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venerdì 5 maggio 2023

Stuck Mojo: nu metal da Atlanta


Tra i precursori del nu metal, prima che diventasse un fenomeno da classifica con gruppi come Korn e Limp Bizkit, si trova una band che per quanto non goda della notorietà degli altri ha prodotto musica di altissima qualità che li colloca tra i migliori esponenti del genere: si tratta degli Stuck Mojo, provenienti da Atlanta. La prima formazione degli Stuck Mojo vedeva Rich Ward (unico membro fisso della band dalle origini ad oggi) alla chitarra, Dwayne Fowler al basso, Brent Payne alla batteria e lo straordinario rapper Bonz alla voce che ne fu il vero punto di forza. Il fatto di avere un vero rapper afroamericano al microfono, infatti, fu stato uno degli elementi distintivi degli Stuck Mojo, perché ha reso il flow del cantante molto più aderente ai modelli hip hop di quanto non fossero Fred Durst o Mike Shinoda dei Linkin' Park. Da questo punto di vista, l'unica band che poteva reggere il paragone erano i Body Count di Ice-T, anch'essi mai infilatisi sulla scia del nu metal mainstream.

Il primo album della band capitanata da Ward e Bonz fu Snappin' Necks del 1995, composto da undici pezzi contraddistinti da un sound grezzo, diretto e ruspante a cui si somma l'aggressivo rap di Bonz. Nel disco si trovano solo sonorità dure vicine al metalcore, con nessuno spazio per le melodie. Dall'album è stato tratto un unico singolo dalla detonante traccia di apertura Not Promised Tomorrow, tra gli altri brani spicca anche la title track in cui Bonz dà una delle migliori prove di sé, per il resto il limite di questo disco coincide in gran parte con la propria scelta di voler combinare le estremità del rap e quelle del metal e alla fine le canzoni hanno tutte sonorità simili.

Già dopo la realizzazione del primo album, la band andò incontro ai primi cambi di formazione con l'ingresso del bassista Corey Lowery e del batterista Bud Fontsere. Il secondo album intitolato Pigwalk uscì nel 1996 guidato ancora dalla coppia Ward e Bonz. Il disco si sposta più verso sonorità da industrial metal e in generale il suono è più ricco rispetto al disco precedente grazie alla presenza di Lowery che esegue le seconde voci affiancando la propria voce a quella di Bonz in pezzi come [Here Comes] the Monster o Twisted. La ristampa di Pigwalk è impreziosita dall'aggiunta dell'EP Violated, stampato lo stesso anno solo per il mercato europeo, che contiene le cover di Wrathchild degli Iron Maiden e Shout at the Devil dei Motley Crue.

Il disco successivo venne realizzato con la stessa formazione di Pigwalk e vide la luce nel 1998, il nuovo album intitolato Rising torna parzialmente alle sonorità del primo album, ma l'arricchimento e la pulizia del suono fanno un ulteriore passo in avanti con parti suonate più lunghe e qualche sconfinamento nel grunge in pezzi come Trick che vede di nuovo Bonz e Lowery alternarsi alla voce. Il pezzo migliore del disco in questo caso è senza dubbio la dirompente title track che al tempo godette anche di buona notorietà per il fatto di essere stata utilizzata anche dalla WCW (federazione di wrestling al tempo rivale della WWE e infine acquistata da quest'ultima).


Purtroppo Rising fu anche l'ultimo grande album degli Stuck Mojo, che nel 1999 pubblicarono il live HVY1 (uno dei pochissimi album live del genere nu metal) e l'anno seguente si sciolsero dopo la pubblicazione del quarto album Declaration of a Headhunter che risente non poco delle tensioni nate tra Ward e Bonz. L'album è infatti poco a fuoco, con una mistura di generi diversi che sembrano volersi accodare alle band più blasonate del genere perdendo del tutto la propria originalità. La band si riunì nel 2007 con il solo Rich Ward tra i componenti originali; Bonz venne sostituito dal rapper Lord Nelson che impallidisce al confronto e il risultato dei due album realizzati fu molto scadente. Da allora la storia di questa band si perde tra vari cambi di formazione e la temporanea reunion della formazione di Pigwalk che durò poco senza realizzare nessun disco nuovo. Ad oggi l'ultimo album degli Stuck Mojo è Here Come The Infidels del 2016, realizzato con una lineup ancora rinnovata che vede Robby J. Fonts alla voce.

Purtroppo la notorietà degli Stuck Mojo è offuscata dal fatto di avere prodotto rap metal prima che il genere diventasse famoso, perché le loro prime incisioni sono sicuramente più d'impatto di quelle di altre gruppi nu metal venuti dopo di loro. In ogni caso nel ricordare i pionieri di questo genere, prima che i gruppi di Los Angeles arrivassero in vetta, è opportuno non trascurare la basi che sono state gettate da questo misconosciuto quartetto di Atlanta.

domenica 19 settembre 2021

Cinema e musica: Space Jam


Space Jam del 1996 è uno dei film più iconici degli anni 90, reso famoso dalla sua strana commistione di storie vere, cartoni animati, sport e umorismo. Il film vede il leggendario Micheal Jordan finire nel mondo dei Looney Tunes per aiutare Bugs Bunny e i suoi amici a vincere una partita di pallacanestro contro un gruppo di mostri alieni, chiamati Monstars, che vuole catturarli per costringerli a lavorare come attrazioni nel parco divertimenti del loro padrone. Nel film la famiglia di Michael Jordan è interpretata da degli attori, ma nel cast ci sono altre stelle dell'NBA dell'epoca come Patrick Ewing, Charles Barkley, Larry Johnson, Muggsy Bogues e Shawn Bradley che interpretano sé stessi. Il film è particolarmente efficace perché ripropone la tecnica mista di coesistenza di attori umani e cartoni animati, che era stata inaugurata nel 1988 con Chi ha incastrato Roger Rabbit, facendo incontrare i protagonisti della Warner Bros con persone esistenti nella vita reale, anziché con personaggi fittizi.

Insieme al film fu pubblicata anche la colonna sonora intitolata Space Jam: Music from and Inspired by the Motion Picture che contiene, come è abbastanza ovvio vista l'ambientazione cestistica del film, un compendio della black music dell'epoca attingendo dalla scena hip hop e R&B degli anni 90. L'album parte con la bellissima cover di Fly Like an Eagle di Steve Miller realizzata da Seal, unico interprete non americano della compilation, il cui rimando allo slogan Come Fly With Me che già da anni accompagnava il merchandising di MJ è più che evidente. Il disco prosegue con The Winner di Coolio, brano non presente nel film, che trae il suo ritornello da We're a Winner degli Impressions di Curtis Mayfield. Coolio fa una seconda apparizione in un altro brano dell'album intitolato Hit 'Em High che è il tema che accompagna l'entrata in campo dei Monstars e che è interpretato da altri quattro rapper di rilievo quali B-Real, Busta Rhymes, LL Cool J e Method Man, ognuno dei quali dà la voce a uno dei mostri. Tra i brani più famosi troviamo anche la cover di Upside Down di Diana Ross interpretata dalle Salt-N-Pepa.

Come anticipato il disco contiene anche un buon numero di brani R&B partendo da I Found My Smile Again di D'Angelo, fino alla bellissima ballad For You I Will di Monica e alla cover di Basketball Jones del duo comico Cheech & Chong qui interpretata da Barry White e Chris Rock. Nel disco è presente anche la celebre title track dei Quad City DJ's che fu praticamente il loro unico successo, perché il gruppo ha all'attivo un solo album che risale proprio all'anno del film. Nella colonna sonora di Space Jam compare un solo brano non appartenente alla black music, la cover di That's the Way (I Like It) dei KC and the Sunshine Band interpretata dagli Spin Doctors con Biz Markie.

Del film fu pubblicato anche un secondo disco che contiene le musiche strumentali a commento sonoro delle scene del film realizzate da James Newton Howard e intitolato Space Jam Motion Picture Score.

Nonostante alcuni dei brani della colonna sonora compaiano solo nei titoli di coda, e sono quindi inseriti un po' a forza nella compilation, rispecchiano tutti le atmosfere del film e costituiscono un disco efficace e divertente che offre uno dei migliori esempi della musica nera di quel periodo. Non è un caso che molti di questi pezzi siano famosissimi ancora oggi, a riprova del fatto che la squadra di musicisti messa in campo dai produttori è stata vincente come quella composta da Michael Jordan e da Looney Tunes.

giovedì 25 febbraio 2021

Inner Circle - Da Bomb

Nel 1996 la carriera discografica degli Inner Circle si trovò a un bivio: dopo i successi commerciali di Bad Boys e Sweat tra la fine degli anni 80 e l'inizio dei 90 il vocalist Calton Coffie lasciò il gruppo per intraprendere la propria carriera solista e la band si lanciò in una nuova avventura sostituendolo con l'esordiente Kris Bentley.

Il primo album con la nuova formazione uscì nel 1996 con il titolo Da Bomb e nonostante il periodo difficile nella storia della band risulta essere uno dei dischi più divertenti di tutta la loro produzione. La band realizza un reggae di facile presa e intriso di contaminazioni pop, dancehall e urban che rendono l'ascolto più immediato anche a chi non ha familiarità con il reggae. Il disco è composto da dodici pezzi rilassati e leggeri che si lasciano ascoltare con piacere, tra cui spicca la bellissima cover di The Book of Rules degli Heptones del 1973 che apre il disco e che è il brano più convincente dell'album. Tra i pezzi migliori di Da Bomb troviamo anche la title track dalle forti influenze dancehall, oltre a Tell Me e Senoritas Le Gustan El Reggae che è l'unico pezzo in spagnolo del disco e che contiene espliciti rimandi alla musica latina che in quegli anni aveva grande successo nelle classifiche. L'esperimento non è comunque isolato, perché atmosfere latine si trovano in parte anche in I Think I Love You.

Con Da Bomb gli Inner Circle produssero quindi un prodotto di alto livello che al tempo si attirò comunque le critiche dei puristi che videro la band confezionare un disco lontanissimo dal loro stile originario degli anni 70 sia da un punto di vista musicale sia da quello dei contenuti, visto che in Da Bomb si parla solo di feste e di divertimento e non vi è traccia dell'impegno sociale degli inizi.

Dal punto di vista prettamente musicale resta comunque innegabile che questo album funziona bene sotto tutti i punti di vista e che è un ottimo ascolto per un'ora di musica senza troppi pensieri.

mercoledì 14 ottobre 2020

Older di George Michael


Gli anni 90 non cominciarono in modo facile per George Michael; il secondo album solista dopo lo scioglimento degli Wham, Listen Without Prejudice Vol 1, aveva venduto circa un terzo del precedente e il cambio di immagine da idolo pop ad artista maturo non sembrava aver convinto. In breve tempo si rifece, la sua performance al Freddie Mercury Tribute era stata la migliore di tutta la manifestazione, al punto che ne fu tratto un EP e che al tempo si vociferava che proprio George Michael avrebbe potuto essere il nuovo frontman dei Queen. Certo, lo stile musicale era completamente diverso, ma George aveva dimostrato di avere una voce adattissima a interpretare i pezzi di Freddie (anche se in realtà si era cimentato solo con due ballad) e forse avrebbero potuto trovare un accordo a metà strada.

Ma alla fine l’accordo non si concretizzò, ammesso che ce ne fosse mai stato uno in discussione, e George Michael tornò alla carriera solista. Il terzo album si fece attendere perché in mezzo ci fu anche una disputa legale, con il cantante che lasciò la sua etichetta precedente, la Epic, a cui addossava parte delle colpe dell’insuccesso del disco precedente, per passare alla Virgin con cui nel 1996 (sei anni dopo Listen Without Prejudice) uscì Older. Il titolo già diceva molto: George Michael era tornato più maturo, e la nota sul booklet chiariva il resto dicendo Thank you for waiting.

Il primo singolo estratto fu Jesus to a Child una ballad lontanissima dallo stile pop di facile presa che aveva reso famoso George Michael. Jesus to a Child è infatti un pezzo jazz intriso di black music e di soul. Il secondo singolo, Fastlove, era l’unico pezzo veramente catchy del disco che in parte richiamava il passato di George Michael, mentre il resto dell’album riportava alle atmosfere jazz con pezzi come Spinning the Wheel e anche al new age con The Strangest Thing.

Sicuramente l’album non è di facile ascolto, infatti molti critici diedero recensioni negative (come il Los Angles Times o AllMusic); ma dopo il giusto numero di ascolti non si può non cogliere la grandezza di queste composizioni. Probabilmente chi ha scritto recensioni negative non ha approcciato il disco con le aspettative giuste: in Older non si trovano pezzi divertenti e festaioli, ma canzoni introspettive e raccolte. Qui non ci sono i balletti di Wake Me Up Before You Go-Go, ma le ambientazioni rétro di Spinning The Wheel e Star People che di certo non sono meno belle. Il disco stupisce anche per il numero di outtakes, che furono stampate in un EP a parte venduto un in una riedizione a doppio disco di Older intitolata Older & Upper, che confermano il fatto che dal punto di vista compositivo quelle di Older furono sessioni molto produttive.

L’unico vero problema di Older emerse anni dopo: non fu solo il disco del ritorno, ma anche l’ultimo grande album di George Michael che tornò sulle scene due anni dopo con la compilation Ladies & Gentlemen che conteneva due inediti e nel 2000 pubblicò If I Told You That con Whitney Houston, per il greatest hits di quest’ultima. Questi tre pezzi in parte sancivano un ritorno al pop, e furono anche l’inizio della parabola discendente. George Michael pubblicò da allora altri due album da studio, di cui uno di cover e uno di inediti, il secondo dei quali conteneva due singoli usciti due anni prima francamente inascoltabili. L’ultimo album di George Michael fu Symphonica del 2014, un live orchestrale registrato durante il tour Symphonica Tour che si era svolto tra il 2011 e il 2012.

Five Live e Older furono il momento più alto della carriera solista di George Michael e dimostrarono capacità compositive e di interpretazione tra le migliori al mondo: peccato che gran parte di questo talento andò sprecato tra problemi burocratici e scelte sbagliate. Non resta che godersi ancora questi dischi, che sono capolavori di pop, jazz e rock ancora a distanza di oltre due decenni.

sabato 22 dicembre 2018

Trans-Siberian Orchestra - Christmas Eve and Other Stories

Nel 1996 Paul O'Neill, Robert Kinkel e Jon Oliva (rispettivamente produttore, tastierista e batterista dei Savatage) fondarono il supergruppo dei Trans-Siberian Orchestra allo scopo di reinterpretare i classici natalizi in stile hard rock. Il primo album dei Trans-Siberian Orchestra (o TSO, come sono anche noti) si intitola Christmas Eve and Other Stories ed è composto da quindici brani (più due tracce bonus); per le sue incisioni in studio il gruppo si avvale della presenza di un’orchestra e di un coro che si sommano alla band ed è proprio grazie alla numerosità dei suoi elementi che la musica proposta mostra un perfetto connubio tra stili musicali molto diversi.

Gli album dei TSO sono dei veri e propri concept album. Nel caso di Christmas Eve and Other Stories la vicenda narrata è quella di un uomo che entra in un bar la notte di Natale e incontra un anziano misterioso che gli racconta la storia di un angelo sceso dal cielo per vedere cosa viene fatto sulla Terra nel nome del Natale e del suo viaggio intorno al mondo per scoprirlo.

In Christmas Eve and Other Stories si trova di tutto: dal canto solista alle parti corali, pezzi classici e brani nuovi, medley, fraseggi metal e lunghe parti sinfoniche. Il disco si apre con l’inedito An Angel Came Down cantato da John Margolis e che presenta inserti della melodia di Stille Nacht di Franz Gruber. Segue un medley strumentale tra O Come All Ye Faithful e O Holy Night, e giunti a questo punto dell’ascolto si capisce di essere stati coinvolti in un viaggio musicale meraviglioso che porterà l’ascoltatore in terre inesplorate della musica natalizia e del metal.

Il terzo pezzo conferma quanto scoperto fin qui. Con A Star To Follow, che contiene degli inserti di God Rest Ye Merry Gentlemen si sommano diversi cori di voci maschili e di voci bianche a creare una polifonia vocale di grande impatto.

Tra momenti migliori di questo concept album troviamo la gioiosa e inedita First Snow e The Prince of Peace basata sulla melodia di Hark! The Herald Angels Sing di Felix Mendelssohn e cantata da Marlene Danielle. Tra i medley migliori spicca sicuramente quello tra Joy To The World e Good King Wenceslas intitolato Good King Joy.

Il disco contiene anche una versione strumentale di The First Noel ed è chiuso, come anticipato, da due bonus track: le versioni strumentali di O Holy Night e God Rest Ye Merry Gentlemen.

Christmas Eve and Other Stories è il primo volume della trilogia natalizia dei Trans-Siberian Orchestra proseguita nel 1998 e nel 2004 con gli album The Christmas Attic e The Lost Christmas Eve, e costituisce un disco dall'incredibile ricchezza sonora e compositiva. L’unica pecca di questa incisione è che per via delle rielaborazioni dei pezzi classici potrebbe essere inizialmente di difficile ascolto, ma questa difficoltà viene superata dopo pochi ascolti e le melodie dei TSO entrano in testa facilmente.

Christmas Eve and Other Stories è quindi un ottimo album di rock sinfonico ed è l’archetipo delle incisioni natalizie di stampo rock e metal: tutte le successive incisioni hard rock dei canti di Natale sono debitrici ai Trans-Siberian Orchestra e ai loro fondatori, che nel 1996 hanno realizzato questo storico disco.