martedì 25 ottobre 2016

Blackberry Smoke - Like an Arrow

Meno di due anni dopo Holding All the Roses, uscito a febbraio del 2015, tornano i Blackberry Smoke con il loro nuovo album in studio intitolato Like an Arrow, pubblicato nell'ottobre di quest'anno. L'album continua sulla strada tracciata dai dischi precedenti della band di Atlanta proponendo un southern rock robusto e melodico al contempo e ricco di suoni diversi.

Il disco parte molto forte con Waiting For the Thunder dalle sonorità sostenute anche se non troppo veloci; da notare che le strofe sono cantante a secco con gli strumenti che suonano solo tra le pause e su ponte e ritornello. Il secondo pezzo intitolato Let It Burn, pubblicato a settembre in anteprima, aggiunge un po' di rock and roll al southern rock e il risultato è decisamente divertente e godibile e anche tendente verso il rock della East Coast visto che in alcuni punti ricorda un po' Already Gone degli Eagles. Con la terza traccia intitolata The Good Life il ritmo rallenta decisamente e troviamo la prima ballad dai suoni piuttosto tradizionali, ma comunque di grande impatto. Il quarto pezzo intitolato What Comes Naturally è invece un midtempo sostenuto dal suono del pianoforte a creare un atmosfera molto southern con un tocco di jazz che arricchisce il pezzo. Segue un altro midtempo intitolato Running Through Time. Al sesto posto troviamo la title track, solo leggermente più veloce delle due precedenti ma dal suono molto più duro, distorto e tendente al grunge sia nella musica che nel canto.

Con Ought To Know i ritmi tornano decisamente a salire con un rock allegro e movimentato ricco di riff di chitarra e di energia. L'ottava traccia è intitolata Sunrise in Texas ed è la più lenta dell'intero disco, con sonorità molto melodiche e tranquille, come si addicono a un risveglio all'alba nei climi caldi del sud degli Stati Uniti. Il nono brano intitolato Ain't Gonna Wait è il più melodico dell'album grazie al suono del tamburello, agli arpeggi di chitarra e al controcanto sul ritornello. Con Workin' For a Workin' Man i ritmi salgono di nuovo e troviamo un brano forte e veloce che esprime grinta ed energia. L'undicesima traccia Believe You Me propone di nuovo un rock and roll con forti innesti di funk che riportano ad atmosfere divertenti e festose e che danno un tocco di musica nera in un album di southern rock. Il brano di chiusura Free on the Wing vede come ospite Greg Allman ed è il pezzo più tradizionale dell'intero disco: molto southern, piuttosto lento e rilassato.

In sintesi, non si può non constatare che i Blackberry Smoke con Like an Arrow assestano un altro grande colpo, pubblicando un album divertente e ricco di suoni diversi, tutti sempre conditi con abbondante southern rock delle origini. E per una band che ha quasi 15 anni di attività alle spalle, il fatto di non aver mai sbagliato un disco è sicuramente un merito che possono vantare in pochi.

giovedì 20 ottobre 2016

Blackfoot - Southern Native

Non capita spesso che una band nel corso della propria carriera cambi tutta la formazione arrivando così a trovarsi con soli musicisti che non appartenevano alla formazione originale, ancora più raro è che il cambio totale dei membri del gruppo avvenga contemporaneamente. Per quanto improbabile, è questo ciò che è successo alla storica band di southern rock dei Blackfoot che nel 2016 è tornata con quattro elementi nuovi e con Rickey Medlocke, storico leader e frontman che vanta anche una lunga militanza nel Lynyrd Skynyrd, in veste di produttore. Descritto in altre parole, Madlocke che è titolare del marchio ha assemblato una band del tutto nuova a cui ha attribuito il nome di Blackfoot, recuperando il nome storico del gruppo.

Il nuovo album è stato pubblicato il 5 agosto di quest'anno e si intitola Southern Native, e come suggerisce la copertina lo scopo del nuovo gruppo è quello di rinverdire i fasti del passato proponendo un buon connubio di southern rock e di hard rock più moderno. L'album è composto di 10 tracce; tra i brani migliori troviamo i due energici e rapidi pezzi di apertura Need My Ride e Southern Native (di cui è stato anche realizzato un video). L'offerta sonora del disco è comunque molto ampia e nell'album sono presenti anche quattro ballad intitolate Everyman, Call of a Hero, Take Me Home e Ohio.

