domenica 23 dicembre 2018

Bohemian Rhapsody: il biopic sulla vita di Freddie Mercury

E’ proiettato nelle sale cinematografiche italiane in questi giorni il film Bohemian Rhapsody, il biopic che racconta la vita e la carriera musicale di Freddie Mercury dal suo ingresso nel Queen nel 1970 fino al Live Aid di Wembley nel 1985.

Il film racconta diversi aspetti della vita del cantante, dalla sua eccentricità, alla sua creatività musicale, fino alla sua controversa sessualità e al suo rapporto con Mary Austin. Bohemian Rhapsody è sicuramente godibile dal punto di vista cinematografico e le oltre due ore passate al cinema volano via come se il film durasse il tempo di un videoclip. Tuttavia purtroppo il film soffre di un evidente limite: è impossibile raccontare quindici anni in due ore. E proprio per questo la narrazione è molto superficiale, quasi irritante, per almeno tre quarti del film. Non viene approfondito nessuno dei temi proposti; ad esempio l’ingresso di Freddie nei Queen viene raccontato in modo incredibilmente frettoloso, viene completamente ignorato il fatto che la prima incisione di Mercury con May e Taylor non è il primo album dei Queen ma il singolo pubblicato con lo pseudonimo di Larry Lurex, non si capisce quasi nulla della composizione della traccia che dà il titolo al film, viene appena accennato e poi abbandonato il fatto che i Queen abbiano realizzato con Hot Space un disco volto alla disco music.

Inoltre il film contiene una serie di errori davvero notevoli di cui Rolling Stone ha fatto una lista molto ricca. Tra questi spicca il fatto che i Queen non si sono mai sciolti e non è quindi vero che il Live Aid fu una reunion. Inoltre, il disco solista di Freddie Mercury non portò alcun nervosismo nella band, né un'interruzione dell’attività della stessa e Freddie non fu il primo dei quattro a realizzare un disco in autonomia perché Roger Taylor ne registrò due tra il 1981 e il 1984 e anche Brian May realizzò un album senza il resto della band nel 1983.

Un anacronismo è scappato anche all'attenta analisi di Rolling Stone. Durante una festa a casa di Freddie ambientata poco prima che il band scrivesse We Will Rock You, si sente Super Freak di Rick James. Ma We Will Rock You è uscita nel 1977 e Super Freak nel 1981.

La parte finale del film è dedicata alla malattia di Freddie ed è questo l’unico aspetto che viene approfondito. Ma anche in questo caso è quasi tutto inventato, infatti Freddie Mercury non era a conoscenza della propria malattia prima del Live Aid e un esame svolto nel 1985 diede risultato negativo. Inoltre non è vero che i Queen furono aggiunti per ultimi alla scaletta del Live Aid, perché il loro nome compare nel primo elenco letto alla stampa da Bob Geldof.

L’unico merito di questo film è quello di aver recuperato incisioni inedite della band, tra pezzi registrati all'inizio della carriera e mai pubblicati, versioni live o arrangiamenti diversi di pezzi famosi. Tra questi spicca sicuramente l'estratto (cinque pezzi su otto) del medley di 21 minuti che il quartetto eseguì proprio al Live Aid.

In conclusione, consigliamo la visione del film? Sicuramente no, consigliamo piuttosto di ascoltarne la colonna sonora che è l'unica cosa che merita. Per il resto non resta che augurarsi che se un seguito del film verrà mai realizzato, come già ipotizzato da Brian May allo scopo di raccontare la vita del cantante dal 1985 al 1991, sia più fedele alla realtà e più rispettoso della vera vita di Freddie Mercury.

sabato 22 dicembre 2018

Trans-Siberian Orchestra - Christmas Eve and Other Stories

Nel 1996 Paul O'Neill, Robert Kinkel e Jon Oliva (rispettivamente produttore, tastierista e batterista dei Savatage) fondarono il supergruppo dei Trans-Siberian Orchestra allo scopo di reinterpretare i classici natalizi in stile hard rock. Il primo album dei Trans-Siberian Orchestra (o TSO, come sono anche noti) si intitola Christmas Eve and Other Stories ed è composto da quindici brani (più due tracce bonus); per le sue incisioni in studio il gruppo si avvale della presenza di un’orchestra e di un coro che si sommano alla band ed è proprio grazie alla numerosità dei suoi elementi che la musica proposta mostra un perfetto connubio tra stili musicali molto diversi.

