mercoledì 9 novembre 2016

Alicia Keys - Here

Il suono del nuovo album di Alicia Keys rispecchia perfettamente la foto in copertina della cantante, che alcuni mesi fa ha lanciato la campagna #nomakeup dopo essere apparsa senza trucco ai Video Music Awards di MTV: struccata, spettinata e senza abiti o gioielli di lusso, ma pur sempre bellissima. La musica contenuta nell'album è altrettanto grezza, diretta e a tratti ruvida, e anche in questo caso Alicia Keys riesce nel compito di realizzare un ottimo album in cui dimostra di sapersi muovere bene anche in terreni diversi da quelli percorsi fin'ora.

L'album si intitola Here ed è stato pubblicato il 4 novembre di quest'anno. E' composto da 18 brani nella versione deluxe, 16 in quella standard, di cui cinque interludi. Ciò che si nota già dal primo ascolto è che i pezzi non sono più retti solo dal suono del piano suonato dalla stessa Alicia, ma questo lascia molto spazio alle chitarre e alle percussioni risultando così in un suono più duro. L'album si apre con The Gospel che narra uno spaccato di vita del ghetto e la cui base è fatta da uno staccato al pianoforte e dal suono ossessivo della batteria. La tematica della vita del ghetto e delle sue difficoltà è ripresa anche in Blended Family, che vede la presenza come ospite del rapper A$AP Rocky, la cui musica si basa invece fortemente sulle chitarre. Tra gli altri pezzi in cui le chitarre dominano troviamo l'ecologista Kill Your Mother, composto solo di chitarra e voce, che è il pezzo più aspro e ruvido dell'intero disco. Di tutt'altro genere è Girl Can't Be Herself che pur essendo anch'essa retta delle chitarre tende fortemente verso il reggae (campo in cui Alicia si era già avventurata con un celeberrimo remix di You Don't Know My Name) e tratta proprio della scelta di rinunciare al trucco per esporre la propria vera personalità. Anche Holy War, in cui la cantante si chiede perché parlare di sesso sia osceno mentre parlare di guerra è accettato, è basata su chitarra e percussione, anche se il pezzo ha la struttura di una ballad e dal punto di vista canoro da modo ad Alicia di mostrare almeno in parte la sua estensione vocale.

Come anticipato, il pianoforte non viene comunque abbandonato e troviamo dei pezzi più vicini al repertorio passato di Alicia come Pawn It All (il cui sono tende fortemente verso l'hip hop) e la melodica Where Do We Begin Now. Nel disco è presente un secondo pezzo decisamenrte hip hop intitolato She Don't Really Care_1 Luv (che contiene un campionamento di One Love di Nas) in cui Alicia descrive come esistano forti connessioni tra le donne nere nate nei cinque distretti di New York e quelle nate in Africa. Merita una menzione particolare anche la lenta e rabbiosa Illusion of Bliss che narra della difficoltà dell'uscire dal tunnel della droga.

Rispetto all'edizione standard, la versione deluxe contiene due tracce in più. La prima di esse si intitola Hallelujah ed è di nuovo piuttosto vicina alle produzioni passate di Alicia, con un cantato morbido sulla base del piano. Il secondo si intitola In Common e vira con forza verso atmosfere ambient e dance, il pezzo era stato pubblicato a maggio come singolo e la scelta è davvero incomprensibile perché si tratta del più debole dell'intero disco.

Alcuni critici hanno paragonato questo album a The Miseducation of Lauryn Hill, ma il paragone è assolutamente ingiusto nei confronti di Alicia. Anzitutto la Keys ha registrato molti più album di Lauryn Hill (anche includendo quelli dei Fugees), in secondo luogo The Miseducation è ricchissimo di campionamenti, mentre le basi di Here (ad esclusione della già citata She Don't Really Care_1 Luv) sono suonate interamente dai musicisti reclutati dalla cantante. Lauryn Hill esce irrimediabilmente sconfitta da questo confronto.

