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mercoledì 24 luglio 2019

Gianluigi Cavallo - Base Ribelle

Sono passati quattro anni da quando la scena rock italiana è stata travolta dal ritorno discografico di Gianluigi "Cabo" Cavallo, ex frontman dei Litfiba dal 2000 al 2006, con l'album E=MC2 - Essenza di Macchina Cuore Cervello della nuova formazione denominata ilNero. E dopo un lungo tour che ha alternato performance in elettrico a altre in acustico, il 2019 vede finalmente l'uscita del nuovo album del cantante parmense, questa volta firmato con il suo solo nome e cognome e intitolato Base Ribelle.

Il disco è composto di dodici pezzi a cui ha collaborato come assistente anche il figlio Sebastiano, detto Zeb. Come suggerisce il titolo stesso, e come è normale aspettarsi dal passato di Cabo, tutte le tracce dell'album trasudano di un rock puro, genuino e diretto i cui testi parlano spesso della ribellione e del rifiuto dell'omologazione. E se questo aspetto era facilmente intuibile anche prima dell'ascolto, il disco presenta anche molti lati inattesi, come la sperimentazione e la contaminazione di musica etnica con cui Cabo ha arricchito la propria produzione.

L'uscita dell'album è stata preceduta dalla pubblicazione di due tracce che hanno dato un assaggio di quello che si trova nel disco intero con pezzi ricchi di riff di chitarra e con melodie che valorizzano appieno la straordinaria voce baritonale di Cabo. I primi due brani pubblicati sono stati Di Questo Mondo, che è il pezzo più pesante dell'intero album caratterizzato da suoni pesanti ai confini con il metal e con spruzzate di grunge nello stile di In Utero sul ritornello, e il midtempo Leggero che invece si muove su atmosfere più raccolte e distantissime da quelle del pezzo precedente.

Sonorità aggressive da heavy metal si trovano anche in Il Crocevia dei Miracoli ed E Fuoco Sia, impreziosita dai vocalizzi in stile gitano dello stesso Cabo prima e dopo l'ultimo ritornello. Tra i pezzi "d'assalto" troviamo anche Faccia al Vento, grintoso hard rock che cita anche uno stralcio di un'intervista a Giovanni Falcone sul non rimanere prigioniero della paura.


Nel disco spiccano anche alcuni pezzi influenzati dallo stoner rock dalla velocità non troppo elevata e che risultano anche essere quelli che mettono più in luce le capacità vocali di Cabo. Tra questi troviamo Destino, Sei e Orizzonte che è uno dei momenti più interessanti del disco grazie alle sua mescolanza di stoner, psichedelia e influenze mediterranee.

Come anticipato, non mancano momenti più melodici come il midtempo Quello Che Ho, anch'essa influenzata dal med rock, e l'etera Nuvole ricca di venature new wave e synth pop. Completano il disco il rock and roll della title track, introdotta da una citazione del compianto presidente Sandro Pertini sull'importanza del seguire i propri ideali per distinguersi dalla massa, e la lenta e profonda traccia di chiusura Le Nostre Verità.

In conclusione questo album è sicuramente una delle uscite migliori di questo 2019, grazie a dodici tracce ricche di spunti diversi che meriterebbero tutte una pubblicazione in singolo. Che Cabo fosse uno dei migliori autori e interpreti del rock italiano è noto fin da Elettromacumba, ma con questo album, che è il suo primo da solista, ha sicuramente alzato l'asticella dando pieno sfogo alla sua creatività. Base Ribelle è un assoluto capolavoro di rock, l'ennesimo della carriera di Cabo, e ora non resta che aspettare di poter sentire la potenza di questi pezzi deflagrare dal vivo nel prossimo tour.

lunedì 1 luglio 2019

Marko Hietala - Mustan Sydämen Rovio

Il 2019 vede l'esordio discografico da solista del bassista dei Nightwish Marko Hietala. La band finlandese è nota soprattutto per le straordinarie doti canore delle tre vocalist che si sono avvicendate come frontwoman, ma non va dimenticato che Hietala esegue tutte le voci maschili ed i cori sin da Century Child del 2002 ed è quindi l'unico e vero quarto cantante della band.

L'album solista di Hietala si intitola Mustan Sydämen Rovio ed è composto da dieci tracce cantate interamente in finlandese, aspetto che dona un tocco particolare al disco che manca alle incisioni dei Nightwish. Inoltre la musica solista di Marko si distanza notevolmente dal metal della band per assestarsi su un hard rock ricco di spunti diversi ma lontanissimo dal lirismo dei Nightwish.

L'album parte fortissimo con l'energica e maestosa Kiviä in cui Hietala dà subito una forte prova delle qualità della sua voce. Subito dopo troviamo Isäni ääni, la prima delle sei ballad del disco che rallenta i ritmi. Con la terza traccia Tähti, hiekka ja varjo troviamo marcate suggestioni elettroniche da AOR ottantiano che donano sonorità patinate molto lontane dal suono delle due tracce di apertura, ma che ritroveremo in abbondanza in altri pezzi. Sulle stesse atmosfere troviamo ad esempio Vapauden kuolinmarssi e la ballad Laulu sinulle. Come anticipato il disco è ricco di ballad e oltre a quelle già menzionate troviamo l'onirica Minä olen tie e Unelmoin öisin oltre a Kuolleiden jumalten poik che alterna strofe leggere a ritornelli più pesanti.

Completano il disco due pezzi dal sapore folk quali la grintosa Juoksen rautateitä e la ballad Totuus vapauttaa che chiude il disco.

Il primo album di Marko Hietala è in sintesi un ottimo disco che convince e intrattiene dal primo all'ultimo pezzo, ricco di contaminazioni diverse e che stupisce per quanto Hietala si sia allontanato da quanto fatto in passato. Mustan Sydämen Rovio piacerà ai fan dei Nightwish ma anche ai rocker di ogni genere e centra perfettamente l'obiettivo dei dischi solisti, cioè quello di dar modo ai musicisti di esprimersi anche in stili diversi da quelli delle loro band.

venerdì 21 giugno 2019

Pubblicata una registrazione inedita di Freddie Mercury? Non proprio.

Da alcuni giorni si legge sulle maggiori testate che sarebbe stata pubblicata una traccia inedita di Freddie Mercury intitolata Time Waits for No One. In realtà le informazioni su di essa sono moto confuse e spesso errate, proviamo quindi a chiarire cosa è stato pubblicato e perché non si tratta di una registrazione inedita.

Anzitutto la traccia è una versione nuova di quella pubblicata con il titolo Time nel concept album (e colonna sonora del musical omonimo) dallo stesso titolo di David Clark del 1986. Come spiegato dallo stesso David Clark alla BBC in occasione della pubblicazione della nuova versione, quando registrarono Time negli studi di Abbey Road Freddie registrò dapprima la propria linea vocale accompagnato solo dal piano suonato da Mike Moran. Alla prima registrazione furono poi sommate altre 48 tracce vocali per arrivare alla fine alla sovrapposizione di 96 tracce tra quelle vocali e quelle strumentali che compongono la versione presente sull'album. Anni dopo Clark chiese agli ingegneri che lavorano con lui di trovare la registrazione originale di Mercury, ma non essendo possibile trovarla dovettero isolarla partendo dalla registrazione che finì nel disco. Solo nel 2017 riuscirono finalmente a isolare la registrazione originale composta da piano e voce.

Contrariamente da quanto si legge in rete (anche su siti autorevoli come la stessa BBC) Mike Moran non ha registrato di nuovo la propria parte al piano, ma quella che accompagna Freddie nella traccia da poco pubblicata è proprio la registrazione originale del 1986.

Anche il video nuovo pubblicato insieme all'audio è stato ottenuto isolando l'immagine di Freddie Mercury dal video originale e spesso stringendo le inquadrature su di lui anziché riprendere il coro e la scenografia come nella versione originale.


Time Waits for No One non può quindi essere considerata una registrazione inedita, ma una nuova versione di un pezzo già edito a cui sono state tolte delle parti. Questa nuova versione è comunque un capolavoro al pari di quella edita in passato e valorizza la voce di Freddie come forse la versione originale non faceva.

Inedita o no, resta comunque una perla di musica la cui riscoperta è in ogni caso molto preziosa.

giovedì 20 giugno 2019

Def Leppard + Whitesnake - Assago, 19/6/2019

Tra i miei gruppi preferiti che non avevo mai visto dal vivo ce n'era uno che occupava un posto particolare, perché il desiderio di vedere un live del leopardo sordo guidato da Joe Elliot era veramente molto alto. E quindi appena uscito il calendario dei concerti del 2019 è partito l'assalto alla pagina web di TicketOne per assicurarsi un posto nel parterre, quello dove fa caldo e non c'è neanche un centimetro per respirare, ma da dove il concerto si vive appieno vicino al palco. La locandina riportava che ci sarebbero stati anche i Whitesnake come very special guest perché ovviamente non si tratta di un gruppo di apertura e quindi il concerto in realtà ha un doppio headliner.

Causa un incidente in tangenziale il percorso che ci conduce al Forum è particolarmente impervio tra la periferia milanese più degradata, ma poco male: arriviamo in anticipo e senza fretta. Appena entriamo ci troviamo immersi nella folla che quando alle otto precise vede i Whitesnake aprire lo spettacolo è già accalcata per accogliere i propri idoli. La band di Coverdale parte fortissimo con Bad Boys dal loro album più famoso e prosegue subito dopo con Slide It In, per poi procedere attingendo principalmente dai loro album della fase hair metal.

