martedì 16 giugno 2015

L'omicidio di Jam Master Jay

Non sono solo i gangsta rapper, come Tupac o Notorious B.I.G, a incontrare la morte in conflitti a fuoco mai chiariti. La stessa sorte nel 2002 è toccata al DJ e polistrumentista dei Run-DMC, gruppo che si è sempre contraddistinto per le tematiche allegre e festaiole trattate, Jam Master Jay.

Il 30 ottobre del 2002 intorno alle 18:45 Jason Mizell, questo era il vero nome di Jam Master Jay, arrivò al proprio studio di registrazione di Merrick Boulevard, nel Queens, insieme all'amico Uriel Rincon, detto Tony, con cui si era dato appuntamento insieme ad altri amici che sarebbero arrivati più tardi. Il 24/7 Studios, così si chiamava lo studio Mizell, si trovava all'interno 3 del civico 90-10 di Merrick Boulevard, nel quartiere di Jamaica, nel Queens; attualmente lo stesso spazio è occupato dall'Hall of Fame Music Studios e purtroppo su Google Street View la visuale della porta d'ingresso è ostruita da un autobus, ma ve ne sono due buone foto sul sito Citysearch. Mizell e Rincon salirono nello studio ed entrarono in una delle sale per una partita alla Playstation prima di iniziare a lavorare. Il gioco con cui si intrattennero era Madden NFL 2002: Rincon prese la squadra dei Rams e Mizell quella dei Giants. Mizell aveva portato con sé una pistola, una calibro .45, e la appoggiò sul bracciolo del divano su cui lui e Rincon erano seduti, ma questi ricorda che non era la prima volta che ciò accadeva e non si stupì. Poco dopo arrivò allo studio anche l'assistente e receptionist di Jam Master Jay Lydia High che al contrario si mostrò irritata e chiese al DJ di farla sparire, ma lui la ignorò e lasciò la pistola dove stava.

Poco dopo arrivarono anche Randy Allen (fratello di Lydia High) e Mike B, gli altri due amici con cui Mizell e Rincon avevano appuntamento, che però si diressero subito verso una delle control room per verificare alcuni demo di un giovane cantante esordiente, lasciando così i due a giocare alla Playstation.

Meno di un'ora dopo, intorno alle 19:30, due persone vestite di nero che indossavano un copricapo che ne adombrava il volto entrarono nello studio. Uno dei due si fermò alla reception dove costrinse Lydia a stendersi al suolo. Il secondo proseguì vero la sala dove stavano Mizell e Rincon. Proprio in quell'instante il telefono di Rincon squillò e siccome lo aveva appoggiato sul pavimento accanto al divano, si volse e si abbassò per raccoglierlo. Un attimo dopo sentì dei passi, quindi Mizell salutare una persona appena entrata, poi lo sentì dire "Oh, shit!" e seguirono due colpì di pistola in rapida successione. Il primo colpì Rincon alla gamba sinistra, il secondo centrò Mizell alla testa. Rincon si girò, ma fece appena in tempo a vedere l'aggressore che indossava un maglione scuro correre via e non riuscì a vederlo in viso. Un istante dopo anche Allen e Mike uscirono dalla sala in cui si trovavano, ma gli aggressori si erano già allontanati e i due trovarono solo Rincon ferito e Jam Master Jay morto steso al suolo.

Nel corso delle indagini Lydia High identificò l'uomo che l'aveva costretta a stendersi al suolo nel noto criminale Ronald Washington, in seguito arrestato per rapina, che confidò anche alla sua fidanzata di allora di aver preso parte all'omicidio. Secondo il New York Daily News una fonte da loro intervistata avrebbe indicato l'amico di Mizell e produttore Curtis Scoon come mandante dell'omicidio, il motivo del gesto sarebbe in un debito di Mizell mai pagato all'amico. Scoon ha sempre negato il proprio coinvolgimento e gli inquirenti non hanno mai trovato indizi contro di lui.

Ma qualcosa di molto strano in questo omicidio c'è. Mizell aveva fatto installare un sistema di videosorveglianza che mostrava le immagini di chi entrava sul monitor accanto a quello collegato alla Playstation e che al contempo le registrava su VHS. Il detective Vincent Santangelo, che si è occupato del caso fin dall'inizio, ha riferito a Pix11 (il video è disponibile anche qui) che le cassette erano inservibili: forse erano vecchie oppure erano state sostituite. La causa potrebbe semplicemente essere l'incuria, forse Mizell non sostituiva i nastri con la dovuta frequenza. Ma è plausibile che un uomo che tiene alla propria sicurezza al punto di portare con sé una pistola non sottoponga l'impianto di videosorveglianza alla dovuta manutenzione? D'altro canto se qualcuno avesse fraudolentemente sostituito la cassetta perché mai avrebbe dovuto perdere tempo a inserirne un'altra nel registratore anziché limitarsi a fare sparire quella appena estratta? Questi quesiti restano insoluti.

