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mercoledì 21 agosto 2024

Sui luoghi dell'omicidio di Notorious BIG

Tupac e Notorious in uno dei musei di Hollywood Boulevard

Due anni dopo aver visto a Las Vegas l'incrocio stradale in cui Tupac Shakur venne freddato da tredici colpi sparati da un misterioso assassino (che con ogni probabilità è il gangster Orlando Anderson) ho finalmente tempo di andare a vedere anche il luogo in cui sette mesi dopo perse la vita in circostanze simili Christopher Wallace, meglio noto come Notorious BIG.

Inserisco nel navigatore il Petersen Automotive Museum, dove il rapper e la sua crew tennero l'ultima festa a cui Notorious poté partecipare, e mi porta all'uscita carrabile di Orange Grove Avenue. Chiedo all'addetta al parcheggio se sia quella l'uscita da cui è uscito il Suburban di Notorious ma non lo sa.


Cammino a piedi attorno al vasto edificio e arrivo all'incrocio tra Fairfax Avenue e Wilshire Avenue dove è avvenuta la sparatoria, è un incrocio trafficatissimo in cui le auto si muovono nel traffico incredibile di questa città. Ma quello che mi colpisce è un'altra cosa, anzi l'assenza di qualcosa. Se a Las Vegas è sorto un memoriale spontaneo dove Tupac è stato colpito dai colpi mortali del suo assassino, qui a Los Angeles non c'è nulla. Non c'è un memoriale, non c'è una scritta, non c'è proprio niente che ricordi quanto successo.


Entro nel museo che è veramente spettacolare con le sue auto custom esposte al piano terra e vado al cafè per un attimo di pausa. Chiedo anche al cameriere se sa da quale parte sia uscito dall'edificio il Suburban di Notorious ma non lo sa neanche lui. In ogni caso riguardando i video e le ricostruzioni è chiaro che l'autista del valet parking che recuperò il mezzo guidato dalla guardia del corpo Gregory Young su cui viaggiava il rapper uscì proprio su Orange Grove Avenue, il navigatore quindi mi ha portato esattamente nel posto in cui tutta questa storia è iniziata.

Resta un dubbio però: perché non c'è nulla che ricordi Notorious BIG in quel luogo? Possono esserci varie spiegazioni. Il produttore televisivo Paul Watson che ho incontrato a cena due giorni dopo (produttore tra gli altri di Who Killed Tupac?, noto in Italia come Tupac: il caso è aperto, e da me intervistato su questi due casi l'anno scorso) mi dice che potrebbe essere perché per la città degli angeli la ferita è ancora aperta. Un'altra spiegazione può essere che sulla West Coast Tupac era l'homeboy mentre Notorious era il nemico. Possono essere vere entrambe le spiegazioni, ma che Tupac da queste parti sia più amato è indubbio, si trovano magliette con la sua effige in tutti i negozi di souvenir e ovunque si può ascoltare la sua musica. Notorious è ricordato molto meno e mai da solo, sempre e solo in contrapposizione a Tupac.

È davvero triste che la città non voglia ricordare questo straordinario rapper come merita e dare il giusto risalto a questo incrocio stradale. Perché quello tra Fairfax e Wilshire non è solo l'incrocio tra due strade ma è anche un crocevia nella storia del rap e il simbolo di una delle più assurde faide della storia della musica.

martedì 15 novembre 2022

Intervista all'ex detective della polizia di Los Angeles Greg Kading

Greg Kading, ex dectective della polizia di Los Angeles, ha guidato la task force che investigò sull'omicidio di Notorious BIG. Per parlare dei dettagli dell'indagine, Greg ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo di seguito ai nostri lettori.

L'intervista è disponibile solo in inglese.


mercoledì 28 settembre 2022

Omicidio di Tupac: intervista a Chris Carroll, il primo poliziotto che intervenne sulla scena dopo la sparatoria

È disponibile sul mio canale YouTube un'intervista a Chris Carroll, ex sergente della polizia di Las Vegas che intervenne sulla scena dopo la sparatoria che portò alla morte di Tupac Shakur avvenuta il 7 settembre del 1996.

L'intervista è disponibile solo in inglese.

martedì 30 agosto 2022

Sui luoghi dell'omicidio di Tupac Shakur


Finalmente, dopo due anni di rinvio dovuti alla pandemia, sono riuscito a fare il tanto atteso viaggio americano che aveva Las Vegas come prima tappa. Non ci ero mai stato e forse, tutto sommato, ho scelto il periodo migliore visto che tante delle caratteristiche di questa città del deserto sono nate negli ultimi anni, come la presenza di due squadre in altrettante leghe sportive professionistiche le cui pubblicità si vedono praticamente ovunque: i Vegas Golden Knights della NHL e i Las Vegas Raiders della NFL trasferitisi nel 2019 da Oakland alla più grande città del Nevada. Trovandomi a Las Vegas, era inevitabile andare a vedere i luoghi in cui il 7 settembre del 1996 si svolse la sparatoria in seguito alla quale Tupac Shakur perse la vita a venticinque anni.

L'incrocio tra Koval Lane e Flamingo Road

Il punto principale è ovviamente l'incrocio tra Koval Lane e Flamingo Road, quello in cui la misteriosa Cadillac bianca affiancò sulla destra la BMW di Suge Knight e dove l'assassino seduto sul sedile posteriore sinistro esplose vari colpi di pistola in direzione di Tupac Shakur che si trovava sul sedile anteriore destro della BMW. Dapprima ho tentato di andarci dopo cena, verso le 23, percorrendo Harmon Avenue, ma la zona non sembrava raccomandabile a quell'ora con il buio e quindi ho abbandonato l'intento. Ho ritentato il giorno dopo con la luce del sole e percorrendo Flamingo Road anziché Harmon Avenue. Flamingo Road, superati i primi alberghi più vicini a Las Vegas Strip, non mi ha dato l'impressione di essere particolarmente più sicura di Harmon Avenue con il buio, ma di giorno era sicuramente praticabile e mi ha dato la possibilità di avvicinarmi all'incrocio seguendo proprio il percorso di Suge e Tupac.

Il memoriale su Flamingo Road
L'incrocio con Koval Lane oggi è un semplice incrocio di due strade trafficate se non fosse per un memoriale, del tutto spontaneo e non ufficiale, nato dalle scritte e dai disegni lasciati dai fan negli oltre venticinque anni trascorsi dalla notte della sparatoria su un palo della luce di Flamingo Road.

Dopo la sparatoria la BMW guidata da Suge Knight fece inversione per tornare verso Las Vegas Strip, in direzione dell'ospedale, e si fermò all'incrocio con Harmon Avenue davanti all'Hotel Bellagio a causa di ben tre gomme bucate, e fu lì che la polizia della città riuscì a intervenire. Dopo aver visto l'incrocio tra Koval e Flamingo, avevo appuntamento per cena con Chris Carroll, l'ex sergente della polizia che fu il primo a intervenire in bici quando l'auto di fermò. Durante la cena, a base della migliore carne e del miglior vino che si possano trovare a Las Vegas, l'argomento di Tupac è uscito varie volte nella conversazione e Chris mi ha confermato molte cose emerse nell'intervista che mi rilasciò due anni fa. Ad esempio mi raccontò che le prime parole che gli rivolse Tupac furono Fuck You, che sulle prime fu costretto ad allontanare Suge Knight anche minacciandolo in quanto non sapeva chi fosse e poiché in quella circostanza poteva rappresentare un pericolo, o che la guardia del corpo Frank Alexander non era presente sulla scena e che i racconti da lui proposti tra il 1995 e il 2013 (anno del suo suicidio) sono in ottima parte frutto di fantasia.

Io e Chris Carroll dopo la nostra cena a Las Vegas

Il dettaglio più importante del racconto di Chris riguarda ovviamente l'autore dell'omicidio: secondo l'ex poliziotto si tratta del gangster Orlando Anderson, cui cui Tupac ebbe uno scontro fisico all'MGM Grand dopo l'incontro tra Mike Tyson e Bruce Seldon poche ore prima della sparatoria. Anderson è morto nel 1998 in un omicidio legato alle rivalità tra gang, slegato dalla morte di Tupac, e questo ha in qualche modo chiuso i conti.