Tra i pezzi migliori dobbiamo annoverare anche la cover di Whiskey Train dei Procol Harum proposta in versione molto simile all'originale ma molto più carica di energia, trasformando così un rock psichedelico in un blues rock di grande impatto.

Chiude il disco una traccia incredibile che si discosta da tutto il resto del disco e dalla storia dei Blackfoot: il brano Diablo Loves Guitar è infatti un flamenco strumentale fatto di chitarra e percussioni che rimanda ad atmosfere calde e spagnoleggianti, ben lontane dal sud degli Stati Uniti.

Southern Native non è un capolavoro, né uno dei dischi migliori della carriera dei Blackfoot, ma è comunque un album godibile che può affiancare altre band di successo di questo genere come i Black Stone Cherry o i Blackberry Smoke. I fan di lunga data potrebbero non perdonare a Madlocke di aver concesso a un gruppo totalmente nuovo di utilizzare lo storico nome della band, ma a parte le polemiche bisogna ammettere che Madlocke è stato capace di produrre del sano rock anche senza doversi mettere al microfono.

venerdì 14 ottobre 2016

La morte di Kristen Pfaff

Nota: si ringraziano Gene Stout e Dan Raley per la consulenza e per aver fornito il testo integrale del loro articolo "Bassist For Band Hole Found Dead" pubblicato sul Seattle Post-Intelligencer il 17 giugno 1994 e non disponibile sull'archivio online del giornale.

Dopo soli due mesi dalla morte di Kurt Cobain un altro grave lutto colpì Courtney Love quando giovedì 16 giugno del 1994 la bassista degli Hole, Kristen Pfaff, fu trovata senza vita nella vasca da bagno di casa sua, nel quartiere di Capitol Hill di Seattle.

Kristen Pfaff era nata a Buffalo nel 1967, e aveva quindi 27 anni al momento della morte: la stessa età di Cobain e degli altri membri del celebre Club 27. Nella sua carriera aveva militato nei Janitor Joe, con cui aveva inciso un solo album nel 1993 intitolato Big Metal Birds, per poi approdare negli Hole con cui registrò l'album Live Through This nel 1994.


La ragazza abitava nel complesso chiamato Swansonia al 1017 di East Harrison Street (di cui si trovano facilmente molte immagini in rete cercando con Google "Seattle Swansonia") e il giorno della sua morte avrebbe dovuto tornare a Minneapolis, città in cui aveva vissuto a lungo prima di trasferirsi a Seattle, perché l'attività degli Hole era congelata in seguito alla morte di Cobain. La ragazza aveva quindi chiesto aiuto all'amico Paul Erickson, bassista degli Hammerhead, per il trasloco e il 15 di giugno Paul l'aveva aiutata a caricare su un camion noleggiato appositamente le sue cose e i suoi mobili di casa. Siccome la partenza era fissata per il giorno dopo, Paul si era offerto di dormire sul camion in modo da non lasciare incustoditi gli oggetti di Kristen. Verso le otto di sera, Paul lasciò Kristen da sola in modo che la ragazza potesse farsi un bagno e tornò nel camion parcheggiato in strada. Più tardi, intorno alle 9:30 secondo quanto narrato nel volume Love & Death di Max Wallace e Ian Halperin, Paul vide il chitarrista degli Hole Eric Erlandson entrare nel complesso residenziale per andare a salutare Kristen e sapendo che la ragazza era in bagno anche Paul salì con lui. I due uomini constatarono che Kristen si era addormentata nella vasca e da fuori dal bagno la sentirono russare. La ragazza a quel punto era quindi ancora viva, inoltre sia lo stesso Erickson sia il padre di Kristen confermarono in seguito che Kristen si addormentava nella vasca abitualmente e pertanto la circostanza non era strana. Eric non poté rimanere perché aveva un appuntamento con l'attrice Drew Barrymore e rimase solo fino alle 10, ma disse a Paul che se Kristen non fosse uscita dal bagno in venti minuti avrebbe dovuto chiamarlo al cellulare; questo però non avvenne mai perché Eric tornò nel camion e si addormentò.