Dopo aver ascoltato questo album ciò che emerge con forza è la prova di grandissima ecletticità di Alicia Keys, il cui sesto album è un altro grande capolavoro dell'R&B e del soul con il quale dimostra che, con o senza trucco, resta la regina incontrastata della musica nera.

lunedì 7 novembre 2016

Kenny Chesney - Cosmic Hallelujah

Il nuovo album di Kenny Chesney, il diciassettesimo della sua carriera, avrebbe dovuto uscire l'8 luglio di quest'anno con il titolo Some Town Somewhere. Da allora ha cambiato sia titolo sia data di uscita, ed è stato finalmente pubblicato il 28 ottobre con il titolo di Cosmic Hallelujah. Ma a parte il titolo e la data di pubblicazione quello che conta è che a oltre vent'anni dall'esordio la musica di Kenny Chesney non conosce cali di qualità o momenti di noia, e anche questo nuovo disco ci regala dodici pezzi di altissimo livello.

La formula resta quella a cui il cantante di Knoxville ci ha abituato, con del country divertente e veloce caratterizzato da un buon equilibrio tra energia e melodia. L'uscita dell'album era stata anticipata dalla pubblicazione di due singoli. Il primo di questi è il midtempo Noise, pubblicato a marzo, la cui scelta è davvero incomprensibile visto che si tratta del brano più debole dell'intero disco. Il secondo singolo intitolato Setting the World on Fire è stato pubblicato a luglio ed è ancora un midtempo che vede la presenza come ospite di Pink che nonostante non sia certo una cantante da Hall of Fame qui se la cava alla grande e il brano è di ottimo impatto.

E' difficile individuare pezzi migliori di altri in questo album, sicuramente le allegre Trip Around The Sun e All the Pretty Girls che aprono il disco meritano una menzione per l'atmosfera festaiola che creano e per i riff di chitarra puramente country da cui sono contraddistinti. Merita una menzione anche la trascinante Bar at the End on the World che è forse il pezzo più energico dell'intero album.

L'album presenta poi quattro ballad consecutive, tutte dalle sonorità fortemente country grazie al suono leggero delle chitarre, intitolate Rich and Miserable (l'unico pezzo oltre a Noise che Kenny avrebbe potuto risparmiare), Jesus & Elvis, Winnebago e Coach ad arricchire notevolmente l'offerta sonora di questo album.

L'album si chiude con la dodicesima traccia, non è listata in copertina, che è una versione bluegrass di I Want to Know What Love Is dei Foreigner. Sicuramente si tratta di un esperimento interessante, ma data la velocità sostenuta perde molta dell'atmosfera che caratterizzava l'originale.

Nonostante nel nostro paese sia praticamente sconosciuto, Kenny Chesney vanta nel suo curriculum collaborazioni con artisti del calibro di Willie Nelson, Uncle Kracker e Kid Rock ed è veramente un peccato che in Italia queste perle di musica americana passino inosservate in favore di musicisti ampiamente inferiori. Speriamo quindi che Cosmic Hallelujah dia modo anche agli ascoltatori nostrani di scoprire un talento immenso come questo che riempie le classifiche americane dal lontano 1994. Meglio tardi che mai.

lunedì 31 ottobre 2016

La breve carriera di The Phantom

Tra i grandi interpreti del rockabilly degli anni 50 e 60 ce n'è uno la cui carriera è stata brevissima, avendo inciso un solo 45 giri, ma nonostante ciò è considerato uno degli artisti più influenti del genere essendo tuttora annoverato tra gli ispiratori dello psychobilly. L'artista in questione è ovviamente The Phantom che nel 1960 pubblicò il singolo Love Me / Whisper My Love, registrato in realtà nel 1958 ma dato alle stampe solo due anni dopo.