Gli album dei TSO sono dei veri e propri concept album. Nel caso di Christmas Eve and Other Stories la vicenda narrata è quella di un uomo che entra in un bar la notte di Natale e incontra un anziano misterioso che gli racconta la storia di un angelo sceso dal cielo per vedere cosa viene fatto sulla Terra nel nome del Natale e del suo viaggio intorno al mondo per scoprirlo.

In Christmas Eve and Other Stories si trova di tutto: dal canto solista alle parti corali, pezzi classici e brani nuovi, medley, fraseggi metal e lunghe parti sinfoniche. Il disco si apre con l’inedito An Angel Came Down cantato da John Margolis e che presenta inserti della melodia di Stille Nacht di Franz Gruber. Segue un medley strumentale tra O Come All Ye Faithful e O Holy Night, e giunti a questo punto dell’ascolto si capisce di essere stati coinvolti in un viaggio musicale meraviglioso che porterà l’ascoltatore in terre inesplorate della musica natalizia e del metal.

Il terzo pezzo conferma quanto scoperto fin qui. Con A Star To Follow, che contiene degli inserti di God Rest Ye Merry Gentlemen si sommano diversi cori di voci maschili e di voci bianche a creare una polifonia vocale di grande impatto.

Tra momenti migliori di questo concept album troviamo la gioiosa e inedita First Snow e The Prince of Peace basata sulla melodia di Hark! The Herald Angels Sing di Felix Mendelssohn e cantata da Marlene Danielle. Tra i medley migliori spicca sicuramente quello tra Joy To The World e Good King Wenceslas intitolato Good King Joy.

Il disco contiene anche una versione strumentale di The First Noel ed è chiuso, come anticipato, da due bonus track: le versioni strumentali di O Holy Night e God Rest Ye Merry Gentlemen.

Christmas Eve and Other Stories è il primo volume della trilogia natalizia dei Trans-Siberian Orchestra proseguita nel 1998 e nel 2004 con gli album The Christmas Attic e The Lost Christmas Eve, e costituisce un disco dall'incredibile ricchezza sonora e compositiva. L’unica pecca di questa incisione è che per via delle rielaborazioni dei pezzi classici potrebbe essere inizialmente di difficile ascolto, ma questa difficoltà viene superata dopo pochi ascolti e le melodie dei TSO entrano in testa facilmente.

Christmas Eve and Other Stories è quindi un ottimo album di rock sinfonico ed è l’archetipo delle incisioni natalizie di stampo rock e metal: tutte le successive incisioni hard rock dei canti di Natale sono debitrici ai Trans-Siberian Orchestra e ai loro fondatori, che nel 1996 hanno realizzato questo storico disco.

martedì 18 dicembre 2018

Intervista a Giacomo Voli

Se fino a qualche anno fa veniva considerato il miglior cantante mai uscito da un talent show, oggi a Giacomo Voli questa etichetta inizia ad andare stretta, molto stretta. Il cantante di Coreggio ha infatti al suo attivo due dischi solisti e un album come vocalist dei TeodasiA, ha prestato la voce all'ultimo lavoro in studio di Edward De Rosa ed è attualmente il frontman e cantante dei Rhapsody of Fire.

Per parlare di tutti i suoi progetti e per raccontarci qualcosa di sé, Giacomo Voli ha accettato la nostra proposta di concederci una nuova intervista, dopo quella di qualche anno fa.