Quando Paul si svegliò la mattina seguente intorno alle 9:30 tornò nell'appartamento per vedere se Kristen era pronta a partire, ma trovò la porta del bagno ancora chiusa a chiave. Paul abbatté la porta e trovo Kristen morta, inginocchiata nella vasca da bagno con meno di quindici centimetri di acqua e con la testa e le spalle che sporgevano dal bordo della vasca. A terra accanto alla vasca c'era una borsa per il trucco che conteneva delle siringhe e il necessario per prepararsi la dose. In bagno furono rinvenuti anche un quaderno ad anelli e due biro.

Nonostante fosse chiaro fin da subito quale fosse la causa del decesso, sulle prime le autorità furono caute. L'autopsia fu svolta il 17 di giugno, ma anche dopo l'esame autoptico il portavoce del medico legale della contea disse che le cause del decesso sarebbero state chiare solo dopo aver ottenuto l'esito dell'esame tossicologico. I dati definitivi arrivarono solo il mese dopo e il responso era proprio quello atteso dal primo giorno: Kristen Pfaff morì di overdose accidentale di oppiacei. Il portavoce specificò che non si trattò di suicidio, ma di un incidente. La cosa comunque stupì le persone più vicine a Kristen perché la ragazza soffriva di dipendenza da droga ma se n'era liberata l'inverno precedente grazie a un programma di riabilitazione.

Come molte morti premature di persone famose, anche quella di Kristen Pfaff ha scatenato una ridda di ipotesi alternative su cosa sia successo in realtà alla bassista. Le teorie del complotto più diffuse vogliono che a uccidere Kristen Pfaff sia stata proprio Courtney Love.

In questo caso però le teorie alternative sono più assurde del solito perché non propongono nessun indizio in tal senso, ma si limitano a dire che Courtney avrebbe eliminato Kristen perché questa aveva una relazione con Kurt Cobain (che però era morto da due mesi) oppure che la stessa Courtney aveva una relazione con Paul Erickson. Quest'ultima ipotesi, ad esempio, è sostenuta dal Tom Grant (noto teorico del complotto relativamente alla morte di Kurt Cobain) ed è vagamente più realistica perché un'eventuale cospirazione per uccidere Kristen doveva per forza includere anche Paul (e probabilmente anche Eric). L'unica prova portata a sostegno è che Courtney Love ha dichiarato al noto periodico Rolling Stone di essere stata all'appartamento di Kristen con Paul dopo che questi aveva trovato la ragazza morta. Ma in realtà non vi è niente di strano, è più che ragionevole che Courtney corresse dove la sua bassista era stata rinvenuta cadavere.

Anche la madre di Kristen, Janet Pfaff, non crede alla versione ufficiale e quando intervistata dagli autori di Love & Death ha dichiarato I am not convinced my daughter's overdose was accidental. E' comprensibile che una madre non accetti che la giovane figlia si sia accidentalmente tolta la vita, tuttavia secondo il medico legale della contea non ci fu alcun segno di violenza e quindi un eventuale complotto dovrebbe includere anche gli inquirenti e il medico legale. Non si capisce quando gli eventuali cospiratori avrebbero potuto aggredire Kristen, come avrebbero fatto a tenerla ferma mentre lei verosimilmente si dimenava per liberarsi, a che ora l'avrebbero eliminata e perché Eric avrebbe dovuto prestarsi a questa recita fingendo di trovarla morta. Come sempre le teorie del complotto hanno più lacune delle versioni ufficiali.

