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sabato 27 aprile 2024

Back to Black: il biopic sulla vita di Amy Winehouse


Uscendo dalla sala al termine della visione del film ho chiesto a qualcuno "In base a quanto hai visto nel film, sai dire quanti album ha fatto Amy Winehouse nel periodo narrato?". Sapeva rispondere solo chi già lo sapeva di suo, gli altri hanno risposto con uno sconsolante "No", perché in questo film si parla di tutto, tranne che della musica di Amy Winehouse.

Questo è un film d'amore e non un biopic sulla vita e la carriera di una delle migliori interpreti della black music del nuovo millennio, Back to Black di Sam Taylor-Johnson (che non dirigeva un film da sei anni) parla infatti solo della storia d'amore tormentata tra Amy Winehouse e Blake Fielder-Civil, per il resto non c'è nulla e quel poco che c'è è incomprensibile. Non si parla degli album di Amy, non si sa quando escano in relazione hai fatti narrati perché sembrano non avere nessun impatto sulla trama e non si parla dei suoi tour. A metà film dal nulla Amy passa da essere una cantante che si esibisce nelle cantine a Camden Town a essere una superstar braccata da fotografi e giornalisti: peccato che il film non spieghi perché e come sia ascesa al successo così in fretta. In quell'arco è uscito Back in Black che dà il titolo al film, ma se il film non parla dell'album da cui tre il titolo di cos'altro dovrebbe parlare? Ha senso mostrare il dramma dei test di gravidanza negativi e ignorare la musica? Non doveva essere un biopic?

Si perde nel nulla anche il fatto che Amy Winehouse sia stata una voce unica in quegli anni, fuori dal tempo, che invece di inserirsi sulle tendenze del periodo decise di riscoprire il pop degli anni 50 e 60, il jazz e il soul. Anche ignorando le invenzioni narrative (di cui comunque non si capisce il senso) che sono già state analizzate da testate blasonate come Esquire o Radio Times, alcune cose rappresentate nel film rasentano l'assurdo: davvero gli autori vogliono farci credere che Amy non sapesse chi fossero le Shangri Las prima che Blake gliene parlasse? Ma c'è ben di peggio. Nel film Amy scopre le droghe da sola, nella realtà Blake ammise candidamente di essere stato lui a iniziare la cantante all'eroina. L'invenzione più grave riguardo alla veridicità della storia è conservata per la fine, quando Amy viene mostrata emotivamente distrutta perché Blake ha avuto un figlio con un'altra donna. Il figlio di Blake è nato a maggio del 2011, due mesi prima che Amy morisse, quando la cantante frequentava già da tempo l'attore Reg Traviss di cui nel film non si parla minimamente.

Questo film mette quindi un altro chiodo sulla tomba dell'industria del biopic, di cui negli ultimi anni si salvano pochissimi prodotti come Whitney Houston: I Wanna Dance with Somebody dedicato a Whitney Houston e 8 Mile in cui Eminem interpreta sé stesso, garantendo almeno il realismo della storia. Perché di film vaghi e fuori fuoco come Back to Black non si sempre proprio la necessità.

venerdì 3 marzo 2023

Una sera a Camden Town, sulle tracce di Amy Winehouse

Ero stato una volta sola a Camden Town, una fredda mattina dei primi di gennaio di ormai sei anni fa. Da allora, nonostante molti altri viaggi a Londra, non ci ero ancora tornato e, trovandomi di nuovo nella capitale del Regno Unito per tutt'altri motivi, questa volta ho deciso di tornarci. Anche perché ricordavo bene il mercato, i musicisti che vendono i propri CD lungo il marciapiede (e al tempo ne avevo anche comprato uno del rapper Terra Slim), e le folli insegne tridimensionali dei negozi, ma non ero riuscito ad andare a Camden Square, dove Amy Winehouse aveva passato l'ultimo anno della sua vita e dove è morta nel luglio del 2011.

L'atmosfera di Camden Town è sempre singolare, indescrivibile per chi non si è mai trovato in questo turbinio di suggestioni in cui la musica fa da sfondo ad ogni cosa. Esco dalla stazione della metropolitana e sento una band che suona dal vivo Jumpin' Jack Flash in un pub, cammino verso la zona del mercato e vengo sopraffatto dall'atmosfera punk e dark che diede i natali a questi generi musicali nel fermento della swinging London. Qui i segni del passaggio di Amy si vedono praticamente ovunque, non solo nei luoghi più celebri come la statua a grandezza naturale, infatti scopro anche un graffito dipinto su una serranda abbassata (che mi fa ricredere sui miei dubbi sull'opportunità di venire qui quando i negozi e il mercato sono chiusi) e un negozio di arte al numero 279 di Camden High Street (a cui purtroppo ho dimenticato di fare una foto) che espone in vetrina dei suoi ritratti.

Graffito al 269a di Camden High Street

È difficile stabilire da quanto tempo sia lì il ritratto di Amy sulla serranda dello studio di tatuaggi Boys Don't Cry, che ovviamente omaggia l'omonima canzone dei Cure nel nome, al numero 269a di Camden High Street, ma Google Street View ci viene in aiuto e ci mostra che a gennaio del 2021 il graffito non c'era, l'opera è quindi recentissima e infatti è ancora perfetta.

La prima tappa che mi ero prefissato per questo giro e è la statua di bronzo, e quando ci arrivo devo aspettare un attimo prima di scattare una foto, perché davanti a me c'è una fila di persone che vogliono fare lo stesso. La statua è bellissima come me la ricordo e fa riflettere una volta in più sul perché una ragazza al pieno del successo si sia distrutta con le sue mani. Ciò che colpisce di questa ricostruzione a grandezza naturale è quanto Amy fosse minuta e come una voce come quella potesse uscire da un corpo così ridotto; perché la statua è alta un metro e 75 centimetri, ma solo includendo la base e la folta chioma ispirata a quelle delle Ronettes a cui Amy si rifaceva nello stile. In ogni caso, è talmente realistica da sembrare vera grazie alla posa spontanea in cui la cantante è stata riprodotta e prima di fare una foto viene voglia di chiederle il permesso.


La seconda tappa è la sua casa di Camden Square, che dalla statua dista circa un chilometro e mezzo di vie interne che si dipanano in una zona residenziale. Le case di Camden Square, che sono distribuite sulle due strade che costeggiano il parco, sulle prime sembrano tutte uguali, ma quella al numero 30, dove visse Amy, è diversa per almeno due motivi. Anzitutto è l'unica con porta e finestre oscurate in modo che da fuori non si veda completamente nulla degli interni. In secondo luogo per via del memoriale nato spontaneamente su un albero di fronte all'ingresso grazie a biglietti, foto, fiori e qualunque altra cosa i fan abbiano lasciato in ricordo della cantante.

La casa al numero 30 di Camden Square dove visse e morì Amy Winehouse

Il memoriale davanti alla casa

È tempo di tornare verso la stazione della metro, ma mi accorgo che se metto Amy Winehouse su Google Maps il completamento automatico mi segnala anche un murale che dovrebbe essere vicino all'insegna di Camden Lock e che è stato realizzato dall'artista grafico JXC in occasione del decimo anniversario della morte della cantante. Decido di andarci, ma arrivato sul posto non lo trovo. Chiedo a due passanti mostrando la foto sul cellulare, ma nessuno mi sa aiutare. Lo trovo, dopo minuti di ricerca, in una strada stretta che porta a uno dei cortili del quartiere. Nonostante non si veda dalla strada principale, il murale è immenso, con il buio e lo vedo a fatica ma comunque trasmette quanto questo quartiere sia tuttora legato a lei.

Il murale di JXC

Adesso il giro è finito davvero e torno veramente verso la stazione in cerca di un pub per mangiare, e mentre mi allontano rifletto su quanto Amy Winehouse abbia influenzato Camden Town e su quanto la sua vita sia legata a doppio filo a questo quartiere dove la si vede ovunque e la si sente ovunque. Perché anche se Amy ci ha lasciato il 23 luglio del 2011 tra queste strade è ancora viva.

mercoledì 1 dicembre 2021

Stevie Wonder - Someday at Christmas


Pubblicato nel 1967 Someday at Christmas è il primo album natalizio di Stevie Wonder; il disco è composto da dodici tracce di cui cinque classici e sette inediti, tra cui la title track uscita in singolo l'anno prima.

Come in tutti i dischi di Stevie Wonder anche in questo caso si trovano un caleidoscopio di suoni e stili che si alternano e creare una composizione varia in cui non ci sono due brani che si assomiglino. Si passa dal rock and roll di What Christmas Means To Me, al ritmo da marcia marziale di The Little Drummer Boy, fino alla ballad soul The Day That Love Began. L'album è stato realizzato in collaborazione con i Funk Brother, il gruppo di turnisti che in quei decenni realizzava le basi per la Motown, e con altri due gruppi della Motown dell'epoca: le Andantes, che eseguono i cori di voci femminili, e gli Originals, che eseguono quelli maschili.

I punti di forza di questo album sono sicuramente la già citata title track, nota anche per il disincantato testo pacifista, e l'interpretazione scintillante di Silver Bells. Una menzione a parte merita anche l'interpretazione dell'Ave Maria di Franz Schubert con la quale Wonder dà sfoggio della sua capacità di passare dall'R&B alla musica classica.

Someday at Christmas è diventata negli anni un nuovo classico del Natale e vanta ad oggi innumerevoli cover tra cui quella dei Jackson 5 del 1970 e una versione rock dei Pearl Jam del 2004. Lo stesso Stevie Wonder ha reinterpretato il proprio pezzo nel 2015 in una versione più raccolta con sono piano e voce in cui duetta con la cantante soul Andra Day.

Someday at Christmas rappresenta l'ottavo album di Stevie Wonder dal suo esordio nel 1962 con The Jazz Soul of Little Stevie Wonder e quando uscì diede un assaggio del suo strabiliante talento quando la sua carriera stava decollando e non era ancora esplosa con quello che oggi definiamo il periodo classico, tra Music of My Mind del 1972 e Songs In The Key of Life del 1976. Il disco convince sotto ogni punto di vista, regalando un'ora di musica natalizia tra la migliore mai realizzata, con un buon equilibrio tra pezzi nuovi e tradizionali, che sicuramente accontenta sia gli amanti della black music che quelli della tradizione del Natale.

venerdì 7 maggio 2021

Paul Stanley's Soul Station - Now and Then

Nel 2015 il co-frontman dei Kiss Paul Stanley ha lanciato la sua nuova band chiamata Soul Station che inizialmente si proponeva solo di reinterpretare dal vivo i classici del soul degli anni 70, attingendo soprattutto dal repertorio della Motown. Dopo anni di esibizioni dal vivo e di cover, i Soul Station sono diventati una vera e propria realtà discografica con l'uscita del loro primo album registrato in studio e intitolato Now and Then pubblicato nei primi mesi del 2021.

La band è composta da undici membri, tra cui il batterista dei Kiss Eric Singer e tre coriste che hanno ovviamente un ruolo di spicco in queste canzoni nelle quali i cori sono tanto importanti quanto la voce principale. Stanley nel booklet chiarisce che prima di scoprire i Led Zeppelin e gli Who, la sua musica preferita era quella di Otis Redding e di Solomon Burke e che con questo album intende omaggiare quegli interpreti e quel periodo.

Il disco è composto da quattordici pezzi, di cui nove cover dell'epoca d'oro del soul e cinque inediti scritti dallo stesso Paul Stanley che si ispirano passato aggiungendo una buona dose di modernità. I classici spaziano da pezzi più movimentati come Could It Be I'm Falling in Love? degli Spinners alle ballad come The Track of My Tears di Smokey Robinson and The Miracles e Baby I Need Your Loving dei Four Tops passando per gli immancabili Temptations con Just my Imagination. I pezzi nuovi sono più orientati a sonorità veloci con pezzi quali I Oh I, Whenever You're Ready (I'm Here), Lorelei e Save Me (From You), ispirata più alla scena black degli anni 80; tra gli inediti di trova una sola ballad intitolata I Do il cui rimando allo stile dei Temptations è molto marcato e in cui Stanley sembra imitare lo stile canoro di David Ruffin.

Se lo scopo di questo progetto musicale è quello di omaggiare il soul degli anni 70 non si può non concludere che ci riesca benissimo. I Soul Station danno una bella spolverata ai classici del passato e incidono pezzi nuovi che attualizzano il Motown sound come pochi altri hanno saputo fare. Non resta che sperare che, ora che i Kiss hanno annunciato la fine delle loro attività, questo nuovo progetto di Paul Stanley non resti un esperimento isolato e che questa ottima band ci regali altri dischi di questo livello.

mercoledì 27 gennaio 2021

The Undisputhed Truth - The Undisputed Truth

Nel 1970 il produttore dei Temptations Norman Whitfield assemblò un altro gruppo vocale con il quale sperimentare nuove commistioni e sonorità senza esporsi alla critica di pubblico e stampa che riteneva che il produttore stesse daneggiando il proprio gruppo principale distorcendone la natura a proprio piacimento. Il gruppo che prese vita da questa decisione furono gli Undispited Truth, composti da Joe "Pep" Harris, Billie Rae Calvin e Brenda Joyce Evans

L'album di esordio del gruppo porta lo stesso nome della band e fu pubblicato nel 1971. Il disco è composto da undici tracce che offrono quarantaquattro minuti di black music molto varia e di facile presa. Nel disco si trovano tutti gli stilemi delle sonorità della Motown: passando dall'R&B classico, al soul, al funk, alla psichedelia e anche qualche tocco di rock. L'unico brano inedito del disco è il divertente pezzo di apertura You Got The Love I Need, ai confini tra R&B e disco. Delle restanti tracce, quattro (Save My Love For A Rainy Day, Ball of Confusion, Smiling Faces Sometimes e Since I've Lost You) furono incise in quegli anni anche dai Temptations, sia nelle loro incisioni più vicine al Motown sound sia a quelle psichedeliche coeve di questo album. Tra le altre troviamo anche alcuni classici degli anni 60 come Aquarius, dal musical Hair, Ain't No Sun Since You've Been Gone, I Heard It Through the Grapevine, Like a Rolling Stone di Bob Dylan, California Soul, incisa in precedenza dai 5th Dimension e da Marvin Gaye e Tammi Terrell, e We've Got a Way Out Love degli Originals.

Lo schema base delle canzoni è che Harris esegue la voce principale, con gli altri due vocalist impegnati in controcanti e doppie voci (ci sono comunque un paio di eccezioni, ad esempio in Aquarius la voce principale è quella di Brenda). Alcune delle cover sono eseguite mantenendo la stessa atmosfera dei pezzi originali, mentre altre sono completamente riviste, come Like a Rolling Stone in cui la polifonia vocale trasforma il pezzo originale in uno completamente diverso. Lo stesso vale per Ball of Confusion il cui arrangiamento è completamente diverso da quello dei Temptations e per I Heard It Through the Grapevine, notevolmente accelerata e arricchita di cori e controcanti. Non mancano le ballad classiche, nello stile originale della Motown, come Ain't No Sun Since You've Been Gone e We've Got a Way Out Love.

Gli Undispited Truth danno quindi prova già da loro primo album di essere un prodotto solido, capace di reinterpretare pezzi noti in chiavi diverse. Purtroppo la vita del gruppo vide molte vicissitudini; dopo altri due album focalizzati principalmente sulla revisione di cover contemporanee, il gruppo si divise e Harris venne affiancato da nuovi vocalist. L'anno seguente gli Undisputed Truth lasciarono la Motown per la Whitfield e in breve tempo sparirono dalle scene. E' un vero peccato che la loro fama sia così limitata, perché anche se non godono del blasone dei gruppi più noti della Motown hanno comunque confezionato una buona quantità di dischi di alto livello, che meritano di essere conosciuti e ascoltati.

giovedì 19 novembre 2020

The Temptations - Psychedelic Shack

Soli sette mesi dopo l'uscita di Puzzle People, a febbraio del 1970 il gruppo soul dei Temptations pubblicò un nuovo album intitolato Psychedelic Shack in cui continua sulla strada del precedente che aveva sancito il definitivo passaggio del gruppo di Detroit ad atmosfere psichedeliche.

Il disco è composto da otto tracce in cui, come già accadeva nell'album precedente, i cinque vocalist si alternano al microfono molto più che in passato cantando insieme praticamente tutti i brani. Il disco si apre con la title track che proprio nei primi secondi contiene un campionamento di I Can't Get Next to You tratto da Puzzle People e che costituisce uno dei primi esempio di campionamento (anche se in questo caso il gruppo campiona sé stesso) nella black music, tecnica che verrà largamente utilizzata dall'hip hop che sarebbe nato alla fine degli anni 70. Il disco in generale ha un suono un po' più aggressivo, e tendente al rock, rispetto agli album precedenti. Tra le tracce migliori si distinguono anche It's Summer, l'unica ballad del disco che però si allontana dalle tipiche ballad della Motown in quanto parla dell'estate e non è una canzone d'amore, e Take a Stroll Thru Your Mind che combina la psichedelia al blues in una sorta di lunga esortazione all'uso della marijuana.

L'album conferma anche un passaggio a tematiche più impegnative, come in War che è il brano più energico del disco che rivolge un'aspra critica alla guerra del Vietnam e ai conflitti armati in generale. Il disco si chiude con due cover di altrettanti pezzi di Gladys Knight & the Pips praticamente coevi a Psychedelic Shack quali You Need Love Like I Do (Don't You) e Friendship Train.

Psychedelic Shack è in sintesi un disco solidissimo, caratterizzato da un suono maturo su cui il gruppo si muove ormai con grande maestria e che proseguirà fino ad A Song For You del 1975 che torna a un soul più convenzionale. Questo album mostra un lato del gruppo meno noto, rispetto al Motown sound degli inizi, ma non per questo di livello inferiore, e rimane ad oggi uno dei momenti migliori della lunghissima e ricchissima discografia di questo incredibile e mutevole gruppo..

martedì 2 giugno 2020

Stevie Wonder - Songs in the Key of Life

Il doppio album Songs in the Key of Life del 1976 occupa un posto di rilievo nella lunga discografia di Stevie Wonder, in quanto rappresenta il culmine del periodo classico delle sue produzioni; molto prima del successo commerciale di album come Hotter than July o The Woman in Red.

In Songs in the Key of Life il musicista di Detroit esplora tutti i generi della black music, passando dal soul, al funk, al gospel e al jazz, dimostrando di saperli interpretare tutti con grande maestria. Il disco contiene alcuni dei suoi più grandi capolavori, come Isn't She Lovely?, dedicata alla figlia Aisha, Love's in Need of Love Today, I Wish e Sir Duke. Oltre a questi pezzi più classici e noti, Wonder si lancia in una sperimentazione musicale in cui mischia sonorità elettroniche con la black music con l'aggiunta di strumenti etnici ispirati alla musica africana in pezzi come Black Man e Ngicuela -Es Una Historia - I Am Singing, la cui prima strofa è in zulu, la seconda in spagnolo e la terza in inglese.

Oltre ai testi spensierati che parlano di amore e famiglia, il disco contiene alcune tracce di denuncia sociale che parlano delle condizioni di vita degli afroamericani nelle metropoli, come la già citata Black Man e Village Ghetto Land. Inoltre, anche la pur gioiosa I Wish contiene un testo che parla di povertà e scarsità di mezzi economici.

Ciò che stupisce maggiormente di questo album è come le sonorità che Stevie Wonder riusciva a realizzare nel 1976 fossero decenni avanti rispetto alla musica mainstream del periodo; infatti di moltissimi pezzi di questo album sono state realizzate cover che hanno lasciato la musica originale pressoché inalterata e molti altri sono stati utilizzati come campioni per pezzi hip-hop degli anni successivi. Nel 1990 gli A Tribe Called Quest usarono un campione di Sir Duke nella loro Footprints e cinque anni dopo Coolio realizzò la celeberrima Gangsta's Paradise con un campione di Pastime Paradise, tratta proprio da questo album. Inoltre nell'estate del 1999 ben due canzoni di questo album furono portate in classifica da altrettanti artisti di livello internazionale: Will Smith utilizzò I Wish per la sua Wild Wild West e George Michael realizzò una cover di As insieme a Mary J. Blige.

Il motivo per cui Wonder ha pubblicato questo album come doppio è fin troppo ovvio: non bastava un disco solo per contenere tutta la creatività di questo straordinario musicista. Del resto alcuni outtakes sono stati pubblicati su un EP a parte intitolato Something Extra, le cui quattro tracce attualmente sono stampate su tutte le edizioni in CD.

Songs in the Key of Life è in sintesi un capolavoro, non del soul ma della musica di ogni genere, Ma è solo una delle stelle della fantastica galassia costituita dalla discografia di Stevie Wonder.

martedì 19 maggio 2020

Paul Williams: lo strano suicidio del baritono dei Temptations

Il 17 agosto del 1973, il baritono dei Temptations Paul Williams fu trovato morto, vittima di un apparente suicidio, in un vicolo all'incrocio tra Grand Boulevard e la 14esima strada a Detroit, in un'area che veniva utilizzata come parcheggio da un concessionario della Cadillac.

La formazione storica dei Temptations, Paul Williams in alto a destra.

Purtroppo quanto accaduto in quella notte è ancora avvolto nel mistero, e a distanza di quasi cinquant'anni è molto difficile che l'intreccio venga dipanato. Il cantante trentaquattrenne aveva da poco lasciato il gruppo per motivi di salute, a causa dell'anemia falciforme e dell'abuso di alcol, venendo sostituito da Richard Street che ricopriva un ruolo simile nei Monitors, un altro gruppo della Motown.

Il cadavere fu trovato da un passante intorno all'una di notte, la causa del decesso fu ovvia fin da subito: un colpo di pistola alla testa. Ma già a questo punto i racconti divergono. Secondo la stampa dell'epoca Williams fu trovato seduto al posto di guida della sua Ford Maverick, mentre secondo il libro Ain't Too Proud to Beg di Mark Ribowsky, dedicato alla storia dei Temptations, era steso sull'asfalto sotto la portiera aperta della vettura. Secondo tutte le ricostruzioni, al momento del decesso indossava solo un costume da bagno a fiori.

Williams aveva da poco comprato una casa per la sua nuova fidanzata, Ronnie Langstom, a La Salle Boulevard e il giorno prima di suicidarsi si era trasferito con lei nella casa nuova. Nessuno sa dove stesse andando quella notte, si può solo constatare che il luogo del ritrovamento del cadavere è a metà strada tra la casa dove era appena andato ad abitare e la sede della Motown, a tre isolati da entrambi i posti.

Una bottiglia di un alcolico non precisato fu trovata accanto al cadavere. Anche la pistola che uccise Williams fu trovata sulla scena, ma in questo caso di nuovo i racconti divergono. Secondo la stampa dell'epoca Williams aveva ancora la pistola in mano al momento del ritrovamento, mentre secondo il libro di Mark Ribowsky era a terra a circa un metro da lui.

Il coroner stabilì che Paul Williams era morto per un colpo di pistola alla tempia sinistra autoinflitto e sparato con la pistola rinvenuta insieme al cadavere. Tuttavia Paul Williams era destro, e lo stesso coroner stabilì che la pistola era stata impugnata proprio con la mano destra, ma il colpo era stato sparato alla tempia sinistra: operazione che richiede un movimento del tutto innaturale ma non impossibile. Inoltre la perizia stabilì che la pistola aveva sparato due colpi, ma solo un proiettile fu trovato sulla scena; questo in realtà è poco significativo perché Williams potrebbe aver sparato il primo colpo in un'altra circostanza e in un'altra occasione.

L'intera vicenda è quindi ancora poco chiara e molto confusa. L'ipotesi del suicidio resta comunque la più probabile, anche perché secondo il racconto di Otis Williams, un altro membro dei Temptations non legato a Paul da parentela nonostante il cognome, nella sua autobiografia Paul aveva manifestato anche in passato tendenze suicide. Inoltre quel periodo della sua vita era particolarmente turbolento. Poco prima di andare a vivere con Ronnie era stato cacciato di casa dalla moglie Mary Agnes, da cui aveva avuto sei figli, per il fatto di aver ricominciato a bere e per i suoi comportamenti violenti.

In ogni caso il rapporto autoptico non è mai stato pubblicato e la famiglia di Paul Williams non crede che si sia trattato di un suicidio. Joe Williams, il fratello di Paul, sostiene che il rapporto non sia stato pubblicato perché conterrebbe dettagli incompatibili con un suicidio. Ad esempio il fatto che il colpo mortale sarebbe stato sparato frontalmente e non sulla tempia, che il tasso alcolemico nel sangue di Paul Williams sarebbe stato dello 0,19% (il limite per poter guidare negli Stati Uniti è di 0,08%) e che in quelle condizioni sarebbe stato impossibile per lui guidare l'auto fino al luogo del ritrovamento. Tuttavia il cadavere di Paul Williams rimase alla camera ardente per due giorni e nessuno sollevò il dubbio che il foro del proiettile non fosse dove risultava dalle dichiarazioni del medico legale. E il livello alcolemico al massimo può servire a sostenere che Paul si è fatto accompagnare lì da qualcuno e poi si è suicidato.

Moltissimi dettagli sono ancora poco chiari di questa assurda vicenda, ma il suicidio resta l'ipotesi più plausibile.



Fonti:

martedì 14 aprile 2020

The Temptations - Puzzle People

Dopo aver parzialmente abbandonato il Motown sound in favore di un inedito psychedelic soul nell'album precedente Cloud Nine, i Temptations hanno definitivamente preso la strada della psichedelia con il loro album successivo intitolato Puzzle People.

L'album è composto di undici tracce caratterizzate da una mescolanza tra rock funk, psichedelia e soul. Dal punto di vista canoro l'album si discosta notevolmente dalla produzioni passate del gruppo, perché invece che affidarsi a un solista a turno per ogni pezzo con il resto del quintetto a fare da coro, in Puzzle People i cinque si alternano molto di più cantando insieme praticamente tutti le tracce, anche se le voci più ricorrenti sono comunque quelle di Dennis Edwards, Eddie Kendricks, e Paul Williams.

Le tematiche del disco si allontanano sempre più da quelle dei primi album e invece delle ballad romantiche troviamo i primi pezzi di denuncia sociale, che avranno ampia diffusione tre decenni dopo nell'hip-hop militante ad esempio dei Public Enemy. Nel disco troviamo infatti Message From a Black Man che parla del black power e Slave, che chiude il disco, che parla dell'ingiustizia del sistema carcerario.

Nell'album troviamo anche tre cover di pezzi contemporanei, quali Hey Jude dei Beatles, It's Your Thing degli Isley Brothers e Little Green Apples di Roger Miller, che i Temptations interpretano nel loro stile, aggiungendo la polifonia vocale e le atmosfere psichedeliche che caratterizzano questo disco.

L'unico pezzo che mantiene il sapore classico della Motown è That's The Way Love Is che riporta ad atmosfere romantiche e patinate, ma che mantiene comunque un ritmo più elevato rispetto alle ballad dei primi dischi.

Curiosamente lo stesso giorno in cui è stato pubblicato Puzzle People i Temptations hanno pubblicato l'album Together insieme alle Supremes di Diana Ross in cui le due formazioni eseguono insieme dieci cover nello stile tradizionale della Motown, ripetendo l'esperimento dell'anno prima dell'album Diana Ross & The Supremes Join The Tempetations, e mostrando quindi sonorità lontanissime da quelle di questo album di inediti.

In conclusione Puzzle People è un album solido, dalle sonorità interessanti, che mostra un lato meno noto di questo straordinario quintetto che riesce a produrre musica memorabile in qualunque stile si cimenti e che ha gettato le basi per una nuova corrente musicale che negli anni successivi influenzerà molti artisti sia nel mondo del rock che in quello del soul unendo due mondi solo all'apparenza lontani.

lunedì 18 marzo 2019

The Temptations - Cloud Nine

Dopo otto album caratterizzati dal tipico Motown sound, nel 1969 i Temptations decisero di mischiare il proprio suono a quello del rock psichedelico che in quegli anni dominava la scena musicale, gettando così le basi di quello che da allora fu noto come psychedelic soul. L'album Cloud Nine è un vero spartiacque nella lunga discografia dei Temptations, non solo per il notevole cambio di stile ma anche perché fu il primo realizzato sotto la guida del nuovo produttore Norman Whitfield e con la nuova voce principale di Dennis Edwards in sostituzione del vocalist storico David Ruffin licenziato dalla band per via di incompatibilità caratteriali.

Il disco è composto da dieci tracce e in realtà le sonorità psichedeliche sono prevalenti solo in due di queste, la title track e Runaway Child, Running Wild, che offrono una mescolanza di suoni molto ricca tra soul, funk, rock psichedelico e le polifonie vocali tipiche della band. Non a caso, e a indicare la nuova tendenza musicale dei Temptations, furono proprio queste due le uniche tracce a essere pubblicate anche in singolo. Un notevole cambio di rotta si riscontra anche nei testi, che abbandonano le atmosfere romantiche per parlare di problemi sociali come la difficoltà dell'essere nero e povero nell'America di fine anni 60.

Sette delle dieci tracce contengono invece sonorità soul classiche e simili alle pubblicazioni precedenti dei Temptations caratterizzate da atmosfere patinate e dalla sovrapposizione vocale dei cinque cantanti che si sommano e si amalgamano interpretando ognuno una voce diversa. Trai pezzi migliori di questi sette troviamo sicuramente le ballad Why Did She Have to Leave Me (Why Did She Have to Go) e I Need Your Lovin' in cui la voce principale è interpretata da Eddie Kendricks in falsetto. Anche in questi pezzi più tradizionali comunque la voce di Edwards, che interpreta la parte principale in quattro pezzi tra cui la già citata Why Did She Have to Leave Me (Why Did She Have to Go), dà un tocco diverso rispetto ai dischi precedenti per via del suo suono più aspro che si allontana di molto dalla voce melodica di Ruffin.

Completa il disco una versione da nove minuti di I Heard It Through the Grapevine, ispirata più alla versione di Gladys Knight & the Pips che a quella di Marvin Gaye e che in realtà è diversa da tutto il resto del disco grazie a un arrangiamento blues essenziale che lascia molto spazio alle voci dei cinque.

Nonostante in Cloud Nine la contaminazione con i suoni psichedelici avvenga solo in due pezzi, la sperimentazione sonora dei Temptations continuò con forza in quella direzione per molti anni e per vari album creando dissapori all'interno della band tra chi era favorevole alla nuova rotta e chi voleva restare fedele alle sonorità originali. In ogni caso la qualità di queste registrazioni è indubbia e dimostra come, nonostante la celebrità dei Temptations sia legata soprattutto alle ballad di inizio carriera, il gruppo in realtà abbia fatto molto di più in stili molto diversi tra loro con grande ecletticità e creatività.

venerdì 1 marzo 2019

Alexandra Burke - The Truth Is

Dopo due album in stile dance e dopo una lunga militanza nel mondo dei musical con The Bodyguard, Sister Act, Chicago e Chess, Alexandra Burke è tornata nel 2018 con un nuovo album di puro R&B e soul, genere che le si addice sicuramente più del dance-pop degli esordi, dal titolo The Truth Is. Questo nuovo LP vede anche il passaggio di Alexandra Burke dalla Syco Music alla storica etichetta Decca che dal 1929 produce alcuni dei migliori musicisti di ogni tempo.

L'album è composto di undici tracce contraddistinte, come è abbastanza ovvio, da sonorità eleganti e patinate che mettono in luce al meglio le straordinarie doti vocali della cantante. I pezzi che compongono il disco vedono una predominanza di brani melodici, tra cui troviamo il singolo Shadow di cui è stato realizzato un video. Il disco offre anche una notevole varietà di suoni come nell'ottima Say We'll Meet Again che vede la presenza come ospite di Ronan Keating e in cui la strumentazione abituale è sostituita da piano e archi. Sonorità più allegre e spensierate si trovano invece nell'allegra Summer e in Maybe It's Love che vira decisamente verso il reggae grazie anche alla strumentazione caraibica. Alexandra si concede anche uno sconfinamento nel gospel con You’re Worth Holding On To impreziosita da un battito di mani sulla strofa e dalla presenza del coro sul ritornello.

Tra le ballad più tradizionali troviamo anche la title track in cui Alexandra dà particolarmente sfoggio della propria estensione e del proprio vibrato, oltre a Believe e al brano di chiusura Without You che è sicuramente il pezzo del disco che più mette in luce la potenza canora di questa straordinaria vocalist. Nell'album non mancano un paio di momenti pop più veloci con la melodica traccia di apertura All The Things You Are e con l'allegra In The Rain.

Completa il disco l'onirica cover di All I Need degli Air, che Alexandra trasforma dal chillout elettronico dell'originale in un pezzo R&B nel sul stile distintivo dando ovviamente maggiore spazio alla linea vocale.

Con The Truth Is Alexandra Burke compie un notevole passo in avanti e il passaggio a un'etichetta come la Decca non può che aver giovato alla cantante britannica. Grazie a questo terzo album Alexandra riesce sicuramente ad affrancarsi dall'etichetta di "vocalist uscita da X-Factor" e dimostra di avere grandi doti compositive oltre a quelle interpretative, ed essendosi finalmente liberata di una definizione che le andava stretta da tempo si assesta senza dubbio tra le migliori voci dell'R&B contemporaneo.

giovedì 22 marzo 2018

Sam Cooke - Twistin' the Night Away

Nei primi anni 60 Sam Cooke decise di allontanarsi dal soul tradizionale per condire la propria musica con elementi provenienti da altri stili. Nel 1961 provò a mischiare il soul con lo swing nell'album Swing Low e lo stesso anno tentò anche la strada del connubio con il blues con My Kind of Blues; visto il successo dei due esperimenti l'anno seguente realizzò Twistin' the Night Away che come dice il titolo stesso unisce il suono di Sam Cooke con il twist che in quegli anni godeva di grande popolarità grazie ad artisti come Hank Ballard and The Midnighters e ovviamente Chubby Checker.

Il risultato è l'LP più diverente della carriera di Sam Cooke, composto di dodici pezzi in cui regna l'atmosfera allegra e festaiola tipica del twist. L'album contiene capolavori assoluti della discografia del cantante come la title track, Twistin' in the Kitchen with Dinah e Twistin' in the Old Town Tonight. Tra i pezzi più allegri troviamo anche una cover di The Twist the Hank Ballard (portata al successo anche da Chubby Checker) che Cooke personalizza nel suo stile fino a renderla irriconoscibile.

Nel disco è presente anche Somebody's Gonna Miss Mea, ballad più tradizionale e più vicina ai lavori di Sam Cooke degli inizi. Tra i brani più puramente soul troviamo anche Soothe Me, in cui Cooke duetta com Lou Rawls, quest'ultimo è presenta anche nella divertente Movin' And A'Groovin in veste di autore. In questo disco non manca un assaggio di blues con Somebody Have Mercy, brano basato su una bella commistione di chitarre, piano e armonica sul ritornello.

E' difficile trovare album migliori di altri nella straordinaria carriera di Sam Cooke, perché le sue uscite discografiche hanno inanellato successi a ripetizione, ma se c'è un merito particolare che può essere riconosciuto a questo disco è quello di avere un'anima ballabile e orecchiabile che spicca sugli altri. E oltre a dare una grande prova delle capacità di Sam Cooke come cantante e autore, dimostra anche la sua incredibile versatilità.

lunedì 15 gennaio 2018

La discografia di Otis Redding (prima parte 1964 - 1965)

La carriera musicale di Otis Redding fu molto breve poiché il leggendario cantante incontrò la morte a soli 26 anni, tuttavia le sue pubblicazioni realizzate durante la sua vita e quelle postume lo posizionano a pieno titolo tra i musicisti più influenti della musica soul, e non solo, di ogni tempo.

Il primo album di Redding uscì nel 1964 con il titolo Pain in My Heart e com'era abbastanza consueto al tempo è una raccolta di singoli più che un vero LP registrato in apposite sessioni. Il disco è composto da quattro pezzi scritti dallo stesso Redding e da otto cover di brani soul contemporanei. Le dodici incisioni danno da subito prova delle notevoli dote canore di Otis che mostra una grande versatilità nell'uso della voce e nelle capacità di aumentare e diminuire il volume nello stesso verso cantato, le basi musicali ovviamente offrono molto spazio ai fiati con un'ampia sezione fatta di trombe e sassofoni. I brani spaziano dai lenti più classici a pezzi più veloci ed incalzanti. Tra i brani melodici spiccano la title track, la cover di Stand By Me di Ben King e quella di You Send Me di Sam Cooke. Tra i migliori pezzi veloci troviamo la cover di Louie Louie di Richard Berry e quella di Lucille di Little Richard con cui Otis Redding fa una potente incursione nel rock and roll.

Rispetto ai 45 giri incisi da Redding, restarono fuori dal primo album i rapidi rock and roll Getting Hip e Shout Bamalama, cioè proprio i primi due singoli incisi rispettivamente nel 1960 e nel 1961. Sempre nel 1964 Otis Redding registrò un altro singolo che non finì incluso in nessun album, il pezzo di intitola Things Go Better With Coke e come dice il titolo stesso fu realizzato per una pubblicità della Coca Cola.

Il secondo album di Redding è stato pubblicato nel marzo del 1965 con il titolo The Great Otis Redding Sings Soul Ballads. Anche in questo caso il disco è una raccolta di singoli, di cui quattro di Redding e otto cover, e come suggerisce il titolo stesso presenta una prevalenza di brani lenti. Tra i dodici brani ne troviamo infatti solo due veloci, la cover di Home in Your Heart originariamente incisa da Solomon Burke, e Mr Pitiful scritta dallo steso Redding. Per il resto il disco si assesta sulle stesse sonorità dell'album precedente, proponendo un soul di grande atmosfera con la voce di Redding a coprire il ruolo principale accompagnata dalle basi che questa volta lasciano più spazio al pianoforte. Tra le ballad migliori troviamo la cover di Nothing Can Change This Love di Sam Cooke e For Your Precious Love di Jerry Butler and The Impressions, ma in realtà come nel caso del primo album il disco è stupendo nella sua interezza essendo fatto solo di classici del soul interpretati da uno dei suoi maggiori esponenti.

Il terzo album di Otis Redding uscì nel settembre dello stesso anno del secondo con il titolo Otis Blue/Otis Redding Sings Soul. Questo terzo LP riesce nella difficile impresa di assestarsi qualitativamente sopra ai due precedenti. A dispetto del titolo, le undici tracce spaziano oltre il soul toccando generi diversi. Otis Redding sconfina di nuovo nel rock and roll con la cover di Satisfaction dei Rolling Stones, in cui il riff iniziale è eseguito dalla tromba e non dalla chitarra; curiosamente in seguito Keith Richards dichiarò che nelle sue intenzioni il pezzo avrebbe proprio dovuto aprirsi con una tromba e che la versione di Redding è più aderente al progetto iniziale. Nell'album Redding sconfina anche nel blues con Rock Me Baby di B.B. King. In questo disco troviamo anche due pezzi scritti da Redding che negli anni vanteranno numerose cover diventando di fatto degli standard soul, come Respect (la cui più celebre interpretazione sarà quella di Aretha Franklin) e I've Been Loving You Too Long. Anche in questo disco troviamo due cover di Sam Cooke, la celeberrima Wonderful World e l'allegra Shake. Tra i brani migliori spicca anche My Girl dei Temptations (scritta per loro da Smokey Robinson).

Oltre a questi tre, Otis Redding pubblicò in vita altri tre album di cui uno in coppia con la regina del soul Carla Thomas. Purtroppo la sua carriera terminò troppo presto, ma nonostante ciò la musica odierna di ogni genere non sarebbe la stessa senza di lui.

lunedì 8 maggio 2017

The Temptations - Meet The Temptations

Meet The Temptations è il titolo del primo 33 giri pubblicato dai Temptations nel 1964, quando la loro carriera discografica era già iniziata da tre anni. Infatti, come era abbastanza consueto al tempo, più che un LP registrato in apposite sessioni è un raccolta dei singoli e dei B-side pubblicati fino ad allora.

Il disco propone il classico suono soul e doo-wop della Motown, con le voci dei cinque interpreti e dei coristi di supporto che si alternano sia nel canto della melodia principale sia nei ricchi cori e nelle seconde voci che contraddistinguono questo genere di produzione; il gruppo dà prova delle proprie incredibili capacità canore in tutti i dodici pezzi del disco. Le voci principali del gruppo restano comunque quelle di Paul Williams, che si distingue per la pulizia dell'esecuzione, e di Eddie Kendricks, che mostra una notevole potenza anche in falsetto come nella bellissima Paradise. La voce storica dei Temptations, David Ruffin, in questo disco è presente solo come corista nella traccia di apertura The Way You Do the Things You Do che fu registrata proprio nel 1964. Tra i pezzi migliori troviamo anche Check Yourself, una delle prime incisioni del gruppo dai notevoli cambi di tempo.

Come in tutti i più importanti dischi della Motown, anche in questo caso le basi musicali sono realizzate dallo straordinario combo dei Funk Brothers che ricorre a una quantità incredibile di strumenti diversi data la ricchezza della propria formazione. Come dice il documentario Standing in the Shadows of Motown a loro dedicato, nonostante non abbiamo mai inciso un disco a loro nome hanno più primi posti in classifica dei Beatles, dei Rolling Stones, dei Beach Boys e di Elvis Presley sommati.

Il disco è stato stampato in CD solo nel 1999 con l'aggiunta di due bonus track. la prima di esse è Oh Mother of Mine, il primo singolo della carriera dei Temptations, e l'allegra e scherzosa Romance Without Finance.

Essendo una raccolta di singoli è ovvio che questo album è composto solo da brani di altissimo livello e infatti non vede un solo calo di qualità. Non sarà il miglior album dei Temptations, che solo pochi anni dopo hanno inciso il capolavoro The Temptations Sing Smokey, ma resta un capolavoro assoluto del doo-wop e del soul e una pietra miliare dell'immensa produzione della Motown che non può mancare nella discografia degli amanti della musica nera.

mercoledì 9 novembre 2016

Alicia Keys - Here

Il suono del nuovo album di Alicia Keys rispecchia perfettamente la foto in copertina della cantante, che alcuni mesi fa ha lanciato la campagna #nomakeup dopo essere apparsa senza trucco ai Video Music Awards di MTV: struccata, spettinata e senza abiti o gioielli di lusso, ma pur sempre bellissima. La musica contenuta nell'album è altrettanto grezza, diretta e a tratti ruvida, e anche in questo caso Alicia Keys riesce nel compito di realizzare un ottimo album in cui dimostra di sapersi muovere bene anche in terreni diversi da quelli percorsi fin'ora.

L'album si intitola Here ed è stato pubblicato il 4 novembre di quest'anno. E' composto da 18 brani nella versione deluxe, 16 in quella standard, di cui cinque interludi. Ciò che si nota già dal primo ascolto è che i pezzi non sono più retti solo dal suono del piano suonato dalla stessa Alicia, ma questo lascia molto spazio alle chitarre e alle percussioni risultando così in un suono più duro. L'album si apre con The Gospel che narra uno spaccato di vita del ghetto e la cui base è fatta da uno staccato al pianoforte e dal suono ossessivo della batteria. La tematica della vita del ghetto e delle sue difficoltà è ripresa anche in Blended Family, che vede la presenza come ospite del rapper A$AP Rocky, la cui musica si basa invece fortemente sulle chitarre. Tra gli altri pezzi in cui le chitarre dominano troviamo l'ecologista Kill Your Mother, composto solo di chitarra e voce, che è il pezzo più aspro e ruvido dell'intero disco. Di tutt'altro genere è Girl Can't Be Herself che pur essendo anch'essa retta delle chitarre tende fortemente verso il reggae (campo in cui Alicia si era già avventurata con un celeberrimo remix di You Don't Know My Name) e tratta proprio della scelta di rinunciare al trucco per esporre la propria vera personalità. Anche Holy War, in cui la cantante si chiede perché parlare di sesso sia osceno mentre parlare di guerra è accettato, è basata su chitarra e percussione, anche se il pezzo ha la struttura di una ballad e dal punto di vista canoro da modo ad Alicia di mostrare almeno in parte la sua estensione vocale.

Come anticipato, il pianoforte non viene comunque abbandonato e troviamo dei pezzi più vicini al repertorio passato di Alicia come Pawn It All (il cui sono tende fortemente verso l'hip hop) e la melodica Where Do We Begin Now. Nel disco è presente un secondo pezzo decisamenrte hip hop intitolato She Don't Really Care_1 Luv (che contiene un campionamento di One Love di Nas) in cui Alicia descrive come esistano forti connessioni tra le donne nere nate nei cinque distretti di New York e quelle nate in Africa. Merita una menzione particolare anche la lenta e rabbiosa Illusion of Bliss che narra della difficoltà dell'uscire dal tunnel della droga.

Rispetto all'edizione standard, la versione deluxe contiene due tracce in più. La prima di esse si intitola Hallelujah ed è di nuovo piuttosto vicina alle produzioni passate di Alicia, con un cantato morbido sulla base del piano. Il secondo si intitola In Common e vira con forza verso atmosfere ambient e dance, il pezzo era stato pubblicato a maggio come singolo e la scelta è davvero incomprensibile perché si tratta del più debole dell'intero disco.

Alcuni critici hanno paragonato questo album a The Miseducation of Lauryn Hill, ma il paragone è assolutamente ingiusto nei confronti di Alicia. Anzitutto la Keys ha registrato molti più album di Lauryn Hill (anche includendo quelli dei Fugees), in secondo luogo The Miseducation è ricchissimo di campionamenti, mentre le basi di Here (ad esclusione della già citata She Don't Really Care_1 Luv) sono suonate interamente dai musicisti reclutati dalla cantante. Lauryn Hill esce irrimediabilmente sconfitta da questo confronto.

Dopo aver ascoltato questo album ciò che emerge con forza è la prova di grandissima ecletticità di Alicia Keys, il cui sesto album è un altro grande capolavoro dell'R&B e del soul con il quale dimostra che, con o senza trucco, resta la regina incontrastata della musica nera.

sabato 23 luglio 2016

La morte di Amy Winehouse

Dal 23 luglio del 2011 il celebre Club 27, riservato ai musicisti morti a 27 anni come Jim Morrison o Jimi Hendrix, ha una nuova e illustre iscritta: la cantante soul Amy Jade Winehouse che in quella data fu trovata senza vita stesa sul letto della sua residenza al numero 30 di Camden Square, a Londra.

La cantante soffrì per molti anni di dipendenza da varie droghe quali crack, eroina, cocaina e cannabis. Dopo una lotta durata vari anni nel 2008 riuscì ad abbandonare le droghe pesanti, ma purtroppo sostituì la dipendenza dagli stupefacenti con quella dall'alcol.

Insieme a lei nella casa di Camden Square viveva la sua guardia personale Andrew Morris che abitava in una delle camere degli ospiti al piano inferiore rispetto a dove stava Amy. Negli ultimi 16 mesi della sua vita la cantante frequentava l'attore Reg Traviss che però non viveva con lei. La sera del 22 luglio Reg chiamò Amy intorno alle otto per dirle che avrebbe fatto tardi al lavoro e che sarebbe passato da lei portandole del cibo comprato in un take away così che potessero mangiare insieme, ma la ragazza non volle aspettare e chiese a Morris di ordinare del cibo indiano da asporto che Morris ordinò al telefono e che i due consumarono separatamente ognuno nella propria stanza.

Morris la sentì per ore al piano di sopra che rideva, guardava video su YouTube e in televisione. Quindi poco dopo le dieci la cantante trovò su YouTube il video di un suo ex fidanzato e scese al piano di sotto per chiedere a Morris di salire da lei a vederlo. Morris rimase con lei a guardare video per ore. Nel frattempo Reg Traviss terminò la sua giornata lavorativa e tentò di contattare Amy al telefono, sia con chiamate sia con messaggi, ma la ragazza non rispose. Reg considerò anche l'ipotesi di farsi portare da lei dal taxi, ma dopo vari ripensamenti desistette; per motivi che nemmeno lui seppe spiegare non chiamò sul telefono fissò né chiamo Morris al cellulare.

Morris rimase con lei fino alle due e mezza, quindi scese nella sua stanza dove guardò un film fino a poco prima delle quattro per poi stendersi a letto. Quando Andrew si addormentò la cantante era ancora sveglia perché Morris continuò a sentirla muoversi nell'appartamento fino a dopo essersi messo a letto. Intorno alle tre e mezza la cantante inviò un sms all'amico Kristan Marr ma curiosamente ignorò i messaggi e le chiamate di Reg.

Prima di addormentarsi andò in bagno a vomitare, forse inducendo il rigetto, per via delle bulimia di cui pure soffriva oltre alla dipendenza dall'alcol. Quindi si stese a letto prona, ancora vestita, lasciando il computer acceso e tre bottiglie di vodka Smirnoff a terra accanto al letto.

Alle dieci del mattino del giorno seguente Morris si svegliò e salì a verificare se Amy stesse bene. La trovò stesa sul letto, ma siccome la cantante era solita dormire fino a tardi non si avvicinò a toccarla e se ne andò senza preoccuparsi decidendo che fosse opportuno lasciarla riposare. Intorno alle tre e mezza Morris tornò a verificare la situazione e trovo la ragazza stesa nella stessa posizione in cui l'aveva vista prima e si allarmò. Si avvicinò tentando di svegliarla, ma il tentativo fu vano. Le sentì il polso e non poté che constatare che il battito era assente e che non respirava.

Cercò per casa se vi fossero segni di consumo di droga, ma non ne trovò: solo le tre bottiglie di vodka sul pavimento. Alle 3 e 57 chiamò l'ambulanza (secondo altre fonti alle 3:54) e il medico Andrew Cable al suo arrivo pochi minuti dopo constatò che il battito era assente e che era subentrato il rigor mortis a conferma del fatto che la cantante era morta da alcune ore.

Amy Winehouse fu dichiarata morta poco dopo le quattro a casa sua.

L'esame tossicologico del coroner fu rilasciato ad ottobre del 2011 e chiarì che Amy non aveva assunto droghe nel periodo antecedente la sua morte ma che questa era dovuto a un arresto respiratorio causato dall'intossicazione da alcol, la ragazza in sintesi si era intossicata con l'alcol fino a morire. Il medico legale Suhail Baithun constatò che la cantante aveva 416 milligrammi di alcol per 100 millilitri di sangue, oltre cinque volte il limite ammesso per potersi mettere alla guida di un autoveicolo in UK. Lo stesso medico asserì che il livello letale di alcol nel sangue è di 350 milligrammi per 100 millilitri, ben al di sotto dei valori della Winehouse. Del resto la cantante aveva consumato grandi quantità di alcol anche nei giorni precedenti alla morte, come confermato dal racconto della madre Janis che l'aveva incontrata la mattina del 22 luglio e che dichiarò in seguito che la figlia puzzava di alcol, che non riusciva a scendere le scale senza aiuto e che Morris l'aveva probabilmente aiutata a lavarsi, vestirsi e pettinarsi. Inoltre Amy assumeva regolarmente il Librium, calmante utilizzato per combattere la dipendenza dall'alcol.

L'anno dopo le autorità britanniche riaprirono le indagini sulla morte di Amy perché si scopri che il deputy coroner incaricato delle indagini Suzanne Greenaway non aveva i requisiti per ricoprire quel ruolo ma la seconda indagine portò ai medesimi risultati della prima confermando che la cantante si era avvelenata con l'alcol.

Secondo il fratello di Amy, Alex Winehouse, anche la bulimia fu uno dei fattori che contribuì alla morte della sorella, ma questa teoria è confutata dal dottor Jason Payne-James, che espresse il proprio parere nella puntata della serie televisiva Autopsy dedicata ad Amy Winehouse, secondo cui molto raramente la bulimia è causa di morte ma può essere sintomatica di altri disturbi. Al contrario, sempre secondo Payne-James, uno degli aspetti fondamentali per capire le ragione del decesso di Amy è che la cantante smise di bere alcolici del tutto per due settimane fino al 20 di luglio quando ne riprese un consumo massiccio. Resta il dubbio del perché abbia interrotto il periodo di astinenza e secondo il medico il motivo stava nel disturbo borderline di cui Amy soffriva, che induce spesso comportamenti impulsivi e pericolosi. Il fatto che Amy soffrisse di questo disturbo è confermato dal fatto che il suo medico Christina Romete le aveva prescritto la terapia dialettico-comportamentale e dal fatto che la cantante aveva spesso sulle braccia graffi netti e diritti probabilmente autoinflitti. La circostanza che Amy si procurasse ferite da sola è confermato anche da un drammatico racconto della madre.

Purtroppo Amy non volle mai intraprendere cure psichiatriche durante la sua vita per evitare che queste potessero influire sulla sua creatività e sulla capacità di scrivere musica. Purtroppo il rifiuto delle cure, cantato da Amy in Rehab, fu uno dei motivi per cui morì a soli 27 anni.

Il dottor Payne-James chiude la sua analisi con una drammatica considerazione: il fatto di essersi addormentata in posizione prona contribuì a schiacciarle il busto e a occluderle le vie respiratorie e se si fosse addormentata supina o su un fianco avrebbe probabilmente dormito tranquilla e la mattina dopo si sarebbe rialzata.

Oltre alle fonti già citate nell'ambito di questa ricerca abbiamo consultato il volume Amy, 27 di Howard Sounes e il film biografico Amy di Asif Kapadia.

giovedì 21 gennaio 2016

La morte di Whitney Houston

La vita di Whitney Houston si spense l'11 febbraio del 2012 nella stanza 434 del Beverly Hilton, al numero 9876 di Wilshire Boulevard a Bevery Hills dove la cantante si trovava per partecipare alla consueta festa che il produttore Clive Davis organizza annualmente la sera prima della cerimonia dei Grammy Awards. Whitney era arrivata il 6 febbraio firmandosi al check-in con il nome di Elisabeth Collins, pseudonimo ispirato al nome della nonna materna che si chiamava Sarah Elisabeth Collins Houston, inoltre la stessa Whiteny aveva Elisabeth come secondo nome. Insieme a lei viaggiavano la sua assistente Mary Jones e la guardia del corpo Ray Watson. La festa di Clive Davis si sarebbe tenuta il sabato sera, proprio il giorno della sua morte.

Whitney passò la serata precedente al bar dell'Hilton con altri ospiti dell'albergo bevendo fino a tardi. Nel primo pomeriggio di sabato 11 telefonò alla cugina, la famosa cantante Dionne Warwick, per assicurarsi che le due sarebbero state sedute allo stesso tavolo alla festa, in seguito la Warwick riportò che Whitney a quell'ora stava bene ed era di buon umore in vista della serata che le aspettava.

Poco prima delle 15 Whitney disse alla Jones di sentirsi la gola secca e di avere questa sensazione da alcuni giorni, l'assistente le consigliò di farsi un bagno per rilassarsi e di prepararsi per la serata. Quindi Mary uscì dalla stanza e alle 15:15 Whitney sentì al telefono anche la madre, la cantante Cissy Houston, che pure confermò in seguito che la figlia stava bene.

Alle 15:36, come confermato dal sistema elettronico di rilevamento delle aperture delle porte dell'albergo, la Jones tornò nella stanza, aprì con la propria chiave elettronica e non vide la cantante in giro, la cercò in bagno dove vide dapprima il pavimento bagnato e un attimo dopo la Houston priva di sensi stesa nella vasca piena a faccia in giù. Il rubinetto era comunque chiuso. L'assistente provò a estrarla dalla vasca, ma non riuscì. Chiamò quindi Watson e insieme trassero il corpo dalla vasca deponendolo sul pavimento del salotto della suite spostando il divano in modo da creare più spazio; alle 15:43 Watson chiamò la reception chiedendo di chiamare il 911. Arrivarono dapprima alcuni agenti di polizia e i paramedici dei vigili del fuoco già presenti nell'albergo per via del grosso evento che avrebbe avuto luogo la sera, i paramedici tentarono la rianimazione cardio-polmonare, ma invano. Alle 15:55 Whitney Houston fu dichiarata morta.

Il corpo rimase a lungo nella stanza 434 e il medico legale ne ordinò la rimozione solo dopo dieci ore, quando la festa di Davis. che si tenne comunque, era già abbondantemente iniziata nell'imbarazzo di molti degli ospiti. Il medico legale nel suo rapporto definitivo scrisse che la causa del decesso fu annegamento dovuto ad aterosclerosi (malattia cardiaca di cui soffriva) e uso di cocaina, sostanza che la cantante usava regolarmente come confermato dalle perforazioni nel setto nasale riscontrate dal coroner. Il medico scrisse anche di aver trovato nella stanza molte medicine, tra cui ansiolitici e miorilassanti, che le erano state prescritte, posaceneri colmi di cicche di sigarette, bottiglie di alcolici e uno specchio con della polvere bianca. In bagno sul ripiano del lavello fu trovato anche un cucchiaino con una sostanza cristallina e un foglio di carta arrotolato accanto al cucchiaio, segno che la cantante aveva assunto cocaina poco prima di immergersi nella vasca. Anche l'esame tossicologico confermò la presenza nel suo sangue di cocaina e alti livelli di benzoilecgonina, il principale metabolita della cocaina.

Del resto Whitney aveva consumato cocaina varie volte durante la sua permanenza al Beverly Hilton e non sono solo gli oggetti trovati nella sua stanza a confermarlo. Intervistato dal documentario delle serie Autopsy di Channel 5 dedicato alla morte di Whitney Houstion lo spacciatore abituale della cantante, che appare nel documentario con il viso coperto, racconta di averle consegnato cocaina all'Hilton più volte durante quei cinque giorni. L'uomo le si avvicinava fingendosi un fan e porgendole una biro come se volesse un autografo. La cantante, che conosceva la procedura, estraeva dalla borsa un quaderno in cui aveva nascosto nelle banconote e dopo averlo autografato lo porgeva all'uomo tenendosi in cambio la biro che era in realtà piena di cocaina. Inoltre secondo un'indagine di TMZ l'uomo che le fornì la cocaina in quei giorni riuscì a rimuoverne alcune quantità dalla stanza dopo la morte della cantante e prima che arrivassero le autorità, non c'è modo di verificare indipendentemente questa asserzione che in realtà appare poco credibile perché non si capisce quando l'uomo sarebbe entrato senza essere notato, come avrebbe fatto a sapere che la cantante era morta prima che ne venisse diffusa la notizia e soprattutto TMZ sostiene che nella stanza non vi fossero più tracce di cocaina quando arrivarono le autorità ma questo, come abbiamo visto, non corrisponde al vero.

Secondo quanto sostenuto da Autopsy il grave errore della cantante fu di aver riempito la vasca con acqua troppo calda, infatti quando fu misurata sei ore dopo l'incidente era ancora oltre 34 gradi. Dopo aver chiuso il rubinetto la Houston sarebbe quindi entrata in piedi nella vasca sotto l'effetto della cocaina e lo stordimento della droga le avrebbe impedito di percepire lo shock termico dell'acqua eccessivamente calda, lo shock le causò un crollo della pressione sanguigna e la conseguente perdita di sensi la fece cadere nella vasca, l'aterosclerosi e l'effetto della droga le impedirono di riprendere conoscenza e la cantante annegò nell'acqua.

Sebbene non vi siano seri motivi per dubitare della ricostruzione del medico legale, anche la morte di Whitney Houston ha generato varie teorie del complotto secondo cui la cantante sarebbe in realtà stata uccisa. E' quanto sostiene il detective privato Paul Huebl le cui motivazioni sono però piuttosto risibili. Secondo Huebl durante il periodo in cui Whitney è rimasta da sola in stanza, un gruppo di aggressori non meglio identificato sarebbe entrato nella stanza, l'avrebbe aggredita e poi tenuta con la testa sott'acqua forse solo per spaventarla e non con l'intenzione di ucciderla. L'unica motivazione addotta da Huebl sono le abrasioni trovate sul corpo della Houston e gli slittamenti della pelle rilevati dal medico legale, la causa scatenante sarebbe un debito per droga mai saldato. Ma la spiegazione data da Autopsy è molto più semplice: le abrasioni alla testa furono causate dalla caduta nella vasca, e il tentativo di estrarla a peso morto dalla vasca e la rianimazione causarono le altre. Lo slittamento della pelle è dovuto invece alla lunga permanenza nell'acqua calda.

Inoltre come tutte le teorie del complotto si basa su dettagli insignificanti e ne ignora altri ben più significativi. Huebl ad esempio non considera il fatto che la Houston è stata trovata nella vasca nuda e ci sembra piuttosto bizzarro che la cantante potesse ricevere ospiti nuda. Del resto la porta non è stata forzata, né il sistema di rilevamento elettronico delle aperture delle porte dell'albergo ha registrato un passaggio della chiave prima di quello di Mary Jones. I vestiti avrebbero comunque esserle stati strappati, anche solo un accappatoio, ma se davvero ci fosse stata una colluttazione in quella stanza il mobilio e gli oggetti di Whitney sarebbero stati in disordine ma la camera come descritta dal medico legale nel rapporto è invece ordinata con tutti gli oggetti disposti in modo coerente, questo dettagli è confermato anche dalle poche foto che sono state pubblicate in esclusiva da TMZ. Nemmeno Mary Jones ha mai riportato di aver trovato nella stanza un disordine sospetto.

In ultimo se la Houston fosse stata aggredita avrebbe verosimilmente urlato e in un hotel gremito come quello qualcuno avrebbe sentito le grida. Ma nessuno dei testimoni mai riportò nulla del genere. L'unico dettaglio sospetto è il fatto che il coroner precisa che la patente di guida di Whitney è stata sottratta dal portafogli prima del suo arrivo, ma questo non indica in alcun modo che si sia trattato di un omicidio piuttosto sembra indicare che tra le persone che sono entrate nella stanza qualcuno abbia raccolto un cimelio.

Ancora una volta anche nel caso di Whitney Houston le teorie del complotto sembrano solo il parto delle menti troppo fervide di chi intende lucrare su morti famosi.

Oltre a quelle già citate le fonti che abbiamo utilizzato per la nostra ricerca sono gli articoli di ABC News A Timeline of Whitney Houston's Final Days e Whitney Houston: 'White Powder' Found on Spoon in Hotel Room, Whitney Houston found dead in a bathtub at Beverly Hilton Hotel del New York Daily News e We'll always love you: Whitney is carried from funeral to sound of her greatest hit - but Bobby Brown storms out in row over seating del Daily Mail.


Nota: Il 19 novembre del 2014 il conduttore radiofonico Adam Corolla ha sostenuto nel suo programma The Adam Corolla Show che lo spacciatore intervistato nella puntata di Autopsy sia in realtà un attore e che l'intervista fosse quindi falsa. Il presunto attore ha partecipato alla trasmissione di Corolla, tuttavia non abbiamo potuto confrontare le voci perché il podcast della puntata non è più disponibile, ma guardando le foto pubblicate dal sito dell'Adam Corolla Show non ci sembra proprio che l'uomo intervistato da Corolla sia lo stesso apparso in Autopsy, in particolare la bocca e nello specifico il labbro superiore sembrano notevolmente diversi. Inoltre l'uomo intervistato da Corolla ha sostenuto di aver interpretato l'autista di Whitney Houston in un'intervista telefonica nella stessa puntata di Autopsy, ma questo è falso come è facilmente verificabile visionando Autopsy. L'ipotesi più probabile è che l'uomo intervistato da Corolla sia un mitomane che nulla ha in comune con lo spacciatore di Whitney Houston. Detto ciò, che la testimonianza dello spacciatore di Autopsy sia vera o meno non cambia minimamente la ricostruzione della morte della cantante.

lunedì 27 aprile 2015

La morte di Marvin Gaye

Nei primi anni 80 la fama di Marvin Gaye era tornata a splendere grazie all'album Midnight Love che lo aveva riportato in vetta alle classifiche dopo due album dai risultati inferiori alle aspettative. Dopo l'uscita dell'album Marvin aveva intrapreso un fortunato tour al termine del quale, nell'agosto del 1983, era tornato nella casa dei genitori che lui stesso aveva comprato per loro al numero 2101 di South Gramercy Place a Western Heights, nel distretto West Adams di Los Angeles.

Purtroppo l'atmosfera nella casa non era serena e il padre del cantante, Marvin Sr, litigava frequentemente sia con il figlio che con la moglie Alberta. Negli ultimi giorni di marzo del 1984 le liti tra Marvin Sr e Alberta si fecero più intense a causa di una discussione su una polizza assicurativa e di un documento importante che Alberta avrebbe perso. Intorno alle 12:30 dell'1 aprile 1984 la donna si trovava con Marvin nella camera di quest'ultimo quando Marvi Sr iniziò di nuovo a urlarle contro dal piano di sotto e Marvin invitò il padre a salire per concludere la discussione faccia a faccia. L'uomo si rifiutò e i figlio gli rispose "If you don't come in now, don't you ever come into my room again", al che Marvin Sr montò su tutte le furie e ancora urlando entrò nella stanza di Marvin per assalire nuovamente verbalmente la moglie, ma Marvin prese le difese della madre e i due uomini vennero alle mani. Marvin spinse il padre fuori dalla stanza e lo seguì fino alla sua stanza da letto continuando a inveire contro di lui. Quando Alberta li raggiunse trovò Marvin Sr a terra e il figlio a breve distanza. Il padre lamentava di essere stato preso a calci dal cantante.

Alberta prese il figlio per un braccio e lo riportò nella sua stanza, lo fece sedere sul letto e il cantante le confidò la sua intenzione di lasciare la casa perché il padre lo odiava. Un attimo dopo Marvin Sr si affacciò alla porta, puntò la .38 special Smith & Wesson, che lo stesso Marvin gli aveva regalato a Natale per autodifesa, contro il figlio ed esplose un colpo che gli perforò gli organi vitali. Marvin tentò la fuga, ma appena alzatosi dal letto cadde al suolo ferito a morte. Tra le urla di Alberta, Marvin Sr si avvicinò al figlio moribondo ed esplose un secondo colpo. Alberta corse via, giù dalle scale e fuori di casa, urlando al marito di non sparare anche a lei.

Frankie Gaye, fratello di Marvin, e la moglie Irene erano nell'appartamento degli ospiti della stessa casa. Irene sentì gli spari, ma Franki minimizzò pensando che la moglie si stesse sbagliando. Un attimo dopo sentirono Alberta urlare e corsero fuori. La incontrarono nel cortile mentre urlava "He shot him! He shot Marvin!" Frankie entrò con molta circospezione nella casa dove vivevano i genitori, temendo che il padre potesse uccidere anche a lui. Raggiunse la stanza di Marvin dove lo trovo esanime a terra e Marvin sussurrò al fratello queste ultime parole: "I got what I wanted... I couldn't do it myself, so I had him do it".

Frankie urlò alla moglie di chiamare il 911, il servizio di emergenza disse a Irene che polizia e paramedici sarebbero arrivati entro dieci minuti ma non sarebbero entrati nella casa finché la pistola che aveva ucciso Marvin non fosse stata portata fuori. Irene cercò Marvin Sr è lo trovò seduto sul suo letto, gli chiese dove fosse la pistola, ma l'uomo guardava nel vuoto come intontito e rispose che non sapeva di quale pistola parlasse. Irene frugò la stanza in cerca dell'arma e la trovò sotto al cuscino, quindi la gettò nel prato dalla finestra. La polizia e i paramedici entrarono nella casa solo venti minuti dopo che Marvin era stato colpito. Il padre, intanto, si sedette su una sedia sotto il portico d'ingresso e lì fu arrestato dagli agenti.

I paramedici portarono via Marvin, verso l'ospedale, ma il cantante morì durante il tragitto. L'autopsia accertò la presenza di cocaina e fenciclidina nel suo corpo, la mistura delle quali può indurre violenza e si può così forse spiegare l'aggressione ai danni del padre.

Marvin Sr fu arrestato e in seguito rilasciato su cauzione il 18 giugno. A novembre dello stesso anno arrivò per lui la condanna a cinque anni di libertà condizionata perché secondo lo psichiatra consultato dalla corte il gesto di Marvin Sr era riconducibile alla legittima difesa essendo l'uomo stato aggredito dal figlio. Marvin Sr morì di polmonite nel 1998.

Le fonti che abbiamo usato per la nostra ricerca sono i libri Divided Soul: The Life of Marvin Gaye di David Ritz e Marvin Gaye, My Brother di Frankie Gaye, gli articoli The Life and Death of Marvin Gaye di David Krajicek e The Last Days of Marvin Gaye di David Ritz pubblicato dalla rivista Ebony nel 1985, le dichiarazioni della madre di Marvin pubblicate da FindADeath e il documentario Final 24: Marvin Gaye di Discovery Channel.

martedì 14 aprile 2015

La morte di Sam Cooke

La carriera di Sam Cooke è finita irrimediabilmente nella notte dell'11 dicembre del 1964, a soli 33 anni. Il suo ultimo album Ain't That Good News, uscito nel gennaio dello stesso anno, aveva avuto un enorme successo, Sam era all'apice e quella sera al ristorante italiano Martoni's di Cahuenga Boulevard aveva partecipato a una piccola festa in suo onore. Alla festa aveva conosciuto una affascinante ragazza di ventidue anni di nome Elisa Boyer, che si faceva chiamare Lisa togliendo una "E" al suo nome, dai tratti tipicamente eurasiatici, essendo di madre cinese e padre inglese.

Dopo un buon numero di drink Sam lasciò la festa con Elisa e i due si diressero con la Ferrari decapottabile del cantante all'Hacienda Motel, al numero 9137 di South Figueroa Street dove presero una stanza alle 2:35 di notte firmando come "Mr e Mrs Cooke". La receptionist che li registrò si chiamava Bertha Lee Franklin e diede loro una camera nella dependance.

Poco dopo essersi appartati Elisa corse fuori dalla stanza: in intimo, e stringendo tra le mani degli indumenti, alcuni dei quali erano di Sam. Cercò aiuto presso la portineria della Franklin ma quando bussò nessuno rispose, e fuggì correndo dall'hotel. Lo stesso Sam corse fuori un instante dopo, con indosso solo le scarpe e una giacca. Prese l'auto per guadagnare tempo e arrivò fino alla portineria della Franklin, bussò e siccome nessuno rispondeva neanche a lui tentò di abbattere la porta a spallate. La Franklin gli aprì poco dopo, ma Sam la ignorò e iniziò a cercare in casa se Elisa si nascondesse da qualche parte. Non trovandola chiese a Bertha dove fosse nascosta la ragazza, ma la donna rispose di non saperlo. Cooke, pensando che invece Bertha stesse nascondendo Elisa, le si avventò addosso aggredendola. Divincolatasi dalla presa, la Franklin corse a prendere la pistola che teneva sopra al televisore e gli sparò tre colpi al petto, uno dei quali lo raggiunse al cuore. "Lady, you shot me." furono le ultime parole del cantante prima di accasciarsi a terra. Prima che spirasse la Franklin lo colpì alla testa con un manico di scopa che si ruppe al primo colpo. In rete è disponibile e facilmente reperibile una foto di Sam Cooke accasciato a terra privo di vita, abbiamo deciso di non mostrarla su questo blog ma è ad esempio disponibile a questo link.

Al momento in cui Sam iniziò a bussare Bertha Franklin era al telefono con la proprietaria dell'albergo Evelyn Carr che sentì la colluttazione tra i due e avendo sentito anche gli spari chiamò la polizia; poco prima anche Elisa Boyer aveva chiamato la polizia da una cabina telefonica dicendo di essere sfuggita un rapimento. Le due telefonate arrivarono a distanza di pochi minuti intorno alle 3:08. Alla polizia Elisa Boyer racconterà che dopo aver lasciato il ristorante aveva chiesto al cantante di essere riaccompagnata a casa, ma Cooke la costrinse a seguirla all'Hotel e, una volta in camera, la gettò sul letto. Quindi il cantante si assentò un attimo per andare in bagno e durante la sua assenza la ragazza tentò di fuggire dalla finestra che però era bloccata e infine scappò dalla porta prendendo alcuni abiti per rivestirsi una volta messasi in salvo, ma nella fretta ne prese anche alcuni di Sam, il quale una volta uscito nudo dal bagno montò su tutte le furie e rincorse la ragazza. Elisa si fermò poco distante per rivestirsi, nascose gli abiti di Sam che aveva con sé e chiamò la polizia da una cabina.

Da subito sono stati avanzati dubbi sul racconto della Boyer, che nonostante raccontasse di lavorare in un albergo era in realtà una prostituta e la conferma di ciò arrivo un solo mese dopo quando fu arrestata per aver concordato una prestazione sessuale a pagamento con un poliziotto sotto copertura. E' strano che una prostituta si rifiutasse di avere rapporti con il cantante, ed è ancora più strano che il portafogli di Cooke contenente patente e carte di credito non fu mai rinvenuto. Viene naturale pensare che la ragazza fosse invece consenziente e che quando Cooke si chiuse in bagno decise di scappare con i suoi vestiti sperando così di portare con sé il portafogli e di lasciare il cantante nell'impossibilità di rincorrerla. La ragazza poteva non sapere che il portafogli non conteneva banconote, perché il cantante era solito tenerle piegate a parte con un'apposita molletta che è stata rinvenuta nell'automobile con 108 dollari. Tuttavia se la ragazza avesse voluto solo rubare i soldi del cantante, perché mai avrebbe dovuto fermarsi a chiamare la polizia quando ancora non sapeva che Cooke era morto?

I test comunque dimostrarono che Cooke era ubriaco al momento della tragedia. Inoltre la Boyer e la Franklin superarono il test del poligrafo, il racconto di Bertha Franklin fu confermato da Evelyn Carr e il caso fu chiuso come omicidio per legittima difesa. Su un unico dettaglio il racconto di Elisa e quello di Bertha divergevano: Elisa disse di aver chiesto ripetutamente a Sam di essere portata a casa, anche appena prima di entrare nella stanza di albergo, ma la Franklin disse che la ragazza non mostrava alcun segno di stress quando la vide la prima volta. Si tratta francamente di un dettaglio di poco peso: Bertha potrebbe non aver sentito cosa stava dicendo Elisa oppure la ragazza si era trattenuta davanti alla receptionist.

Come in tutte le morti di persone famose, ci sono anche in questo caso numerose teorie del complotto da parte di chi non crede alla versione accertata dei fatti. La famiglia del cantante ad esempio non ritiene che questi fosse un violento capace di aggredire una donna: né Elisa Boyer né Bertha Franklin. Inoltre affermano che dati i suoi mezzi economici non avrebbe scelto di sua spontanea volontà un albergo economico in una zona malfamata, In ultimo sempre secondo la famiglia la Boyer e Cooke si frequentavano da tempo e quindi non si capisce perché Sam avrebbe dovuto tentare di violentarla secondo le modalità raccontate da Elisa. Anche la cantante Etta James non credette alla versione ufficiale sostenendo di aver visto il cadavere di Cooke e che le ferite inferte sono ben superiori a quelle giustificabili dagli spari di una singola persona.

Ma anche inquesto caso, come in molti altri, le teorie del complotto si basano solo su racconti senza riscontri né prove di alcun tipo. Le considerazioni della famiglia si basano solo su supposizioni e sul non voler accettare che Sam si era comportato da ubriaco violento, e difficilmente Etta James ha competenze mediche superiori a quelle dei medici legali che hanno analizzato il corpo di Cooke.

Purtroppo a volte la realtà è molto semplice: Sam Cooke è stato ucciso da una donna che si è difesa da un gesto scellerato dello stesso cantante.

Le fonti che abbiamo utilizzato per la nostra ricerca sono il libro Dream Boogie: The Triumph of Sam Cooke di Peter Guralnick, l'articolo The Death of Sam Cooke di David Krajicek (disponibile qui e qui), l'articolo di Louie Robinson The Tragic Death of Sam Cooke pubblicato su Ebony nel febbraio 1965 e l'articolo Singer Sam Cooke Shot To Death pubblicato su Jet il 24 dicembre 1964.