Ringraziamo Giacomo per la sua cortesia e disponibilità


125esima Strada: Ciao Giacomo e bentornato su questo blog! Parliamo anzitutto del tuo pezzo più recente Senza l'Autotiùn, ironico e tagliente. Come è nato questo pezzo? Che storia c'è dietro?

Giacomo Voli: Ciao a tutti! Il pezzo Senza l'Autotiùn è nato da una bozza di Filippo Martelli... della quale bozza non è rimasto nulla! Ahahaha... Scherzi a parte, ad inizio 2018 ho lavorato insieme ad un team per selezionare alcuni singoli in mezzo ad una decina di miei pezzi, e ho anche lavorato ad idee di Mr. Martelli per avere più spunti possibili. Musicalmente si trattava di un funky un po' 80, basato sulla chitarra acustica, il risultato dovrebbe lasciar capire come l'ho trasformato!

Dal punto di vista testuale ho lasciato libera la mente, è nato una sorta di "manifesto" di un rocker come tanti. Quelli come me che ascoltano e cantano generi anche più pesanti del pop italiano generalmente hanno apprezzato questo schiaffo simbolico alle abitudini della radio e della tv.

Ci sono molti riferimenti e potrei anche parlarne ma... preferisco lasciare a chiunque la libertà di riconoscere una propria battaglia o un proprio pensiero all'interno del testo!


125esima Strada: Recentissimamente hai partecipato alle selezioni per Sanremo Giovani, ma purtroppo non sei arrivato alla fase finale. Cosa ti resta di questa esperienza? Hai imparato qualcosa che ti porti a casa nel tuo bagaglio di esperienza?

Giacomo Voli: San Remo Giovani è stata una scelta difficile. Sicuramente ha creato non poche discussioni... D'altra parte, come credo tutti possano capire, queste occasioni sono quelle importanti per presentare la propria musica in ambiti molto conosciuti, che conservano una grande visibilità.

Ogni discussione legata alla qualità dell'ambiente, del "genere" che viene accettato lì... la lascio al tempo che trova. La musica che viene trasmessa e ascoltata è lo specchio di ciò che siamo, come la televisione. Mi sono detto che per rompere qualche muro qualcuno doveva pur cominciare!


125esima Strada: Da cosa pensi che sia dipesa la tua esclusione (non certamente dalla mancanza di talento!)? Forse il tuo stile non è abbastanza sanremese?

Giacomo Voli: Eh... ce ne sarebbe da dire. Ovviamente con precisione non lo saprò mai... Sicuramente il brano era "di rottura", così come è stato definito molte volte, e poteva essere un'arma a doppio taglio.

Io mi sono presentato con un'etichetta indipendente, Massarelli Production, e non avevamo nessuna possibilità di prevalere sulle grandi major e sui favoriti (Sony, Universal, Warner, Sugar ecc) perciò tutto dipendeva dai posti "vacanti" una volta che i favoriti fossero stati scelti. Spero di non dire cose scandalose...

Io sono sicuro di ciò che ho visto: Baglioni e la commissione si sono divertiti molto, tanto mi basta.


125esima Strada: Parliamo del futuro. Cosa ci puoi anticipare sull'EP di prossima uscita?

Giacomo Voli: Per adesso non ho una data precisa della pubblicazione... posso dire che raccoglierà sicuramente Senza l'autotiùn e l'altro singolo che era stato registrato (per iscriversi sono necessari due brani).

L'EP avrà un valore importante per me, perché racconterà la mia nuova maturità, nella scrittura, nella musica e nell'arrangiamento. In questi giorni sto lavorando assieme al management e al produttore per scegliere adeguatamente i prossimi passi da fare. Spero di potere dare presto notizie!


125esima Strada: Da due anni sei anche il vocalist dei Rhapsody of Fire, raccogliendo un'eredità pesante di cui sei sicuramente all'altezza. Quali spunti nuovi ti dà questa esperienza nel più importante gruppo metal del nostro paese?