Coverdale esegue quasi tutta la sua performance sulla parte di palco che si estende in mezzo al pubblico, stando quindi vicino ai fan e lontano dal resto della band. Nonostante gli anni che passano il vocalist tiene la scena alla grande, e la sua voce trova riposo solo dopo mezz'ora quando i due chitarristi Reb Beach e Joel Hoekstra si cimentano in un guitar duel e quando poco dopo Tommy Aldridge regala un assolo di batteria, dapprima con le bacchette e poi a mani nude. La band esegue solo due pezzi dall'ultimo album Flesh & Blood, quali Shut Up & Kiss Me e Hey You, e tiene sapientemente le ballad come Is This Love e Here I Go Again per la chiusura dello show.

Quando Coverdale presenta la band il pubblico esulta per il nostrano Michele Luppi alle tastiere, e anche quando il sestetto saluta il pubblico prima di lasciare il palco ai Def Leppard la folla scandisce ancora il nome di Michele a rimarcare che l'eccellenza italiana va apprezzata e sostenuta.

Dopo un'ora sembra di aver appena assistito a un concerto fantastico, ma forse non sappiamo che ciò che sta per arrivare sarà ancora meglio. Perché se i Whitesnake sono grandiosi, i Def Leppard sono di un altro pianeta.

Il gruppo di Elliot parte subito con due grandi classici come Rocket e Animal e il tuffo nel passato prosegue con Let It Go e When Love and Hate Collide. Anche i Def Leppard si concentrano principalmente sulla fase AOR della loro carriera eseguendo ben sei pezzi da Hysteria e tre da High 'n' Dry.

La performance della band è stellare dall'inizio alla fine, con i quattro musicisti che non sbagliano un colpo nelle musiche e nei cori, e con le inquadrature sui maxischermi che indugiano spesso sull'eroico batterista Rick Allen che viene accolto da applausi ogni volta che appare sui video.

Joe Elliot coinvolge il pubblico tantissimo, invitandolo a cantare con lui e a eseguire i cori, tanto che non sembra di essere il pubblico che assiste a uno spettacolo, ma parte dello spettacolo stesso. La band è semplicemente perfetta per tutte le quasi due ore del concerto in cui il meglio del proprio repertorio più la cover di Rock On di David Essex e uno snippet di "Heroes" di David Bowie all'interno di Hysteria (e qualcuno accanto a noi commenta che il pezzo del Duca Bianco è talmente inflazionato che una cover di "Heroes" l'ha fatta anche mia nonna).

L'energia della musica si ferma solo per Two Steps Behind eseguita in acustico, per la quale anche Elliot imbraccia la chitarra. Il concerto termina con Pour Some Sugar on Me, Rock of Ages e Photograph e al termine dell'encore il pubblico applaude unanime la band che saluta Milano dopo un concerto strepitoso.

Mentre usciamo dal Forum e ci infiliamo nel trafficatissimo parcheggio riflettiamo sul fatto che i Def Leppard sono stati davvero fenomenali: suono pulito e potente e coinvolgenti come nessun altro. Magari qualche pezzo dal primo album On Through the Night (quello dal suono un po' più metallico degli altri) ci sarebbe stato bene, ma va bene anche così! Perché in realtà questa sera è andato bene tutto e ora on through the night ci tuffiamo davvero consapevoli che quella che abbiamo appena visto è una delle migliori band al mondo e che dal vivo sono una vera forza della natura.

lunedì 10 giugno 2019

I b-side dei Doors

Durante la loro carriera discografica, che si estende tra il 1967 e il 1978, i Doors hanno pubblicato nove album in studio e oltre venti singoli, e tra i b-side che hanno accompagnato le loro hit più famose su vinile solo tre non sono mai stati pubblicate all'interno degli album.

Il primo di essi risale al 1969 e si intitola Who Scared You, b-side di Wishful Sinful tratto dal The Soft Parade. Il brano è stato scritto da Jim Morrison e Robby Krieger ed è un pezzo di rock psichedelico ricco di contaminazioni di jazz fusion, come nello stile di The Soft Parade di cui è coevo, nel brano non mancano infatti lunghe parte strumentali tra i ritornelli e le strofe.

Il secondo b-side mai pubblicato su un album risale invece al 1971 ed è la cover di (You Need Meat) Don't Look No Further di Willie Dixon incisa per la prima volta da Muddy Waters nel 1956 con il titolo Don't Go No Farther. La versione dei Doors è stata pubblicata come b-side di Love Her Madly dall'album L.A. Woman ed è l'unica registrazione in studio della band ad essere cantata da Ray Manzarek prima della morte di Jim Morrison, il quale in questo caso non ha avuto alcun ruolo nelle registrazioni.

L'esecuzione canora di Manzarek non ha comunque nulla da invidiare al suo più noto collega (come in futuro avrebbe ampiamente dimostrato negli album registrati dopo la morte di Morrison), rispetto all'esecuzione di Muddy Waters il pezzo mantiene le atmosfere blues, ma aggiunge le stesse connotazioni di blues rock che contraddistinguono L.A. Woman rendendolo in generale un po' più grintoso e ovviamente Manzarek canta su note più alte rispetto a quelle di Muddy Waters.

Il terzo e ultimo dei tre brani mai pubblicati in album è Treetrunk del 1972, pubblicato come b-side di Get Up and Dance tratto da Full Circle, secondo e ultimo album pubblicato dalla band con Manzarek e Krieger alla voce dopo la prematura scomparsa di Jim Morrison. Il pezzo è sorprendentemente pop e orecchiabile ed è stato escluso dal disco proprio per l'approccio diverso rispetto a quello di ogni altra registrazione del gruppo.

Who Scared You e (You Need Meat) Don't Look No Further comparvero per la prima volta in un 33 giri nel 1972, nella compilation Weird Scenes Inside the Gold Mine. In seguito Who Scared You fu inserita nel cofanetto quadruplo The Doors: Box Set del 1997 (anche se in una versione accorciata), mentre (You Need Meat) Don't Look No Further trovò la sua prima pubblicazione in CD nella raccolta Perception composta da 12 dodici dischi che raccolgono i primi sei album della band con l'aggiunta di outtakes e tracce extra.

Treetrunk fu invece pubblicata in un album solo nel 2010, nell'edizione in CD a doppio disco di Other Voices e Full Circle e da allora è stata inclusa solo in un altra compilation: il cofanetto The Singles Box destinato al mercato giapponese del 2013.

Questi tre sono sicuramente brani meno noti della ricca discografia dei Doors, tuttavia il fatto che si tratti di pezzi di gran livello conferma il fatto che anche i brani scartati da Doors sono capolavori di rock dallo stile inconfondibile così come le loro tracce più note.

sabato 18 maggio 2019

Giacomo Voli - Cremona, 17/5/2019

Data fissata in calendario già da più di un mese, appena dopo aver letto tra gli eventi di Giacomo Voli che il 18 maggio si sarebbe fermato a Cremona. Non sapevo dove fosse il Nelson Pub, per me è un po' fuori dal giro, ma imposto il navigatore e si parte tra il freddo e la pioggia di questo strano mese di presunta primavera.

Il locale è piccolo è raccolto, con un bellissimo soffitto a volta con mattoni a vista che trasuda il rock and roll delle cantine americane tanto che viene voglia di voltarsi per vedere se appoggiati al bancone a bere una birra non ci siano anche Jim Morrison e Ray Manzarek.

Prima che inizi il live Giacomo gira tra il pubblico che si fa sempre più numeroso, come se non fosse il vocalist della band metal più blasonata del nostro paese ma un amico che ha organizzato una festa e invitato un po' di altri amici. Il live inizia verso le 22:30; si parte con Don't Stop Me Now  dei Queen, si procede con Hold the Line dei Toto e Eye of the Tiger dei Survivor che lascia un po' sorpresi, non essendo uno di quei pezzi che di norma si ascoltano agli acustici, ma il Re Mida della musica che abbiamo davanti riesce alla grande ad trasformare in questo stile uno dei brani di AOR più iconici di sempre. Tra un pezzo e l'altro Giacomo condisce la musica con qualche racconto personale, spiegando perché è legato ai pezzi che esegue e proprio per Eye of the Tiger narra come il giro di chitarra così aggressivo lo abbia colpito fin da bambino.

Il nostro vocalist alterna tastiera e chitarra mentre esegue pezzi presi dal repertorio rock di ogni genere dagli anni 60 ad oggi, passando con disinvoltura dai Beatles agli U2 e dai Deep Purple a Gethsemane di Jesus Christ Superstar per la quale racconta di essere più legato alla versione di Ian Gillian che a quella più celebre di Ted Neeley

Vorrei un caffè e mi volto per vedere se riesco a chiamare il cameriere, ma il pubblico dietro di me è molto più nutrito di quanto avessi capito e forma una barriera umana. Ottimo! Questo grande talento che si sta esibendo merita un pubblico numeroso, e pazienza se il caffè dovrà aspettare. Anzi, il locale è talmente gremito che un ragazzo mi chiede se si può sedere in un posto vuoto al mio tavolo e ça va sans dire che la risposta sia positiva, perché il rock unisce, aggrega e un gesto di amicizia non si nega a nessuno.

Intanto sul palco Giacomo non sbaglia un colpo, l'esecuzione è perfetta sia musicalmente che vocalmente e ogni pezzo è condito con un po' di gusto personale del nostro Voli che adatta i brani all'acustico con grande maestria. Gli assoli vengono spesso sostituiti da vocalizzi, ed essendo Giacomo uno dei migliori vocalist del pianeta il risultato è sorprendente quanto interessante e viene da chiedersi se forse i pezzi non siano più belli così di come erano in origine.

Tra i pezzi in scaletta ne troviamo anche I Don't Want To Miss a Thing e Dream On degli Aerosmith e Black Hole Sun dei Soundgarden e Giacomo non può trattenere un ringraziamento a Steven Tyler e Chris Cornell per il loro contributo alla storia della musica e per le loro composizioni.