Il 723 della 7th Avenue
Una delle tappe successive del viaggio è stata New York e il mio albergo era a pochi isolati da dove Tupac subì un'altra sparatoria a seguito di un tentativo di rapina nel 1994. L'aggressione avvenne nella lobby del decimo piano del numero 723 della Settima Avenue, poco distante da Times Square, sede dei Quad Studios dove il rapper si trovava per registrare alcune strofe per un mixtape dell'amico Ron G. Due uomini in tenuta militare obbligarono Tupac e i suoi amici a stendersi a terra e derubarono il rapper della sua gioielleria, Tupac tentò di ribellarsi ed estrarre la Beretta che aveva con sé e gli aggressori gli spararono cinque colpi di pistola. Tupac incolpò Puff Daddy e Notorious BIG di essere i mandanti dell'aggressione e l'evento avviò l'escalation di tensione che culminò nell'omicidio dello stesso Tupac e in quello di Notorious. Ho potuto vedere il luogo della sparatoria solo da fuori, dal livello della strada, perché essendo uffici privati non è consentito entrare. Ho anche incontrato un ragazzo che usciva dallo stabile portando con sé altoparlanti e strumenti musicali, indice che proveniva proprio dai Quad Studios, a cui ho chiesto se fosse possibile entrare, ma purtroppo mi rispose di no. Ebbi un'esperienza simile cinque anni prima, quando provai ad entrare nell'edifico di Merrick Boulevard del quartiere di Jamaica, nel Queens, dove fu ucciso nel 2002 il DJ dei Run DMC Jam Master Jay trovando la porta chiusa (e quella volta non c'era nessuno a cui chiedere).

Purtroppo di posti da andare a vedere ce ne sarebbero stati altri, come l'MGM Grand o l'incrocio tra Wilshire Boulevard e South Fairfax Avenue a Los Angeles (anch'essa tappa del viaggio) dove fu ucciso Notorious B.I.G, ma questa volta ne è mancato il tempo. Sarà per il prossimo giro sulla West Coast, perché spesso per capire l'arte di personaggi singolari come Tupac Shakur è necessario vedere anche i luoghi dove il loro cammino ha incontrato una drammatica  fine.

mercoledì 16 febbraio 2022

La morte di Keith Flint

La mattina del 4 marzo del 2019 la polizia della contea dell'Essex, nell'Inghilterra orientale, venne chiamata da un dipendente del proprietario di una villa del quindicesimo secolo che aveva trovato il proprio datore di lavoro morto in casa. La polizia intervenne e trovò l'uomo impiccato, vittima evidentemente di un suicidio. Il proprietario suicida della villa era il quarantanovenne vocalist dei Prodigy Keith Flint, che negli anni 90 aveva goduto di notevole fama grazie al successo di brani quali Firestarter e Breathe che al tempo avevano molto airplay su MTV.


Flint aveva passato gli ultimi giorni della sua vita in apparente serenità. Sabato mattina, due giorni prima di essere trovato senza vita, aveva partecipato alla Chelmsford Central Parkrun, corsa amatoriale che si tiene ogni sabato al parco di Chelmsford, capitale della contea, su una distanza di cinque chilometri. Il cantante finì la competizione in ventidue minuti e ventuno secondi, stabilendo il proprio record personale. Dopo la corsa, pranzò con il suo personal trainer al Galvin Green Man di Chelmsford dove sembrava essere felice della sua forma fisica e dove scherzò anche con una famiglia seduta a mangiare vicino a loro, dopo che uno dei bambini fece cadere a terra una forchetta. Keith riservò qualche battuta anche al fotografo che lo aveva seguito nel locale a cui disse di voler essere ancora the firestarter, scherzando sul fatto di essere seduto vicino a un camino spento. Il giorno successivo, il cantante fu visto in un altro locale di Chelmsford, The Compasses, a bere senza dare particolari segni di stress o depressione.

Il giorno seguente, lunedì 4 marzo, la polizia trovò Flint morto impiccato nella sua villa nella periferia di Dunmow. Da subito gli inquirenti esclusero che si trattasse di omicidio, perché non c'erano segni di scasso, lotta o null'altro che facesse pensare a un atto criminale. La band confermò subito su Twitter il decesso del loro vocalist e il DJ Liam Howlett, con un drammatico post su Instagram, chiarì subito che il gruppo non aveva dubbi sul fatto che Keith si fosse tolto la vita. Del resto che Flint soffrisse di depressione non era una novità; nei primi anni duemila, dopo che la band non riuscì a replicare il successo di The Fat of the Land e dopo un tentativo fallimentare di disco solista, contrariamente ai buoni risultati ottenuti in solitaria dall'altro vocalist Maxim, Keith sviluppò una grave dipendenza da alcol e medicinali. Dipendenza da cui riuscì a liberarsi solo grazie al contributo della moglie, la DJ giapponese Mayumi Kai (nota con lo pseudonimo DJ Gedo Super Mega Bitch), sposata nel 2006.


Tuttavia il matrimonio tra i due era fallito alla fine del 2018 e nonostante sembrasse sereno e allegro all'esterno, Keith Flint stava attraversando un periodo difficile. Mayumi pochi mesi prima della morte del cantante aveva lasciato la casa nell'Essex, che Flint aveva comprato nel 1997 all'apice del suo successo. Nel febbraio del 2019 i due avevano messo in vendita la casa e Keith aveva contattato la moglie per provare a riconciliarsi con lei e a convincerla a rinunciare alla vendita della casa, ma la donna che si era trasferita di nuovo in Giappone fu inamovibile. Curiosamente l'omonimia causò problemi ad un altra DJ di nome Mayumi Kai che dovette chiarire sui social network di non essere la moglie di Keith Flint. Quelli coniugali non erano gli unici problemi che lo affliggevano, perché Keith al momento della morte aveva oltre sette milioni di sterline di debiti e la catena di pub di cui era proprietario era in negativo di cinquecentomila sterline. La delusione, la tristezza, e probabilmente la consapevolezza che non sarebbe mai tornato al successo di metà anni 90, portarono Keith a ricadere nelle proprie dipendenze; infatti l'autopsia stabilì che il cantante aveva in corpo alcol, cocaina e codeina al momento del decesso.

All'inchiesta tenutasi l'8 maggio 20019, il coroner comunicò le proprie conclusioni, secondo cui la causa della morte poteva essere il suicidio o un incidente domestico e che sarebbe stato impossibile arrivare a una conclusione definitiva. Purtroppo i fatti più recenti e il parere di Liam fanno propendere per la peggiore delle due ipotesi: Keith Flint è rimasto vittima della propria depressione e dei problemi che stava affrontando.



Fonti:

giovedì 18 febbraio 2021

La morte di Dolores O'Riordan

Il 15 gennaio del 2018, la cantante irlandese e leader dei Cranberries Dolores O'Riordan fu trovata senza vita nella stanza numero 2005 del London Hilton on Park Lane, nel quartiere Mayfair della capitale del Regno Unito. La cantante abitava a New York ed era a Londra per lavoro; era arrivata il 14 gennaio e durante la sua permanenza in Inghilterra avrebbe dovuto incontrare il produttore Martin Glover per completare il lavoro sul secondo album della sua band parallela, i D.A.R.K, e degli esponenti della BMG per discutere del nuovo album dei Cranberries. Al momento della morte la cantante aveva quarantasei anni.


Intorno a mezzanotte Dolores chiamò il servizio in camera e due ore dopo parlò al telefono con la madre. Circa alla stessa ora aprì il frigobar della stanza per l'ultima volta. La mattina seguente alle 9:05 il personale delle pulizie entrò nella stanza, non sentendo rumore all'interno, e trovò la cantante in pigiama dentro la vasca da bagno piena d'acqua, priva di sensi, a faccia in su e con la testa sommersa nell'acqua.