Come succede frequentemente in questi casi i pochi testimoni vennero accusati da più parti di non collaborare adeguatamente alle indagini. Ad esempio nel 2003 la giornalista Michelle McPhee scrisse sul New York Daily News che i fratelli Randy e Lydia potrebbero sapere più di quanto hanno riferito e punta il dito particolarmente contro Lydia (di cui sbaglia il cognome chiamandola Allen anziché High) sostenendo che sia stata lei a fare entrare i due aggressori nello studio attivando il meccanismo elettronico di apertura delle porte. Ovviamente pochi giorni dopo Lydia, attraverso il sito AllHipHop smentì quanto sostenuto dalla McPhee dichiarandosi estranea all'accaduto e negando di aver aperto le porte ai due aggressori.

In seguito anche Randy Allen passò all'attacco sostenendo che la versione di Rincon secondo cui non riuscì a vedere l'aggressore deve essere falsa perché non è possibile che l'uomo seduto accanto alla vittima non abbia visto in faccia lo sparatore. In realtà guardando una foto della sala in cui è avvenuta la sparatoria, ad esempio quella accanto presa dal video di Pix11, si evince che essendo lo sparatore entrato dalla porta ed essendo Rincon chinato al suolo per raccogliere il cellulare, lo stesso Mizell gli ostruiva la vista rispetto all'uomo sulla porta (i due erano secondo ogni ricostruzione seduti sul divano a destra entrando dalla porta della stanza). Inoltre dopo essere stato colpito alla gamba può non aver avuto la freddezza di voltarsi per guardare in faccia l'uomo che aveva sparato. Questa potrebbe essere la spiegazione del perché Rincon ha sempre sostenuto di non aver visto in viso l'aggressore.

Va tuttavia sottolineato che in rete si trovano ricostruzioni grafiche della scena completamente sbagliate; ad esempio secondo questo fotogramma tratto da una galleria di immagini di MTV lo sparatore sarebbe stato in posizione quasi frontale rispetto ai due seduti sul divano e da quella posizione sarebbe stato impossibile per Rincon non vedere l'uomo armato; ma questa ricostruzione è grossolanamente sbagliata e inverte anche la posizione di Mizell e Rincon.

Alle accuse che i testimoni si scambiano tra loro si aggiungono quelle del fratello di Jam Master Jay, Marvin Thompson, che ritiene che i quattro presenti nello studio al momento della sparatoria stiano nascondendo la verità perché è secondo lui impossibile che nessuno abbia visto lo sparatore in faccia. La teoria di Thompson vuole che lo sparatore altri non sia che il fratello minore di Randy e Lydia, Teddy. Secondo Thompson si tratterebbe di una vendetta trasversale per regolare un conto in sospeso tra Teddy e il cugino di Mizell a cui solo una settimana prima lo stesso Teddy avrebbe puntato una pistola durante un litigio.

Tuttavia non vi sono prove in tal senso e al contrario tutto sembra indicare che Teddy non fosse presente nello studio al momento della sparatoria. Infatti questi arrivò allo studio a torso nudo, appena uscito dalla doccia, poco dopo l'omicidio perché attirato dal rumore degli spari.

A distanza di tredici anni l'omicidio rimane insoluto.

Oltre a quelle già citate nell'articolo, le fonti che abbiamo usato per la nostra ricerca sono gli articoli Breaking silence, witness says Jam Master Jay had a gun on night of murder del New York Daily News, Jam Master Jay’s Murder: A Timeline And The Key Players di MTV, Cops Probe Death of Jam Master Jay di Fox News, Was surveillance tape switched in the murder of Jam Master Jay? di Pix11.

venerdì 12 giugno 2015

Kiss 40th Anniversary World Tour - Verona, 11/6/2015

Io c'ero. Arena di Verona, 11/6/2015, gradinata numerata, blocco 23, Fila 16, Posto 28 al concerto dei Kiss per il 40th Anniversary World Tour.

Siamo riusciti a entrare verso le 20 e il gruppo di supporto, i bravissimi Dead Daisies, era già a metà della sua esibizione tra brani della stessa band e classici del rock che spaziavano dai Deep Purple ai Beatles.

