mercoledì 22 gennaio 2020

Omicidio di Tupac Shakur: intervista all'ex sergente della polizia di Las Vegas Chris Carroll

L'originale in inglese è disponibile qui.

L'omicidio di Tupac Shakur è uno dei misteri più duraturi della storia della musica. Per aiutarci a capire cosa è successo quella notte e per smentire alcune dicerie sulla morte di Tupac, l'ex agente della polizia di Las Vegas Chris Carroll ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.

Ringraziamo Chris Carroll per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Dopo essere arrivato sulla scena, quando ti sei accorto che la vittima era una celebrità e che quel caso sarebbe diventato famoso?

Chris Carroll: L’espressione “arrivato sulla scena” non è corretta. L'entourage di Tupac e io ci incrociammo mentre andavamo in direzioni opposte. Le loro macchine quasi sbandarono cercando di prendere la curva troppo velocemente e io arrivai in bici. Quindi aprii la porta di Tupac e lui mi cadde tra le braccia, Suge arrivò immediatamente dietro di me urlando verso di lui. Stava urlando "Pac, Pac" cercando di ottenere una risposta. Riuscii a vedere che la macchina era una BMW di fascia alta, indossava una tonnellata di gioielli, e Suge urlava “Pac”. Mettendo insieme i pezzi vidi che era Tupac. All'epoca non sapevo nulla di lui oltre al fatto che c’era un rapper di nome Tupac. È importante ricordare che ora è molto più famoso di quanto non fosse allora. Come poliziotti a Las Vegas, io e gli altri agenti intervenuti sulla scena abbiamo sempre lavorato in un ambiente di celebrità, quindi non ebbe un grande impatto su di noi quando è successo. L'abbiamo gestito come qualsiasi altro omicidio, e ne gestivamo molti, all'epoca non sembrava molto diverso dagli altri omicidi. Quando ne parliamo ora siamo sorpresi di ciò che è diventato.


125esima Strada: Cosa pensasti di Suge sulle prime? Capisti subito che era un alleato e non un nemico?

Chris Carroll: Al tempo non sapevo chi fosse Suge. Era ovvio che fosse un amico di Tupac non sapevo altro. Per me rappresentava una minaccia. Era un uomo gigantesco che continuava ad avvicinarsi dietro di me, mettendomi in una situazione molto pericolosa. Gli puntavo la pistola e si allontanava per qualche secondo, ma appena mi voltavo si avvicinava. Parlava ad alta voce, non era collaborativo, era agitato e gli schizzava sangue dal lato della testa. Dopo un po’, vidi un altro ufficiale che lo teneva lontano da me. È stata la prima volta che vidi l'altro ufficiale sulla scena. Suge non ha mai collaborato, né allora, né durante le indagini successive.


125esima Strada: Come descriveresti le persone che si sono raccolte attorno alla macchina mentre cercavi di prendere il controllo della situazione? Erano gangster o passanti?

Chris Carroll: Non c'erano persone intorno alla macchina. Eravamo io, Tupac, Suge e un altro poliziotto che teneva Suge lontano da me. Inizialmente c'erano un paio di altri poliziotti che cercavano di riportare la scena caotica sotto controllo. C’erano persone sparse ovunque. È un incrocio enorme. Nel gruppo di Tupac c’erano otto o dieci persone. C'erano alcuni turisti sui marciapiedi ma non in strada.


125esima Strada: Come si comportò Frank Alexander dopo che uscì dall’auto? Hai interagito con lui?

Chris Carroll: Ho già sentito questo nome, ma non gli ho mai parlato. Inoltre, non ricordo di averlo visto sulla scena. Ero il supervisore della scena e ho parlato con tutti quelli che erano lì. Nessuno di loro mi ha mai detto di essere la guardia del corpo di Tupac. Ho sentito una storia (non da Alexander) secondo cui era un ex poliziotto e mostrò il distintivo sulla scena, e a quel punto i poliziotto gli consentirono di avvicinarsi alla macchina di Tupac. Storia assolutamente ridicola. Non è così che lavoriamo e sarei stato il primo a sapere se qualcuno avesse avuto un distintivo.