Il personale dell'albergo chiamò subito i soccorsi e la polizia arrivò pochi minuti dopo e iniziò un tentativo di rianimazione. I paramedici arrivarono alle 9:16 e constatarono che la cantante era deceduta. La polizia emanò un cominicato alla stampa il giorno seguente in cui chiariva che il decesso di Dolores O'Riordan non era considerato sospetto. Del resto la scena non presentava segni di colluttazione, ma al contrario riportava chiari indizi di ciò che era successo: nella stanza furono trovate sei mini bottiglie di alcolici vuote, di cui cinque di superalcolici e una di champagne, un pacchetto di sigarette vuoto che era stato interamente fumato nella stanza e medicinali che le erano stati prescritti.

L'inchiesta (nel common law, fase dell'indagine in cui vengono presentate testimonianza e rapporti scientifici davanti a un giudice o una giuria al fine di individuare le cause della morte di un soggetto) sulla morte della cantante si tenne il 6 settembre e il coroner della contea di Westminster Shirley Radcliffe riportò che la causa del decesso fu l'intossicazione da alcolici: il tasso alcolemico della cantante era di 330 milligrammi per cento millilitri di sangue, oltre quattro volte il limite legale per poter guidare un autoveicolo nel Regno Unito. A causa dell'alcol Dolores O'Riordan cadde nella vasca piena e morì annegata. Le medicine che aveva assunto non ebbero un ruolo nel decesso della cantante perché ne aveva assunto una corretta quantità. Lo psichiatra Seamus O'Ceallaigh, che aveva curato Dolores in Irlanda, chiarì che il motivo per cui la cantante assumeva quei farmaci era che soffriva di disturbo bipolare, per il quale, aggiunse lo psichiatra Robert Hirschfield che l'aveva in cura a New York e che l'aveva sentita l'ultima volta il 26 dicembre, mostrava segni di miglioramento. O'Ceallaigh aggiunse che Dolores potrebbe essere stata spinta all'abuso di alcol da un episodio maniacale caratterizzato da umore elevato, uno dei sintomi più frequenti del disturbo bipolare.

La cantante combatteva da anni contro la propria dipendenza dagli alcolici. Negli ultimi mesi sembrava che stesse vincendo anche questa lotta, anche se a volte soprattutto nei periodi di stress tendeva a ricaderci. In una recente intervista aveva anche confessato di non voler tenere in casa pastiglie per dormire, perché se le avesse avute ne avrebbe abusato.


Hischfield nella sua testimonianza aggiunse un dettaglio drammatico: a settembre del 2017 la cantante dopo aver bevuto una quantità eccessiva di alcol e aver assunto ansiolitici iniziò a scrivere un messaggio di addio, ma perse conoscenza mentre lo scriveva. Dolores aveva manifestato tendenze suicide negli anni varie volte e una volta nel 2013 tentò di sucidarsi per overdose, ma non ci riuscì. Inoltre nel 2014 fu arrestata all'aeroporto di Shannon dopo che durante un volo da New York aggredì una hostess, fratturandole un piede, e sputò a un poliziotto; in quel caso le venne inflitta solo una pena pecuniaria perché il giudice le riconobbe un disturbo mentale che la rendeva incapace di valutare le proprie azioni.

Purtroppo quanto accaduto nella stanza 2005 del London Hilton è tanto semplice quanto triste: una delle cantanti più famose al mondo è rimasta schiacciata dallo stress e da un disturbo mentale che la tormentavano da anni.


Fonti aggiuntive oltre a quelle linkate:

giovedì 20 agosto 2020

Omicidio di Jam Master Jay: arrestati due uomini a New York



A diciotto anni dall'omicidio di Jam Master Jay, DJ e polistrumentista dei Run-DMC, due uomini sono stati arrestati a New York lo scorso 17 agosto. Il procuratore dei distretto Est di New York ha infatti depositato un'accusa contro Karl Jordan Jr, di 36 anni, e Ronald Washington, di 56.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i due uomini insieme a Jason Mizell (vero nome di Jam Master Jay) avevano acquistato una partita di dieci chili di cocaina da un fornitore del Midwest e avrebbero dovuto venderla nel Maryland; poco prima dell'omicidio Mizell avrebbe comunicato a Washington che intendeva escluderli dalla vendita tenendosi così il completo incasso. Vedendosi tagliati fuori dall'affare, i due avrebbero cospirato per uccidere Mizell.

In caso di condanna Jordan e Washington rischiano dai vent'anni di galera alla pena capitale.

Il giorno seguente all'arresto la famiglia di Mizell ha pubblicato una dichiarazione sull'account Twitter dei Run DMC in cui dice che questo arresto è un passo importante verso la giustizia e chiede il rispetto della propria privacy durante l'iter legale.

martedì 19 maggio 2020

Paul Williams: lo strano suicidio del baritono dei Temptations

Il 17 agosto del 1973, il baritono dei Temptations Paul Williams fu trovato morto, vittima di un apparente suicidio, in un vicolo all'incrocio tra Grand Boulevard e la 14esima strada a Detroit, in un'area che veniva utilizzata come parcheggio da un concessionario della Cadillac.

La formazione storica dei Temptations, Paul Williams in alto a destra.

Purtroppo quanto accaduto in quella notte è ancora avvolto nel mistero, e a distanza di quasi cinquant'anni è molto difficile che l'intreccio venga dipanato. Il cantante trentaquattrenne aveva da poco lasciato il gruppo per motivi di salute, a causa dell'anemia falciforme e dell'abuso di alcol, venendo sostituito da Richard Street che ricopriva un ruolo simile nei Monitors, un altro gruppo della Motown.

Il cadavere fu trovato da un passante intorno all'una di notte, la causa del decesso fu ovvia fin da subito: un colpo di pistola alla testa. Ma già a questo punto i racconti divergono. Secondo la stampa dell'epoca Williams fu trovato seduto al posto di guida della sua Ford Maverick, mentre secondo il libro Ain't Too Proud to Beg di Mark Ribowsky, dedicato alla storia dei Temptations, era steso sull'asfalto sotto la portiera aperta della vettura. Secondo tutte le ricostruzioni, al momento del decesso indossava solo un costume da bagno a fiori.

Williams aveva da poco comprato una casa per la sua nuova fidanzata, Ronnie Langstom, a La Salle Boulevard e il giorno prima di suicidarsi si era trasferito con lei nella casa nuova. Nessuno sa dove stesse andando quella notte, si può solo constatare che il luogo del ritrovamento del cadavere è a metà strada tra la casa dove era appena andato ad abitare e la sede della Motown, a tre isolati da entrambi i posti.

Una bottiglia di un alcolico non precisato fu trovata accanto al cadavere. Anche la pistola che uccise Williams fu trovata sulla scena, ma in questo caso di nuovo i racconti divergono. Secondo la stampa dell'epoca Williams aveva ancora la pistola in mano al momento del ritrovamento, mentre secondo il libro di Mark Ribowsky era a terra a circa un metro da lui.

Il coroner stabilì che Paul Williams era morto per un colpo di pistola alla tempia sinistra autoinflitto e sparato con la pistola rinvenuta insieme al cadavere. Tuttavia Paul Williams era destro, e lo stesso coroner stabilì che la pistola era stata impugnata proprio con la mano destra, ma il colpo era stato sparato alla tempia sinistra: operazione che richiede un movimento del tutto innaturale ma non impossibile. Inoltre la perizia stabilì che la pistola aveva sparato due colpi, ma solo un proiettile fu trovato sulla scena; questo in realtà è poco significativo perché Williams potrebbe aver sparato il primo colpo in un'altra circostanza e in un'altra occasione.

L'intera vicenda è quindi ancora poco chiara e molto confusa. L'ipotesi del suicidio resta comunque la più probabile, anche perché secondo il racconto di Otis Williams, un altro membro dei Temptations non legato a Paul da parentela nonostante il cognome, nella sua autobiografia Paul aveva manifestato anche in passato tendenze suicide. Inoltre quel periodo della sua vita era particolarmente turbolento. Poco prima di andare a vivere con Ronnie era stato cacciato di casa dalla moglie Mary Agnes, da cui aveva avuto sei figli, per il fatto di aver ricominciato a bere e per i suoi comportamenti violenti.