Kristen Pfaff è sepolta al Forest Lawn Cemetery di Buffalo.

lunedì 10 ottobre 2016

Roadhouse: rock melodico da Sheffield

Gli inglesi Roadhouse sono una delle migliori e più sottovalutate realtà del panorama del rock melodico britannico degli anni 80 e primi anni 90. Il gruppo fu fondato a Sheffield e la prima formazione era composta da Paul Jackson alla voce, Pete Willis e Richard Day alle chitarre, Wayne Grant al basso e Frank Noon alla batteria. Noon e Willis erano ex membri dei Def Leppard: Noon fu il primo batterista della band per la registrazione di The Def Leppard EP e il secondo fu il chitarrista per i primi due album On Through the Night e High 'n' Dry; la loro influenza nella musica dei Roadhouse si sente molto, infatti dal punto di vista musicale il suono dei Roadhouse è in molti aspetti simile a quello dei Def Leppard.

Dopo aver inciso un primo demo di quattro brani, i Roadhouse registrarono il loro unico ed eponimo album nel 1991. Per la realizzazione dell'album la formazione della band vide un'avvicendamento con l'ingresso di Trevor Brewis alla batteria in sostituzione di Frank Noon.

L'album è un piccolo e semi sconosciuto capolavoro dell'AOR e del rock melodico e riesce a dosare sapientemente i vari ingredienti tra suoni sostenuti e melodia. La prima traccia del disco si intitola All Join Hands ed è un brano veloce e divertente che nei cori e nella melodia ricorda molto le sonorità della band di Joe Elliot. Già dal secondo pezzo intitolato Time il ritmo scende, il brano è infatti un midtempo piuttosto tradizionale dal suono morbido e patinato. Con il terzo brano i ritmi tornano a salire, Tower of Love è un'altro brano veloce che richiama lo stile del pezzo di apertura. Anche A Little Love prosegue sulla strada della precedente, offrendo un rock melodico ricco di cori e di riff di chitarra, e se non sapessimo che il pezzo è dei Roadhouse potremmo essere portati a credere che sia tratto da Adrenalize. Loving You, quinta traccia del disco, è una power ballad che rallenta decisamente il ritmo della musica e che offre un pezzo melodico nella tradizione di quel periodo. Anche la successiva Hell Can Wait è una power ballad, ma completamente diversa dalla precedente in quanto caratterizzata da un suono minimale in cui regna la chitarra e la voce di Willis.

A seguire troviamo Hell Can Wait che di nuovo alza i ritmi ed è forse il pezzo più veloce dell'intero album e anche quello che nei cori e nei riff di chitarra ricorda più le sonorità dei Def Leppard. Il settimo pezzo si intitola One Heart e continua sulla strada del rock melodico fatto per intrattenere e divertire, ancora ricchi i cori sul ritornello che si sommano al potente cantato di Paul Jackson. In ottava posizione troviamo New Horizon che pur non distanziandosi troppo dal resto del disco aggiunge qualche suono un po' più rabbioso. Con la nona traccia Stranger in Your Eyes i Roadhouse aggiungono un po' di funk al proprio suono e sembrano questa volta ispirarsi più agli Europe. Il disco si chiude con un altro midtempo intitolato Desperation Calling e di nuovo piuttosto tradizionale per l'epoca.

Nonostante la loro carriera sia stata molto breve, la produzione discografica dei Roadhouse non si esaurì con l'unico album da loro inciso; infatti nei numerosi singoli estratti compaiono altre tracce non incluse nell'album stesso. Il primo singolo estratto fu Tower of Love che oltre ad essa contiene il brano Can't Take The Credit For It in cui la band prende ispirazione dalle registrazioni dell'epoca dei Bon Jovi e Freight Train (che nonostante sia indicata come versione acustica è in realtà l'unica versione mai incisa), pezzo dal sapore country impreziosito dal suono dell'armonica. Il secondo singolo fu All Join Hands che contiene l'energica Straight For Your Heart e la ballad More Than I Want. Il terzo singolo fu Hell Can Wait che ripropone More Than I Want e include anche Jackson High in versione demo (tratto dal demo realizzato dalla band prima dell'album) in cui troviamo alla batteria Frank Noon, il pezzo è un altra power ballad ancora sorretta da un poderoso coro che sostiene Jackson sul ritornello.