125esima Strada: Come descriveresti Tupac dopo che hai aperto la portiera della macchina?

Chris Carroll: Quando aprii la porta, era accasciato contro di essa dall'interno. Quindi mi crollò tra le braccia e lo stesi sul marciapiede. Respirava ancora ed era cosciente, ma era in pessime condizioni. Era coperto di sangue e potei vedere che era stato colpito più volte. Era in contatto visivo con Suge e si stava contorcendo. Stava cercando di urlare a Suge, ma non ci riuscì. Dopo un breve periodo si arrese fisicamente, smise di agitarsi e si mise in posizione di riposo. Gli ho chiesto più volte chi gli avesse sparato e cosa fosse successo. Non diede risposta finché non ebbe abbastanza fiato per dirmi "Vaffanculo".


125esima Strada: Secondo te quanto è probabile che Suge abbia ordinato l’omicidio di Tupac?

Chris Carroll: Suge non ha ordinato l'omicidio. Innanzitutto, non ti siedi accanto a una persona che sai che verrà uccisa a colpi di arma da fuoco. E ciò è evidente per il fatto che Suge è stato colpito alla testa durante la sparatoria. Il proiettile gli trafisse il cuoio capelluto ma non il cranio. Inoltre, ho potuto vedere sulla scena che Suge nutriva una chiara preoccupazione per Tupac. Era in preda al panico quando vide che Tupac stava probabilmente morendo.


125esima Strada: E secondo te quanto è realistico che Orlando Anderson sia stato lo sparatore o sia stato in qualche modo coinvolto nella sparatoria?

Chris Carroll: Orlando Anderson è lo sparatore. Di solito la risposta più semplice e ovvia è la risposta corretta, e in questo caso questa regola funziona. Ci sono state anche alcune prove che lo hanno confermato. Molte persone spesso chiedono perché l’omicidio non sia stato risolto. La risposta è che è stato risolto molto tempo fa. Tuttavia, l’uomo che lo ha commesso è morto ed è morto da circa vent’anni. Questo conclude tutto. Forse c'è giustizia per il fatto che l'assassino è stato lui stesso assassinato.

giovedì 9 gennaio 2020

Perché i Doors si chiamano così?

I Doors sono tra i più rappresentativi e iconici interpreti del rock degli anni 70 grazie a un sound distintivo e al carisma e alla capacità dei quattro membri. Il loro suono non è l'unica cosa singolare che contraddistingue questa band, perché anche il nome scelto dal quartetto è evidentemente piuttosto bizzarro.


La prima formazione della band risale al 1961 con il nome di Rick & the Ravens ed era inizialmente composta da Rick Manczarek alla chitarra, Jim Manczarek alle tastiere e all'armonica, Patrick Stonier al sassofono, Roland Biscaluz al basso e Vince Thomas alla batteria. Rick (che dava il nome al complesso) e Jim erano ovviamente i fratelli di Ray Manzarek (che usava la grafia semplificata del proprio cognome), che sarebbe diventato il tastierista storico dei Doors.

La band vide numerosi cambi di formazione e nel 1965 era composta da Jim Morrison alla voce, Ray Manzarek alla tastiera e alle seconde voci, John Densmore alla batteria, Rick Manczarek alla chitarra, Jim Manzarek all'armonica, e Patricia "Pat" Hansen al basso. Dopo aver registrato un demo che non raccolse il successo sperato, la band cambiò il proprio nome su proposta di Morrison in The Doors, prendendo spunto dal saggio dello scrittore inglese Aldous Huxley intitolato The Doors of Perception (tradotto in italiano come Le Porte della Percezione) del 1954 che narra delle esperienze vissute dall'autore grazie all'uso della mescalina, molto simili a quella che Jim Morrison e la sua band narravano nei propri pezzi. In The Doors of Perception l'autore descrive ad esempio come dopo l'assunzione di mescalina vedesse i colori più vivaci o come gli sembrasse che le pareti delle stanze non si incontrassero più dove avrebbero dovuto o ancora come gli paresse che i libri o le gambe delle sedie brillassero di luce propria.