In ogni caso il rapporto autoptico non è mai stato pubblicato e la famiglia di Paul Williams non crede che si sia trattato di un suicidio. Joe Williams, il fratello di Paul, sostiene che il rapporto non sia stato pubblicato perché conterrebbe dettagli incompatibili con un suicidio. Ad esempio il fatto che il colpo mortale sarebbe stato sparato frontalmente e non sulla tempia, che il tasso alcolemico nel sangue di Paul Williams sarebbe stato dello 0,19% (il limite per poter guidare negli Stati Uniti è di 0,08%) e che in quelle condizioni sarebbe stato impossibile per lui guidare l'auto fino al luogo del ritrovamento. Tuttavia il cadavere di Paul Williams rimase alla camera ardente per due giorni e nessuno sollevò il dubbio che il foro del proiettile non fosse dove risultava dalle dichiarazioni del medico legale. E il livello alcolemico al massimo può servire a sostenere che Paul si è fatto accompagnare lì da qualcuno e poi si è suicidato.

Moltissimi dettagli sono ancora poco chiari di questa assurda vicenda, ma il suicidio resta l'ipotesi più plausibile.



Fonti:

venerdì 1 maggio 2020

An interview with Greg Kading, the LAPD detective that investigated the murders of Tupac and the Notorious B.I.G.

An Italian translation is available here.

From 2006 to 2009 LAPD dectective Greg Kading was assigned to lead the task force that investigated the murders of the Notorious B.I.G. and Tupac Shakur. To help us understand some details of the investigation Grag Kading accepted our proposal for an interview which we are offering today our readers.

We would like to thank Greg Kading for his kindness and willingness to help.


125esima Strada: Can you briefly explain what led you guys to conclude that Orlando Anderson what the shooter in Tupac's murder?

Greg Kading: Orlando was the obvious choice, because of his motive. Several informants stated he was bragging about the murder. Ultimately, his own uncle, Keffe D, acknowledged Orlando was the shooter. Also, Mob James [Death Row Records security boss, editor's note] saw Orlando in the white Cadillac at the 662 Club just prior to the shooting.


125esima Strada: After 24 years we are still not sure where the groupies in a Chrysler were: some accounts say they were on the left-hand side of Tupac’s car, while others (among which the girls themselves) say they were on the right hand side, just in front of the white Cadillac with the shooter. What are your thoughts on this?

Greg Kading: The girls were in the best position to know where they were. I would rely on their statements.


125esima Strada: Do you think LVPD did all that they could to solve the case or were mistakes or omissions done?

Greg Kading: I believe they could have been more pro-active, but things were complicating the case, such as witnesses were not coming forward or being truthful


125esima Strada: Can you briefly explain what led you guys to conclude that Poochie was the shooter in Biggie’s murder?

Greg Kading: We knew Poochie was a known enforcer for Suge. Then we had co-conspiracy testimony from his accomplice, Tammie Hawkins. Since then, others have corroborated what we discovered.


125esima Strada: What do you think of Russel Pool’s theory according to which corrupt LAPD agents were involved?

Greg Kading: It was entirely disproven.


125esima Strada: So do you think the Rampart scandal was completely unrelated to Biggie’s murder? Rampart scandal was real, anyway.

Greg Kading: The Rampart scandal, was in itself a scandal. In the end, it was just Rafael Perez making up stories. It had no connection whatsoever to Biggie's murder. If you do your research on the Rampart case, you’ll discover that 95% of the allegations Perez made against other officers were disproven. In the end, the entire scandal was based on false allegations made by Perez. Millions and millions of dollars had to be paid out to the cops he falsely accused.


125esima Strada: Do you think OJ Simpson’s case and the race question affected the investigation on Biggie’s murder?

Greg Kading: No. There were several black cops assigned to Biggie's case. Race was not an issue at all in B.I.G.'s case.

Intervista a Greg Kading, il detective dell'LAPD che investigò sugli omicidi di Tupac e Notorious B.I.G.

L'originale inglese è disponibile qui.

Dal 2006 al 2009 il detective dell'LAPD Greg Kading ha guidato la task force che ha investigato sugli omicidi di Notorious B.I.G. e Tupac Shakur. Per aiutarci a capire alcuni dettagli dell'indagine Greg Kading ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.

Ringraziamo Greg Kading per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ci puoi spiegare in sintesi cosa vi ha portato a concludere che Orlando Anderson sia stato lo sparatore nel caso dell’omicidio di Tupac?

Greg Kading: Orlando era la scelta ovvia, per via delle sue motivazioni. Molti informatori hanno detto che si vantava dell’omicidio. In ultimo, proprio suo zio Keffe D ha ammesso che Orlando è stato lo sparatore. Anche Mob James [il capo della sicurezza della Death Row Records, N.d.E.] ha detto di aver visto Orlando sulla Cadillac bianca al 662 Club appena prima della sparatoria.


125esima Strada: Dopo 24 anni non sappiamo ancora dove si trovassero lo groupies sulla Chrysler: alcune testimonianze dicono che erano sul lato sinistro dell’auto di Tupac, mentre altre (tra cui loro stesse) dicono che erano sul lato destro, davanti alla Cadillac bianca dello sparatore. Cosa ne pensi?

Greg Kading: Le ragazze erano nella posizione migliore per sapere dove si trovavano. Farei affidamento sulle loro dichiarazioni.


125esima Strada: Credi che la polizia di Las Vegas abbia fatto tutto il possibile per risolvere il caso o credi siano stati fatti errori o omissioni?

Greg Kading: Credo che avrebbero potuto essere più proattivi, ma ci sono state cose che hanno complicato il caso, come i testimoni che non si facevano avanti o che non dicevano la verità.


125esima Strada: Ci puoi spiegare brevemente cosa vi ha portato a concludere che Poochie sia stato lo sparatore nell'omicidio di Biggie?

Greg Kading: Sapevamo che Poochie era uno dei sicari di Suge. Poi abbiamo avuto la testimonianza della sua complice, Tammie Hawkins. Da allora, anche altri hanno corroborato le nostre scoperte.


125esima Strada: Cosa pensi della teoria di Russel Pool secondo cui erano coinvolti agenti corrotti dell’LAPD?

Greg Kading: È stata completamente smentita.


125esima Strada: Quindi pensi che lo scandalo Rampart fosse completamente slegato dall’omicidio di Biggie? Lo scandalo Rampart era vero, comunque.

Greg Kading: Lo scandalo Rampart è stato scandaloso di suo. Alla fine, è stato solo Rafael Perez che si inventava delle storie. Non c’era nessun legame con l’omicidio di Biggie. Se fai una ricerca sul caso Rampart, scoprirai che il 95% delle accuse di Perez contro altri ufficiali sono state smentite. Alla fine, tutto lo scandalo era basato sulle accuse di Perez. Agli agenti ingiustamente accusati sono stati rimborsati milioni e milioni di dollari.


125esima Strada: Credi che il caso di OJ Simpson e la questione razziale abbiano avuto un impatto sull'indagine sull'omicidio di Biggie?

Greg Kading: No. C'erano molti poliziotti neri assegnati al caso di Biggie. La questione razziale non ha mai influito sul caso di Notorious.

martedì 7 aprile 2020

La morte di Janis Joplin

Janis Joplin è senza dubbio la cantante rock e blues più famosa di ogni tempo. Purtroppo la sua vita si interruppe a soli 27 anni, quando fu trovata senza vita il 4 ottobre del 1970 dal road manager John Cooke nella stanza 105 del Landmark Motor Hotel di Hollywood in cui la cantante ha trascorso l'ultimo mese della sua vita, durante il quale si trovava a Los Angeles per incidere quello che sarebbe stato il suo ultimo album intitolato Pearl con la sua nuova band, i Full Tilt Boogie Band.