Giacomo Voli: Sicuramente la vicinanza con un grande compositore come Alex Staropoli mi ha fatto crescere in modo esponenziale. Il mio compito, oltre che vocale, è stato quello di scrivere la nuova saga e i testi del primo disco con questa formazione, assieme a Roberto de Micheli (chitarrista). Tutti e tre abbiamo creato il nuovo cuore pulsante della band, con l'aiuto di una sezione ritmica paurosa (Alessandro Sala al basso e Manu Lotter alla batteria).

Ciò che ho imparato grazie a questa esperienza (appena cominciata) è sicuramente di aver approfondito ancora di più la capacità compositiva, le qualità delle diverse lingue (ho cantato una stessa canzone in quattro lingue, e uno dei singoli anche in una lingua orientale) e la loro musicalità. Queste cose hanno un valore inestimabile per me.


125esima Strada: La tua carriera solista è molto diversa da ciò che interpreti nei Rhapsody of Fire. Quali lati diversi della tua personalità metti in campo in queste attività così lontane tra loro?

Giacomo Voli: Come solista combatto una battaglia culturale, contro la musica italiana come la conosciamo. Credo fortemente che la bella musica non abbia genere, quando un brano è costruito bene (testo e musica) all'interno del proprio genere, non ha paragoni che reggano.

Il mio intento è di abituare anche me stesso all'idea che le sonorità rock che amo non devono essere così distanti dalla nostra cultura e dalla nostra bellissima lingua. Perché? Perché io parlo, sogno, desidero in italiano :D

Con i Rhapsody of Fire (nonostante il genere sia molto differente per ambientazione e potenza) ho potuto ritrovare il lato "lirico" e "cavalleresco" che come solista non esprimo, perciò sono due aspetti di me che sento complementari e coesistenti dentro di me, sono contento di avere più sfumature e lati da osservare... altrimenti sai che noia?


125esima Strada: Ci puoi anticipare qualcosa anche sul nuovo album dei Rhapsody of Fire di prossima uscita?

Giacomo Voli: La prima pietra di un bel viaggio! Credo che sarà ottimo "pane" per i denti dei fan di lunga data.
Abbiamo voluto conservare molti dei "cliché" tipici della storia della band, la saga, i termini epici e fieri, le battaglie, la magia... senza rinunciare alla freschezza della line up. Siamo molto fieri del nostro lavoro!


125esima Strada: Recentemente hai anche intrapreso una nuova attività in cui esegui delle cover dei Queen. Ci racconti qualcosa di questo nuovo progetto e anche di come è nata la tua passione per i Queen?

Giacomo Voli: Il primo amore non si scorda mai... giusto? Fin da quando avevo pochissimi anni ricordo i dischi A Kind of Magic e Innuendo come colonna sonora delle mie giornate. Questo piccolo "tributo" è stato frutto di una passione irrefrenabile che, in questa chiave, aveva senso di essere espressa. Esistono centinaia di tributi ai Queen, ma questa formula rende la nostra proposta differente dal solito. Francesca Mercury è un'enciclopedia ambulante del rock (oltre che una persona speciale) e racconta aneddoti e curiosità su Freddie e i Queen, Nik Messori è un chitarrista straordinario (suonava con Grignani e molti altri) e anche un ottimo corista. Io mi sono preso il compito di suonare anche il pianoforte, oltre che a cantare le parti del grande frontman. Mi emoziono ogni volta!

Vi aspetto anche lì.


125esima Strada: Grazie ancora del tempo che ci hai dedicato e buon lavoro!