Il vero nome di The Phantom era Marty Jerry Lott (come riportato sulla sua tomba), anche se sul vinile era riportato come M. Lott come autore dei brani. Secondo quanto riportato dal libro Rockabilly: The Twang Heard 'Round the World: The Illustrated History (di autori vari) dopo aver registrato il disco Lott seguì Pat Boone fino alla chiesa che il crooner frequentava regolarmente e lo convinse ad ascoltare il demo. Boone ne fu impressionato e creò per Lott l'immagine e la gimmick di The Phantom, comprensiva della maschera che Lott doveva indossare in pubblico. Boone avrebbe voluto che Lott firmasse per la sua casa discografica, ma quest'ultimo venne in contatto anche con il management di Boone che lo convinse a firmare per la Dot Records, compagnia di proprietà della Paramount Pictures.

Love Me è un pezzo rockabilly particolarmente energico che si apre con un urlo da parte di The Phantom per poi proseguire su un ritmo veloce che ovviamente risente molto delle influenze rock and roll del periodo, nel canto The Phantom imita palesemente lo stile di Elvis Presley. Whisper My Love è invece una ballata lenta molto melodica, sicuramente più tradizionale ma non per questo meno preziosa.

In un'intervista rilasciata nel 1980 alla rivista New Kommotion, Lott raccontò che la prima incisione di Love Me non aveva l'urlo iniziale; nonostante il risultato fosse soddisfacente, decise di reinciderla aprendo questa volta la registrazione con un urlo improvvisato e la seconda registrazione fu poi quella ufficiale e più famosa. L'incisione originale, senza urlo, è stata comunque resa disponibile molti anni dopo (secondo alcune fonti, tra cui Amazon, nel 2013, ma la stampa in copertina sembra molto più vecchia) quando fu pubblicato un altro 45 giri di The Phantom che aveva sul primo lato appunto la versione originale di Love Me e sul secondo Hey Bop Bop in versione dubplate, altro pezzo rockabilly dal suono piuttosto veloce e aggressivo. Questo secondo 45 giri è molto raro in quanto stampato in sole 300 copie.

Le informazioni sulla vita e sulla carriera di The Phantom sono molto scarse, ad aumentare la confusione arrivò nel 1989 la pubblicazione di un LP che (stando a quanto scritto in copertina) aveva sul primo lato 9 pezzi di The Phantom e sul secondo lato 10 di Jamie Coe. In realtà tale LP incappa in un errore clamoroso: scambia The Phantom con Nick Todd (all'anagrafe Nick Boone, fratello di Pat Boone), infatti l'unico brano di The Phantom presente è Love Me, i restanti 8 pezzi sono di Nick Todd e non hanno nulla in comune con The Phantom. Sulla copertina troneggia anche la scritta The Phantom (alias Nick Todd) ma basta confrontare le foto e le voci per capire the The Phantom e Nick Todd sono persone diverse.



Subito dopo aver inciso il suo unico 45 giri, The Phantom sparì dalle scene e nonostante durante la sua attività non ebbe il successo che avrebbe meritato è importante oggi preservarne la memoria per l'influenza che ha avuto su molti gruppi e cantanti che da lui hanno preso spunto come tutti gli interpreti dello psychobilly e in particolare i Cramps che nel 1984 incisero una cover di Love Me per il loro album Bad Music for Bad People del 1984.

martedì 25 ottobre 2016

Blackberry Smoke - Like an Arrow

Meno di due anni dopo Holding All the Roses, uscito a febbraio del 2015, tornano i Blackberry Smoke con il loro nuovo album in studio intitolato Like an Arrow, pubblicato nell'ottobre di quest'anno. L'album continua sulla strada tracciata dai dischi precedenti della band di Atlanta proponendo un southern rock robusto e melodico al contempo e ricco di suoni diversi.