In preda alla noia e in attesa di tornare allo studio di registrazione con il resto del gruppo, alle 15:30 del 3 ottobre Janis chiamò nella sua stanza di albergo il suo spacciatore di fiducia, George, da cui comprava l'eroina abitualmente. Janis comprò da lui una dose, che nel giro di poche ore si sarebbe rivelata fatale, ma non la assunse subito e la lasciò in una scatola. Chiamò al telefono il suo fidanzato Seth Morgan, ma la telefonata non fu tranquilla, perché Seth avrebbe dovuto raggiungerla in California e invece le comunicò che non avrebbe preso il volo per Los Angeles; da quando Janis si trovava nella metropoli i due si erano visti raramente e questo aumentò la tensione tra i due che già stava crescendo.


Intorno alle 17:30, e senza aver assunto la dose di eroina, Janis uscì dal motel per andare allo studio di registrazione Sunset Sounds, dove la band stava già lavorando a quello che sarebbe diventata una delle tracce di Pearl: il brano profeticamente intitolato Buried Alive In The Blues. Il pezzo le piacque molto e volle così provare a condividere la propria gioia con Seth, ma l'uomo non era in casa quando Janis provò a telefonargli; sentendosi abbandonata e delusa, Janis cercò conforto nel whiskey di cui bevve qualche bicchiere insieme al resto del gruppo.

Quel giorno la band finì di registrare la traccia audio di Buried Alive In The Blues, di cui Janis avrebbe dovuto registrare la traccia vocale il giorno dopo, ma purtroppo non ebbe mai occasione di farlo. Finito il lavoro, Janis insieme al tastierista Ken Pearson si fermò al locale notturno Barney's Beanery per un altro drink, la cantante bevve due vodka con succo d'arancia. I due lasciarono il locale circa mezz'ora dopo la mezzanotte; Janis tornò nella propria stanza del motel, dove si preparò la dose di eroina comprata nel pomeriggio da George e se la iniettò in vena.

L'overdose non soggiunse immediatamente. Janis uscì dalla stanza e camminò fino alla portineria dell'albergo dove chiese al portiere di cambiarle una banconota per avere delle monete con cui comprare le sigarette da un distributore automatico; il portiere fu l'ultima persona a vedere Janis viva. La cantante comprò un pacchetto di Marlboro dal distributore e tornò nella stanza 105, fece pochi passi, quindi cadde al suolo tra il letto e il comodino.

Nessuno scoprì il cadavere per circa 18 ore. Intorno alle 19 del 4 ottobre la band si preoccupò non vendendola arrivare allo studio di registrazione. Il produttore Paul Rotchild chiamò John Cooke chiedendogli di andare a verificare come stesse Janis. Cooke arrivò al Landmark Motel (oggi noto come Highland Gardens Hotel) e vide la Porsche 356 colorata con motivi psichedelici della cantante nel parcheggio. Chiese al portiere la chiave della camera 105 e quando aprì la porta trovò Janis stesa a terra in posizione prona, con la testa voltata verso sinistra e con la guancia destra contro il pavimento.


L'autopsia fu eseguita dal celeberrimo medico legale Thomas Noguchi (che aveva eseguito anche le autopsie di altre celebrità tra cui Robert Kennedy e Marilyn Monroe) il quale stabilì che la causa della morte fu un'overdose di cocaina. Noguchi chiarì alla stampa che non c'era alcun segno che indicasse l'omicidio, né il suicidio: la morte di Janis Joplin fu accidentale.

Di norma la cocaina comprata in strada era pura al 3%, quella che George aveva venduto a Janis Joplin era pura oltre il 40%. Quello stesso weekend a Los Angeles morirono altre otto persone di overdose per cocaina troppo pura acquistata dallo stesso spacciatore; di norma George si faceva aiutare da un amico chimico a preparare le dosi per essere sicuro che queste non fossero mortali, ma in quella settimana l'amico di George non si trovava a Los Angeles e quindi lo spacciatore preparò le dosi da solo. Quando la polizia arrivò sulla scena trovò nel cestino dei rifiuti la garza sporca di sangue e l'involucro di plastica che George aveva usato per contenere l'eroina.

Sulle prime può stupire che l'overdose non sopraggiunga subito, per chiarire il dubbio la biografa Myra Friedman autrice del libro Buried Alive: The Biography of Janis Joplin chiese conferma all'ufficio del coroner di New York, dove l'autrice vive, che le confermò che non è strano che la morte soggiunga vari minuti dopo l'assunzione della dose letale.

La tesi su Noguchi fu in seguito corroborata dall'analisi indipendente di un altro medico legale, il dottor Michael Hunter, quando indagò il caso della morte di Janis Joplin per il programma televisivo Autopsy: The Last Hours of... nel 2017. Hunter confermò che la causa del decesso fu da attribuire alla purezza anomala della droga.

Nel 2018 l'amica di Janis Joplin Peggy Caserta avanzò una teoria alternativa secondo cui Janis non sarebbe morta di overdose, ma asfissiata dopo essere caduta inciampando in un tappetino della stanza ed essersi rotta il naso contro il comodino. L'ipotesi che Janis si fosse rotta il naso cadendo fu avanzata anche da Cooke dopo averla vista stesa, ma non trova riscontro nell'autopsia di Noguchi secondo cui l'unica ferita al viso fu un taglio al labbro. Inoltre non c'è alcuna conferma che Peggy Caserta sia davvero stata presente al Landmark Hotel prima che il cadavere venisse rimosso: Peggy non è mai stata menzionata da John Cooke, né il rapporto della polizia menziona la presenza di altri testimoni.

Janis Joplin morì solo sedici giorni dopo Jimi Hendrix, in quello che fu un mese terribile per la musica mondiale. Purtroppo la spiegazione di quanto accaduto è molto semplice: la sua vita di eccessi e droga ha ucciso la regina del rock and roll.



Fonti aggiuntive rispetto a quelle linkate nell'articolo:

mercoledì 22 gennaio 2020

Murder of Tupac Shakur: an interview with former Las Vegas Police sergeant Chris Carroll

An Italian translation is available here.

Tupac Shakur's murder is one of the most enduring mysteries in music history. To help us understand what happened on that night and to dispel some of the myths surrounding Tupac's death, former Las Vegas police officer Chris Carroll accepted our proposal for an interview which we are offering today our readers.

We would like to thank Chris Carroll for his kindness and willingness to help.


125esima Strada: After arriving on the scene when did you realize the victim was a celebrity and therefore that would have become a big case?

Chris Carroll: As far as “arriving on the scene”, that phrase doesn’t really apply. Tupac’s entourage and I crossed into each other going opposite directions. Their cars sort of spun out trying to make the corner turn too fast as I slid up to them on my bike. After I opened Tupac’s door and he fell out into my arms, Suge immediately was in back of me yelling at him. He was yelling,”Pac, Pac” as he tried to get a response from him. I could see that his car was a high end BMW, he was wearing a ton of jewelry, and Suge was yelling “Pac”. Putting this together I could see that it was Tupac. I didn’t know anything about him at the time other than there was a rapper named Tupac. It’s important to remember that he is far more famous now than he was then. As cops in Las Vegas, the other officers at the scene and I have worked with and around celebrities all the time, so it didn’t have that big of an impact on us when it happened. We handled it like any other homicide, and we handled a lot of those as well, so it didn’t seem much different than other homicides at the time. When we talk to each other now we are kind of surprised at what it has become.


125esima Strada: What did you think of Suge at first? Did you get right away he was an ally, not an enemy?

Chris Carroll: I didn’t know who Suge was at the time. It was very obvious he was Tupac’s friend but that’s all I knew. To me he posed a threat. He was a giant guy who kept running up on my back, putting me in a very dangerous situation. I would point my gun at him and he would back off for a few seconds but as soon as I turned around he was back. He was loud, uncooperative, emotional, and had blood spurting out of the side of his head. Finally, I saw another officer push him away from me. That was the first time I saw the other officer at the scene. He never cooperated then, or during the follow up investigation.


125esima Strada: How would you describe the people that gathered around the car while you were trying to assess the situation? Where they gangsters or just passers-by?

Chris Carroll: There weren’t people gathered around the car. There was me, Tupac, Suge, and another cop keeping Suge back from me. There were originally a couple other cops trying to bring the chaotic scene back under control. People were spread out all around. It’s a huge intersection. Tupac had eight or ten people in his group. There were some tourists around on the sidewalks but not on the street.