Oltre all'album e ai singoli la band realizzò anche un EP e una cassetta di 5 brani, entrambi intitolati semplicemente Roadhouse, in cui compaiono solo brani presenti anche sull'album.

E' incomprensibile come una band grandiosa come i Roadhouse non abbia avuto il successo commerciale che meritava perché la loro musica è davvero ottima ed eseguita alla perfezione, il loro disco può essere considerato a pieno titolo tra i capolavori dell'AOR ma purtroppo non gode della giusta considerazione. E' doveroso però, oggi che le tecnologie ce lo permettono, riscoprire questo capolavoro e dare finalmente alla seconda band di Pete Willis il credito che merita.

martedì 4 ottobre 2016

Da dove nasce l'uso del gesto delle corna?

Il gesto delle corna è uno dei capisaldi della cultura rock e metal e viene fatto dalla folla a ogni concerto davanti alle proprie band preferite. Purtroppo le origini di questo gesto si perdono nella storia, la teoria più nota vuole che questa usanza fu avviata da Ronnie James Dio quando si trovò a essere il leader dei Black Sabbath ma in realtà era diffusa già da molto prima.

Il primo uso documentato di questo gesto con riferimento alla musica rock si trova sulla copertina inglese del 45 giri Yellow Submarine / Eleanor Rigby dei Beatles uscito nel 1966
(la versione americana riportava una foto diversa della band) in cui si vedono i fab four che tengono un sottomarino giallo in mezzo a loro mentre John Lennon fa il gesto delle corna con la mano sinistra con anche il pollice esteso. La stessa foto è riportata sul vinile sul lato di Yellow Submarine. Due anni dopo, nel 1968, i Beatles pubblicarono il film omonimo sulla cui locandina i quattro sono disegnati e nel disegno John Lennon esegue il gesto delle corna sulla testa di Paul McCartney.

In origine, quindi, il gesto delle corna non era strettamente connesso all'ambito dell'hard rock e del metal. Il primo uso di questo gesto nell'ambito hard&heavy (o di quello che oggi definiremmo proto-metal) risale infatti a tre anni dopo e si trova sul retro della copertina dell'album Witchcraft Destroys Minds & Reaps Souls dei Coven pubblicato nel 1969. Nella foto sul retro si vedono tre dei membri del gruppo fare il gesto delle corna e nella foto interna della copertina del vinile si vede il gruppo fare il medesimo gesto intorno a una donna nuda stesa in mezzo al loro con un teschio sui genitali a suggerire che la stessa debba essere l'oggetto di un sacrificio umano.

Ma non furono i Coven a lanciarne l'uso massivo nella musica metal, perché all'inizio degli anni 70 il gesto delle corna fu usato come segno distintivo dei Parliament-Funkadelic (gruppo nato dalla fusione dei Parliament e dei Funkadelic che di fatto erano formati dagli stessi musicisti) capitanati da George Clinton e Bootsy Collins. Il gesto delle corna veniva eseguito nelle esibizioni live sia dalla band che dal pubblico all'interno dell'universo iconografico della band definito P-Funk mythology. La copertina dell'album Ahh... The Name Is Bootsy, Baby! dei Bootsy's Rubber Band (uno dei tanti progetti paralleli dell'universo P-Funk) del 1977 mostra Collins che fa il gesto delle corna al pubblico che lo attornia.

Il primo uso di questo gesto che lo ha reso popolare al grande pubblico dell'hard rock e del metal è riconducibile a Gene Simmons che sulla copertina di Love Gun del 1977 fa il gesto delle corna con la mano destra. Nella sua autobiografia pubblicata nel 2002 e intitolata Kiss And Make-Up Simmons racconta di aver iniziato a fare il gesto delle corna per caso: alle volte teneva il plettro con il pollice il medio e l'anulare e il pubblicò pensò che stesse facendo le corna e rispose imitandolo. In seguito Simmons continuò a fare questo gesto nelle foto o in altre apparizioni pubbliche tenendo esteso anche il pollice perché l'intenzione originale era di imitare il gesto di Spider Man quando lancia la tela dal proprio polso.