Ma il vero show, quello per cui eravamo lì, lo hanno fatto i Kiss che hanno aperto il concerto con Detroit Rock City, Deuce e Psycho Circus. Appena il telo nero con la scritta KISS si è sollevato, l'energia della band e il suono delle esplosioni dei cannoni hanno invaso il pubblico e la serata si è magicamente trasformata. Lo spettacolo è andato avanti per quasi due ore di ininterrotta energia tra i migliori brani della band privilegiando quelli del primo decennio, ma non rinunciando a qualcuno delle decadi successive. Il tutto condito da palle di fuoco sparate dai lati del palco, fuochi d'artificio ed esplosioni di cannone in una festa di luci, colori e immagini proiettate sui maxi schermi. Tutti i pezzi dal vivo suonavano molto più energici e potenti rispetto alle incisioni da studio e il pubblico ha risposto con l'entusiasmo che il gruppo merita.

Sulle gradinate e in platea c'erano mani alzate e magliette dei Kiss a perdita d'occhio e il gruppo rispondeva all'affetto dei fans come solo i Kiss sanno fare con Paul Stanley che si avvicinava al pubblico fino a farsi toccare mentre suonava e senza togliere le mani dalla chitarra.

E' stato bellissimo vedere la festa sul palco e tra il pubblico, con famiglie con nonni e bambini con le facce dipinte a inneggiare al più grande gruppo rock della storia. Perché la musica dei Kiss esprime gioia ed è stata proprio questa ad unire il pubblico e farci alzare le mani al cielo mentre dalle gradinate cantavamo con il gruppo.

Le uniche due interruzioni al fiume di energia sono state quando dopo War Machine Gene ha sputato fuoco e quando dopo Lick It Up ha ripetuto la scena del sangue dalla bocca, per poi alzarsi in volo sul palco e ripartite con God of Thunder.

La chiusura dello show, con I Was Made for Loving You e I Wanna Rock and Roll all Nite, è stata impreziosita da spari di cannone tra il pubblico che diffondevano nell'aria pezzi di carta bianca a colorare ancora di più l'atmosfera e a dare un tocco di unicità a quei momenti conclusivi.

Se proprio si vuole trovare una critica da muovere a questo concerto si potrebbe obiettare che hanno eseguito un solo brano del periodo dell'unmasking escludendo i brani di Hot in the Shade e Revenge. Ma francamente: chissenefrega! Anche perché per aggiungere altri brani avrebbero dovuto toglierne alcuni e la scelta sarebbe stata difficilissima perché sono stati tutti ottimi. E soprattutto il concerto è stato stupendo, due ore di gioia, due ore di energia. E questa è l'unica cosa che conta.

martedì 9 giugno 2015

Musi O Tunya - Wings of Africa

I Musi O Tunya non sono i più celebri esponenti dello zamrock, perché quanto a notorietà sono superati dagli W.I.T.C.H e dagli Ngozi Family, ma sicuramente ne sono i migliori interpreti grazie alla loro creatività musicale e alle produzioni di qualità indistinguibile da quelle americane o europee.

Il loro primo album del 1975 è intitolato Wings of Africa ed è stato registrato in un solo giorno in uno studio di Nairobi, nonostante il gruppo sia dello Zambia, ed è un bellissimo connubio di rock psichedelico, funk, soul e musica etnica africana. Il disco è composto di soli sei brani, ma tutti di durata considerevole e infatti nel suo insieme supera i 40 minuti.

La titletrack che apre il disco invita all'unione dei popoli africani con un suono gioioso ricco di percussioni e fiati. Ma il vero capolavoro è la seconda traccia intitolata Dark Sunrise, in cui il leader e chitarrista Rikki Ililonga, che nei suoi dischi da solista suona quasi tutti gli strumenti, si sostituisce al microfono a Derick Mbao. Il brano parte alla grande con un riff di chitarra dello stesso Ililonga a cui si unisce il suono potente della batteria e del sax soprano di Kenny Chernoff che dà una forte impronta; la voce di Rikki fa il resto nel creare un brano rock di grande efficacia con robusti innesti di musica nera che si mescolano alla perfezione. Dark Sunrise è un brano cupo e potente che si discosta dall'allegria del resto del disco ed entra con forza nella testa di chi lo ascolta.

La terza traccia si intitola The Sun ed è la seconda e ultima cantata da Ililonga, è basata ancora su fiati e percussioni a creare un ritmo tipico dell'Africa condito con un po' di rock occidentale; il brano successivo intitolato Mpondolo, l'unico in lingua locale, prosegue sulla strada intrapresa dal precedente ed è caratterizzato dal suono del clarinetto che si esprime in una sorta di controcanto.

La penultima traccia intitolata Walk and Fight riprende in parte le atmosfere più cupe di Dark Sunrise con i fiati in controtempo rispetto alla sezione ritmica.

L'ultimo brano intitolato One Reply è ancora una volta allegro e gioioso e inverte le proporzioni degli ingredienti: un brano soul che sembra tratto dalla discografia di qualche artista americano reso più esotico dalle chitarre distorte e dal cantato tipicamente africano.