125esima Strada: How did Frank Alexander behave after he got out of his car? Did you interact with him?

Chris Carroll: I’ve heard this guys name before but I never spoke to him. Furthermore, I don’t ever remember seeing him there. I was the supervisor on the scene and spoke to everyone who was there. None of them ever told me that they were Tupac’s body guard. I heard a story (not from Alexander) that he was an ex cop who showed a badge at the scene, so the cops let him walk around and go back to Tupac’s car. Absolutely ridiculous story. That’s not how we work and I would have been the first to know if somebody there had a badge.


125esima Strada: How would you describe Tupac after you opened the car door?

Chris Carroll: When I opened the door he was slumped against it on the inside. So he sort of poured out into my arm and I set him down to the pavement. He was still breathing and conscious but he was in very bad shape. He was covered in blood and I could see he had been hit multiple times. He was making eye contact with Suge and he was squirming. He was trying to yell back to Suge, but he couldn’t do it. After a short time he physically gave up, stopped squirming and went into a resting position. I asked him several times who shot him, and what happened. He gave no response until he got enough of a breath together to tell me “Fuck You”.


125esima Strada: How likely is it in your opinion that Suge ordered Tupac's murder?

Chris Carroll: Suge did not order the murder. First, you do not sit next to a person who you know is going to be shot. This is evident by the fact that Suge was shot in the head during the shooting. The bullet pierced his scalp but not his skull. Additionally, I could see at the scene that Suge had a clear concern for Tupac. He was in a full blown panic as he could see that Tupac was probably dying.


125esima Strada: And how likely is it in your opinion that Orlando Anderson is either the shooter or is somehow involved in the shooting?

Chris Carroll: Orlando Anderson is the shooter. Usually the most simple and obvious answer is the correct answer, and in this case those rules apply. There has also been bits and pieces of evidence that have confirmed this. Many people often ask why the crime was not solved. The answer is that the crime was solved long ago. However, the guy who did it is dead, and has been dead for about twenty years. That ends everything. Perhaps there is justice in the fact that the murderer was murdered himself.

Omicidio di Tupac Shakur: intervista all'ex sergente della polizia di Las Vegas Chris Carroll

L'originale in inglese è disponibile qui.

L'omicidio di Tupac Shakur è uno dei misteri più duraturi della storia della musica. Per aiutarci a capire cosa è successo quella notte e per smentire alcune dicerie sulla morte di Tupac, l'ex agente della polizia di Las Vegas Chris Carroll ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo oggi ai nostri lettori.

Ringraziamo Chris Carroll per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Dopo essere arrivato sulla scena, quando ti sei accorto che la vittima era una celebrità e che quel caso sarebbe diventato famoso?

Chris Carroll: L’espressione “arrivato sulla scena” non è corretta. L'entourage di Tupac e io ci incrociammo mentre andavamo in direzioni opposte. Le loro macchine quasi sbandarono cercando di prendere la curva troppo velocemente e io arrivai in bici. Quindi aprii la porta di Tupac e lui mi cadde tra le braccia, Suge arrivò immediatamente dietro di me urlando verso di lui. Stava urlando "Pac, Pac" cercando di ottenere una risposta. Riuscii a vedere che la macchina era una BMW di fascia alta, indossava una tonnellata di gioielli, e Suge urlava “Pac”. Mettendo insieme i pezzi vidi che era Tupac. All'epoca non sapevo nulla di lui oltre al fatto che c’era un rapper di nome Tupac. È importante ricordare che ora è molto più famoso di quanto non fosse allora. Come poliziotti a Las Vegas, io e gli altri agenti intervenuti sulla scena abbiamo sempre lavorato in un ambiente di celebrità, quindi non ebbe un grande impatto su di noi quando è successo. L'abbiamo gestito come qualsiasi altro omicidio, e ne gestivamo molti, all'epoca non sembrava molto diverso dagli altri omicidi. Quando ne parliamo ora siamo sorpresi di ciò che è diventato.


125esima Strada: Cosa pensasti di Suge sulle prime? Capisti subito che era un alleato e non un nemico?

Chris Carroll: Al tempo non sapevo chi fosse Suge. Era ovvio che fosse un amico di Tupac non sapevo altro. Per me rappresentava una minaccia. Era un uomo gigantesco che continuava ad avvicinarsi dietro di me, mettendomi in una situazione molto pericolosa. Gli puntavo la pistola e si allontanava per qualche secondo, ma appena mi voltavo si avvicinava. Parlava ad alta voce, non era collaborativo, era agitato e gli schizzava sangue dal lato della testa. Dopo un po’, vidi un altro ufficiale che lo teneva lontano da me. È stata la prima volta che vidi l'altro ufficiale sulla scena. Suge non ha mai collaborato, né allora, né durante le indagini successive.


125esima Strada: Come descriveresti le persone che si sono raccolte attorno alla macchina mentre cercavi di prendere il controllo della situazione? Erano gangster o passanti?

Chris Carroll: Non c'erano persone intorno alla macchina. Eravamo io, Tupac, Suge e un altro poliziotto che teneva Suge lontano da me. Inizialmente c'erano un paio di altri poliziotti che cercavano di riportare la scena caotica sotto controllo. C’erano persone sparse ovunque. È un incrocio enorme. Nel gruppo di Tupac c’erano otto o dieci persone. C'erano alcuni turisti sui marciapiedi ma non in strada.


125esima Strada: Come si comportò Frank Alexander dopo che uscì dall’auto? Hai interagito con lui?

Chris Carroll: Ho già sentito questo nome, ma non gli ho mai parlato. Inoltre, non ricordo di averlo visto sulla scena. Ero il supervisore della scena e ho parlato con tutti quelli che erano lì. Nessuno di loro mi ha mai detto di essere la guardia del corpo di Tupac. Ho sentito una storia (non da Alexander) secondo cui era un ex poliziotto e mostrò il distintivo sulla scena, e a quel punto i poliziotto gli consentirono di avvicinarsi alla macchina di Tupac. Storia assolutamente ridicola. Non è così che lavoriamo e sarei stato il primo a sapere se qualcuno avesse avuto un distintivo.


125esima Strada: Come descriveresti Tupac dopo che hai aperto la portiera della macchina?

Chris Carroll: Quando aprii la porta, era accasciato contro di essa dall'interno. Quindi mi crollò tra le braccia e lo stesi sul marciapiede. Respirava ancora ed era cosciente, ma era in pessime condizioni. Era coperto di sangue e potei vedere che era stato colpito più volte. Era in contatto visivo con Suge e si stava contorcendo. Stava cercando di urlare a Suge, ma non ci riuscì. Dopo un breve periodo si arrese fisicamente, smise di agitarsi e si mise in posizione di riposo. Gli ho chiesto più volte chi gli avesse sparato e cosa fosse successo. Non diede risposta finché non ebbe abbastanza fiato per dirmi "Vaffanculo".


125esima Strada: Secondo te quanto è probabile che Suge abbia ordinato l’omicidio di Tupac?

Chris Carroll: Suge non ha ordinato l'omicidio. Innanzitutto, non ti siedi accanto a una persona che sai che verrà uccisa a colpi di arma da fuoco. E ciò è evidente per il fatto che Suge è stato colpito alla testa durante la sparatoria. Il proiettile gli trafisse il cuoio capelluto ma non il cranio. Inoltre, ho potuto vedere sulla scena che Suge nutriva una chiara preoccupazione per Tupac. Era in preda al panico quando vide che Tupac stava probabilmente morendo.


125esima Strada: E secondo te quanto è realistico che Orlando Anderson sia stato lo sparatore o sia stato in qualche modo coinvolto nella sparatoria?