Alla diffusione del gesto delle corna contribuì notevolmente anche Ronnie James Dio, come anticipato all'inizio dell'articolo, quando nel 1979 diventò la voce dei Black Sabbath in sostituzione di Ozzy Osbourne. Dio (il cui soprannome deriva dall'assonanza del suo nome con quello del famoso mafioso Giovanni Dioguardi noto in America come Johnny Dio e non da riferimenti religiosi di alcun tipo) decise di utilizzare un gesto proprio per sostituire il segno della pace con indice e medio alzati usato frequentemente da Ozzy. Come spiegato in numerose occasioni (come le interviste rilasciate a Metal-Rules e a Rock Scene Magazine), Dio optò quindi per il gesto delle corna che vedeva fare da sua nonna (Dio era un americano di prima generazione i cui genitori e nonni erano italiani) per scacciare il malocchio; il cantante eseguiva il gesto già quando era il frontman dei Rainbow, a partire dal 1975, ma questo divenne popolare alle grandi masse solo dopo che Dio prese il posto di Ozzy nei Black Sabbath.

Quindi, in sintesi, potremmo dibattere a lungo se a renderlo popolare nel mondo hard&heavy sia stato Gene Simmons o Ronnie James Dio, ma è indubbio che il primo utilizzo di tale gesto nel mondo del rock risalga invece a John Lennon che, tra le tante innovazioni che ha portato, ha introdotto anche il gesto delle corna.

giovedì 29 settembre 2016

Steel Panther - Milano, 28/9/2016

Nota: Questo articolo è stato scritto dal nostro guest blogger Tino, che ringraziamo per il prezioso contributo.

La musica non è come il cinema, nella musica ci sono i cicli si diceva in Be Cool, film del 2005 dove John Travolta interpretava un produttore musicale; mai come ora questa affermazione è vera, sopratutto se parliamo degli Steel Panther: una strepitosa band californiana che unisce, in pieno stile anni 80, musica orecchiabile ma potente e graffiante, capelloni, magliette strappate, testi espliciti a sfondo sessuale.

Il quartetto inizia la sua carriera all'inizio degli anni duemila, ma tra cover e apparizioni in spettacoli televisivi non fece molto altro e dovette aspettare il 2009 con il lancio di Feel the Steel che gli valse quasi la nomination per la categoria Best Comedy Album ai Grammy Awards del 2010.

Con una popolarità in crescita costante e l'uscita del secondo disco Balls Out, gli Steel Panther furono invitati ad aprire i concerti dei Def Leppard e dei Mötley Crüe e, solo una settimana dopo, dei Guns 'n Roses. Nei due anni successivi molte date dei due tour in UK, del tour in Europa e dei due tour in Australia (il primo dei quali sponsorizzato da Brazzers) furono dei completi sold-out e al Download Festival del 2012 si esibirono davanti a una folla di 100.000 persone.

L'ultimo album in studio della band, All You Can Eat, è del 2014 e il suo successo consente alle cotonate pantere di poter organizzare il primo tour negli Stati Uniti come headliner. Unica produzione live della band è Live From Lexxi's Mom Garage, un live acustico davanti a un pubblico di sole donne. Inclusa, appunto, la madre del bassista Lexxi Foxx.

Lo spettacolo sul palco laterale dell'Alcatraz inizia mandando on-air I Love It Loud dei Kiss, un inizio piuttosto insolito, prima dell'ingresso della band in pantaloni attillatissimi, magliette strappate e fasce in testa in puro stile anni 80 e iniziando lo spettacolo con Eyes of a Panther seguita da Just Like Tiger Woods. Il gruppo intervalla molti siparietti divertenti e autoironici durante il concerto, Satchel ad esempio ha chiesto quanti tra il pubblico sono venuti al concerto pensando di vedere i Poison.

Il concerto poi prosegue con Party Like Tomorrow is The End of The World, Asian Hooker, Turn Out the Lights prima di uno spettacolare assolo di chitarra dove Satchel ha suonato molti riff di pezzi famosissimi di altri gruppi (Iron Maiden, Guns 'n Roses, Metallica solo per citarne alcuni) mentre con un piede picchiava il pedale della cassa della batteria. Prosegue la carrellata di pezzi prima di arrivare alla parte acustica del concerto con She's on the Rag e arrivare al secondo spettacolino della band. Michael Starr invita una ragazza sul palco, Michelle, e sulle note dell'omonimo pezzo dei Beatles i quattro mattacchioni improvvisano un momento alla Uomini e Donne dove cercando di corteggiare (invano) la povera malcapitata.

17 Girls in a Row genera un po' quello che tutti si aspettano ovvero l'invasione di una ventina di ragazze sul palco che rimangono anche per il pezzo successivo, Gloryhole tratto dal loro ultimo album in studio.

I cavalli di battaglia Community Property e Death to All but Metal portano il concerto alla finta conclusione prima dei due pezzi finali Fat Girl e Party All Day (Fuck All Night).

16 pezzi per un paio d'ore di spettacolo, gli Steel Panther hanno dimostrato non solo di essere degli ottimi musicisti ma anche degli eccezionali intrattenitori.

lunedì 26 settembre 2016

Bruce Springsteen - Chapter and Verse

Sono passati oltre quattro anni dall'uscita dell'ultimo album di inediti intitolato Wrecking Ball e quasi tre dalla deludente raccolta di B-side e brani scartati intitolata High Hopes, e ora finalmente troviamo tra le uscite discografiche il nuovo album del Boss pubblicato in contemporanea con la sua autobiografia intitolata Born to Run.

Il disco si intitola Chapter and Verse ed è composto da 18 brani di cui 5 inediti e 13 già pubblicati su album o raccolte. I cinque inediti sono tratti dal passato remoto della carriera di Springsteen e spaziano dal 1966 al 1972. I primi due sono addirittura tratti dalle registrazioni dei Castiles (il primo gruppo di Springsteen) e risalgono rispettivamente al 66 e al 67. Il primo pezzo è intitolato Baby I ed è un rock and roll ruspante e grezzo in cui Springsteen, che mostra di non avere ancora la voce levigata che lo ha reso celebre, esprime tutta la sua gioia in modo molto spontaneo e un po' disordinato. Segue una cover di You Can't Judge a Book by the Cover di Bo Diddley (scritta da Willy Dixon) che i Castiles eseguono in modo piuttosto fedele all'originale ma aggiungendo un po' di allegria e, di nuovo, di rock and roll.

Il terzo pezzo si intitola He’s Guilty (The Judge Song) e risale al 1970, quando Bruce cantava in una band chiamata Steel Mill (da cui poi nacque la E-Street Band); il pezzo è ricco di riff di chitarra e molto energico e inizia a dare un assaggio di quella che sarà per decenni la musica distintiva del Boss, il suono è ancora un po' grezzo ma va raffinandosi con forza. Con la successiva The Ballad of Jesse James si cambia decisamente registro, come dice il titolo stesso si tratta di una ballad che vira fortemente verso il country, dal punto di vista canoro Springsteen inizia a far vedere le doti che nel giro di pochi anni saprà tirare fuori e il pezzo nel suo complesso è molto accattivante. L'ultimo inedito si intitola Henry Boy è composto solo di voce e chitarra e non suona del tutto nuovo perché la melodia è molto simile a quella che Bruce avrebbe poi usato per Rosalita.

Per il resto troviamo 13 brani che riassumono la carriera di Springsteen dal 1972 al 2012 con pezzi storici come 4th of July Asbury Park (Sandy), Born tu Run, Born in the U.S.A. e The Rising. E' ovvio che l'attenzione si debba concentrare sui cinque inediti, che sono gemme di grande valore. Magari qualitativamente sono più grezze di quanto ci si aspetterebbe da Springsteen, ma ci rivelano una versione del Boss fino ad oggi ignota, più ruspante, genuina e inesperta di quella che conosciamo bene.

Viene chiedersi quante altre perle di questo valore abbia Bruce nei propri archivi e il piacere di poterne ascoltare almeno cinque fa perdonare il fatto che forse ci aspettavamo un disco nuovo e che dopo quasi cinque anni sarebbe anche lecito chiederlo.