Se molti album di zamrock sono esperimenti di mescolanze musicali più interessanti che belli, non è di certo questo il caso di Wings of Africa: questo disco è un capolavoro del rock anni 70 che dimostra anche che se Rikki Ililonga avesse avuto mezzi economici adeguati oggi sarebbe ricordato come uno dei geni della musica di quel decennio.

sabato 6 giugno 2015

Tarja - Luna Park Ride

La straordinaria cantante finlandese Tarja Turunen ha da poco pubblicato il suo nuovo album live intitolato Luna Park Ride. Si tratta di un doppio album che contiene sul primo disco il concerto della cantante del 27 marzo 2011 al Luna Park di Buenos Aires e sul secondo diverse incisioni dal vivo registrate in varie occasioni tra il 2010 e il 2014.

Dal punto di vista qualitativo c'è ben poco da dire: Tarja è semplicemente perfetta. E' l'unica cantante del panorama symphonic metal in grado di tenere lo stile lirico in qualunque brano, a qualunque tonalità e velocità. Nei due dischi Tarja spazia, come sempre fa nei concerti, dal proprio repertorio solista a quello dei Nightwish risalente al periodo di quando ne era la cantante. Ad essi aggiunge la cover di Signos dei Soda Stereo, che riesce a trasformare da un pezzo new wave a uno symphonic metal, e un medley anni 80 composto da Where Were You Last Night, Heaven Is a Place on Earth e Livin' on a Prayer. Tarja interpreta ogni brano magistralmente, la sua voce non conosce sbavature e i brani suonano quasi identici alle incisioni in studio.

Se dal punto di vista qualitativo non ci sono dubbi, ce ne sono invece molti sull'opportunità di stampare nel 2015 un live risalente al 2011 e appartenente al medesimo tour del live pubblicato nel 2012 Act 1: Live in Rosario soprattutto considerando che gran parte dei brani sono stati cantati in entrambi i concerti e che Luna Park Ride era già stato stampato come disco extra dell'edizione speciale di Act: 1. Anche il secondo disco aggiunge poco a quanto già si conosceva dai live precedenti di Tarja poiché ben 7 dei 14 brani sono antecedenti al 2011.

Non ci sembra che Tarja avesse il disperato bisogno di stampare un disco nuovo per mantenere viva la propria immagine, dopo aver partecipato come coach alla quarta edizione di The Voice of Finland e dopo aver scritto sui social network di aver già altri due album in fase di lavorazione.

Luna Park Ride è in estrema sintesi un ottimo lavoro, ma purtroppo tanto valido quanto inutile.

lunedì 1 giugno 2015

L'omicidio di Notorious B.I.G.

Dopo soli sei mesi dalla sparatoria in cui perse la vita Tupac Shakur, anche il suo acerrimo rivale Notorious B.I.G. incontrò la morte in una situazione molto simile.

La sera dell'8 marzo del 1997 Notorious B.I.G aveva partecipato come ospite all'edizione di quell'anno dei Soul Train Music Awards allo Shrine Auditorium di Los Angeles. Lo staff della Bad Boy Records quella sera doveva infatti premiare la vincitrice della categoria Best R&B/Soul Single, Female; salirono sul palco il cantante Brian McKnight, il quartetto degli 112, Notorious B.I.G. e il rapper e produttore Puff Daddy. Fu proprio Puff Daddy, che in quanto CEO della Bad Boy era il leader indiscusso di quel gruppo, a iniziare la premiazione con la frase "The nominees for the best R&B/Soul Single are" e gli 112 a turno lessero i nomi delle quattro candidate alla vittoria: Mary J. Blige, Brandy (che era conduttrice della serata insieme a LL Cool J e Gladys Knight), Tony Braxton e Monica. Notorious quindi si avvicinò al microfono per leggere il nome della vincitrice, ma appena lo fece il pubblico di Los Angeles lo accolse con sonori fischi e il rapper non poté nascondere lo stupore chiedendo alla platea "What's up, Cali?" prima di annunciare il nome della vincitrice, la bella e brava Toni Braxton, che salì sul palco a ritirare il premio mentre lo staff della Bad Boy usciva dal palco dietro di lei.