Il disco parte molto forte con Waiting For the Thunder dalle sonorità sostenute anche se non troppo veloci; da notare che le strofe sono cantante a secco con gli strumenti che suonano solo tra le pause e su ponte e ritornello. Il secondo pezzo intitolato Let It Burn, pubblicato a settembre in anteprima, aggiunge un po' di rock and roll al southern rock e il risultato è decisamente divertente e godibile e anche tendente verso il rock della East Coast visto che in alcuni punti ricorda un po' Already Gone degli Eagles. Con la terza traccia intitolata The Good Life il ritmo rallenta decisamente e troviamo la prima ballad dai suoni piuttosto tradizionali, ma comunque di grande impatto. Il quarto pezzo intitolato What Comes Naturally è invece un midtempo sostenuto dal suono del pianoforte a creare un atmosfera molto southern con un tocco di jazz che arricchisce il pezzo. Segue un altro midtempo intitolato Running Through Time. Al sesto posto troviamo la title track, solo leggermente più veloce delle due precedenti ma dal suono molto più duro, distorto e tendente al grunge sia nella musica che nel canto.

Con Ought To Know i ritmi tornano decisamente a salire con un rock allegro e movimentato ricco di riff di chitarra e di energia. L'ottava traccia è intitolata Sunrise in Texas ed è la più lenta dell'intero disco, con sonorità molto melodiche e tranquille, come si addicono a un risveglio all'alba nei climi caldi del sud degli Stati Uniti. Il nono brano intitolato Ain't Gonna Wait è il più melodico dell'album grazie al suono del tamburello, agli arpeggi di chitarra e al controcanto sul ritornello. Con Workin' For a Workin' Man i ritmi salgono di nuovo e troviamo un brano forte e veloce che esprime grinta ed energia. L'undicesima traccia Believe You Me propone di nuovo un rock and roll con forti innesti di funk che riportano ad atmosfere divertenti e festose e che danno un tocco di musica nera in un album di southern rock. Il brano di chiusura Free on the Wing vede come ospite Greg Allman ed è il pezzo più tradizionale dell'intero disco: molto southern, piuttosto lento e rilassato.

In sintesi, non si può non constatare che i Blackberry Smoke con Like an Arrow assestano un altro grande colpo, pubblicando un album divertente e ricco di suoni diversi, tutti sempre conditi con abbondante southern rock delle origini. E per una band che ha quasi 15 anni di attività alle spalle, il fatto di non aver mai sbagliato un disco è sicuramente un merito che possono vantare in pochi.

giovedì 20 ottobre 2016

Blackfoot - Southern Native

Non capita spesso che una band nel corso della propria carriera cambi tutta la formazione arrivando così a trovarsi con soli musicisti che non appartenevano alla formazione originale, ancora più raro è che il cambio totale dei membri del gruppo avvenga contemporaneamente. Per quanto improbabile, è questo ciò che è successo alla storica band di southern rock dei Blackfoot che nel 2016 è tornata con quattro elementi nuovi e con Rickey Medlocke, storico leader e frontman che vanta anche una lunga militanza nel Lynyrd Skynyrd, in veste di produttore. Descritto in altre parole, Madlocke che è titolare del marchio ha assemblato una band del tutto nuova a cui ha attribuito il nome di Blackfoot, recuperando il nome storico del gruppo.

Il nuovo album è stato pubblicato il 5 agosto di quest'anno e si intitola Southern Native, e come suggerisce la copertina lo scopo del nuovo gruppo è quello di rinverdire i fasti del passato proponendo un buon connubio di southern rock e di hard rock più moderno. L'album è composto di 10 tracce; tra i brani migliori troviamo i due energici e rapidi pezzi di apertura Need My Ride e Southern Native (di cui è stato anche realizzato un video). L'offerta sonora del disco è comunque molto ampia e nell'album sono presenti anche quattro ballad intitolate Everyman, Call of a Hero, Take Me Home e Ohio.

Tra i pezzi migliori dobbiamo annoverare anche la cover di Whiskey Train dei Procol Harum proposta in versione molto simile all'originale ma molto più carica di energia, trasformando così un rock psichedelico in un blues rock di grande impatto.

Chiude il disco una traccia incredibile che si discosta da tutto il resto del disco e dalla storia dei Blackfoot: il brano Diablo Loves Guitar è infatti un flamenco strumentale fatto di chitarra e percussioni che rimanda ad atmosfere calde e spagnoleggianti, ben lontane dal sud degli Stati Uniti.

Southern Native non è un capolavoro, né uno dei dischi migliori della carriera dei Blackfoot, ma è comunque un album godibile che può affiancare altre band di successo di questo genere come i Black Stone Cherry o i Blackberry Smoke. I fan di lunga data potrebbero non perdonare a Madlocke di aver concesso a un gruppo totalmente nuovo di utilizzare lo storico nome della band, ma a parte le polemiche bisogna ammettere che Madlocke è stato capace di produrre del sano rock anche senza doversi mettere al microfono.

venerdì 14 ottobre 2016

La morte di Kristen Pfaff

Nota: si ringraziano Gene Stout e Dan Raley per la consulenza e per aver fornito il testo integrale del loro articolo "Bassist For Band Hole Found Dead" pubblicato sul Seattle Post-Intelligencer il 17 giugno 1994 e non disponibile sull'archivio online del giornale.

Dopo soli due mesi dalla morte di Kurt Cobain un altro grave lutto colpì Courtney Love quando giovedì 16 giugno del 1994 la bassista degli Hole, Kristen Pfaff, fu trovata senza vita nella vasca da bagno di casa sua, nel quartiere di Capitol Hill di Seattle.

Kristen Pfaff era nata a Buffalo nel 1967, e aveva quindi 27 anni al momento della morte: la stessa età di Cobain e degli altri membri del celebre Club 27. Nella sua carriera aveva militato nei Janitor Joe, con cui aveva inciso un solo album nel 1993 intitolato Big Metal Birds, per poi approdare negli Hole con cui registrò l'album Live Through This nel 1994.


La ragazza abitava nel complesso chiamato Swansonia al 1017 di East Harrison Street (di cui si trovano facilmente molte immagini in rete cercando con Google "Seattle Swansonia") e il giorno della sua morte avrebbe dovuto tornare a Minneapolis, città in cui aveva vissuto a lungo prima di trasferirsi a Seattle, perché l'attività degli Hole era congelata in seguito alla morte di Cobain. La ragazza aveva quindi chiesto aiuto all'amico Paul Erickson, bassista degli Hammerhead, per il trasloco e il 15 di giugno Paul l'aveva aiutata a caricare su un camion noleggiato appositamente le sue cose e i suoi mobili di casa. Siccome la partenza era fissata per il giorno dopo, Paul si era offerto di dormire sul camion in modo da non lasciare incustoditi gli oggetti di Kristen. Verso le otto di sera, Paul lasciò Kristen da sola in modo che la ragazza potesse farsi un bagno e tornò nel camion parcheggiato in strada. Più tardi, intorno alle 9:30 secondo quanto narrato nel volume Love & Death di Max Wallace e Ian Halperin, Paul vide il chitarrista degli Hole Eric Erlandson entrare nel complesso residenziale per andare a salutare Kristen e sapendo che la ragazza era in bagno anche Paul salì con lui. I due uomini constatarono che Kristen si era addormentata nella vasca e da fuori dal bagno la sentirono russare. La ragazza a quel punto era quindi ancora viva, inoltre sia lo stesso Erickson sia il padre di Kristen confermarono in seguito che Kristen si addormentava nella vasca abitualmente e pertanto la circostanza non era strana. Eric non poté rimanere perché aveva un appuntamento con l'attrice Drew Barrymore e rimase solo fino alle 10, ma disse a Paul che se Kristen non fosse uscita dal bagno in venti minuti avrebbe dovuto chiamarlo al cellulare; questo però non avvenne mai perché Eric tornò nel camion e si addormentò.

Quando Paul si svegliò la mattina seguente intorno alle 9:30 tornò nell'appartamento per vedere se Kristen era pronta a partire, ma trovò la porta del bagno ancora chiusa a chiave. Paul abbatté la porta e trovo Kristen morta, inginocchiata nella vasca da bagno con meno di quindici centimetri di acqua e con la testa e le spalle che sporgevano dal bordo della vasca. A terra accanto alla vasca c'era una borsa per il trucco che conteneva delle siringhe e il necessario per prepararsi la dose. In bagno furono rinvenuti anche un quaderno ad anelli e due biro.

