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sabato 1 luglio 2023

L'elenco completo delle canzoni di Mike Oldfield



Dalla pubblicazione di Tubular Bells del 1973, Mike Oldfield è uno dei migliori e più influenti musicisti di ogni genere; la sua produzione è composta in gran parte da lunghe composizioni strumentali, ma deve la sua notorietà anche a un buon numero di canzoni (intese proprio come brani cantati della durata di pochi minuti) che per via del loro formato hanno potuto godere di un buon airplay televisivo e radiofonico.

Di seguito riportiamo un elenco delle canzoni di Mike Oldfield suddivise per album, indicando tra parentesi il vocalist principale. L'unico criterio che abbiamo usato per selezionarle, oltre come detto alla durata e al fatto di essere cantate, è quello di avere un testo identificabile e non dei vocalizzi; per questo motivo non compaiono nella lista i brani degli gli album QE2, Five Miles Out e The Millennium Bell.


  • Non album single (1975)
    • Don Alfonso (David Bedford - ne esiste anche una versione in tedesco in cui il cantante è indicato semplicemente come Paul)

  • Platinum (1979)
    • Into Wonderland (Wendy Roberts)
    • I Got Rhythm (Wendy Roberts)

  • Crises (1983 - Maggie Reilly è la vocalist principale in tre brani, ma non si tratta della prima collaborazione tra Maggie e Mike, in quanto la cantante aveva già prestato la propria voce agli album QE2 del 1980 e Five Miles Out del 1982)
    • Mistake (Maggie Reilly - il brano è presente solo sul vinile stampato negli USA, è stato poi incluso nella raccolta The Platinum Collection del 2006)
    • In High Places (Jon Anderson)
    • Foreign Affair (Maggie Reilly)
    • Shadow on the Wall (Roger Chapman)
    • Moonlight Shadow (Maggie Reilly)

  • Non album single (1984)
    • Crime of Passion (Barry Palmer)

  • Discovery (1984)
    • To France (Maggie Reilly)
    • Poison Arrows (Barry Palmer)
    • Crystal Gazing (Maggie Reilly)
    • Tricks of the Light (Barry Palmer)
    • Discovery (Barry Palmer)
    • Talk About Your Life (Maggie Reilly)
    • Saved by a Bell (Barry Palmer)

  • Non album single (1985)
    • Pictures in the Dark (Anita Hegerland, Barry Palmer e Aled Jones)

  • Non album single (1986)
    • Shine (Jon Anderson)

  • Islands (1987)
    • Islands (Bonnie Tyler)
    • Flying Start (Kevin Ayers)
    • North Point (Anita Hegerland)
    • Magic Touch (Jim Price nell'edizione UK, Max Bacon nell'edizione USA)
    • The Time Has Come (Anita Hegerland)
    • When the Night's on Fire (Anita Hegerland)

  • Earth Moving (1989 - è il primo album di Mike Oldfield composto interamente di canzoni, senza tracce strumentali)
    • Holy (Adrian Belew)
    • Hostage (Max Bacon)
    • Far Country (Mark Williamson)
    • Innocent (Anita Hegerland)
    • Runaway Son (Chris Thompson)
    • See the Light (Chris Thompson)
    • Earth Moving (Nikki "B" Bentley)
    • Blue Night (Maggie Reilly)
    • Nothing But / Bridge to Paradise (Carol Kenyon / Max Bacon - a dispetto del titolo riportato sulla copertina e della suddivisione delle tracce sul CD, si tratta di due canzoni diverse con una pausa in mezzo e cantante da due vocalist diversi)

  • Heaven's Open (1991 - il nome dell'autore sul disco è ripotato come Michael Oldfield e si tratta dell'unico album in cui la voce principale è quello dello stesso Oldfield)
    • Make Make (Mike Oldfield)
    • No Dream (Mike Oldfield)
    • Mr. Shame (Mike Oldfield)
    • Gimme Back (Mike Oldfield)
    • Heaven's Open (Mike Oldfield)

  • Tubular Bells III (1989)
    • Man in the Rain (Cara Dillon - su chi sia la vocalist di questa canzone esiste molta confusione, abbiamo già risolto il dubbio il passato con un articolo specifico sul tema)

  • Man on the Rocks (2014 - secondo, e ad oggi ultimo, album di Mike Oldfield composto interamente di canzoni dopo Earth Moving, il vocalist è Luke Spiller degli Struts in tutti i brani)
    • Sailing (Luke Spiller)
    • Moonshine (Luke Spiller)
    • Man on the Rocks (Luke Spiller)
    • Castaway (Luke Spiller)
    • Minutes (Luke Spiller)
    • Dreaming in the Wind (Luke Spiller)
    • Nuclear (Luke Spiller)
    • Chariots (Luke Spiller)
    • Following the Angels (Luke Spiller)
    • Irene (Luke Spiller)
    • I Give Myself Away (Luke Spiller)

martedì 14 marzo 2023

Ly-O-Lay Ale Loya: il presunto canto new age dei nativi americani rubato alla popolazione sami


Gli anni 90 furono l'epoca d'oro della musica new age, grazie a gruppi prodotti principalmente in Europa come i Deep Forest, con la loro Sweet Lullaby del 1992, o gli Enigma che nei primi anni del decennio assestarono due importanti successi con Sadness e Return to Innocence. L'importanza della new age in quel periodo fu tale che molti altri generi musicali ne vennero contaminati, ad esempio la cantante irlandese Enya creò un'inedita mescolanza tra musica celtica e new age e verso la fine del decennio nacque anche un crossover tra new age e canto gregoriano con i tedeschi Gregorian, che reinterpretavano nel loro inedito stile alcuni dei pezzi rock e pop più famosi degli ultimi decenni. Anche Mike Oldfield, precursore di questo genere già da due decenni prima, in quel periodo si avvicinò a sonorità simili a quelle degli Enigma con l'album The Songs of Distant Earth.

All'interno del movimento new age di quel periodo nacque anche un progetto tedesco, prodotto nei Paesi Bassi, chiamato Sacred Spirit il cui primo album Chants and Dances of the Native Americans del 1994 voleva essere una raccolta di reinterpretazioni di canti dei nativi americani. Il disco, edito dalla Virgin Records, fu pubblicato in Italia con il titolo Indiani e conteneva il brano The Counterclockwise Circle Dance (Ly-O-Lay Ale Loya) che divenne celebre qualche anno dopo quando venne usata in uno spot della bevanda energetica Gatorade che narrava l'apologo africano del leone e della gazzella (evidentemente gli autori non si chiesero cosa c'entrassero i nativi americani con l'Africa).

Il pezzo ebbe notevole successo e per anni venne considerato il più iconico canto dei nativi americani, venne inserito nella compilation del 2004 Indiani Platinum Collection, edita anch'essa dalla Virgin, e in altre raccolte che lo indicavano come un canto dei Navajo. Tuttavia tredici anni dopo si scoprì che il vocalizzo era un vero e proprio furto e che non apparteneva alla tradizione dei nativi americani. Nel 2007 emerse infatti che la registrazione della linea vocale veniva da una trasmissione televisiva olandese in cui un ospite eseguì uno joik (cioè un canto tradizionale) dei sami (popolazione del nord della Scandinavia, spesso definiti in italiano lapponi) intitolato Normo Jovnna. Nonostante Channel 4, il canale televisivo olandese presso cui avvenne l'esibizione, neghi di aver venduto alla Virgin la registrazione, questa finì in qualche modo alla casa discografica che la usò per il disco. Non è ad oggi possibile verificare l'esistenza della registrazione che sarebbe stata rubata, ma che Ly-O-Lay Ale Loya non sia un canto dei nativi americani ma del popolo sami è facilmente riscontrabile perché su YouTube esistono varie versioni di Normo Jovnna e il vocalizzo è proprio lo stesso di quello di Ly-O-Lay Ale Loya.

Curiosamente quello dei Sacred Spirit non è l'unico caso di new age etnico la cui parte cantata è stata usata illecitamente, la già citata Sweet Lullaby dei Deep Forest contiene infatti una registrazione di un canto delle Isole Salomone usato senza autorizzazione.

Una volta scoperto il furto, l'organizzazione Sámikopiija, che si occupa della difesa dei diritti d'autore dei sami, ha chiesto alla Virgin il riconoscimento delle royalties per Ly-O-Lay Ale Loya; per ora non ha avuto successo e difficilmente, visto il tempo trascorso, ne avrà mai.

martedì 25 gennaio 2022

Chi è la vocalist di Man in the Rain di Mike Oldfield?


Nel 1998 il compositore britannico Mike Oldfield pubblicò il terzo volume della serie Tubular Bells che conteneva tra le altre tracce il brano Man in the Rain, basato in modo molto evidente su Moonlight Shadow di cui è quasi un'autocover. Purtroppo su chi sia la vocalist che dà la voce al brano permane da allora molta confusione, i nomi che vengono proposti sono due: Cara Dillon e Pepsi DeMacque, ma le due vengono spesso scambiate.

Come si può facilmente riscontrare dal booklet dell'album, la vocalist che ha inciso la traccia in studio è l'irlandese Cara Dillon il cui nome compare come Cara from Polar Star in quanto al tempo la cantante faceva parte del duo Polar Star insieme a Sam Lakeman. Tuttavia la cantante non fu disponibile per le esibizioni dal vivo e venne sostituita da Helen "Pepsi" DeMacque, al tempo nota per aver fatto parte del duo Pepsi & Shirlie e per essere stata una corista degli Wham. Pepsi interpretò Man in the Rain al concerto di presentazione dell'album al Horse Guards Parade di Londra il 4 settembre del 98, nella tournée Then & Now svoltasi tra giungo e luglio del 1999 e al concerto The Art in Heaven Concert che si è tenuto nella notte tra il 31 dicembre 1999 e l'1 gennaio 2000 a Berlino.

In questo periodo, compreso tra la fine del 1998 e il 2000, Oldfield fu invitato dalla televisione tedesca al Golden Europe Award del 1999, dove fu insignito del premio Lifetime Award International, a interpretare Man in the Rain con Pepsi DeMacque, ma l'esibizione fu in playback e Pepsi fece quindi lip-sync sul cantato di Cara Dillon registrato in studio. Essendo questo il video più celebre del brano, di cui non esiste un videoclip ufficiale, ed essendo la canzone esattamente uguale a come suona dal disco, molti sono stati negli anni portati a pensare che la voce registrata in studio sia quella di Pepsi DeMacque. In ogni caso basta ascoltare una delle esibizioni dal vivo di Pepsi, che nel sopracitato concerto di Londra cantò anche Moonlight Shadow, per verificare che le due vocalist hanno voci completamente diverse: acuta e cristallina quella di Cara, potente e profonda quella di Pepsi.

Ad aumentare la confusione su chi sia l'interprete di Man in the Rain, talvolta viene riportato un terzo nome: quello di Heather Burnett. Anche in questo caso però il booklet chiarisce quale fu il ruolo di Heather perché il suo nome compare come additional vocals, cioè fece da corista a Cara Dillon.


Nel periodo della collaborazione tra Pepsi DeMacque e Mike Oldfield, la cantante partecipò anche alla realizzazione dell'album The Millennium Bell prestando la voce a tre tracce.

L'equivoco è stato quindi causato da una registrazione in playback, oggi molti ancora riportano il nome di Pepsi DeMacque come quello della voce solista di Man in the Rain, ma si tratta di un evidente errore: l'unica ad averla registrata in studio fu Cara Dillon.

mercoledì 22 febbraio 2017

Il messaggio di Mike Oldfield nascosto in Amarok

Nella lunga discografia di Mike Oldfield, l'album Amarok del 1990 occupa sicuramente un posto particolare per via del suo suono ostico e ostile ad un ascolto poco attento. Amarok è anche incredibilmente complesso dal punto di vista compositivo, con Oldfield che suona tutti i quaranta strumenti, e monolitico al punto che è impossibile estrarne dei pezzi come invece accade in altre composizioni musicali del medesimo autore come Tubular Bells o Incantations. Inoltre come si può notare facilmente, anche la copertina di Amarok è atipica e spezza la tradizione delle copertine di Oldfield, non mostra infatti paesaggi fantastici o oggetti misteriosi (come le celeberrime campane tubolari) ma un primo piano dell'autore.

Oltre a essere noto per la sua stranezza musicale, Amarok è anche famigerato per il messaggio segreto in codice morse che contiene intorno al minuto 48 e che invia un messaggio ben preciso al fondatore della Virgin Records, etichetta per cui Oldfield incideva al tempo, Richard Branson. Nella sua autobiografia intitolata Changeling: The Autobiography Oldfield spiega che dopo aver realizzato Earth Moving nel 1989 (il suo primo album di sole canzoni) decise di cambiare decisamente rotta e di incidere un disco interamente strumentale. Il risultato fu Amarok che lui stesso definisce wild and weird, a complete opposite of the albums before. La scelta del titolo cadde sulla parola Amarok che in gaelico significa "domani", ma Branson propose di cambiare il titolo in Tubular Bells II; Oldfield rifiutò perché aveva in mente di realizzare un disco intitolato Tubular Bells II, ma non era quello.

La Virgin decise quindi di non dare molta promozione pubblicitaria all'album e francamente sarebbe stato difficile farlo visto che per via del suo suono monolitico da Amarok era impossibile estrarre dei singoli che potessero essere trasmessi alla radio. Oldfield decise quindi di promuovere il disco a modo suo: introducendo in esso un messaggio segreto e promettendo un premio di 1000 sterline al primo che lo avesse individuato. Oldfield realizzò questa campagna pubblicitaria inviando la comunicazione per posta a chi avesse comprato biglietti per concerti rock pagando con carta di credito.

Il messaggio, chiaramente udibile al minuto 48 scandisce in codice morse questa sequenza di lettere "FUCK OFF RB": un chiaro invito a Richard Branson. Inoltre sul retro di copertina fu riportata la scritta HEALTH WARNING This record could be hazardous to the health of cloth-eared nincompoops. If you suffer from this condition, consult your Doctor immediately [AVVISO PER LA SALUTE Questo disco può essere dannoso per gli stupidi dalle orecchie foderate. Se soffrite di questa condizione, consultate immediatamente il medico].

Dopo Amarok Oldfield dovette per contratto incidere ancora un solo album per la Virgin, che fu Heaven's Open del 1991, l'unico album realizzato a nome Michael Oldfield, anziché Mike. Dopo aver lasciato l'etichetta inglese, Oldfield completò la beffa nei confronti di Branson. L'autore infatti approdò alla Warner Bros e il suo primo disco per la nuova casa discografica fu proprio Tubular Bells II.

lunedì 23 gennaio 2017

Mike Oldfield - Return to Ommadawn

Il nuovo album del compositore e polistrumentista britannico Mike Oldfield arriva nei negozi tre anni dopo il precedente Man on The Rocks uscito nel 2014 e costituito interamente di canzoni, Man on The Rocks fu il secondo album della lunga carriera di Oldfield ad essere composto solo da brani cantanti a ben venticinque anni di distanza dal primo Earth Moving. Il nuovo disco specifica fin dal titolo in quale direzione voglia andare e quanto questa sia diversa da quella dell'album precedente, Return to Ommadawn si riallaccia infatti chiaramente al terzo album di Mike Oldfield uscito nel 1975 ed intitolato proprio Ommadawn, disco interamente strumentare e caratterizzato da sonorità celtiche condite saggiamente dall'uso di percussioni africane. Return to Ommadawn è anche il primo album di Mike Oldfield ad essere composto da due tracce strumentali intitolate semplicemente Part 1 e Part 2 da Incantations del 1978.

Con Return to Ommadawn Mike Oldfield propone quasi cinquanta minuti di musica d'atmosfera, rilassante e che trasporta in terre lontane e fantastiche, come nella migliore tradizione dei dischi strumentali del musicista di Reading. Anche in questa occasione, come in molte altre in passato, Oldfield suona tutti i venticinque strumenti tra tastiere, strumenti a corda e percussioni. Oltre ai consueti chitarra acustica, chitarra elettrica, basso e Hammond, non mancano strumenti meno comuni come metallofono, tamburo a cornice e arpa celtica. Il suono è armonico e varia poco tra le due metà del disco, l'unica differenza che si nota è che la seconda parte presenta un suono leggermente più aggressivo e meno rilassato della prima per via di una maggiore distorsione nelle chitarre. L'album è interamente strumentale con la sola eccezione della traccia vocale del coro di bambini di On Horseback, tratto da Ommadawn, e sovrapposta uguale verso nella seconda metà della prima traccia.

Return to Ommadawn è un disco di grande effetto che dimostra ancora una volta che nella sua quarantennale carriera Mike Oldfield non ha mai compiuto un passo falso e offre un'ottima prova dell'ecletticità dell'autore che riesce a passare dal rock alla musica strumentale con una facilità incredibile. E il fatto che Oldfield sia in grado di suonare una tale vastità di strumenti e di comporre musica che usi suoni così diversi proietta l'autore di diritto tra i più grandi musicisti di ogni tempo.

giovedì 26 novembre 2015

Come nasce un capolavoro: Moonlight Shadow

Moonlight Shadow è uno dei brani più noti dello straordinario compositore e polistrumentista britannico Mike Oldfield, autore tra le varie sue opere di capolavori come tutta la serie dei dischi intitolati Tubular Bells. Secondo una leggenda abbastanza diffusa Moonlight Shadow sarebbe stata ispirata dalla morte di John Lennon per via del verso He was shot six times by a man on the run; in realtà non solo quanto narrato dal verso in questione non collima con la realtà (a Lennon furono sparati cinque colpi, non sei; e Mark Chapman era tutt'altro che un uomo in fuga perché dopo aver sparato a Lennon si sedette sul marciapiede in attesa della polizia) ma lo stesso Oldfield nella sua autobiografia intitolata Changeling: The Autobiography of Mike Oldfield spiegò come nacque il pezzo e la sua genesi è molto diversa da quanto sostenuto dalle leggende metropolitane.

Oldfield partì a sviluppare la melodia lavorando su alcuni accordi che aveva in testa, affidò dapprima la stesura del testo alla cantante Hazel O'Connor che ne scrisse una prima versione intitolata Midnight Passion, ma il musicista non fu soddisfatto del risultato. Dopo averci ragionato per tre mesi decise che a cantarla sarebbe stata Maggie Reilly e si accordò con lei per una sessione di registrazione, la notte prima Oldfield rimase sveglio per stendere il testo. L'ispirazione gli venne guardando fuori dalla finestra la Luna che illuminava il paesaggio circostante e dal film Houdini (Il Mago Houdini, nella versione italiana) con Tony Curtis e Janet Leigh. Riguardo all'ipotetica ispirazione alla morte di Lennon, Oldfield aggiunge che anche lui si trovava a New York quel fatidico giorno e che forse qualche pensiero su quei fatti gli rimase nel subconscio, ma nulla di più e nulla di intenzionale.

Oldfield ricorda anche che Maggie non cantava come lui si aspettava perché pronunciava le parole con la cadenza tipica del soul e quindi per lei il brano era Moonlight Shahdoah. Dopo aver speso molto tempo con grande concentrazione e impegno da parte di entrambi affinché la cantante scandisse le sillabe secondo le aspettative di Oldfield, l'esito fu finalmente quello desiderato e il successo fu superiore alle aspettative.

L'album in cui è inserito questo capolavoro si intitola Crisis, ma proprio grazie a Moonlight Shadow e all'altrettanto bella Foreign Affair fu tutto tranne che un momento di crisi.