Al termine della cerimonia la rivista Vibe aveva organizzato una festa al Petersen Automotive Museum che avrebbe dovuto essere privata, ma evidentemente le cose andarono diversamente e in breve tempo il museo fu sovraffollato. Notorious si divertì alla festa, nonostante dovesse rimanere per gran parte del tempo seduto a causa di un infortunio alla gamba da cui non si era ancora ripreso del tutto e che lo obbligava a camminare con una stampella. Verso le 00:30 nel museo c'erano oltre 2000 persone e il dipartimento dei pompieri decise di imporre la chiusura della festa per motivi di sicurezza legati al sovraffollamento. Notorious e il suo staff lasciarono il museo su tre autoveicoli: il primo era lo Chevrolet Suburban di Puff Daddy su cui oltre allo stesso Puff viaggiava la sua guardia del corpo Eugene Deal; dietro di loro vi era un altro Suburban guidato dalla guardia di Notorious, Gregory "G-Money" Young, su cui viaggiavano lo stesso Notorious (che curiosamente non aveva la patente) sul sedile del passeggero anteriore e i rapper Lil' Cease e D-Roc sul sedile posteriore. Dietro ai due Suburbam seguiva uno Chevrolet Blazer che portava il resto delle guardie del corpo del gruppo.

Lo scopo del gruppo era quello di proseguire la propria festa in un altro club ma a meno di 50 metri dal museo, poco prima dell'incrocio tra Fairfax Avenue e Wilshire Boulevard, una Toyota Land Cruiser bianca fece un'inversione a U costringendo il Blazer a staccarsi dall'auto di Notorious. Quando il Suburban di Puff Daddy arrivò all'incrocio superò il semaforo e l'auto di Notorious rimase ferma al rosso. Alcune ragazze che passeggiavano sul marciapiede alla sinistra di Notorious attirarono l'attenzione del rapper e proprio in quel momento una Chevrolet Impala gli si affiancò sulla destra (come nel fotogramma sopra tratto dal documentario Famous Crime Scene: The Notorious B.I.G.), il guidatore abbassò il finestrino ed estrasse una pistola con cui sparò sei colpi verso Notorious.

Lil' Cease vide in faccia lo sparatore e riportò che si trattava di un giovane afroamericano poco oltre i vent'anni vestito con abito, camicia e cravatta. D-Roc aggiunse che dall'espressione di Notorious gli parve che la vittima conoscesse il suo assassino.

Avendo sentito gli spari, Deal fece un'inversione e tornò davanti all'auto ferma di Notorious, nel fare questa manovra videro l'Impala dello sparatore voltare a destra e sparire nel traffico. Puff scese dall'auto e corse a verificare le condizioni dell'amico. Intanto Deal si lanciò all'inseguimento dell'Impala lungo Wilshire Boulevard ma l'Impala poteva viaggiare molto più veloce del Suburban a causa di un limitatore di velocità montato per legge su tutti i Suburban prodotti dal 95 al 98, tra cui quello guidato da Deal. Eugene decise tra la frustrazione di abbandonare l'inseguimento e tornò sulla scena del crimine. Nel frattempo alle 00:49 qualcuno chiamò il 911.

Deal decise a quel punto di non attendere l'ambulanza e prese il comando del veicolo di Notorious e lo portò al Cedars-Sinai Medical Center. Lil' Caese ricorda che quando il corpo di Notorious fu estratto dall'auto non sanguinava né mostrava segni di sanguinamento precedente. Probabilmente la massa grassa del corpo di Notorious aveva trattenuto il sangue in uscita. Nonostante gli sforzi dei medici per rianimarlo, Notorious B.I.G. fu dichiarato morto all'1:15.

I risultati dell'autopsia sono stati pubblicati sono nel 2012, quindici anni dopo la sparatoria, e hanno chiarito che Notorious è stato colpito da quattro dei sei colpi sparati di cui uno solo mortale.

Come in tutte le morti violente di personaggi noti, anche in questo caso sono nate una ridda di ipotesi più o meno fantasiose su chi siano i mandanti e gli esecutori dell'omicidio. La teoria più nota vuole che i mandanti dell'omicidio siano Suge Knight, CEO e fondatore della Death Row Records, e l'ex agente dell'LAPD David Mack (che di lì a poco sarebbe finito in galera per tutt'altri motivi) e che l'esecutore materiale dell'omicidio sia un associato di Mack chiamato Amir Muhammad il quale casualmente somiglia all'identikit dello sparatore fatto sulla base della testimonianza di Lil' Cease e di altri testimoni oculari. Purtroppo l'unica fonte per questa teoria è la testimonianza di un informatore dell'FBI chiamato Kevin Hackie il quale sostiene di essere stato una guardia del corpo per la Death Row Records e di avere pertanto avuto accesso a questo informazioni. Ma in seguito Hackie, come risulta della indagini del giornalista Chuck Philips, ha ammesso di avere pessima memoria, di aver mentito in questo specifico caso e si è anche autodescritto come paranoico e schizofrenico. Non un buon curriculum per chi vuole essere informatore chiave di un caso di omicidio.

A distanza di 18 anni l'omicidio rimane insoluto.