Chris Carroll: Orlando Anderson è lo sparatore. Di solito la risposta più semplice e ovvia è la risposta corretta, e in questo caso questa regola funziona. Ci sono state anche alcune prove che lo hanno confermato. Molte persone spesso chiedono perché l’omicidio non sia stato risolto. La risposta è che è stato risolto molto tempo fa. Tuttavia, l’uomo che lo ha commesso è morto ed è morto da circa vent’anni. Questo conclude tutto. Forse c'è giustizia per il fatto che l'assassino è stato lui stesso assassinato.

mercoledì 13 novembre 2019

Tupac: il caso è aperto, tante piste e poche conclusioni

Nel 2018 è stato trasmesso per la prima volta in televisione il documentario in sei parti Who killed Tupac?, tradotto in italiano con il titolo di Tupac: il caso è aperto e trasmesso in Italia da Crime+Investigation. Nella serie, l'avvocato e attività per i diritti umano Benjamin Crump ha condotto un'indagine indipendente sulla morte di Tupac aiutato dai giornalisti Stephanie Frederic e P. Frank Williams e dalla scrittrice Lolita Files. Crump definisce esperti i suoi collaboratori, eppure si nota l'ovvia assenza di detective e di veri professionisti di indagini e scene del crimine.


La squadra di investigatori ha ricostruito i fatti e indagato cinque piste: che l'assassino sia il gangster Orlando Anderson con cui Tupac aveva avuto uno scontro poco prima di essere ucciso, che si sia trattato di una faida tra East Coast e West Coast, che il mandante fosse il produttore Suge Knight, che lo stesso Suge fosse il vero obiettivo della sparatoria (teoria che prevede anche il coinvolgimento della polizia di Las Vegas e dell'agenzia di sicurezza che lavorava per la Death Row) e che l'assassino sia stato il rapper Lil 1/2 Dead (pronuncia: Little Half Dead) in cerca di vendetta per un brano rubato. Il team di Crump per indagare ciascuna di queste teorie ha condotto una serie davvero notevole di interviste con testimoni, investigatori ed esperti, ha condotto anche test balistici e ricerche approfondite. Anzitutto va notato che alcune delle teorie proposte sono del tutto assurde. È infatti completamente incredibile che Suge fosse il mandante dell'omicidio, visto che al momento della sparatoria era seduto accanto a Tupac e se avesse voluto ucciderlo non lo avrebbe di certo fatto quando gli era così vicino. È altrettanto irrealistico che l'obiettivo della sparatoria fosse lo stesso Suge perché in quel caso gli omicidi avrebbero affiancato la BMW di Knight da sinistra (cioè dal lato del guidatore) e non da destra, dove avrebbero avuto più difficoltà a colpire il proprio obiettivo.

In realtà il team non riesce a dipanare il dubbio, perché ognuna delle piste seguite si scontra contro l'impossibilità di essere dimostrata oltre ogni ragionevole dubbio. In ogni caso nell'ultima puntata i quattro fanno una scoperta davvero notevole. Pochi giorni dopo la morte di Orlando Anderson nel 1998 fu rivenuta nel giardino di casa della ragazza di un amico di Orlando una pistola che sarebbe compatibile con quella dell'omicidio di Tupac. Secondo Crump la polizia di Los Angeles ha nascosto per anni questa informazione ai colleghi di Las Vegas, ma ovviamente il tutto è ancora da dimostrare, in modo che non riaprissero un'indagine dei pericolosi contorni razziali, visto che l'argomento è particolarmente sentito nella città californiana che vide il caso di OJ Simpson, le rivolte del 1992 e il pestaggio di Rodney King.

Rispetto a quando noto precedentemente la serie aggiunge comunque un dettaglio importante. Secondo il racconto di Frank Alexander, la guardia del corpo di Tupac che viaggiava sull'auto dietro a quella di Suge Knight, la BMW di Knight fu affiancata a sinistra da un gruppo di ragazze su una Chrysler che attirò l'attenzione di Tupac pochi istanti prima che la Cadillac degli assassini lo affiancasse sulla destra. La stessa sequenza di eventi è narrata nel biopic All Eyez on Me del 2017. Al contrario secondo questa serie televisiva la Chrysler affiancò l'auto di Knight sulla destra, appena prima che sopraggiungesse la Cadillac bianca. Crump ha identificato tre delle quattro donne che viaggiavano sull'auto e anche loro hanno raccontato di aver affiancato la BMW sulla destra. Secondo la versione di Alexander le ragazze sulla Chrysler distrassero Tupac e il suo entourage, ovviamente involontariamente, per il tempo sufficiente che consentì alla Chrysler di avvicinarsi a loro. Se da un lato è molto difficile che le tre donne ricordino male dove si trovassero, è altrettanto improbabile che Frank Alexander si sia confuso su un dettaglio così importante. Purtroppo su questo dettaglio la serie TV ha gettato più confusione che chiarezza.

Secondo la serie TV, la Chrysler delle quattro donne è quella che abbiamo cerchiato in rosso.
In ogni altra ricostruzione precedente la Chrysler era sulla corsia di sinistra.

In conclusione questo documentario in sei parti non riesce a dipanare i misteriosi fatti di quella notte, dando uguale rilevanza a teorie realistiche e ad altre completamente fantasiose. E se questo è il livello delle indagini dopo oltre vent'anni dalla morte del rapper è molto improbable che si giunga mai a una conclusione di questa triste vicenda.

martedì 9 luglio 2019

L'omicidio di Big L

Il mondo della musica hip-hop è spesso funestato dalle morti premature, e spesso violente, dei suoi rappresentanti più noti. Dopo Tupac e Notorious B.I.G., ma prima che questa assurda lista proseguisse con Jam Master Jay e molti altri, anche il rapper newyorkese Big L morì in circostanze mai chiarite sotto i colpi sparati da un anonimo aggressore.


Il vero nome di Big L era Lamont Coleman, ed era nato ad Harlem nel 1974. Il suo primo album intitolato Lifestylez ov da Poor & Dangerous era stato pubblicato nel 1995, il secondo sarebbe uscito nel 2000 con il titolo di The Big Picture, ma Coleman non fece in tempo a vederlo pubblicato perché il 15 febbraio del 1999 fu freddato da nove colpi di pistola alla testa e al tronco sparatigli da un auto in corsa a un solo isolato dalla casa dove viveva con la madre.

La sera prima la donna, dopo essere tornata dal lavoro, chiese al figlio di andare a comprare dei dolci per poter festeggiare insieme San Valentino. Il rapper uscì per andare a un negozio all'angolo a comprare per la madre degli snack alle arachidi e al cioccolato, e dopo averli portati in casa uscì di nuovo. La madre non lo vide mai più in vita, in quanto andò a dormire prima che il figlio tornasse e quando il giorno dopo tornò dal lavoro non lo trovò a casa. Non sapremo mai, pertanto, da dove stesse tornando Big L dopo le otto di sera e quanto tempo stette fuori casa quando fu ucciso davanti al complesso residenziale noto come Savoy Park al numero 45 di West 139th Street, ad Harlem.

Tutte le ricostruzioni giornalistiche che si trovano in rete parlano di drive-by shooting, ma in realtà non ci sono testimoni oculari dell'accaduto. La prima testimonianza oculare della morte di Big L è quella del rapper Showbiz del duo Showbiz & A.G. che si stava allontanando da New York per il compleanno della fidanzata quando fu raggiunto da una telefonata che lo informava della morte di Big L. Showbiz arrivò sulla scena poco dopo, e vide l'amico e collega steso a terra senza vita. La polizia fu avvisata da una telefonata anonima e arrivò sul luogo della sparatoria alle 20:30 e non potè che constatare che Big L era dead on arrival.

Tre mesi dopo, la polizia arrestò il ventinovenne Gerard Woodley in relazione alla morte del rapper. Tra l'altro i due erano amici di lunga data ed esiste anche una foto che li ritrae insieme. Secondo una portavoce della polizia di New York, Woodley, che era già stato arrestato per due casi di omicidio nel 1990 e nel 1996 senza mai venir condannato, potrebbe aver agito per vendicarsi contro il fratello di Big L, Leroy Phinazee detto Big Lee, che nel 1999 si trovava in carcere, forse per un debito mai pagato. Tuttavia Woodley fu rilasciato poco dopo per assenza di prove e ad oggi l'omicidio resta insoluto.