Nonostante fosse chiaro fin da subito quale fosse la causa del decesso, sulle prime le autorità furono caute. L'autopsia fu svolta il 17 di giugno, ma anche dopo l'esame autoptico il portavoce del medico legale della contea disse che le cause del decesso sarebbero state chiare solo dopo aver ottenuto l'esito dell'esame tossicologico. I dati definitivi arrivarono solo il mese dopo e il responso era proprio quello atteso dal primo giorno: Kristen Pfaff morì di overdose accidentale di oppiacei. Il portavoce specificò che non si trattò di suicidio, ma di un incidente. La cosa comunque stupì le persone più vicine a Kristen perché la ragazza soffriva di dipendenza da droga ma se n'era liberata l'inverno precedente grazie a un programma di riabilitazione.

Come molte morti premature di persone famose, anche quella di Kristen Pfaff ha scatenato una ridda di ipotesi alternative su cosa sia successo in realtà alla bassista. Le teorie del complotto più diffuse vogliono che a uccidere Kristen Pfaff sia stata proprio Courtney Love.

In questo caso però le teorie alternative sono più assurde del solito perché non propongono nessun indizio in tal senso, ma si limitano a dire che Courtney avrebbe eliminato Kristen perché questa aveva una relazione con Kurt Cobain (che però era morto da due mesi) oppure che la stessa Courtney aveva una relazione con Paul Erickson. Quest'ultima ipotesi, ad esempio, è sostenuta dal Tom Grant (noto teorico del complotto relativamente alla morte di Kurt Cobain) ed è vagamente più realistica perché un'eventuale cospirazione per uccidere Kristen doveva per forza includere anche Paul (e probabilmente anche Eric). L'unica prova portata a sostegno è che Courtney Love ha dichiarato al noto periodico Rolling Stone di essere stata all'appartamento di Kristen con Paul dopo che questi aveva trovato la ragazza morta. Ma in realtà non vi è niente di strano, è più che ragionevole che Courtney corresse dove la sua bassista era stata rinvenuta cadavere.

Anche la madre di Kristen, Janet Pfaff, non crede alla versione ufficiale e quando intervistata dagli autori di Love & Death ha dichiarato I am not convinced my daughter's overdose was accidental. E' comprensibile che una madre non accetti che la giovane figlia si sia accidentalmente tolta la vita, tuttavia secondo il medico legale della contea non ci fu alcun segno di violenza e quindi un eventuale complotto dovrebbe includere anche gli inquirenti e il medico legale. Non si capisce quando gli eventuali cospiratori avrebbero potuto aggredire Kristen, come avrebbero fatto a tenerla ferma mentre lei verosimilmente si dimenava per liberarsi, a che ora l'avrebbero eliminata e perché Eric avrebbe dovuto prestarsi a questa recita fingendo di trovarla morta. Come sempre le teorie del complotto hanno più lacune delle versioni ufficiali.

Kristen Pfaff è sepolta al Forest Lawn Cemetery di Buffalo.

lunedì 10 ottobre 2016

Roadhouse: rock melodico da Sheffield

Gli inglesi Roadhouse sono una delle migliori e più sottovalutate realtà del panorama del rock melodico britannico degli anni 80 e primi anni 90. Il gruppo fu fondato a Sheffield e la prima formazione era composta da Paul Jackson alla voce, Pete Willis e Richard Day alle chitarre, Wayne Grant al basso e Frank Noon alla batteria. Noon e Willis erano ex membri dei Def Leppard: Noon fu il primo batterista della band per la registrazione di The Def Leppard EP e il secondo fu il chitarrista per i primi due album On Through the Night e High 'n' Dry; la loro influenza nella musica dei Roadhouse si sente molto, infatti dal punto di vista musicale il suono dei Roadhouse è in molti aspetti simile a quello dei Def Leppard.