Le fonti che abbiamo usato per la nostra ricerca sono il libro The Murder of Biggie Smalls di Cathy Scott, il documentario Famous Crime Scene: The Notorious B.I.G. e gli articoli di giornale The Unsolved Mystery of the Notorious B.I.G. di Randall Sullivan, Notorious B.I.G. Autopsy Report Released di Steven Horowitz e Informant in Rap Star's Slaying Admits Hearsay e Witness in B.I.G. case says his memory's bad di Chuck Philips.

sabato 30 maggio 2015

Aria - S Kem Ty?

I moscoviti Aria (Ария, in cirillico) sono senza dubbio il gruppo di punta della scena metal della capitale russa che, con gruppi del calibro di Chorny Kofe, Krematorij e Master, non ha nulla da invidiare al Regno Unito o agli USA.

A un solo anno di distanza dal loro magistrale album di esordio intitolato Mania Velichia (Мания Величия) del 1985 il gruppo capitanato da Valery Kipelov ha pubblicato il suo secondo lavoro intitolato S Kem Ty? (С кем ты?) in cui riesce nella difficile impresa di superare i fasti del primo. Il disco parte alla grande con la travolgente Volya i Razum (Воля и Разум) e con la teatrale Vstan`, Strakh Preodolej (Встань, Страх Преодолей) e procede in tutti i suoi otto brani senza cali di qualità. La musica degli Aria si ispira chiaramente ai giganti del NWOBHM come Iron Maiden e Judas Priest grazie alle chitarre potenti alla voce tenorile di Kipelov che quanto a estensione e forza ha ben poco da invidiare a Bruce Dickinson e Rob Halford.

Il disco che ne risulta è un capolavoro del metal che trascende lingua e cultura ed è composto da sei brani veloci e trascinanti, i cui testi sono scritti dal poeta russo Alexander Yelin, più una ballad intitolata Bez Tebya (Без Тебя) e la strumentale Pamyat' O... (Память О...).

Dopo S Kem Ty? gli Aria hanno proseguito come hanno iniziato, con dei dischi di ottimo livello che dimostrano che il metal si può fare anche in lingue diverse dall'inglese che danno sfaccettature diverse alla musica per via del loro suono. La qualità della musica degli Aria è rimasta intatta fino al 2002, quando Kipelov ha lasciato il gruppo per fondarne uno che porta il suo nome (curiosamente proprio Rob Halford fece lo stesso negli anni in cui si allontanò dai Judas Priest). I cantanti che lo hanno sostituito comunque non hanno deluso le aspettative e ancora oggi gli Aria sono uno dei migliori gruppi metal a livello mondiale.

domenica 24 maggio 2015

L'omicidio di Tupac Shakur

Il 7 settembre del 1996 al MGM Grand di Las Vegas Mike Tyson sconfisse Bruce Seldon in 1 minuto e 49 per KO nell'ultimo incontro prima della famigerata doppia sfida con Evander Holyfield. Tra gli spettatori del match era seduto il rapper Tupac Shakur con il suo produttore Suge Knight, accanto a loro vi erano anche la guardia del corpo Frank Alexander e un amico di Suge chiamato Sal. I quattro assistettero all'evento circondati da altre celebrità come Charlie Sheen e Louis Gossett Jr.

Al termine dell'incontro i quattro avrebbero dovuto incontrare Tyson davanti al suo spogliatoio, ma mentre lo attendevano Suge disse qualcosa nell'orecchio a Tupac: i piani cambiavano, Iron Mike non era più disponibile a incontrarli, sarebbero andati via subito. Prima di abbandonare il palazzetto, attesero nella lobby di riunirsi con il resto dei loro amici formato dall'entourage di Suge e dalla crew che cantava con Tupac, gli Outlawz, e quando tutto il gruppo fu ricompattato si avviarono verso l'uscita. Mentre stavano abbandonando la struttura, Sal vide nella lobby il gangster Orlando Anderson, della gang dei Crips, che qualche mese prima aveva rapinato insieme ad alcuni suoi compagni di banda uno dei membri della Death Row Records, la casa discografica fondata da Suge Knight e Dr Dre per la quale incideva, tra gli altri, anche lo stesso Tupac. Sal indicò Anderson a Tupac che corse verso il gangster e gli chiese "You from the south?", quindi gli sferrò quindi un pugno al volto facendolo cadere a terra. Orlando reagì colpendo a sua volta Tupac al viso. In un attimo Alexander si precipitò addosso a Tupac per sedare la rissa e i due furono finalmente divisi grazie anche all'intervento dalla security dell'albergo.

Il gruppo di Tupac e Suge non fu fermato, né arrestato in alcun modo. Orlando non fece denuncia, né la fece la polizia. Come si può tuttora visionare dai video delle telecamere di sicurezza dell'MGM Grand Tupac e i suoi amici semplicemente lasciarono la struttura per andare a piedi al Luxor Hotel dove il rapper alloggiava. Tupac salì nella camera che condivideva con la fidanzata Kidada Jones, figlia del noto musicista e produttore Quincy Jones, per cambiarsi dagli abiti casual a quelli da strada con cui siamo abituati a vederlo nei suoi video. Poco dopo uscì da solo dalla stanza, Kidada rimase nuovamente in albergo, rinunciando eccezionalmente al giubbotto antiproiettile che spesso indossava ma che nel deserto del Nevada gli avrebbe tenuto troppo caldo. Tupac si riunì al gruppo di amici e chiese ad Alexander di non salire in macchina con lui e Suge, ma gli diede le chiavi dell'auto di Kidada e gli disse di salire in auto insieme agli Outlawz e di seguirli. Il gruppo andò a casa di Suge, a Paradise Valley, affinché anche Suge potesse cambiarsi. Quindi verso le 22 lasciarono la casa di Suge per andare al Club 662 al numero 1700 di East Flamingo Road, dove però non arriveranno mai.

Il convoglio era composto da quattro auto: la BMW 750 nera di Suge, l'auto con Alexander e gli Outlawz che li seguiva e altre due macchine con a bordo l'entourage di Suge. Sulla BMW Suge sedeva al posto del guidatore, mentre Tupac era seduto sul sedile anteriore destro. Sull'auto di Kidada, Alexander era alla guida, accanto a lui era seduto il rapper degli Outlawz Yaki Kadafi, il resto del gruppo era seduto dietro. Il convoglio percorse il Las Vegas Boulevard con il suo traffico continuamente bloccato dai semafori e intorno alle 23 l'auto di Suge fu fermata da alcuni poliziotti in bicicletta attirati dal volume eccessivamente alto dell'autoradio, inoltre l'auto di Suge non aveva la targa né davanti, né dietro. La polizia chiese ai due di scendere dall'auto e di aprire il bagagliaio, dopo una breve discussione li lasciò andare.

Il convoglio svoltò a destra su Flamingo Road e si fermò al semaforo all'incrocio con Koval Lane. Le quattro auto erano disposte come nel fotogramma sopra, tratto dal documentario 2pac Before I wake. Un attimo dopo una Chrysler berlina, inspiegabilmente assente nel fotogramma del documentario, arrivò dietro all'auto di Travon e le quattro ragazze che erano a bordo attirarono l'attenzione di Suge e Tupac. Nello stesso istante una Cadillac bianca li affiancò dall'altro lato e l'uomo seduto sul sedile posteriore sinistro abbassò il finestrino ed esplose numerosi, almeno 13, colpi di pistola verso Tupac. In diverse occasioni Alexander ha raccontato l'accaduto e lo ha sempre fatto mimando il gesto dello sparo con il braccio destro, quindi lo sparatore ha dovuto torcere il busto per girarsi verso Tupac. Il rapper tentò di sottrarsi al fuoco scappando sul sedile posteriore attraverso il varco tra i due sedili, ma rimase bloccato dalla cintura di sicurezza e fu colpito al petto, all'addome e a una mano. Anche Suge rimase colpito, ma solo di striscio, alla nuca e non al collo come spesso si legge. I colpi esplosi verso Tupac perforarono la portiera e finestrino e bucarono due delle gomme della BMW. Alcuni poliziotti in bicicletta assistettero alla sparatoria e chiamarono rinforzi oltre al soccorso medico.

La Cadillac sparì nel traffico svoltando a destra su Koval Lane, Frank Alexander scese dall'auto per avvicinarsi a quella di Knight pensando che entrambi i passeggeri fossero morti vista la moltitudine di colpi esplosi, ma Suge, nonostante fosse stato colpito e nonostante le condizioni dell'auto gravemente danneggiata, fece un'inversione a U e tornò sul Las Vegas Boulevard in direzione dell'ospedale. Alexander tornò in macchina e fece la stessa manovra di Suge per seguirlo. L'auto di Suge, che nel frattempo aveva colpito un cordolo spartitraffico e aveva una terza gomma bucata, si fermò all'incrocio tra il Las Vegas Boulevard e Harmon Avenue. Nell'immagine accanto è mostrato il tragitto percorso dalla BMW di Suge dopo la sparatoria, il punto della sparatoria è cerchiato in azzurro, il punto dell'arresto del veicolo è cerchiato in rosso.

