusivo troviamo il faraone tornare in vita da comune mortale, ma di nuovo il negromante gli promette la vittoria sulla regina, la quale non si arrende e continua a proclamare la propria supremazia; la chiusura del pezzo è cantanta da tutti e tre con le voci che si sovrappongono a creare un contrasto canoro di grande effetto.

Il disco è completato dalla presenza di tre bonus track tratte dall'EP di Amadeus Awad Schizanimus uscito nello stesso anno (che è composto in realtà di questi soli tre pezzi) che ribadiscono l'altissimo livello della capacità compositiva del chitarrista libanese che anche in questo caso propone del bellissimo oriental metal cantato questa volta dal solo Elia Monsef.

L'unico difetto di The Book of Gates è che dura troppo poco. Meno di venticinque minuti per una metal-opera ricca di suggestioni e cantata da due maestri del metal, quando questa formula avrebbe retto bene per l'intera durata di un LP. E' anche un peccato che Amadeus Awad non goda della fama che merita perché, come testimonia questo disco, ci troviamo davanti a uno dei più creativi interpreti del metal mondiale.