Dopo aver inciso un primo demo di quattro brani, i Roadhouse registrarono il loro unico ed eponimo album nel 1991. Per la realizzazione dell'album la formazione della band vide un'avvicendamento con l'ingresso di Trevor Brewis alla batteria in sostituzione di Frank Noon.

L'album è un piccolo e semi sconosciuto capolavoro dell'AOR e del rock melodico e riesce a dosare sapientemente i vari ingredienti tra suoni sostenuti e melodia. La prima traccia del disco si intitola All Join Hands ed è un brano veloce e divertente che nei cori e nella melodia ricorda molto le sonorità della band di Joe Elliot. Già dal secondo pezzo intitolato Time il ritmo scende, il brano è infatti un midtempo piuttosto tradizionale dal suono morbido e patinato. Con il terzo brano i ritmi tornano a salire, Tower of Love è un'altro brano veloce che richiama lo stile del pezzo di apertura. Anche A Little Love prosegue sulla strada della precedente, offrendo un rock melodico ricco di cori e di riff di chitarra, e se non sapessimo che il pezzo è dei Roadhouse potremmo essere portati a credere che sia tratto da Adrenalize. Loving You, quinta traccia del disco, è una power ballad che rallenta decisamente il ritmo della musica e che offre un pezzo melodico nella tradizione di quel periodo. Anche la successiva Hell Can Wait è una power ballad, ma completamente diversa dalla precedente in quanto caratterizzata da un suono minimale in cui regna la chitarra e la voce di Willis.

A seguire troviamo Hell Can Wait che di nuovo alza i ritmi ed è forse il pezzo più veloce dell'intero album e anche quello che nei cori e nei riff di chitarra ricorda più le sonorità dei Def Leppard. Il settimo pezzo si intitola One Heart e continua sulla strada del rock melodico fatto per intrattenere e divertire, ancora ricchi i cori sul ritornello che si sommano al potente cantato di Paul Jackson. In ottava posizione troviamo New Horizon che pur non distanziandosi troppo dal resto del disco aggiunge qualche suono un po' più rabbioso. Con la nona traccia Stranger in Your Eyes i Roadhouse aggiungono un po' di funk al proprio suono e sembrano questa volta ispirarsi più agli Europe. Il disco si chiude con un altro midtempo intitolato Desperation Calling e di nuovo piuttosto tradizionale per l'epoca.

Nonostante la loro carriera sia stata molto breve, la produzione discografica dei Roadhouse non si esaurì con l'unico album da loro inciso; infatti nei numerosi singoli estratti compaiono altre tracce non incluse nell'album stesso. Il primo singolo estratto fu Tower of Love che oltre ad essa contiene il brano Can't Take The Credit For It in cui la band prende ispirazione dalle registrazioni dell'epoca dei Bon Jovi e Freight Train (che nonostante sia indicata come versione acustica è in realtà l'unica versione mai incisa), pezzo dal sapore country impreziosito dal suono dell'armonica. Il secondo singolo fu All Join Hands che contiene l'energica Straight For Your Heart e la ballad More Than I Want. Il terzo singolo fu Hell Can Wait che ripropone More Than I Want e include anche Jackson High in versione demo (tratto dal demo realizzato dalla band prima dell'album) in cui troviamo alla batteria Frank Noon, il pezzo è un altra power ballad ancora sorretta da un poderoso coro che sostiene Jackson sul ritornello.

Oltre all'album e ai singoli la band realizzò anche un EP e una cassetta di 5 brani, entrambi intitolati semplicemente Roadhouse, in cui compaiono solo brani presenti anche sull'album.

E' incomprensibile come una band grandiosa come i Roadhouse non abbia avuto il successo commerciale che meritava perché la loro musica è davvero ottima ed eseguita alla perfezione, il loro disco può essere considerato a pieno titolo tra i capolavori dell'AOR ma purtroppo non gode della giusta considerazione. E' doveroso però, oggi che le tecnologie ce lo permettono, riscoprire questo capolavoro e dare finalmente alla seconda band di Pete Willis il credito che merita.