Il titolo dell'opera di Huxley è a sua volta tratto da un verso dal poema di William Blake The Marriage of Heaven and Hell (Il Matrimonio del Cielo e dell'Inferno) che dice "If the doors of perception were cleansed, everything would appear to man as it is: infinite" ("Se le porte della percezione fossero sgombrate tutto apparirebbe all'uomo così come è: infinito") e secondo il documentario When You're Strange del 2009 fu proprio il verso di Blake a ispirare Morrison.

Poco dopo il cambio del nome i fratelli Jim e Rick Manczarek lasciarono il gruppo, seguiti da Pat Hansen. Al loro posto entro nella band Robby Krieger, formando così la lineup storica del gruppo.


La scelta del nome si rivelò sicuramente vincente; infatti ad oggi i Doors sono considerati tra i più grandi geni e innovatori della musica moderna, non solo per la qualità delle loro composizioni, ma anche per il loro atipico nome.

mercoledì 18 dicembre 2019

Tin Idols - Metal Kalikimaka, Volume 1

Nel 2014 gli hawaiani Tin Idols hanno pubblicato il primo dei loro tre album dedicati alla musica natalizia intitolato Metal Kalikimaka, Volume 1 (dove Kalikimaka significa Natale in lingua hawaiana). Come suggerisce il titolo stesso, il gruppo reinterpreta in chiave heavy metal alcuni classici della tradizione natalizi, replicando l'esperimento del disco precedente Jesus Christ Supernova, in cui la band ha rivisitato il musical Jesus Christ Superstar.

Il gruppo spazia tra pezzi classici come Little Drummer Boy e We Three Kings e altri più moderni come Feliz Navidad e 2000 Miles dei Pretenders, nel disco è presente anche un unico brano inedito intitolato Christmas Without You scritto dal bassista Darren Soliven. I Tin Idols lasciano inalterate le melodie reinterpretandole con distorsioni e con il suono preponderante della batteria che ha sempre un ruolo fondamentale nella musica del combo hawaiano, e proprio per questa scelta il disco risulta di facile ascolto e diverte e intrattiene già al primo ascolto

Il punto di forza di queste incisioni risiede sicuramente nelle grandiose capacità vocali dei vocalist che si alternano al microfono. Tra le voci femminili spicca quella di Sandy Essman (frontwoman degli Storm che ha realizzato anche un album solista interamente in hawaiano) che interpreta O Come, O Come Emmanuel con la grinta che la contraddistingue regalando nel finale anche un acuto e uno scream. Sandy duetta anche con Mark Caldeira nella loro interpretazione di Baby, It's Cold Outside che è uno dei pezzi migliori del disco proprio per via dell'amalgama dei due interpreti. Tra le migliori prove vocali femminili troviamo anche un'ottima versione di Hark! The Herald Angels Sing interpretata da Marti Kerton e una ruggente Joy To The World cantata dalla voce graffiante di Venus Trombley.

Tra gli interpreti maschili spicca invece il già citato Caldeira che con la sua voce ai confini tra il blues e l'AOR interpreta Do You Hear What I Hear? Il pezzo più trascinante dell'intero album è sicuramente Angels We Have Heard on High (più noto con il titolo di Gloria In Excelsis Deo) interpretato da John Diaz (il cui canale di SoundCloud mostra la sua ecletticità come interprete tra inediti e cover dei Beatles e dei Pink Floyd) affiancato da un poderoso coro che esegue la seconda voce sul ritornello e che dona un tocco di unicità a questo pezzo facendone l'esperimento meglio riuscito di tutto l'album.

Metal Kalikimaka, Volume 1 è in conclusione uno dei più divertenti dischi di Natale mai realizzati, che si ascolta con piacere dall'inizio alla fine e che dimostra che questo straordinario combo ha un potenziale enorme ed è davvero un peccato che si così poco noto dalle nostre parti. Nel 2015 e nel 2016 i Tin Idols hanno realizzato i volumi 2 e 3 di Metal Kilikimaka continuando sulla strada tracciata dal primo volume e completando così un trittico di album di Natale davvero memorabile.

mercoledì 11 dicembre 2019

Rob Halford with Family & Friends - Celestial

A dieci anni da Winter Songs, il cantante dei Judas Priest Rob Halford torna a incidere un disco di canti natalizi con il nuovo album intitolato Celestial pubblicato nell'ottobre di quest'anno. Il disco è composto da dodici tracce che riprendono la formula di Winter Songs con un connubio di canti tradizionali riarrangiati in chiave heavy metal e di pezzi inediti dello stesso Halford.