Circa mezzora dopo la mezzanotte il mixerista fa segno che c'è tempo solo per altri due pezzi. Peccato, dobbiamo rinunciare a Rock And Roll, il brano di Giacomo Voli di cui anche i Led Zeppelin hanno fatto una cover (...okay, forse non è proprio così, ma fa niente... o forse non era così fino a qualche anno fa e adesso sì).

Finito il concerto il pubblico ancora gremito non accenna ad allontanarsi ed attornia Giacomo per scambiare due parole o magari sentire qualche aneddoto da questo ragazzo che nonostante la giovane età ha esperienza da vendere.

Risaliamo in macchina, maltempo e freddo non se ne sono andati, ma ripartiamo con la consapevolezza che valeva la pena sfidare ogni goccia di pioggia per assistere al concerto di un grande artista, in una bellissima location e con un pubblico caldissimo che in questa serata non poteva mancare.

lunedì 11 marzo 2019

An interview with Pierre Edel

An Italian translation in available here.

French-Russian singer Pierre Edel is one of the most interesting vocalists on nowadays rock 'n'roll music. To discuss the four times he competed in the talent show The Voice and his most relevant recordings, Pierre accepted our proposal for an interview.

We would like to thank Pierre Edel for his kindness and availability.


125esima Strada: Hi Pierre and thanks for the time you are giving us. Let's talk first about your 2017 album which is on SoundCloud. I know it took you many years to write and record it. What's the story behind this album?

Pierre Edel: The album is a collection of stuff that I wrote between 2006 and 2007, over ten years of songwriting and of course I released much more stuff with different bands but these ones are so special to me I don’t even know if I would play them on stage. Of course I did just a couple of times, there’s a live version of 66Sex in Odessa on YouTube and that’s about it.

66Sex and Chemistry of Love were written in 2006, all the other songs were written a bit later and Return to the City of Love was written in 2017 because I was coming back to live in Paris. I wanted to pick some of the songs I hadn't released, or if I did release them they were not recorded properly, maybe I didn’t have the right vocal technique yet to sing these songs. There were two more songs that were supposed to be rerecorded, one of which was called Leaving the City of Love, which is of course the first part to Return to the City of Love, and the other one was called Rock ‘n’ Roll Smells Funny, and I guess I have some recordings of us playing them as a trio with me on the guitar on rehearsal or the only time the songs were played live.


125esima Strada: Is there any song of the album you like better than the others? If so, why?

Pierre Edel: The song I like most is Return to the City of Love, it works, it’s catchy. If I was to release it on a mainstream label I would simplify it a little bit, chop out some of the prog melodies in between the verses, they don’t really make sense but they are just fun to play for me and fun to listen to. It’s a Frank Zappa thing. One of my best friend, my guitarist, said “You write good songs and then you do anything you can to ruin them.” So I would chop out the stuff that is a little bit too much.


125esima Strada: Let's talk also about your collaboration with Sergey Mavrin. How did you get involved and how did you two work together?

Pierre Edel: When I was a little kid living in France I was living with a nanny, I didn’t really see my parents that much, they were divorced when I was born. So I was living with an old Russian lady I loved so much, she was a like grandmother to me, I went to see her recently in Moscow she’s almost 90 years old now. At some point her grandson, who is Russian of course, had to come over also, I was 7 years old and he was 12 or 13. We lived all together for about 5 or 6 years in Paris and London and this guy was into rock ‘n’ roll music, it was the mid-90s, so he would listen to Scorpions, Nirvana, Metallica, Guns N' Roses, all that kind of stuff. And of course he also listened to Russian music and there was this huge band, the biggest heavy metal band in Russia and in the Soviet Union: Aria. The guitarists for this band during some of their peak albums in the late 80s was a guy called Sergey Mavrin and he’s a guitar virtuoso and he wrote some beautiful songs with the first singer Valery Kipelov. Kipelov today has his own band called Kipelov, a great band also.

Growing up at a certain point I knew I wanted to play rock ‘n’ roll music and I would have never become a musician without my nanny’s grandson, we met a few weeks ago when I was in Moscow and we had a good time, he’s now 36, has a wife and two kids.

So in 2013 I thought “I should just send some emails to my favorite musicians” and I started writing emails to Steve Vai, Yngwie Malmsteen, Michael Schenker, Herman Rarebell from Scorpions, and others. I wrote an email to Sergey Mavrin and he actually replied, and I said “You know what? Let’s make an album.” And that worked for me several times in my life also with a guy called Christophe Godin in France, I did almost the same. I took one of his instrumental songs, recorded my voice over it, sent it to him and said “Let’s play on stage together.” which lead us to Birmingham in England where he introduced me to Tony Iommi.

It worked and we are still friends. Sergey is a very humble person and a great musician.


125esima Strada: What is absolutely striking in your career is that you competed in four editions of The Voice. How come? How did you decide to do something so weird?

Pierre Edel: In 2013 I was in Moscow and I received an email, it was from a headhunter for these big TV shows. Of course people apply, there were tens of thousands of people applying for each season, but there are also headhunters, people who are paid to look out for talents on the internet. We just had our video Black Dog out on YouTube and one of these headhunters for the production society that produces The Voice of France said “We found this video and you should come over to Paris for the auditions.” I didn’t even know what The Voice was because at that point there had been only two seasons in France.

I flew to Paris (I moved zillions of times from Paris to Moscow and from Moscow to Paris in my life). I did the auditions and it worked and it took almost half a year of my life. Then the same thing happened in Russia. They saw me on The Voice of France because there’s a guy who works for both the production of The Voice of France and The Voice of Russia and he recommended me and they invited me to do The Voice of Russia.

And then - believe it or not - exactly the same thing happened with The Voice of Ukraine. Actually many people from The Voice of Russia went to The Voice of Ukraine. It has become quite typical; you also have people who made The Voice of Turkey and then The Voice of Russia or The Voice of Ukraine. I guess there will be more and more people doing at least two editions of The Voice, but as far as I know four editions is unique. But the thing is the more seasons you get, the more people you get and the less incredible it becomes to participate in that show. If you think about it when we only had a couple of seasons, and they show about 60 singers in every season, you would have in a single country about 100 or 150 people who would have been shown on TV, so it was quite unique. Now that we have almost ten season you have over 1.500 people and you don’t have zillions of singers in a single country; so at some point it becomes irrelevant and it doesn’t add anything to your curriculum. But four editions is something that you do because you have to top it.


125esima Strada: On your YouTube channel there's also a cover of The Sky is Crying by Elmore James, what's the role of blues music in your musical background?

Pierre Edel: The guy who taught me the guitar when I was 13 was a big blues fan, he had an electric guitar. When I saw that electric guitar, it was a Yahama Pacifica, that was the moment I knew my life was going to change. He also had an acoustic guitar, a Seagull, but it took me a while to get interested in that, maybe a few months, because I was into the electric guitar at first which is weird because usually people start with an acoustic guitar and then move to the electric.

At some point I was really into Richie Sambora and I wanted to have a twelve-string guitar to be able to play Wanted Dead or Alive by Bon Jovi. It was all about the blues because all the solos I would learn, Steve Lukather, Richie Sambora, Stevie Ray Vaughan, that all lead me to the roots, or some of the roots because I don’t consider rock 'n' roll to have only black blues roots. So I wanted to study that and I started to listen to Willie Dixon, John Lee Hooker, Elmore James, all the kings like Albert King, Freddie King, B.B. King, and Hendrix obviously.

At the same time I really studied the history of music, because when I was a kid I was studying classical music, and I came to understand that black musicians and blues gave a lot to rock 'n' roll but it’s all with white European instruments: the cymbals, the double bass, the piano, the guitar. It’s an amazing marriage between the blues feeling and the classical instruments and also English, Irish and Scottish classical and traditional music which you can find even when you listen to the Beatles. And technology of course, like the electric guitars. So it’s just a mix of so many things that came together in the sixties and gave birth to this beautiful music that is rock 'n' roll.


125esima Strada: Another surprising thing you did is a medley of three songs by Lady Gaga with Michael Sobin. Lady Gaga seems to be so far from your style, so how was this conceived?

Pierre Edel: It is quite far but actually if you check it out we have many videos and tracks in different styles: dubstep, hip hop, ... And this is something I’ve always done. Music is fun and it’s fun to try something else, it doesn’t mean I would completely get into that but I came across so many different genres and styles throughout the 90s and early 2000s. Of course stuff like Limp Bizkit and Red Hot Chili Peppers, and this crossovers between electronic music and rock and so on. I wouldn’t really listen to it, I would just have fun with it.

Michael Sobin is an amazing guitarist, if you check out his channel, he’s a real virtuoso. We met in 2012 because there was a band called Witchcraft in Russia and they were looking for a male singer, he was playing in that band. We did four tracks in that crossover style as the Lady Gaga video: we did Michael Jackson, there’s also a cover of Cry Me a River by Justin Timberlake and The Weeknd’s Can't Feel my Face.

At some point we were asked by a talent show in Russia to come over and present this Justin Timberlake track, so we did it but they didn’t like the fact I had already been a part of The Voice because they had some administration and administrative dilemma with the guys from The Voice.

Sobin is a very good friend of mine and we also wrote a couple of original tracks together, there’s a track called Cannonball which is a quite amusing track, a crossover between dubstep, trap and rap.


125esima Strada: You come from two countries that have a very strong history of hard rock and metal music. Aria and Chorny Kofe for Russia and Trust, H-Bomb and Demon Eyes for France are just the first examples that come to my mind. So, how come you decided to sing in English instead of French or Russian?