La polizia nella confusione del momento pensò che Knight fosse uno degli aggressori e lo costrinse a sdraiarsi a terra con la faccia in giù nonostante stesse sanguinando. Alexander arrivò circa un minuto dopo e dopo essersi identificato come una delle guardie del corpo spiegò alla polizia che Knight era una delle vittime e non un aggressore. La polizia concesse a Suge di rialzarsi e tentò quindi di aprire la portiera dell'auto per far scendere Tupac ma, forse per la deformazione dovuta ai colpi, la portiera non si aprì e fu proprio Suge con la forza che riuscì ad aprirla. Knight e Alexander trassero Tupac, ancora cosciente, dall'auto e lo stesero sull'asfalto. Poco dopo fu caricato sull'ambulanza e portato all'ospedale. Solo a Suge fu concesso di salire in ambulanza con Tupac. "I'm dying, man" disse il rapper al suo produttore. Purtroppo aveva ragione, Tupac Shakur morì per emorragia interna dovuta a colpi di arma da fuoco il 13 settembre del 1996.

Dalla morte di Tupac sono scaturite innumerevoli teorie del complotto, la più celebre delle quali vuole che la sparatoria sia stata una messinscena organizzata dallo stesso Tupac per fingere la propria morte e nascondersi da qualche parte, non si capisce bene a che scopo. In rete si possono facilmente trovare le 18 argomentazioni del leader dei Public Enemy Chuck D secondo cui Tupac sarebbe ancora vivo. Francamente gli argomenti sono talmente assurdi e risibili da non meritare considerazione. Chuck D immagina scenari in cui la polizia, i paramedici e tutti i passanti sarebbero parte di un'immensa cospirazione di cui nessuno ha ancora capito lo scopo. A Chuck D ha già risposto adeguatamente il giornalista Jordan Pelaez e non intendiamo affrontare l'argomento anche noi.

Una teoria un po' meno assurda vuole che il mandante dell'omicidio sia lo stesso Suge spinto dal fatto che Tupac voleva lasciare la Death Row. Anche questa ipotesi è comunque molto fantasiosa ed è sostenuta solo dai teorici del complotto: né la polizia, né Frank Alexander hanno mai sostenuto nulla del genere. Questa teoria è spesso riproposta per il fatto che nell'intro del primo disco postumo di Tupac, intitolato The Seven Days Theory - The Don Killuminati e inciso con lo pseudonimo di Makaveli, si sente una voce, da molti attribuita a Tupac, dire qualcosa che sembra "Suge shot me". Premesso che non è chiaro a nessuno come Tupac avrebbe potuto incidere questo verso da morto, e premesso anche che questo stesso disco è stato prodotto proprio da Suge Knight, la teoria è completamente infondata perché quel breve verso e il rumore di fondo che si sente al contempo sono un campionamento dal video Da Funk dei Daft Punk uscito l'anno prima (la frase è presente solo nel video dei Daft Punk, non sul CD) e a un ascolto più attento si capisce che dice tutt'altro. Non è chiarissimo ma la versione più probabile è che in realtà la frase dica "Shoulda shot me".

In realtà basta anche il buon senso a capire che è completamente folle l'idea di commissionare l'omicidio di qualcuno che è seduto in auto accanto a sé, non a caso Suge è rimasto ferito. Se avesse voluto davvero architettare la morte di Tupac avrebbe potuto anche trovare una scusa qualunque per scendere dall'auto o fare in modo che lo sparatore si trovasse frontalmente rispetto all'auto anziché lateralmente, in modo da non rischiare di rimanere ferito o ucciso.

Un'altra teoria piuttosto nota vorrebbe che l'omicidio sia stato materialmente compiuto dai Crips e commissionato dal rapper Notorious B.I.G. che sarebbe morto sei mesi dopo in circostanze analoghe a Los Angeles. Ma anche questa è solo una chiacchiera giornalistica senza alcun sostegno fattuale.

Solo due mesi dopo, il 10 novembre, uno dei testimoni chiave, il rapper Yaki Kadafi che era seduto accanto ad Alexander, è stato ucciso con un colpo di pistola sparato accidentalmente da un amico. Tutt'oggi questa sembra solo una tragica fatalità e non ci sono elementi fattuali che colleghino i due omicidi.

A distanza di quasi vent'anni l'omicidio di Tupac Shakur è ancora insoluto e probabilmente lo resterà per sempre visto che nel 2013 anche Frank Alexander (foto accanto) è morto per un colpo di pistola autoinflitto. Ora anche l'ultimo testimone chiave non potrà più dare il proprio contributo nel dipanare la matassa della morta di Tupac.

Le fonti che abbiamo usato per la nostra ricerca sono i libri The Killing of Tupac Shakur di Cathy Scott, Suge Knight di Jake Brown e Got Your Back di Frank Alexander, i documentari Tupac Shakur Before I Wake e Famous Crime Scene: Tupac Shakur e gli articoli di giornale New Theories Stir Speculation On Rap Deaths di John Leland, Who Killed Tupac Shakur? di Chuck Philips, To Die Like A Gangsta, Witness to Rapper's Killing Is Shot to Death e Frank Alexander, Tupac Shakur's Former Bodyguard, Found Dead