Big L è il primo a sinistra, Woodley è il primo a destra.

A complicare il mistero già sufficientemente fitto sulla morte di Big L, nel 2002 anche Phinazee fu ucciso da colpi di arma da fuoco sparati da un aggressore mai identificato nello stesso quartiere in cui fu ucciso il fratello. Nonostante non ci siano collegamenti evidenti tra i due omicidi, la madre dei due sostiene che Leroy sia stato ucciso perché stava indagando privatamente sulla morte di Big L.

Incredibilmente la scia di morti sospette in questo strano caso è proseguita nel 2016, quando anche Gerard Woodley rimase ucciso in una sparatoria davanti al numero 106 di West 139th Street, la stessa strada in cui morì Big L, il 23 di giugno poco dopo le 23. La polizia fu chiamata dai vicini che sentirono tre spari in rapida successione, Woodley fu portato all'ospedale dove morì poco dopo. Essendo comunque passati diciassette anni tra i due eventi, gli inquirenti ritengono che non ci siano legami tra la morte di Woodley e quella di Big L.

Purtroppo la famiglia di Big L è stata colpita da un'altra morte violenta il 24 giugno del 2019, quando anche il nipote di Big L, che come il padre si chiamava Leroy Phinazee  fu ucciso in una sparatoria mentre usciva da un negozio di alimentari all'incrocio tra 137th Street e Lexington Avenue. L'uomo, che aveva ventinove anni, fu raggiunto da due proiettili: uno alla spalla e uno al collo. L'assassino lo aveva seguito e lo stava aspettando fuori dal negozio. Anche in questo caso l'omicidio non è legato a quello del rapper, ma più probabilmente a un altro omicidio simile avvenuto la settimana prima nel quartiere di Inwood (a nord di Manhattan) in cui un uomo fu ucciso in circostanze simili al giovane Phinazee.

A seguito della sua prematura scomparsa, la discografia di Big L si è sviluppata ovviamente solo dopo la sua morte, con altri tre album postumi oltre a The Big Picture e varie compilation che contengono versioni nuove di pezzi presenti sugli album e registrazioni con le crew dei D.I.T.C. e dei Children of the Corn.

Nonostante la sua vita molto breve, Big L è considerato uno dei pionieri e dei fondatori dell'horrorcore, genere che mischia immaginario horror e musica hip-hop e che vede tra i suoi esponenti più importanti gruppi come gli Insane Clown Posse e i Mobb Deep. Big L si aggiunge alla lunga e desolante fila di artisti rap morti troppo presto, e anche in questo caso non sapremo mai quali successi avrebbe raggiunto se avesse avuto il lusso di vivere più a lungo.

mercoledì 12 settembre 2018

L'omicidio di Scott La Rock

Prima di Tupac Shakur, Notorious B.I.G. e Jam Master Jay, un altro rapper famoso ha incontrato la morte prematuramente durante una sparatoria stradale. Il primato temporale di questi assurdi decessi va infatti al DJ dei Boogie Down Productions Scott La Rock la cui vita finì tragicamente a venticinque anni tra le strade del Bronx nell'agosto del 1987.

Il primo album del gruppo, che in origine era formato dai soli Scott La Rock e KRS-One, intitolato Criminal Minded era stato pubblicato nel marzo dell'87 e godeva di un buon successo commerciale grazie ai suoni duri di cui era stato un precursore e alla mescolanza inedita tra hip-hop e sonorità reggae originarie della Jamaica. La carriera discografica di Scott La Rock era quindi iniziata nel migliore dei modi e negli ultimi giorni di agosto dell'87 il duo avrebbe dovuto esibirsi al Madison Square Garden di New York, purtroppo quel concerto non avvenne mai perché la vita di Scott finì prima.

Uno dei rapper che collaboravano con i Boogie Down Productions, D-Nice, ebbe una lite con alcuni ragazzi nel Bronx per via di una telefonata che aveva fatto a una ragazza del quartiere che era stata interpretata dal ragazzo di lei come delle avances. Pochi giorni dopo la fatidica telefonata D-Nice venne infatti minacciato con una pistola da alcune persone, tra cui una donna, mentre passeggiava tra gli housing projects del quartiere di Highbridge nel Bronx e uno di loro lo colpì al viso con una pistola lasciandolo sanguinante. D-Nice allora chiamò Scott in cerca di aiuto e il DJ gli promise che sarebbe andato nel Bronx per aiutarlo a risolvere la situazione riappacificandosi con quel gruppetto che lo aveva minacciato. Scott a quel punto chiamò Ced Gee (un altro rapper della zona) per riferirgli della situazione e questi gli consigliò di abbandonare il proprio intento e di dire a D-Nice non reagire. Tuttavia Scott non raccolse il consiglio perché sperava di poter risolvere la situazione in modo che D-Nice non avesse problemi a muoversi a Highbridge senza sentirsi minacciato.

La sera del 26 agosto Scott si recò nella zona insieme a D-Nice, al proprio manager Scott Morris (detto Manager Moe), alla guardia del corpo Darrell e a un altro dei collaboratori dei Boogie Down Productions chiamato DJ McBooo su una Jeep Wrangler CJ-7. Il quintetto arrivò nella strada dove D-Nice era stato aggredito, cioè nel segmento di University Avenue (noto anche come Martin Luther King Jr. Boulevard) compreso tra la 166esima e la 167esima strada (evidenziato in rosso nell'immagine sotto). Lo stesso D-Nice ricordò in un'intervista rilasciata a The Combat Jack Show il 20 maggio del 2014 che la strada era a senso unico in direzione nord (come facilmente riscontrabile anche da Google Maps); i cinque parcheggiarono la Jeep sul lato destro, mentre il palazzo davanti a cui era avvenuto l'alterco era sul lato sinistro.


Davanti all'housing project non c'erano gli aggressori di D-Nice, ma altre persone. D-Nice, Scott e i loro amici scesero dall'auto; Darrell si avvicinò al palazzo per primo e nonostante le intenzioni pacifiche di Scott adottò un approccio da subito aggressivo. Chiese se avessero visto chi quella mattina aveva minacciato D-Nice; uno di loro gli rispose male e Darrell, alto un metro e novantacinque, lo sollevò in aria e lo rilanciò a terra. Un istante dopo qualcuno nascosto dietro a dei cespugli iniziò a sparare contro D-Nice e i suoi amici, seguito da altri nascosti sul tetto del palazzo. Secondo i primi riscontri della polizia, inoltre, qualcuno sparò anche dalle finestre di un palazzo dall'altro lato della strada.

KRS-One e Scott La Rock
I cinque corsero sull'auto in cerca di protezione e Darrell mise in moto per allontanarsi dalla sparatoria più in fretta possibile. Appena furono lontani dal pericolo, Darrell fermò l'auto; l'unico rimasto ferito dai proiettili fu proprio Scott La Rock che era stato colpito da due colpi al collo. Darrell corse con la Jeep fino al Lincoln Hospital dove Scott arrivò poco dopo mezzanotte in stato di coma. Dopo meno di un'ora fu dichiarato morto.

Le indagini non portarono a nulla per molti mesi, perché la sparatoria avvenne nel buio e in totale assenza di testimoni oculari. La polizia fece due arresti solo otto mesi dopo, quando fermò due uomini residenti a Highbridge: Cory Bayne e Kendall Newland di 17 e 18 anni rispettivamente. Bayne era già stato arrestato in precedenza per aver rubato dei gettoni della metropolitana e fu segnalato alla polizia per la sparatoria in cui rimase ucciso Scott La Rock da altre due persone sospettate per il furto dei gettoni. Tuttavia nessuno testimoniò contro di loro e i due furono rilasciati.

La madre di Scott ritiene ancora oggi che i Bayne e Newland siano tra i responsabili della morte del figlio, eppure l'omicidio di Scott La Rock rimane tuttora insoluto ed è la prima di una lunghissima lista di assurde morti nel mondo dell'hip hop che dal 1987 dura ancora oggi.


Fonti aggiuntive rispetto a quelle citate nell'articolo: