giovedì 14 aprile 2016

Intervista a David Moretti

Gli anni 90 sono stati un decennio d'oro per il rock italiano e tra i vari gruppi che la nostra penisola ha prodotto spiccano qualitativamente su tutti gli altri i milanesi Karma. La band guidata dal frontman David Moretti ha pubblicato solo due album tra il 94 e il 96 che spaziano dal grunge al rock psichedelico arricchiti di suoni etnici e tribali. Chiusa l'avventura dei Karma e dopo oltre dieci anni di lontananza dalle scene nel 2007 lo stesso gruppo di musicisti tornò in studio sotto il nome di Juan Mordecai per registrare un unico album dalle sonorità molto varie.

Oggi David Moretti è direttore creativo di Wired a San Francisco e ha accettato la nostra proposta di un'intervista per raccontarci qualcosa di più sul suo profilo musicale e su come sono nati i tre album che ha inciso.

Ringraziamo David Moretti per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ciao David, e anzitutto grazie del tempo che ci dedichi. Parliamo come prima cosa dei Karma, come vi è venuta nei primi anni 90 l'idea di portare il grunge in Italia?

David Moretti: In realtà non ci siamo resi mai conto di essere “grunge”, forse fino alla produzione del primo album in italiano. I Karma nascono verso la fine degli anni 80 come cover band: Hendrix, Led Zeppelin, Pink Floyd, Rolling Stones, Beatles, Jefferson Airplaine… Ognuno di noi veniva da generi diversi: metal, punk rock, prog, hardcore, rock psichedelico. Il classic rock è stata la base sulla quale abbiamo costruito il nostro suono. Nel 1991 iniziammo a comporre musica nostra e a registrare il nostro primo “disco” in inglese sotto il nome di Circle of Karma. Fu Fabrizio Rioda dei Ritmo Tribale a convincerci a riscrivere i testi in italiano e nel 1992 abbreviammo il nome in Karma e iniziammo a farci conoscere come prodotto italiano. L’album omonimo uscì nel 1994 per Ricordi/Ritmi Urbani. Volevamo un suono contemporaneo e molte band dell’epoca avevano le nostre stesse radici: Pearl Jam, Mother Love Bone, King’s X, Alice in Chains, Soundgarden. Ma fu la stampa ad etichettarci come grunge.


125esima Strada: Come vi è venuta l'idea di mischiare il grunge e il rock con sonorità tribali ed etniche?

David Moretti: E’ difficile crederlo ascoltando il primo album, ma la vena acustica è sempre stata molto forte, tanto quanto quella psichedelica. Iniziammo a suonare con Pacho, il nostro percussionista, qualche mese prima dell’inizio delle registrazioni dell’album. Iniziammo a portare in giro uno spettacolo con percussioni industriali, lamiere, bidoni, perfino una lavatrice (!). Con lui fu amore a prima nota. Condivideva inoltre la mia “passione” per l’India e le filosofie orientali ed era (ed e’) un suonatore di tablas formidabile. Io suonicchiavo il sitar e una delle nostre jam finì come intro del nostro primo singolo La Terra. Il nostro secondo lavoro, Astronotus, nato come una lunga jam session di quasi 2 ore, e’ il frutto di questa miscela decisamente atipica.


125esima Strada: Personalmente trovo il tuo cantato in questa prima fase della tua carriera molto simile a quello di Layne Staley. Sei d'accordo con questa similitudine?

David Moretti: Grazie del complimento! Layne aveva una voce strepitosa. Ho sempre cantato in inglese, fin da giovanissimo. Amo molto le voci potenti ma versatili come Glenn Hughes, Doug Pinnick, Demetrio Stratos. Avendo una voce molto bassa e una discreta estensione mi è venuto naturale impostare i miei cantati su quei modelli. Layne e anche Vedder sono stati molto importanti nella mia fase di passaggio tra inglese e italiano. Il primo album è decisamente Alice in Chains, soprattutto nelle armonizzazioni dei cori.


125esima Strada: Parliamo invece degli Juan Mordecai, come è nato questo progetto e come ti è tornata da voglia di tornare in studio e sul palco a oltre dieci anni dall'avventura dei Karma?

David Moretti: Non ho mai smesso di comporre. Quando sei un musicista non vai mai in pensione. Mi sono così ritrovato dopo quasi dieci anni di distanza ad avere moltissimi brani archiviati. La vita ci aveva fatto prendere strade differenti, ma la persona con la quale mi vedevo più spesso era Andrea Viti che nel frattempo era entrato in pianta stabile negli Afterhours. Ognuno dei due si era attrezzato con un piccolo studio mobile casalingo e così iniziammo a scambiarci file audio. Alcuni pezzi erano talmente in sintonia che fu facile farne una playlist. Poi iniziammo a coinvolgere gli altri Karma, chi per una linea di chitarra, chi per le percussioni. In realtà gran parte del disco fu suonata e registrata da me ed Andrea tra il 2004 e il 2007. Ma ricontattare gli altri Karma fu l’inizio di un processo che ci riportò poi dal vivo per i due anni successivi.


125esima Strada: Cioè che stupisce del disco degli Juan Mordecai è l'incredibile varietà dei suoni proposti, a quali artisti vi siete ispirati per comporre i pezzi?

David Moretti: Juan Mordecai è un disco bastardo. Nel vero senso della parola. Tom Waits, Johnny Cash, ma anche MC5, Stooges potrei citarti migliaia di nomi. Siamo sempre stati onnivori musicalmente. Quando hai a disposizione 10 anni e poi fai una selezione, l’unico modo di tenere tutto insieme è farne un frullato. Per di più nessuno dei due ha mai avuto il controllo della cosa. “Mi serve una linea di basso”, “Ho bisogno di una melodia”, “ Ho aggiunto un solo, che dici?”… Questo è stato il modo con cui abbiamo messo insieme dieci pezzi. Anche la lunghissima jam finale è frutto di sovraincisioni a “distanza”. Quando uno di noi aveva il tempo aggiungeva qualcosa e passava all'altro. Per cucinare il tutto poi ci è servita una persona terza che prendesse le decisioni: il grande Taketo Gohara.


125esima Strada: Nei Karma cantavi in italiano e negli Juan Mordecai in inglese. Nella tua esperienza personale quali sono le caratteristiche e i pregi di ciascuna di queste due lingue da un punto di vista musicale e canoro?

David Moretti: Non sono mai stato un poeta, non è quello che sono. Amo la poesia, ma ho sempre trovato ingenua e banale ogni cosa che abbia fatto in quella direzione. Molte delle liriche dei Karma sono cut-and-paste di manuali di meditazione, saggi di filosofia, citazioni, fiabe orientali… Con l’inglese ho un rapporto più diretto, suona in me subito giusto. Almeno questa è la mia esperienza.


125esima Strada: Quali sono i tuoi musicisti preferiti di tutti i tempi?

David Moretti: Non riesco a fare una classifica. Ti direi i Led Zeppelin perché hanno ossessionato la mia adolescenza, perché trovo in loro molto dei suoni che amo dal rock britannico alle sonorità orientali. Ma è davvero molto difficile.


125esima Strada: Nella scena musicale attuale invece chi sono i tuoi preferiti?

David Moretti: Questa è ancora più’ difficile. Ti dico quello che ho aggiunto recentemente su Spotify: Iggy Pop – Post Pop Depression (con Josh Homme), Black Mountain – IV, Bee Caves – Animals with Religion. Adesso che vivo in California ascolto tantissima musica indipendente. Gli unici italiani che ascolto con molto piacere sono i Verdena. Per il resto sono completamente sconnesso.


125esima Strada: Essere un musicista ed essere direttore creativo di Wired sono profili professionali molto diversi, come riesci a coniugare questi due aspetti così all'apparenza distanti?

David Moretti: Nella mia vita ho sempre alternato grafica a musica e musica a grafica. A volte queste due cose si sono sovrapposte. Facevo il grafico per pagarmi l’università e il “vizio” della musica, poi mi sono ritrovato musicista “professionista” e quando la “professione” non mi ha più consentito di viverci sono tornato a fare il grafico.


125esima Strada: Ti rivedremo mai il sala di registrazione o su un palco?

David Moretti: Il bello di stare negli Stati Uniti e’ che qui suonano TUTTI. Molti dei miei colleghi hanno band e ogni tanto spariscono per una settimana girando in piccoli tour. Qui i locali ci sono, la gente va ai concerti e a nessuno gliene frega niente se hai 50 o 16 anni. Diciamo che sto scaldando l’ugola :)

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