Pierre Edel: I really think that rock 'n' roll is supposed to be sung in English. If you sing in Russian it will only work in Russia, if it works; if you sing in French it won’t work anywhere because the French don’t care about metal or rock music. There are little niches, you would always find a couple of thousand people who are into voodoo magic, a couple of thousand people who are on some kind of strange diet, you can find a couple of thousand people who want to have their tongue split. You can always find these minorities. But rock 'n' roll is not at all a trend in France and has never been. You’ll always find one or two artists who made it like Trust, but they made it in the 80s, so it’s a total different story.

I know three guys from Trust: two of the guitarists and the drummer. I’ve been on stage with them and they are really cool people but they are dinosaurs basically. No one cares for rock 'n' roll in France, there are no new rock bands. Metal is a little different, I don’t really care for metal; I used to be a metalhead when I was 16, but I don’t like the whole mythology, I don’t like the leather and spikes, it’s a little cheesy and lacks this sense of humor and the aesthetics you find in hard rock with bands like Deep Purple or Whitesnake. It’s kind of heavy metalish in some points but it’s still hard rock.

Metal lacks the sexiness, I like the sexiness of rock blues. Look at Iron Maiden and their fans, I look at the long hair and the clothes and it smells of perspiration to me. So, you’d find metalheads in France, but not old school rockers unless they are 50 years old, or 150 years old.

It’s more or less the same in Russia. You’ll find more people who are into hard rock in Russia, but it’s irrelevant.

I like to sing in the US, to sing in Great Britain, to sing in New Zealand. Who would listen to me if I was singing in French or Russian?

You could say Rammstein sing in German. Yes, cool. That’s the only band who sing in a different language. Maybe you’ll find one or two more, but Scorpions are German and they sing in English, biggest metal band in France, Gojira, sing in English.

Second, to me English is the language of rock 'n' roll. I love French, I wrote lots of songs in French and I have a SoundCloud with twenty French songs, I read a lot of poetry, I wrote a book in French. I love my native language but rock 'n' roll is meant to be sung in English. If you can’t sing in English, you do your best in your country in Italian, Spanish, Portuguese, but will only be interesting to people in that particular country.


125esima Strada: Who are the musicians or bands that influenced you most during your whole career?

Pierre Edel: Number one league would be Glenn Hughes and David Coverdale. I remember when I was 15 and I was in art school: I went to a park with a friend of mine and he had a little turntable and we played a vinyl by Deep Purple in which of course you have David Coverdale and Glenn Hughes and that was a very strong and emotional moment to me. First of all because it’s so unusual to have two singers in the same band, and it’s also unusual that the two of them would become huge rock stars. Glenn Hughes must have been the only one who had been lead singer for Deep Purple and Black Sabbath and he made some back vocals for Whitesnake. I love his voice, I love his way of everything, his way of moving, his talking, his clothes, his manners. I love his bass playing also.

Best album to me is Burning Japan, 1994. There’s Burn of course, then The Liar and third track is Muscle And Blood which is to me one of the best rock 'n' roll songs of all time. And then You Keep On Moving which he wrote with David Coverdale when he was with Deep Purple of which I made my own version on YouTube. This Time Around which he wrote with John Lord, I have a version of that too on YouTube. It is the finest of the finest of the music that was produced.

Of course I am also a fan of his solo career, his ballads are beautiful, such as Why Don’t You Stay and Lay My Body Down.

And then on the other hand you have David Coverdale and Whitesnake. I’m a huge fan of Whitesnake, I have a Whitesnake tattoo on my forearm, listening to Whitesnake is just one of the most inspiring things for rock musicians. I also like the Steve Vai era, Slip of the Tongue was heavily criticized, but I think it was great, all the songs were written by Adrian Vandenberg except Fool For Your Loving which was a rerecording of a great classic. I love Steve Vai who was one of my greatest influence as a guitarist, one of the greatest albums of all times to me is Sex and Religion by Steve Vai on which you have Devin Townsend singing, T.M. Stevens as bass player and Vinnie Colaiuta on drums.

I’m also a huge fan of Winger, Scorpions, Def Leppard, Frank Zappa, and the list goes on.


125esima Strada: And who are your favorites of today's music scene?

Pierre Edel: I guess the most modern band I would listen to would be Nirvana. Just kidding. I’ve had moments in my life when I was really into a band called Pain of Salvation. I wouldn’t say it’s today’s music scene really but it’s post 2000. And there’s a British band called Threshold, astonishing songwriting, they have a song called Pilot and the Sky of Dreams and I would say this is what Pink Floyd would have made if they were twenty into the 2000s.

Pagan’s Mind is a nice metal band, I said I don’t like the metal lifestyle, but sure I like some of metal music especially if it’s melodic. I have a Manowar tattoo.

That would be all. I don’t really listen to modern music that much.


125esima Strada: What do you think of new technologies, such as Spotify or YouTube, that allow musicians to spread their music all over the world? Are they good or bad for the music industry in your opinion?

Pierre Edel: I’m very lazy with social media and I don’t use them as much as I could and should. I like to be part of this generation that has a smartphone in its hand. I remember the 90s when I used to write letters when I was in some countries and some of my relatives were in other countries. I wasn’t bored at all and I think it was a good thing not having all these devices when I was a kid because it helped me concentrate on piano lessons, languages, sports, reading, drawing, writing. I find it harder to concentrate now than when I was a kid.

It’s a philosophical question and a political question because to say the something is good or bad is a political view of it. I listen to interviews to Steve Lukather, Steven Tyler, Steve Vai, and they always answer this question in a different manner. And the question is “If they were born the 90s or early 2000s would they be recognized for their talent?” I doubt it.

Because the worst thing about Spotify, YouTube and social media is that there’s too much garbage on it: anyone can become a musician, a photographer, a journalist, anything. At some point it becomes ridiculous because you don’t go outside and meet real people in a sports club or a music store. I remember the early 2000s when I found my first bass player in a paper magazine; I bought a magazine in a music store, I was looking for a bass player and I found there one. It was an add with no Spotify or Youtube link, it was 2003, not even a picture. But of course you lose time with that system.

So it’s a hard question to answer. There are good things and bad things about it. But the worst thing about it is that there’s absolutely no quality filter on YouTube, Facebook, Instagram, Spotify. There’s a huge pile of garbage. If you are into modern music and are looking for some quality artists, to find one you have to go through a hundred shitty artists and people who call themselves artists. That’s how I feel about it.

Intervista a Pierre Edel

L'originale in inglese è disponibile qui.

Il cantante franco-russo Pierre Edel è uno delle realtà più interessanti del rock 'n' roll odierno. Per parlare delle quattro edizioni del talent show The Voice a cui ha partecipato e delle sue incisioni più importanti, Pierre ha accettato la nostra proposta di un'intervista.

Ringraziamo Pierre Edel per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ciao Pierre e grazie per il tempo che ci stai dedicando. Iniziamo a parlare del tuo album del 2017 disponibile su SoundCloud. So che ti ci sono voluti molti anni per scriverlo e registrarlo. Che storia c'è dietro a questo album?

Pierre Edel: L'album è una raccolta di cose che ho scritto tra il 2006 e il 2007, oltre dieci anni di scrittura di canzoni e ovviamente ho pubblicato molta altra roba con altri gruppi ma queste sono molto speciali per me al punto che non so nemmeno se le suonerei dal vivo. Ovviamente l'ho fatto un paio di volte, c'è una versione live di 66Sex registrata ad Odessa su YouTube ma è tutto lì.

66Sex e Chemistry of Love sono state scritte nel 2006, tutte le altre canzoni sono state scritte un po' dopo e Return to the City of Love e stata scritta nel 2017 quando sono tornato a vivere a Parigi. Ho voluto raccogliere qualche canzone che non avevo pubblicato, o se le avevo pubblicate non erano state registrate nel modo giusto, o non avevo ancora la giusta tecnica vocale. C'erano altre due canzoni che avrei dovuto registrare, una delle due si intitola Leaving the City of Love, che è ovviamente la prima parte di Return to the City of Love, e l'altra si intitola Rock ‘n’ Roll Smells Funny, e credo di avere delle registrazioni di noi che la suoniamo in trio con me alla chitarra in prova o nell'unica volta che le abbiamo suonate dal vivo.


125esima Strada: C'è qualche canzone dell'album che preferisci rispetto alle altre? Se sì, perché?

Pierre Edel: La canzone che preferisco è Return to the City of Love, funziona, fa presa. Se dovessi pubblicarla per una grande etichetta la semplificherei un po', toglierei un po' delle melodie prog tra le strofe, non hanno molto senso ma sono divertenti da suonare per me e da ascoltare. E' una cosa nello stile di Frank Zappa. Uno dei miei migliori amici, il mio chitarrista, mi ha detto “Tu scrivi delle belle canzoni e poi fai di tutto per rovinarle.” Quindi taglierei tutte quelle cose che sono un po' esagerate.


125esima Strada: Parliamo della tua collaborazione con Sergey Mavrin. Come sei stato coinvolto e come avete lavorato insieme?

Pierre Edel: Quando ero piccolo e vivevo in Francia, vivevo con una balia, non vedevo spesso i miei genitori, erano divorziati quando nacqui. Quindi vivevo con un'anziana signora russa a cui volevo molto bene, è stata come una nonna per me, recentemente sono andato a trovarla a Mosca adesso ha quasi 90 anni. A un certo punto suo nipote, che ovviamente è russo, venne a vivere con noi, io avevo 7 anni e lui 12 o 13. Vivemmo insieme per 5 o 6 anni a Parigi e Londra e questo ragazzo era appassionato di rock ‘n’ roll, era la metà degli anni 90, quindi ascoltava gli Scorpions, i Nirvana, i Metallica, i Guns N' Roses, e cose di questo tipo. Ovviamente ascoltava anche musica russa e c'era un gruppo famosissimo, il più grande gruppo metal della Russia e dell'Unione Sovietica: gli Aria. Il chitarrista di questo gruppo durante il loro periodo di maggior successo alla fine degli anni 80 era Sergey Mavrin ed è un virtuoso della chitarra e ha scritto canzoni bellissime con il primo cantante Valery Kipelov. Kipelov oggi ha un'altra band che si chiama Kipelov, un'altra ottima band.

Crescendo a un certo punto capii che volevo fare musica rock ‘n’ roll e non sarei mai diventato un musicista se non fosse stato per il nipote della mia balia, ci siamo incontrati qualche settimana fa a Mosca e ci siamo divertiti, oggi ha 36 anni, una moglie e due figli.

Quindi nel 2013 pensai “Dovrei scrivere delle email ai miei musicisti preferiti” e iniziai a mandare email a Steve Vai, Yngwie Malmsteen, Michael Schenker, Herman Rarebell degli Scorpions, e altri. Scrissi un'email a Sergey Mavrin e mi rispose, e gli dissi “Sai una cosa? Potremmo fare un disco insieme.” Questo funzionò per me molte volte nella mia vita anche con un musicista francese che si chiama Christophe Godin, feci più o meno lo stesso. Presi uno dei suoi pezzi strumentali, ci registrai sopra una parte cantata, glielo mandai e gli dissi “Suoniamo insieme dal vivo.” e questo mi portò a Birmingham in Inghilterra dove mi presentò Tony Iommi.

Funzionò e siamo ancora amici. Sergey è una persona molto umile e un ottimo musicista.


125esima Strada: Una cosa davvero sorprendente della tua carriera è che hai partecipato a quattro edizioni di The Voice. Come è successo? Come hai deciso di fare una cosa così strana?

Pierre Edel: Nel 2013 ero a Mosca e ricevetti un email, era di un headhunter per questi grossi show televisivi. Ovviamente c'è gente che si iscrive, c'erano decine di migliaia di persone che si iscrivevano ad ogni edizione, ma ci sono anche gli headhunter, persone pagate per cercare dei talenti su internet. Avevamo appena pubblicato il nostro video di Black Dog su YouTube e uno di questi headhunter della società produttrice di The Voice of France disse “Abbiamo visto il tuo video e dovresti venire a Parigi per le audizioni.” Non sapevo nemmeno cosa fosse The Voice perché fino ad allora ce n'erano state solo due edizioni in Francia.

Andai a Parigi (ho viaggiato da Parigi a Mosca e da Mosca a Parigi un'infinitiva di volte nella mia vita). Feci le audizioni e andò bene e questo prese circa sei mesi della mia vita. Lo stesso mi successe in Russia. Mi videro in televisione a The Voice of France perché c'è una persona che lavora per entrambe le produzioni di The Voice of France e di The Voice of Russia e ha suggerito me e mi hanno invitato a fare The Voice of Russia.

E poi - che ci crediate o no - esattamente lo stesso successe con The Voice of Ukraine. In realtà molte persone da The Voice of Russia passano a The Voice of Ukraine. È diventato quasi normale; ci sono anche persone che hanno fatto The Voice of Turkey e poi The Voice of Russia o The Voice of Ukraine. Credo che ci saranno sempre più persone che faranno almeno due edizioni di The Voice, ma per quanto ne so quattro edizioni è una cosa unica. Ma più edizioni fai, più persone partecipano e diventa meno incredibile partecipare a quello show. Se ci pensi, dopo un paio di edizioni con 60 cantanti in ognuna, in ogni nazione c'erano 100 o 150 cantanti che avevano partecipato, quindi era una cosa peculiare. Adesso che ci sono state quasi dieci edizioni ci sono stati più di 1500 concorrenti e non ci sono miriadi di cantanti in ogni paese; quindi diventa insignificante e non aggiunge nulla al curriculum. Ma quattro edizioni è una cosa che fai per battere il record.


125esima Strada: Sul tuo canale YouTube c'è anche una cover di The Sky is Crying di Elmore James, che ruolo ha la musica blues nella tua formazione?

Pierre Edel: La persona che mi ha insegnato a suonare la chitarra quando avevo 13 anni era un fan della musica blues, aveva una chitarra elettrica. Quando vidi quella chitarra elettrica, era una Yahama Pacifica, fu il momento in cui capii che la mia vita sarebbe cambiata. Aveva anche una chitarra acustica, una Seagull, ma mi ci volle un po' prima di interessarmi anche a quella, qualche mese, perché mi interessava di più la chitarra elettrica che è strano perché di solito si parte con la chitarra acustica per poi andare verso quella elettrica.

A un certo punto mi appassionai a Richie Sambora e volevo una chitarra a dodici corde per poter suonare Wanted Dead or Alive dei Bon Jovi. Era tutto basato sul blues perché gli assoli che imparavo, di Steve Lukather, Richie Sambora, Stevie Ray Vaughan, mi portavano verso le origini, o alcune delle origini visto che non credo che il rock 'n' roll sia basato solo sul blues. Quindi volli studiarlo e iniziai ad ascoltare Willie Dixon, John Lee Hooker, Elmore James, i three kings Albert King, Freddie King, B.B. King, e ovviamente Hendrix.

Al contempo iniziai a studiare la storia della musica, perché da ragazzo studiavo musica classica, e arrivai a capire che i musicisti neri e il blues hanno dato molto al rock 'n' roll anche se è fatto con strumenti della musica bianca europea: i piatti, il contrabbasso, il piano, la chitarra. È un bellissimo connubio tra il feeling del blues e gli strumenti classici e anche la musica classica e tradizionale inglese, scozzese e irlandese che puoi trovare anche se ascolti i Beatles. E ovviamente anche la tecnologia, come le chitarre elettriche. Quindi è una mistura di molte cose che si sono unite negli anni 60 e che hanno dato vita a questa musica bellissima che è il rock 'n' roll.


125esima Strada: Un'altra cosa sorprendente che hai fatto è un medley di tre canzoni di by Lady Gaga con Michael Sobin. Lady Gaga sembra molto distante dal tuo stile, come è nata questa cosa?

Pierre Edel: E' abbastanza distante ma in realtà abbiamo fatto altri video e pezzi di stili differenti: dubstep, hip hop, ... Ed è una cosa che ho sempre fatto. La musica è divertimento ed è divertente provare cose diverse, non significa che mi ci getterei del tutto ma ho sentito molti generi diversi tra gli anni 90 e i primi anni 2000. Ovviamente erano cose tipo Limp Bizkit e Red Hot Chili Peppers, e questo è crossover tra musica elettronica e rock e altro. Non l'ascolterei, ma mi ci voglio solo divertire.

Michael Sobin è un chitarrista eccezionale, se guardi il suo canale, è un vero virtuoso. Ci siamo incontrati nel 2012 perché c'era una band in Russia chiamata Witchcraft e stavano cercando un cantante, lui suonava in quella band. Abbiamo registrato quattro tracce in quello stile crossover come nel video di Lady Gaga: abbiamo fatto Michael Jackson, anche una cover di Cry Me a River di Justin Timberlake e Can't Feel my Face di The Weeknd.

A un certo punto un talent show in Russia ci chiese di andare a presentare la cover di Justin Timberlake, quindi ci andammo ma non apprezzarono il fatto che io avessi già fatto The Voice perché avevano dei dubbi di carattere amministrativo verso chi proveniva da The Voice.

Sobin è un mio caro amico e abbiamo anche scritto un paio di pezzi insieme, ce n'è uno intitolato Cannonball che è abbastanza divertente, un crossover tra dubstep, trap e rap.


125esima Strada: Tu vieni da due nazioni che hanno una tradizione molto forte di musica hard rock e metal. Gli Aria e i Chorny Kofe in Russia e i Trust, gli H-Bomb e i Demon Eyes in Francia sono solo i primi esempi che mi vengono in mente. Quindi perché hai deciso di cantare in inglese e non in russo o francese?

Pierre Edel: Credo che il rock 'n' roll debba essere cantato in inglese. Se canti in russo funzionerà solo in Russia, sempre ammesso che funzioni; se canti in francese non funzionerà da nessuna parte perché ai francesi non interessa la musica rock o metal. Ci sono sempre le piccole nicchie, troverai duecento persone che praticano il voodoo, duecento persone che praticano qualche strana dieta, ci saranno duecento persone che vogliono farsi la lingua biforcuta. Ci saranno sempre queste minoranze. Ma il rock 'n' roll non è per niente seguito in Francia e non lo è mai stato. Troverai sempre un paio di artisti che hanno avuto successo come i Trust, ma lo hanno fatto negli anni 80, che è una storia completamente diversa.

Conosco tre membri dei Trust: due dei chitarristi e il batterista. Ho cantato dal vivo con loro e sono molto simpatici ma fondamentalmente sono dei dinosauri. A nessuno interessa il rock 'n' roll in Francia, non ci sono gruppi rock nuovi. Il metal è diverso, ma a me non interessa molto; sono stato un metallaro quando avevo 16 anni, ma non mi piace la mitologia, non mi piacciono la pelle e i chiodi, mi sembra stucchevole e non ha il senso dell'umorismo e l'estetica di gruppi hard rock come i Deep Purple o i Whitesnake. Hanno influenze metal ma è comunque hard rock.

Il metal non ha sensualità, mi piace la sensualità del rock blues. Guarda gli Iron Maiden e i loro fans, io vedo i capelli lunghi e il loro abbigliamento e per me puzzano di sudore. Quindi, ci sono i metallari in Francia, ma non rockers della old school a meno che non abbiano 50 anni, o 150 anni.

In Russia è più o meno lo stesso. Ci sono persone a cui piace l'hard rock in Russia, ma sono irrilevanti.

A me piace cantare negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Nuova Zelanda. Chi mi ascolterebbe se cantassi in francese o in russo?

Potresti obiettare che i Rammstein cantano in tedesco. Si, vero. Ed è l'unica band che canta in una lingua diversa. Magari ce ne sono ancora un paio, ma gli Scorpions sono tedeschi e cantano in inglese, la più grande metal band francese, i Gojira, cantano in inglese.

In secondo luogo per me l'inglese è la lingua del rock 'n' roll. Amo il francese, ho scritto molte canzoni in francese e ho un canale SoundCloud con venti canzoni in francese, ho letto molte poesie, ho scritto un libro in francese. Amo la mia lingua madre ma il rock 'n' roll deve essere cantato in inglese. Se non sei in grado di cantare in inglese fai del tuo meglio nella tua nazione cantando in italiano, spagnolo, portoghese, ma avrà seguito solo in quella nazione.


125esima Strada: Chi sono i musicisti o i gruppi che ti hanno influenzato di più durante la tua carriera?

Pierre Edel: I primi sono Glenn Hughes e David Coverdale. Ricordo quando avevo 15 anni e andavo alla scuola di arte: sono andato in un parco con un amico e lui aveva un piccolo giradischi con cui abbiamo ascoltato un vinile dei Deep Purple in cui ovviamente c'erano David Coverdale e Glenn Hughes ed è stato un momento forte ed emozionante per me. Anzitutto perché è inusuale avere due cantanti della stessa band, ed è anche inusuale che entrambi poi diventino delle rockstar mondiali. Glenn Hughes credo sia stato il solo che abbia cantato sia nei Deep Purple che nei Black Sabbath e ha cantato anche come corista per i Whitesnake. Adoro la sua voce, adoro il suo modo di fare ogni cosa, come si muove, come parla, come si veste, come si comporta. Adoro anche come suona il basso.

Il mio album preferito è Burning Japan, del 1994. C'è Burn ovviamente, poi The Liar e la terza traccia è Muscle And Blood che secondo me è una delle migliori canzoni rock 'n' roll di ogni tempo. E poi You Keep On Moving che ha scritto con David Coverdale quando cantava nei Deep Purple di cui ho fatto una mia versione su YouTube. This Time Around che ha scritto con John Lord, ho fatto una mia versione su YouTube anche di questa. E' il meglio del meglio della musica che sia mai stata prodotta.

Ovviamente sono anche un fan della sua carriera solista, le sue ballad sono bellissime, come Why Don’t You Stay e Lay My Body Down.

E dall'altra parte ci sono David Coverdale e i Whitesnake. Sono un grandissimo fan dei  Whitesnake, ho un tatuaggio dei Whitesnake sull'avambraccio, ascoltare i Whitesnake è una delle cose di maggiore ispirazione per un musicista rock. Mi piace anche l'era di Steve Vai, Slip of the Tongue fu molto criticato, ma secondo me era ottimo, tutti i pezzi sono stati scritti da Adrian Vandenberg tranne Fool For Your Loving che era una nuova registrazione di un grande classico. Adoro Steve Vai, è stato una delle mie più grandi influenze come chitarrista, uno dei migliori album di ogni tempo secondo me è Sex and Religion di Steve Vai in cui canta Devin Townsend, T.M. Stevens suona il basso e Vinnie Colaiuta suona la batteria.

Sono anche un grande fan dei Winger, degli Scorpions, dei Def Leppard, di Frank Zappa, e la lista continua.


125esima Strada: E chi sono i tuoi preferiti della scena musicale odierna?

Pierre Edel: Direi che il gruppo più recente che ascolto sono i Nirvana. Scherzo. Ho avuto momento della mia vita in cui ascoltavo molto una band chiamata Pain of Salvation. Non direi che è musica odierna ma è dopo il 2000. E c'è un gruppo inglese che si chiama Threshold, scrivono ottimi pezzi, ce n'è uno intitolato Pilot and the Sky of Dreams e direi che è ciò che avrebbero fatto i Pink Floyd se avessero avuto vent'anni nei primi anni 2000.

I Pagan’s Mind sono un buon gruppo metal, ho detto che non mi piace lo stile dei metallari, ma ovviamente un po' di musica metal mi piace, specialmente se è melodica. Ho anche un tatuaggio dei Manowar.

Tutto qua. Non ascolto molta musica moderna.


125esima Strada: Cosa pensi delle nuove tecnologie come Spotify o YouTube, che consentono ai musicisti di diffondere la propria musica in tutto il mondo? Sono positivi o negativi per l'industria musicale secondo te?

Pierre Edel: Sono molto pigro sui social media e non li uso come potrei e dovrei. Mi piace essere parte di questa generazione che ha uno smartphone in mano. Mi ricordo degli anni 90 quando abitavo in una nazione e scrivevo lettere ai miei familiari in qualche altra nazione. Non mi annoiava e credo che sia stato buono non avere avuto quei dispositivi quando ero piccolo perché mi ha aiutato a concentrarmi sulle lezioni di piano, sull'imparare le lingue, sullo sport, sulla lettura, il disegno, la scrittura. Adesso trovo più difficile concentrarmi rispetto a quando ero piccolo.

È una domanda filosofica e politica, perché dire che una cosa è buona o cattiva è averne una visione politica. Ascolto le interviste a Steve Lukather, Steven Tyler, Steve Vai, e hanno sempre una risposta diversa. E la domanda è “Se fossero nati negli anni 90 o 2000 sarebbero stati riconosciuti per il loro talento?” Ne dubito.

Perché la cosa peggiore di Spotify, YouTube e i social media è che c'è troppa pattumiera: chiunque può diventare un musicista, un fotografo, un giornalista, qualunque cosa. A un certo punto diventa ridicolo perché non esci a incontrare persone vere in una società sportiva o un negozio di musica. Mi ricordo nei primi anni 2000 che ho trovato il mio primo bassista in una rivista cartacea; ho comprato una rivista in un negozio di musica, stavo cercando un bassista e ne trovai uno. Era un inserzione senza un link a Spotify o YouTube, era il 2003, non c'era neanche una foto. Ma ovviamente con questo sistema perdi tempo.

Quindi è una domanda difficile a cui dare una risposta. Ci sono aspetti positivi e aspetti negativi. Ma l'aspetto peggiore è che non c'è assolutamente nessun controllo di qualità su YouTube, Facebook, Instagram, Spotify. C'è una montagna di spazzatura. Se ti piace la musica moderna e vuoi cercare qualche artista di qualità, per trovarne uno devi scremare tra cento artisti di merda e gente che si autodefinisce artista. È questa la mia opinione sull'argomento.

domenica 3 marzo 2019

Vintage Rock Experience - Boretto, 2/3/2019

Un concerto rock in un teatro è sicuramente un evento insolito. Non sapevo proprio cosa aspettarmi, mentre guardavo i volti delle persone in coda per il biglietto. Sarà semplice concerto o ci saranno parti narrate? Da quali gruppi attingeranno per la scaletta? Psichedelico? Hard rock? Prog? In realtà un mini assaggio l'avevo già avuto mentre parcheggiavo accanto al teatro nel pomeriggio e ho sentito qualche frammento di Pink Floyd. Gli indizi sono buoni, vedremo!

Il quintetto è salito sul palco poco dopo le 21 e già da Hush, nella versione dei Deep Purple, si è capito che la qualità della musica sarebbe stata altissima e che la serata sarebbe stata una di quelle in cui il grande rock degli anni d'oro si ferma in un teatro di provincia. Il gruppo è capitanato dal chitarrista Riccardo Bacchi, ottimo chitarrista emiliano e titolare del progetto RavenBlack Project, affiancato da Svi al basso, da Francesco Savazza alle tastiere, da Alessandro Mori alla batteria e dall'eccezionale vocalist Gianbattista Manenti. Gianba, come lui stesso ricorda lo chiama sua mamma quando si arrabbia, domina la scena muovendosi sul palco con l'esperienza dei cantanti più navigati e con una presenza scenica gigantesca. E siamo solo alla prima canzone, wow!

Basta guardarsi dietro per vedere che il teatro è strapieno, sia in platea che in galleria. L'attesa è tanta, ma ci vorrà poco per scoprire che verrà ripagata alla grande. La serata è dedicata al decennio dal 1968 al 1978, che non a caso è proprio l'anno di nascita di Bacchi, di cui stasera festeggiamo il compleanno con qualche giorno di ritardo. Ogni anno della decade è introdotto da un breve filmato che ricorda gli eventi più importanti avvenuti in quello stesso anno, e tra la guerra del Vietnam, il primo sbarco sulla Luna, la morte di Martin Luther King e il rapimento di Aldo Moro, di fatti da narrare che hanno cambiato gli equilibri mondiali ce ne sono molti. I brevi inserti filmati danno molto spazio agli avvenimenti storici avvenuti proprio nel nostro paese che in quegli anni rincorreva il resto del mondo e dell'Europa, come l'ingresso in commercio della FIAT 126, i primi film di Fantozzi e l'avvento della televisione a colori. E ovviamente non possono mancare in questi piccoli racconti gli eventi più importanti della musica rock e dell'hard rock che in quegli anni muoveva i primi passi grazie a gruppi come i Black Sabbath, i Deep Purple e i Led Zeppelin.

Il gruppo si muove sul palco alla perfezione, ogni pezzo lascia il segno ed è incredibile come i cinque sappiano passare dai Beatles ad Emerson, Lake & Palmer e dagli Who alla PFM con una disinvoltura e una naturalezza da veri maestri, e poco dopo l'inizio inizia a serpeggiare la consapevolezza che non siamo davanti solo a cinque ottimi musicisti ma a un vero dream team del rock italico. Ed è ancora più incredibile come Gianba sembra non avere ostacoli vocali confrontandosi con i mostri sacri come Ozzy e Robert Plant. Ed è proprio su Whole Lotta Love, in cui Gianba regala una delle sue performance migliori, che sale sul palco anche il pittore Davide Pini che durante l'esibizione della band completa due tele di arte moderna ispirato dalla musica che sente attorno a sé. Del resto, come dice anche Gianba, l'arte non ha confini e questa sera dalla musica ci spostiamo anche sulla pittura.

La seconda metà dello spettacolo vede una predominanza di pezzi dei Pink Floyd che consentono alla band di sfruttare una strumentazione diversa, con i vari strumenti che usava proprio la band di David Gilmour in pezzi come Comfortably Numb o Shine On You Crazy Diamond. Per questa seconda parte il gruppo diventa un sestetto con l'ingresso della bravissima Irene Ettori in veste di corista e di voce femminile che da sola interpreta il vocalizzo di The Great Gig in the Sky che sarebbe proibitivo per la maggior parti delle cantanti del mondo, ma che lei esegue con una spontaneità indescrivibile.

Il pubblico si scalda particolarmente quando partono le prime note di Bohemian Rhapsody. Riccardo dice che è un esperimento, ma a giudicare dal risultato sembra uno di quelli rodati. Gianba interpreta la parte di Freddie nel migliore dei modi e il pubblico risponde con entusiasmo ogni volta che il nostro vocalist lo invita a fare i cori che abbondano negli oltre sei minuti del pezzo.

Poco prima di mezzanotte Gianba annuncia dal palco che purtroppo lo spettacolo volge al termine. Ed è un concerto in un teatro, dicevamo. Ma la location insolita non impedisce al pubblico di raccogliersi ai piedi del palco per il gran finale in cui anche Gianba imbraccia la chitarra.


In teatro fa un caldo infernale e questa notte di fine inverno offre ben poco refrigerio anche all'aperto. E mentre si viaggia verso casa è d'obbligo cercare un po' di rock anni 70 nell'autoradio perché il concerto è volato e perché questo straordinario combo ha omaggiato i giganti del rock in un modo unico, in un modo a cui forse nemmeno gli autori originali avevano pensato.

martedì 19 febbraio 2019

Leize - Deriva

A poco più di tre anni dal precedente Cuando Te Muerden tornano i baschi Leize con un nuovo album in studio intitolato Deriva. Rispetto al disco precedente la formazione della band vede una sola modifica, con l’ingresso del chitarrista Mikel Lazkano in sostituzione di Patxi Carrasco che è stato uno dei fondatori della band nel lontano 1982.

Per questo nuovo lavoro i Lezie ripropongono il proprio marchio di fabbrica senza distanziarsi molto dal modello originale, proponendo quindi un rock urbano (sottogenere del rock spagnolo) fatto di basi hard rock grezze ed essenziali e testi che parlano di tematiche sociali, relative soprattutto alla vita delle classi più povere.

Il nuovo album, così come i precedenti, è composto da sonorità ruvide, dirette e sanguigne e dal canto aspro del vocalist Felix Lasa a cui spesso si aggiungono i tre musicisti in poderosi cori, soprattutto nei ritornelli. Tra le dieci tracce del disco si trova ovviamente una predominanza di pezzi veloci; ritmi più lenti si trovano nell'unica ballad Calle 38 e nella melodica Dame Tu Mano contraddistinta da un coro sul ritornello particolarmente ricco.

Il disco vede anche la presenza di due ospiti. Il primo di questi è il chitarrista degli Avalanche (che in passato ha militato anche nei Mägo de Oz) Jorge Salán che partecipa alla grintosa Mi Lugar, pezzo più trascinante del disco grazie proprio all'energico suono della chitarra e anche al coinvolgente ritornello. Inoltre Alberto Marin è ospite in No Me Da La Gana che si avvicina notevolmente al metal grazie proprio alla partecipazione del chitarrista degli Ankhara.

Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente anche la potente traccia di apertura Castigo e Dime Lo Que Quieres che si distingue per un ritmo vicino al punk e per le atmosfere generalmente più leggere rispetto al resto del disco.

Con questo nuovo album i Leize realizzano l’ennesima gemma di rock della loro discografia che è purtroppo sconosciuta al di fuori del loro paese, nonostante la qualità non manchi e al contrario è sempre rimasta alta in tutte le loro produzioni. E’ un vero peccato che questa ottima band goda di così poca considerazione al di fuori della Spagna, per ora non resta che sperare che Deriva serva a regalare loro un po’ di visibilità in più oltre ai confini iberici.

martedì 12 febbraio 2019

La discografia solista di Freddie Mercury

Il nome di Freddie Mercury è indissolubilmente legato a quello dei Queen, eppure durante la ventennale carriera del quartetto, il vocalist riuscì a realizzare numerose incisioni soliste trovando spazio nella fitta discografia del gruppo.


In realtà la prima registrazione solista di Freddie Mercury risale a prima ancora che i Queen si formassero con il singolo I Can Hear Music realizzato con lo pseudonimo di Larry Lurex. Il 45 giri conteneva la cover dell’omonimo brano delle Ronettes (portato al successo anche dai Beach Boys) e come B-side la cover di Goin’ Back di Gerry Goffin e Carole King. Tuttavia al progetto di Larry Lurex presero parte anche Brian May e Roger Taylor ed è quindi forse più corretto considerare il disco come la prima incisione della band che si stava formando, piuttosto che un disco solista di Freddie Mercury

La prima incisione solista di Freddie Mercury dopo l’esordio discografico dei Queen risale al 1984 con il brano Love Kills realizzato per la colonna sonora di Giorgio Moroder del leggendario film muto Metropolis del 1927. L’anno seguente Freddie realizzò quello che resta tuttora il suo unico album solista dal titolo Mr. Bad Guy. L’album contiene tutti i pezzi più celebri della discografia solista del cantante, come la title track, I Was Born to Love You, Foolin’ Around e Your Kind of Lover. Ciò che distingue maggiormente questo album dalle incisioni dei Queen è che le basi sono generalmente più semplici, le chitarre hanno un ruolo meno predominante e le sonorità si allontanano dal rock per muoversi verso il pop o la disco, come testimoniato da pezzi come Let’s Turn it On o Living On My Own. Nel disco troviamo anche un esperimento di reggae con My Love Is Dangerous e non mancano ballad più tradizionali come Made in Heaven, Love Me Like There's No Tomorrow e There Must Be More To Life Than This.

Due tracce di questo album, Made in Heaven e I Was Born to Love You, furono poi inserite nell’ultimo album dei Queen con Freddie Mercury alla voce, cioè il postumo Made in Heaven del 1995. Per l’occasione la band reincise le basi rendendole più simile allo stile dei Queen grazie ad arrangiamenti più vicini al rock.

L’anno seguente Freddie prestò la voce a due tracce nel concept album Time di David Clark, la title track e In My Defence, due power ballad di ottima fattura che mettono perfettamente in luce le straordinarie doti canore del cantante. Nel 1987 Freddie Mercury realizzò un altro dei suoi singoli più celebri, la sontuosa cover di The Great Pretender dei Platters il cui B-side è l’altrettanto celebre Exercises In Free Love. Come dice il titolo stesso questa seconda traccia è un esercizio canoro in cui Freddie esegue un vocalizzo, su una base suonata al piano da Mike Moran, imitando una voce da soprano, il pezzo fu infatti immaginato per la voce di Monserrat Caballé con cui l’anno seguente avrebbe inciso Barcelona.

Barcelona resta la più celebre incisione di Freddie Mercury senza i Queen, l’album è composto da otto tracce che coniugano sapientemente le capacità vocali di questi due incredibili cantanti così diversi ma che si amalgamano benissimo. Oltre alla title track, scritta per celebrare le Olimpiadi di Barcellona del 1992, il disco contiene altri capolavori realizzati con lo stesso stile, come La Japonaise in cui i due cantano anche in giapponese, The Golden Boy impreziosita dalla presenza di un corposo coro gospel e How Can I Go On che vede la presenza di John Deacon al basso.

L’LP realizzato con Monserrat Caballé fu anche l’ultima pubblicazione di Freddie Mercury senza il resto del Queen prima della sua morte sopraggiunta nel 1991. Dopo il decesso del cantante sono state pubblicate molte compilation che raccolgono i suoi successi solisti, la prima di esse è The Freddie Mercury Album del 1992 che contiene sette remix di pezzi già editi più le versioni originali di Barcelona, Love Kills, Exercises in Free Love e The Great Pretender. Nel mercato americano la compilation fu sostituita da un’altra intitolata The Great Pretender in cui anche la title track e Love Kills sono in versioni remixate, il disco presenta anche una versione diversa di Mr. Bad Guy, manca Barcelona e al suo posto si trova un remix di My Love Is Dangerous. Inoltre vi si trovano due versioni di Living On My Own.

L’anno seguente fu pubblicata una compilation di soli sei pezzi intitolata Remixes, che come dice il titolo stesso contiene dei remix dei pezzi pubblicati da Freddie in vita. Tra le tracce del disco si trovano due versioni di Living on My Own (una delle quali è stata pubblicata anche in singolo) e una versione hard rock di My Love is Dangerous (la stessa pubblicata sulla compilation The Great Pretender) che si allontana tantissimo dalla versione contenuta su Mr Bad Guy.

Nel 2000 fu pubblicata la raccolta The Solo Collection composta da dodici dischi che contiene tutti i singoli completi di B-side, demo e versioni inedite. Nel 2006 uscì la compilation doppia Lover of Life, Singer of Songs che contiene nuove versioni di Love Kills e Living on My Own oltre a una demo di Mr. Bad Guy mai pubblicata prima. Nel 2016 fu data alle stampe quella che è ad oggi l’ultima raccolta dedicata all’attività solista di Freddie Mercury dal titolo Messenger of the Gods: The Singles che ha il merito di recuperare un altro pezzo fino ad allora inedito: la versione di Exercises in Free Love cantata da Montserrat Caballé.

Vista l’ampia mole di bootleg e la lunga lista di pezzi mai pubblicati, è molto probabile che la discografia solista di Freddie Mercury non si esaurisca qui e che in futuro possano emergere altre registrazioni. Nel frattempo non resta che ascoltare quelle pubblicate fino ad oggi, in cui Freddie Mercury ha dato più spazio alla propria creatività creando spesso sonorità molto lontane da quelle che ha realizzato con il resto del suo celebre quartetto ma ovviamente altrettanto geniali e memorabili.

sabato 26 gennaio 2019

Pierre Edel: rock 'n' roll tra Parigi e Mosca

Che un cantante di valore partecipi a un talent show è un evento raro, che un cantante fenomenale ne faccia addirittura quattro è un evento unico nella storia. E’ questo il caso del vocalist francese Pierre Edel che ha partecipato a ben quattro edizioni di The Voice (in Francia nei primi mesi del 2014, in Russia nell’autunno dello stesso anno, in Ucraina nel 2016 e in Belgio nel 2018) e le sue interpretazioni di Whole Lotta Love, The House of the Rising Sun (due volte) e Sweet Child o’ Mine alle blind auditions sono tra le più apprezzate della storia di questo format. Nelle sue esibizioni al famoso talent show, Pierre ha dato ampio sfoggio della sua voce potente e della sua estensione e anche di una buona ecletticità, sapendo interpretare classici del rock, ma anche muovendosi bene in terreni più pop interpretando Bennie and the Jets di Elton John o Gimme! Gimme! Gimme! degli ABBA.


Pierre Edel è nato a Parigi nel 1987 da padre francese e madre russa e ha vissuto tra Parigi, Mosca, Londra, India e Ucraina e il contesto multiculturale in cui è vissuto influenza notevolmente la sua produzione musicale. Inoltre Pierre parla russo e francese madrelingua e questo spiega le sue connessioni con il mondo russo.

L’attività discografica di Pierre Edel ha preso le mosse ben prima della sua partecipazione a The Voice, quando nel 2013 realizzò una cover di Love Child dei Deep Purple, stampata al tempo anche su CD single. L’anno dopo Pierre Edel formò un duo con il chitarrista russo Sergey Mavrin dal nome Show Time e questa inedita accoppiata realizzò un EP dal titolo Press Your Fucking Delete Key dai suoni smaccatamente crossover, con basi vicine al metal e con Pierre alterna il canto al rap.

La collaborazione tra i due è continuata e nel 2015 quando incisero una cover di Geroy Asfalta (Герой асфальта) degli Aria, dall’album omonimo del 1987, di cui lasciano inalterata la melodia senza rinunciare a rendere più moderne le sonorità dal metal classico originale. In questa prova Pierre regge benissimo il confronto Valery Kipelov, pur avendo una voce notevolmente più acuta e molto diversa dal vocalist degli Aria. Per l’occasione il brano è stato inciso anche in francese con il titolo di Le Héros de l'Asphalte e con il testo tradotto dallo stesso Pierre. Nello stesso anno Pierre ha prestato la voce cantando in sanscrito nel brano Govinda nell’album Neotvratimoye (Неотвратимое) dei Mavrin, band fondata proprio da Sergey Mavrin.

Due anni dopo Pierre ha inciso il proprio primo album solista disponibile interamente su Soundcloud, in cui oltre a cantare con il suo timbro inconfondibile suona la chitarra, il basso e anche la tastiera in alcuni pezzi. Lo stile musicale di questo album è chiaramente ispirato ai modelli classici del rock degli anni 70 e degli anni 80 e il punto di forza di queste incisioni risiede sicuramente nelle notevoli capacità canore di Pierre, visto che il vocalist fa ampio sfoggio di acuti e di vibrato, che sono le doti migliori già messe in luce a The Voice e nelle sue produzioni precedenti.

Il disco parte alla grande con Ruins of Love il cui grintoso riff di chitarra è ispirato ai fondatori dell’hard rock come i Deep Purple o i Black Sabbath; le stesse atmosfere settantiane si trovano anche in Shower of Tears. Le influenze sulla musica di Pierre Edel non si esauriscono agli anni 70, visto che nell’album si trovano anche sonorità ottantiane e marcatamente AOR come in Snakewheel Ambustion e Return to the City of Love, dove la città dell’amore del titolo è ovviamente Parigi. Tra i pezzi dal sapore anni 80 si trova anche Chemistry of Love che di distingue per l’intro acustico dalle suggestioni caraibiche. Nell’album non manca una spruzzata di funk, con 66Sex, e nemmeno qualche momento più d’atmosfera con le power ballad Electric Bridge e Breaking Chains che chiude il disco.


Sul canale YouTube di Pierre Edel si possono trovare le versioni acustiche di Electric Bridge, Chemistry of Love oltre a un pezzo inedito intitolato Tu M’as Tout Dit, una ballad in cui troviamo il vocalist cantare in francese, dando così un tocco di originalità a questo pezzo dai ritmi lenti.

Nonostante sia poco noto al di fuori del mondo francofono e russofono, se non per le performance a The Voice, Pierre Edel è una delle realtà più interessanti del rock contemporaneo grazie a una voce singolare e molto versatile, e anche alla sua capacità compositiva riscontrabile nei suoi pezzi originali. Non resta che sperare che il grande pubblico si accorga di questo enorme talento e magari il mezzo per farsi conoscere potrebbe essere quello di allungare la lista dei talent show a cui ha partecipato.

domenica 20 gennaio 2019

La Mercury racconta i Queen - Milano, 19/1/2019

Se La Mercury racconta i Queen si ferma per una serata a Milano, l'evento è di quelli imperdibili. Lo dice il titolo stesso, la serata vedrà i classici di un quartetto leggendario del passato reinterpretati da un gruppo di musicisti leggendari di oggi. E allora vale proprio la pena di addentrarsi nel cuore del capoluogo, tra il freddo e il traffico, e sfidare il dedalo di strade tra cui la ricerca di un parcheggio sembra dover durare through the eons and on and on.


Il piano interrato del The Boss, il locale che ospita l'evento, ha una grande sala per concerti che questa sera è sold out al punto che tanta gente è costretta a seguire il concerto in piedi o seduta sui tavoli in fondo alla sala. Il trio apre lo spettacolo intorno alle 22:30, con l'ideatrice Francesca Mercury (il cui cognome d'arte rende omaggio proprio al vocalist dei Queen) nel ruolo di narratrice e corista, accompagnata da Giacomo Voli, vocalist dei Rhapsody of Fire, alle voci principali, alla tastiera e alla chitarra acustica, e Nik Messori, ex chitarrista di Gianluca Grignani, alla chitarra elettrica e alle seconde voci.

A partire dalle prime note si è capito che lo spettacolo che stava per iniziare era qualcosa di straordinario e mai visto prima, con Francesca che racconta piccoli stralci della vita dei Queen e curiosi aneddoti su Freddie Mercury e la sua band, e la narrazione di queste pillole di storia è alternata alle canzoni della band interpretate in quest'occasione in acustico. Può sembrare impossibile replicare in acustico gli arrangiamenti dei Queen così ricchi di orchestrazioni e sonorità teatrali, eppure questo terzetto ci riesce alla grande, quasi con facilità, come una macchina rodata che si muove alla perfezione, con Giacomo Voli in una serata perfetta che regala la sua ennesima interpretazione stellare. Del resto Giacomo è tra i pochissimi cantanti al mondo degni di raccogliere l'eredità del compianto Freddie e lo dimostra in tutti i pezzi, dai più semplici (ammesso che ne esistano) fino ai più difficili come Somebody to Love o Who Wants to Live Forever.

Questo inedito trio spazia attingendo i brani dalle due decadi di attività dei Queen, dal primo album che prende il nome stesso della band fino a Innuendo del 1991. Il pubblico risponde con il calore che questa iniziativa merita, cantando tutti i pezzi insieme al vocalist, scandendo il ritmo con il battito delle mani e con lo schiocco delle dita nella chiusura di Under Pressure. Tra un pezzo e l'altro Francesca racconta la genesi delle canzoni e spiega molte curiosità sulla produzione musicale del gruppo, come il fatto che It's a Hard Life contenga snippet di vari pezzi d'opera o per quale motivo One Vision si chiuda con il verso fried chicken. Nella setlist non può mancare Bohemian Rhapsody, che il terzetto la esegue in un medley con Killer Queen e The March of The Black Queen, riproponendo l'esperimento inventato proprio dai Queen a partire dal live in Hyde Park del 1976. A riprova delle incredibili capacità vocali di Giacomo Voli, il trio esegue Bohemian Rhapsody includendo anche l'intro a cappella, che nemmeno Freddie cantava dal vivo.


Purtroppo, come dice anche Francesca la cui passione per il racconto è tangibile, è impossibile eseguire tutta la discografia dei Queen in una sera, o saremmo rimasti lì fino alla mattina dopo, e quindi il concerto deve volgere al termine dopo aver ascoltato i pezzi più famosi della lunga discografia della band. In chiusura Francesca, Giacomo e Nik eseguono We Will Rock You, con il pubblico che scandisce il ritmo battendo i piedi e le mani, seguita da We Are The Champions, quasi come fossero un pezzo unico, così come si trovano anche nell'album News of the World da cui sono tratte.

E mentre usciamo di nuovo tra le strade di Milano in mezzo al viavai del capoluogo lombardo viene da chiedersi se le persone che percorrono le vie del centro hanno idea dello spettacolo a cui noi abbiamo assistito al piano interrato del The Boss. Probabilmente no, ma noi che siamo appena usciti da lì sappiamo che la musica dei Queen non smette di stupire e di unire; se poi è interpretata da alcuni tra i migliori musicisti di questa epoca che aggiungono la propria creatività a quella di Freddie e dei suoi tre soci è ancora meglio.