Giacomo Voli: Grazie a voi per il sostegno! Alla prossima!

venerdì 14 dicembre 2018

A.A. V.V. - Metal Christmas

Nel 1994 è stata pubblicata la compilation Metal Christmas che come suggerisce il titolo stesso è una raccolta di classici natalizi reinterpretati da alcuni dei migliori esponenti dell'hard rock e dell'heavy metal di quel periodo. Tra gli interpreti troviamo il cantante degli FM Steve Overland, John Sloman (frontman dei Lone Star e degli Uriah Heep), Kim McAuliffe delle Girlschool, il chitarrista Ray Callcut, Denny Laine dei Wings, il chitarrista spagnolo Carlos Creator e Paul Di'Anno che di certo non ha bisogno di presentazioni.

Questi straordinari musicisti si cimentano con i brani della tradizione natalizia, spesso adattandoli al proprio gusto personale, non solo nelle basi musicali ma anche nelle linee vocali che sono talvolta diverse da quelle che tutti conosciamo. Il disco è comunque un lavoro di squadra, infatti come si evince dai crediti i vocalist non impegnati nella parte principale eseguono cori e seconde voci negli altri brani

I quattro pezzi cantanti da Paul Di'Anno con il suo consueto timbro graffiante valgono da soli l'intero disco; l'ex cantante degli Iron Maiden interpreta Silent Night, White Christmas, Santa Claus is Coming to Town e Another Rock'N'Roll Christmas personalizzandole e dotandole di basi metal che si adattano perfettamente ai pezzi classici. Silent Night è forse la traccia meglio riuscita per il bellissimo connubio tra forza e tradizione e per come Paul Di'Anno personalizza la melodia vocale.

Anche Steve Overland esegue un compito magistrale reinterpretando Winter Wonderland e trasformandola in un pezzo AOR grazie alla base patinata e al suo cantato in stile ottantiano. Overland interpreta anche This Christmas, l'unico pezzo inedito del disco, una power ballad in stile natalizio. L'unica voce femminile del disco è quella di Kim McAuliffe che canta Merry Xmas Everybody degli Slade, tra l'altro Kim si cimenterà in futuro in un altro classico natalizio incidendo Auld Lang Syne (il Valzer delle Candele) per la compilation We Wish You a Metal Xmas and a Headbanging New Year.

Chiude il disco l'unico brano strumentale, Little Drummer Boy interpretata da Carlos Creator che per l'occasione suona tutti gli strumenti (tranne la batteria, affidata a Jaime Wright).

La compilation è stata ristampata nel 1996 con una copertina diversa e nel 1997 con il titolo di Rockin' Good Christmas. Purtroppo e inspiegabilmente non è tra le più note compilation natalizie in chiave heavy metal, ma resta comunque una delle migliori di questo ristretto insieme ed è sicuramente un'ottima alternativa alle incisioni più tradizionali e metterà d'accordo sia gli amanti della tradizione che quelli del metal, per un pranzo di Natale un po' più rockeggiante del solito.

mercoledì 5 dicembre 2018

Nightwish Decades: World Tour - Assago, 4/12/2018

Avevo comprato il biglietto il 28 dicembre 2017, un anno prima. E vista l'attesa era ovvio che le aspettative fossero alte. Ma è bastato l'inizio con la melodia di Swanheart suonata da Troy Donockley alle uilleann pipes, prima ancora che il resto della band uscisse dai camerini, per capire che sarebbe stato un concerto memorabile, uno di quelli in cui sei dei migliori musicisti del mondo mettono al lavoro le loro capacità combinandole e creando insieme qualcosa di unico.

Credit: Francesco Prandoni
Il sestetto è salito sul palco poco prima delle 21 e il concerto è partito subito fortissimo con Dark Chest of Wonders seguita a ruota da Wish I Had An Angel e 10th Man Down. L'inizio del concerto è condito da lanci di fiamme sparate dall'apposita strumentazione posta appena davanti al palco e ad ogni uscita di fuoco il calore si sente forte anche sugli spalti, come se non bastasse il caldo infernale del Forum che contrasta non poco con la fredda serata di fine autunno che si vive all'esterno. Fin dalle prime note Floor domina la scena, ben consapevole delle sue doti canore e della sua fisicità che comunque l'aiuta parecchio, del resto nonostante il tacco non troppo alto sovrasta in altezza tutti i suoi cinque colleghi. Il Decades: World Tour serve a celebrare i vent'anni di attività del gruppo e la setlist viene adeguata di conseguenza, con pezzi presi da ogni album della discografia del gruppo. I più rappresentati sono Once, con quattro pezzi, e ovviamente Oceanborn e Wishmaster con tre pezzi ciascuno. Holopainen ci regala anche un piccolo mash-up tra due pezzi di Oceanborn quando inserisce uno snippet di Stargazers in Sacrament of Wilderness.

Credit: Francesco Prandoni
I pezzi suonati dal vivo sono generalmente più energici delle registrazioni in studio, spostando un po' l'equilibrio dei suoni verso quelli più duri; comunque non viene meno il connubio tra sonorità pesanti e melodia che è il segno distintivo dei Nightwish che restano in ogni caso gli inventori del metal sinfonico. Un tocco di musica nordica viene aggiunto in alcuni pezzi da Donockley che oltre alla chitarra suona le uilleann pipes e il tin whistle creando così la mescolanza musicale che da sempre contraddistingue questo gruppo.

Floor dialoga con il pubblico come solo lei sa fare, invitando la folla a cantare e a tenere il tempo con urla sincronizzate. Il pubblico la ripaga come merita seguendola in ogni mossa e sostituendosi a lei nel cantare i ritornelli di Élan e di Nemo. La frontwoman non perde un attimo nel dimostrare le proprie incredibili doti vocali, sia per estensione che per potenza che per la naturalezza con cui cambia stile adattandolo ad ogni pezzo, e proprio questo dimostra che Floor è la più completa tra le tre cantanti che si sono avvicendate in questo ruolo, sapendo interpretare perfettamente sia i pezzi scritti per Tarja che quelli scritti per Anette Olzon.

Nei duetti con Marco Hietala i due si amalgamano con grande maestria, con Marco che esegue le seconde voci nella maggior parte dei pezzi, ma i due si scambiano di ruolo ogni volta che Hietala interpreta le voci principali.

Il lato canoro non è comunque l'unico in cui Floor (in una serata semplicemente perfetta) si muove alla grande, la sua capacità di tenere la scena è straordinaria mentre si muove sul palco con una grazia incantevole quando non canta ed esibendosi spesso in lunghi head banging in cui fa roteare la sua voluminosa chioma.

Credit: Francesco Prandoni
Quando Tuomas Holopainen inizia a suonare The Greatest Show on Earth appare chiaro che il concerto sta volgendo al termine e guardando l'orologio ci si accorge che sono passate quasi due ore anche se si ha l'impressione che siano passati pochi minuti, tanto l'esibizione dei Nightwish è stata bella e coinvolgente. La lunga composizione che chiude il più recente album viene inframezzata da Ghost Love Score appena prima dei saluti finali in cui la band ringrazia il pubblico per l'affetto e il pubblico ricambia e ringrazia per l'ottimo show.

Uscendo dal Forum e prima di rituffarsi nella fredda serata della periferia milanese resta un solo rimpianto, cioè la consapevolezza che il concerto avrebbe potuto essere prolungato all'infinito perché ogni pezzo della discografia di questo straordinario gruppo meritava di entrare nella setlist di un tour commemorativo. E mentre si torna a casa, appena superato il casello di Assago nell'autoradio non può che girare Decades, l'ultima compilation del gruppo, e riascoltando o i pezzi appena ascoltati anche live non resta che sperare che il prossimo disco con Floor alla voce non si faccia attendere troppo e che il prossimo tour riporti presto i Nightwish a Milano.

lunedì 26 novembre 2018

La discografia dei Run-D.M.C. dal 1990 al 2001

Nei primi anni 80 il terzetto composto da Joseph Simmons (in arte Run), Darryl McDaniels (DMC) e Jason Mizell (Jam Master Jay), noto con la oggi celeberrima sigla Run-D.M.C., dimostrò al pubblico che l'hip hop non era confinato ai 45 giri, ma che avrebbe potuto reggere la durata di un intero LP, e lo fece creando mescolanze di suoni che gettarono le basi per quello che negli anni a seguire sarebbe stato conosciuto come rap metal o crossover.

Purtroppo con l'ascesa del gangsta rap, la musica festaiola dei Run-D.M.C. fece fatica a farsi spazio nelle classifiche di vendita e dopo i primi quattro album pubblicati tra il 1984 e il 1988 il trio realizzò altri tre LP che non ottennero lo stesso successo dei precedenti e sono per questo spesso ignorati da chi non segue il gruppo assiduamente.

Il primo lavoro in studio successivo a Tougher Than Leather uscì nel 1990 con il titolo di Back From Hell. Per questo album il gruppo riprese la grafia del proprio nome Run-D.M.C. che era stata usata per l'album di esordio del 1984 e per King Of Rock del 1985 (nei successivi due LP il nome era scritto RUN DMC).

Back From Hell è composto da sedici tracce che ripropongono il suono tipico del trio, caratterizzato da basi dure e massicce e dall'alternanza vocale di Run e di DMC.

Per questo album il trio rinuncia quasi del tutto alle mescolanze con il rock di cui furono pionieri nella prima metà degli anni 80, l'unico accenno di rock di trova nelle chitarre campionate della title track.

Nonostante la scarsa notorietà, anche Back From Hell contiene alcune tra le tracce più famose del trio, come The Ave e Pause, quest'ultima è stata anche pubblicata in singolo insieme alla versione dei Run-D.M.C. di Ghostbusters di Ray Parker Jr realizzata per il film Ghostbusters II.

Dopo Back From Hell, i Run-D.M.C. tornarono in studio nel 1993 per realizzare Down With The King. In questo sesto album il trio abbandonò Adidas e fedora, in favore di un look più stradaiolo. Per la prima volta l'album vede anche un notevole numero di ospiti presi dalla scena hip hop dell'epoca come Q-Tipo gli EPMD. Il suono del gruppo in questo nuovo album si fa più duro e ossessivo e più simile al gangsta rap e a quello di altri gruppi dell'epoca come gli N.W.A o i Public Enemy, non a caso Three Little Indians contiene un campionamento di Public Enemy No.1 del gruppo di Chuck D. Tra i momenti migliori dell'album troviamo sicuramente i due pezzi più potenti, quali Ooh, Whatcha Gonna Do e la title track che apre il disco e che vede come ospiti il duo Pete Rock & CL Smooth.

Down With The King vede anche un parziale ritorno al crossover con Big Willie in cui si aggiunge come ospite il chitarrista dei Rage Against The Machine Tom Morello; inoltre la band si lancia anche in un nuovo esperimento di reggae, dopo Roots, Rap, Reggae contenuto in King Of Rock, con What's Next in cui i due rapper del Queens si alternano con il cantante giamaicano Mad Cobra.

Dopo Down With The King i Run-D.M.C. rimasero lontani dagli studi per ben otto anni fino a quando nel 2001 pubblicarono il loro settimo ed ultimo album dal titolo Crown Royal, per il quale recuperarono la grafia RUN DMC. Quest'ultimo album vede la presenza di ben dodici ospiti che si alternano di fatto con il solo Run, perché DMC compare in solo tre pezzi a causa di problemi di salute e divergenze artistiche con gli altri due.

Crown Royal spazia tra l'hip hop della west coast e il crossover, ma l'impressione è che siano gli ospiti a dare una direzione alla musica; come se i Run-D.M.C. fossero ospiti in dischi di altri musicisti. Ciò nonostante l'insieme è decisamente godibile e il disco suona molto moderno probabilmente proprio per via dei tanti contributi esterni. I pezzi migliori sono sicuramente The School of Old in cui Run duetta con Kid Rock, Rock Show che vede come ospite Stephan Jenkins e la cover di Take Money and Run della Steve Miller Band a cui al microfono si aggiunge Everlast. Tra i pezzi più fedeli all'hip hop newyorkese spicca sicuramente la cupa Queens Day a cui partecipano Nas e Prodigy dei Mobb Depp.

Purtroppo dopo Crown Royal l'attività discografica dei Run-D.M.C subì un violento arresto quando il DJ e polistrumentista Jam Master Jay fu ucciso da due colpi di pistola nel suo studio di registrazione nel Queens.

Non sapremo mai quale strada avrebbe preso la musica di questo leggendario combo se avesse potuto incidere altri dischi; ma sappiamo che tutti i sette album che hanno realizzato sono di altissima qualità. Anche gli ultimi tre, per quanto poco noti.

giovedì 15 novembre 2018

Northward - Northward

L'inedito duo dei Northward è il nuovo progetto di una coppia d'eccezione del rock nordico, formata dal chitarrista dei Pagan's Mind Jørn Viggo e dalla straordinaria cantante Floor Jansen che ad oggi è la frontwoman dei Nightwish e che in passato è stata anche vocalist dei ReVamp e degli After Forever.

Il primo album di questo nuovo combo, che si avvale della collaborazione di quattro musicisti turnisti, porta il nome stesso del gruppo e propone un hard rock lontanissimo dalle atmosfere metal tra il symphonic, il power e il prog in cui i due si muovono di solito. Il risultato è un album di rock massiccio e duro in cui ha ampio spazio la chitarra di Viggo e che trae la propria forza dalla voce di Floor che è una delle migliori voci femminili al mondo. Chi credeva che il più recente album dei Nightwish non valorizzasse al meglio la voce della cantante olandese sarà sicuramente soddisfatto dall'album dei Northward in cui la vocalist riesce a tirare fuori il meglio dello stile moderno del suo canto (lasciando ovviamente da parte quello lirico, per cui esistono altri progetti musicali come i gruppi in cui ha militato in passato e le esibizioni dal vivo dei pezzi più vecchi dei Nightwish).

Il disco parte fortissimo con le grintose While Love Died e Get What You Give che danno subito un ottimo assaggio di ciò che verrà a seguire, con due tracce ricche di riff di chitarra poderosi e della potenza vocale di Floor. L'album contiene stili di rock molto diversi attingendo anche dall'AOR degli anni 80 con pezzi come Let Me Out e la graffiante I Need. Tra i brani più energici spicca anche la poderosa Big Boy che inizia con duri e grezzi riff di chitarra dalle venature nu metal prima che Floor attacchi la prima strofa.

Floor mostra anche il lato più dolce e meno aggressivo della sua voce nelle ballad come Drifting Islands, che vede come ospite la cantante Irene Jansen che duetta con la sorella, o la bellissima e acustica Bridle Passion realizzata con solo voce e chitarra. Tra i momenti più melodici spicca anche Timebomb che alterna strofe da midtempo a un ritornello più energico. Chiude il disco la title track, brano di oltre sette minuti la cui prima metà suona come una ballad dal sapore pop per poi assestarsi su ritmi più veloci nella seconda parte.

Il primo album di questo duo mostra l'incredibile ecletticità di questo duo, che dimostra di saper realizzare dell'ottima musica anche in terreni lontani da quelli abituali. In realtà i due hanno scritto i pezzi nel lontano 2008 ma sono riusciti a realizzare l'album solo nel 2018 per via degli impegni di entrambi con le rispettive band. Questo LP è una delle migliori e più ricche creazioni hard rock di questo 2018 e in realtà questo non stupisce più di tanto, perché se si può contare su un talento naturale e versatile come Floor Jansen tutto diventa molto più facile. Non resta che sperare che Floor e Jørn Viggo non vogliano lasciare isolato questo esperimento e che non servano altri dieci anni prima che riescano a realizzare un altro grande album come questo.