L'album è realizzato come Rob Halford with Family & Friends e il motivo è presto chiarito: Celestial vede infatti tra gli altri musicisti la presenza del fratello di Rob, Nigel Halford, alla batteria, del nipote Alex Hill, figlio del bassista dei Judas Priest Ian Hill, al basso, e della sorella Sue Halford alle campanelle.

Contrariamente alle attese il disco non è composto solo di pezzi veloci e grintosi, ma offre una buona varietà di suoni. Infatti, mentre alcuni dei pezzi classici come God Rest Ye Merry Gentlemen e Hark! The Herald Angels Sing vengono notevolmente accelerati e arricchiti di suoni aggressivi, altri come Away In a Manger, O Little Town Of Bethlehem e Good King Wenceslas si assestano su atmosfere più raccolte e vicine alle versioni tradizionali. La migliore reinterpretazione dei brani classici resta comunque quella di The First Noel eseguita con solo voce e organo e con il coro che canta il ritornello a più voci.

I pezzi inediti scritti da Rob Halford sono quattro. Oltre alla title track strumentale introduttiva troviamo l'energica Donner and Blitzen (tradizionalmente due dei nomi delle renne di Babbo Natale) che riporta a sonorità più vicine a quelle dei Judas Priest, la gioiosa Morning Star e la traccia di chiusura Protected By The Light, realizzata con solo voce e piano, che per le sue atmosfere classiche si candida a diventare un canto tradizionale del nuovo millennio.

In sintesi Celestial è un disco che convince sotto ogni aspetto. Le riletture dei classici funzionano benissimo, sia quelle fedeli alle versioni originali sia quelle che vengono stravolte nella reinterpretazione. Così come i pezzi nuovi mostrano diverse facce delle capacità compositive di Rob Halford, che riesce a comporre tra canti natalizi in altrettanti stili completamente diversi. Celestial è quindi l'ennesimo colpo riuscito della discografia di uno dei cantanti migliori della storia, che con questo nuovo disco dimostra nuovamente di sapersi muovere con grande maestria anche in terreni apparentemente lontani da quelli che gli sono più consueti.

mercoledì 4 dicembre 2019

Trans-Siberian Orchestra - The Christmas Attic

Due anni dopo il disco di esordio Christmas Eve and Other Stories lo straordinario supergruppo dei Trans-Siberian Orchestra ha pubblicato il proprio secondo album a tema natalizio intitolato The Christmas Attic.

Così come il primo, anche questo è un concept album e la storia narrata in questa occasione è quella del ritorno sulla terra dell'angelo che era stato protagonista dell'album precedente. Questa volta la missione dell'angelo sarà quella di convincere una bambina disillusa, che la notte di Natale si è rintanata nell'attico di casa per poter vedere la propria città dall'alto, che lo spirito del Natale è reale e non è solo una trovata consumistica.

Musicalmente il disco ripropone la formula utilizzata in Christmas Eve and Other Stories, con una mescolanza di pezzi inediti scritti da Paul O'Neill, Robert Kinkel e Jon Oliva (produttore, tastierista e batterista dei Savatage), e di reinterpretazioni e mash-up di brani classici della tradizione natalizia. L'album parte con la bellissima e inedita The Ghosts of Christmas Eve cantata da Daryl Pediford e subito dopo troviamo la rielaborazione strumentale in chiave rock di Deck The Halls intitolata Boughs of Holly. Alla terza traccia troviamo il pezzo migliore dell'intero disco intitolato The World That She Sees la cui solennità è affidata alla potente voce di Jody Ashworth che con una prova vocale maestosa crea un vero classico natalizio dell'epoca moderna. Lo stesso Ashworth presta la voce anche a Christmas In the Air dalle atmosfere simili.

Rispetto al rock sinfonico del primo album, The Christmas Attic vede anche l'aggiunta di sonorità gospel con The Three Kings and I cantata da Daryl Pediford e Marlene Danielle, in cui il coro esegue alcuni snippet dell'Halleluja di Handel. Atmosfere da musica nera si trovano anche nei due pezzi di chiusura: An Angel's Share, in cui troviamo anche un coro di voci femminili che si affianca all'interpretazione di Marlene Danielle, e Music Box Blues che a dispetto del titolo offre del gospel tradizionale con il coro che si unisce in questo caso a Daryl Pediford.

Tra le reinterpretazioni di pezzi classici spicca Christmas Canon, rivisitazione corale del celebre Canone di Pachelbel affidata a un coro di bambini che cantano un testo natalizio sulla melodia originale. Tra i pezzi strumentali troviamo anche Appalachian Snowfall il cui rimando a First Snow dell'album precedente è piuttosto chiaro.

L'album è stato ristampato nel 2002 con l'aggiunta di una versione più breve di The World That She Sees intitolata The World That He Sees e con una traccia aggiuntiva a chiudere il disco costituita da un medley strumentale registrato dal vivo e intitolato Christmas Jam.

The Christmas Attic è in conclusione un disco che ripete il successo musicale dell'album precedente, mantenendone la ricchezza compositiva ma rinunciando a qualche virtuosismo che poteva rendere difficile il primo approccio a Christmas Eve and Other Stories risultando così in un album di uguale valore ma di ascolto più facile e immediato e sicuramente più godibile e divertente come colonna sonora per le feste natalizie.

mercoledì 27 novembre 2019

La discografia degli Offspring tra il 1989 e il 1992

Gli Offspring sono ad oggi tra i più importanti esponenti del punk californiano; negli anni 80 le città di Los Angeles e San Francisco sfornarono band come i NOFX, i Rancid o i Pennywise, ma in quella moltitudine di gruppi che si ispiravano al punk britannico del decennio precedente, la band di Dexter Holland ha sempre occupato un posto di spicco. Il loro successo commerciale partì con Smash del 1994, ma la loro discografia iniziò ben prima con altri due album e un EP che non raggiunsero la notorietà degli album successivi ma che contengono comunque delle perle di punk.

Il primo album degli Offspring porta il nome stesso del gruppo ed è stato pubblicato nel 1989; nella versione originale in vinile conteneva undici tracce. Il disco offre un punk duro, grezzo, diretto e lontanissimo dai suoi sempre più raffinati dei dischi successivi. Le tracce dell'album hanno un suono tutte piuttosto simile, con brani veloci e senza rallentamenti dei ritmi. In realtà si può comunque individuare qualche traccia più convincente delle altre, come il pezzo di apertura Jennifer Lost the War e Tehran che contiene qualche sonorità arabeggiante e che è l'unica traccia che spezza almeno in parte il suono monolitico del disco.

A sinistra la copertina del vinile, a destra la copertina del CD.

Nel disco compare anche Behaeded, che il gruppo reincise nel 1999 per la colonna sonora del film Idle Hands, nel quale interpretano anche una cover di I Wanna Be Sedated dei Ramones. Nell'album The Offspring si trova anche la traccia Kill The President, che per i suoi contenuti ritenuti pericolosi non è stata reinserita nella versioni in CD e vinile del 2001 e 2018. Nella versione in cassetta dell'album è presente anche la cover di Hey Joe di Billy Roberts portata al successo nel 1967 da Jimi Hendrix.

Dopo il primo album e prima di inciderne un secondo, la band tornò in studio per realizzare l'EP Baghdad, pubblicato nel 1991, che contiene quattro pezzi. Il primo di essi è una versione di Get It Right che verrà reincisa nell'album successivo e che mostra una maturità superiore rispetto al primo disco, con melodie più ricche e con la voce di Holland notevolmente migliorata. Le altre tracce dell'EP sono una nuova versione di Tehran, rinominata Baghdad e che dà il titolo al disco, che dà più spazio alle sonorità arabe, la strumentale The Blurb, che getta le basi per Genocide e Change the World, e una nuova versione di Hey Joe.

Il secondo LP degli Offspring uscì nel 1992 con il titolo Ignition. Le dodici tracce che lo compongono mostrano suoni più puliti e ricchi rispetto all'album di esordio, con melodie più vicine a quelle di Smash e con i celebri cori della band che finalmente trovano spazio per la prima volta. Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente i due di apertura Session e We Are One; spiccano anche Kick Him When He's Down e la nuova versione di Get It Right che danno un primo assaggio del sound ricco di controcanti che si troverà in Smash e negli album successivi.

In un periodo in cui il grunge dominava le classifiche non poteva mancare un pezzo tendente al Seattle sound come Dirty Magic il cui riff iniziale ricorda da vicino quello di Come As You Are. Durante le sessioni di Ignition fu registrato anche il pezzo Mission from God che non trovò spazio nella composizione finale dell'album ma che fu pubblicata per la prima volta solo nella compilation Punk-O-Rama volume 10 del 2005. Le sonorità del pezzo sono più aggressive di quelle di tutto il resto del disco, e se è vero che in realtà sarebbe stata la traccia migliore di Ignition se fosse stata inclusa è altrettanto vero che non si lega bene al resto del disco e avrebbe potuto forse trovare spazio in uno degli album successivi (cosa che comunque non avvenne).

Con Smash del 1994 gli Offspring abbatterono tutte le barriere e grazie a pezzi di facile presa come What Happened to You?, Self Esteem e Come Out and Play hanno raggiunto il successo planetario grazie anche ai numerosi passaggi radiofonici e su MTV. Da lì in avanti la discografia degli Offspring è andata in crescendo fino ad arrivare alle sonorità pop di Americana e degli album successivi. Ad oggi la band non realizza album da oltre sette anni e mentre aspettiamo un nuovo disco di Dexter, Noodles e soci possiamo riascoltare i primi due e meno noti album.

mercoledì 20 novembre 2019

Bo Diddley - The Black Gladiator

Dopo Muddy Waters e Howlin' Wolf, anche Bo Diddley provò nel 1970 la strada di mischiare il blues di Chicago con il rock psichedelico che in quegli anni riempiva le classifiche; ma rispetto agli altri due bluesman che lo hanno preceduto, Diddley decise di aggiungere all'esperimento anche un po' di funk realizzando così una commistione inedita di tre stili.

L'album risultante questo strano esperimento è The Black Gladiator ed è composto da dieci pezzi. Il brano di apertura Elephant Man offre un buon miscuglio di blues e funk psichedelico, dando da subito una forte direzione al resto del disco. Atmosfere simili si trovano infatti anche nell'autocelebrativa You, Bo Diddley (che si ispira ovviamente alla sua stessa celeberrima Bo Diddley del 1955), Black Soul e nella ballad Hot Buttered Blues. Bo Diddley non rinuncia comunque a sonorità più blues tradizionali come Power House e Shut Up, Woman i cui riff di chitarra ricordano in modo chiaro quello di I'm a Man dello stesso Diddley e in cui nel canto si ispira esplicitamente a Muddy Waters.

In molti brani, come le già citate Black Soul e Power House, Bo Diddley si avvale del controcanto e dei cori della bravissima vocalist Cookie Vee, esperimento che ripeterà in The London Sessions e in numerose esibizioni dal vivo. Cookie Vee compare anche con il suo vero nome, Cornelia Redmond, in tutti i pezzi come autrice.

La traccia di chiusura I Don't Like You si apre con il vocalizzo di Bo Diddley in stile operistico, per poi sfociare in una battaglia vocale tra lo stesso Bo e Cookie Vee e poi chiudersi di nuovo con un vocalizzo operistico; ingredienti che vanno tutti a creare un pezzo singolare che non ha eguali nella discografia del bluesman.

The Black Gladiator non è tra gli album più noti di Bo Diddley, ma sicuramente si può concludere che laddove Muddy Waters e Howlin' Wolf hanno prodotto dischi confusi e forzati, Bo Diddley è riuscito nell'intento di mischiare la propria musica con stili diversi. The Black Gladiator non sarà il disco migliore di Bo Diddley, ma è comunque un disco di ottima fattura che non sfigura nella sua discografia e merita un ascolto e di essere riscoperto.