sabato 17 agosto 2019

Giacomo Voli - Cremona, 16/8/2019

È una notte di mezza estate, una di quelle rese celebri dal famoso sogno di Shakespeare, e questa volta la location per il concerto di Giacomo Voli è decisamente insolita, perché il CRAL di una grande azienda come la Tamoil non è il posto dove ci si aspetta che si possa fermare per una sera un cantante blasonato come il nostro Giacomo. Fa caldo, ma non troppo, e quindi il viaggetto verso Cremona si affronta volentieri.


Il concerto è anticipato da una cena a base di gnocchi tricolori, e come sempre la cena è anche un momento di convivialità, per conoscere gente nuova accomunata dalla passione per la buona musica e per la voce di Giacomo. E dopo aver fatto qualche nuova amicizia, inizia il concerto con Giacomo che imbraccia la chitarra poco dopo le 21:30 e già dal primo pezzo si capisce che la serata non avrà nulla di scontato, perché la scelta dei pezzi è singolare, visto che si parte con What's Up? dei 4 Non Blondes. La voce di Linda Perry è unica, ma Giacomo riesce alla grande a interpretare il pezzo, e io che pensavo che un brano del genere fosse impossibile da rendere in acustico evidentemente mi sbagliavo.

Nella prima parte della scaletta trovano ampio spazio gli Aerosmith, e nemmeno gli acuti di Steven Tyler non sono un problema per Giacomo che regge il confronto alla grande e anche in questo caso la scelta dei pezzi non è banale perché oltre ai superclassici come Dream On e I Don't Want to Miss a Thing troviamo anche Pink che potrebbe non essere tra i pezzi più conosciuti per chi non segue il gruppo. Giacomo si accompagna alternando la chitarra e la tastiera e sopperisce con quest'ultima all'assenza della batteria e il risultato è che il suono è molto più ricco e completo di quanto ci si aspetterebbe da un acustico, così che più che a un acustico sembra di assistere al concerto di una one man band.

Nel prosieguo del concerto Giacomo esegue un buon numero di pezzi dei Queen, con il pubblico che canta i ritornelli insieme al vocalist che attinge dal repertorio degli anni 70 con Bohemian Rhapsody, Killer Queen e Somebody to Love, fino agli anni 80 di Radio Ga Ga e I Want to Break Free. Ovviamente non può mancare un omaggio ai mostri sacri del rock anni 70, come i Led Zeppelin di Whole Lotta Love e i Deep Purple con Soldier of Fortune, Hush e Smoke on the Water.

Giacomo sorprende tutti quando dice che sta per fare qualche pezzo italiano prima di chiudere il concerto. Ma come, è già tempo di salutarci? Non è iniziato da un quarto d'ora al massimo? Guardo l'orologio e, no, sono passate quasi due ore. Ma è stato tutto così divertente che il tempo è volato. Godiamoci allora gli ultimi pezzi, con Ti Sento dei Matia Bazar e Impressioni di Settembre della PFM (entrambe già incise da Voli nei suoi album solisti). E prima di chiudere non possono mancare ancora due brani dei Queen come We Are The Champions e Crazy Little Thing Called Love che Giacomo regala perché il pubblico non vuole lasciarlo andare senza un encore.

Purtroppo il concerto finisce, anche se il tempo sembra essere passato in un attimo. Sceso dal palco, Giacomo si ferma a fare qualche foto con i fans e a scambiare qualche parola con il pubblico che si complimenta per la voce e per l'esecuzione. Durante il viaggio verso casa nell'autoradio scelgo l'ultimo album dei Rhapsody of Fire, perché stasera Giacomo ci ha dato prova di uno dei lati della sua vocalità e l'occasione è buona per ripassare anche quella più metal ed epica. E mentre ripensiamo al concerto che abbiamo appena visto, resta la consapevolezza che alla fine è andato tutto bene, che abbiamo assistito a una grande prova di un polistrumentista e cantante straordinario, e che è proprio così che una notte di mezza estate dovrebbe essere per essere perfetta.

mercoledì 14 agosto 2019

Bruce Springsteen - Western Stars

Sono passati sette anni dall'ultimo album di inediti di Bruce Springsteen, perché né High Hopes del 2014, né Chapter and Verse del 2016 erano di fatto dischi di pezzi nuovi. E dopo questa lunga attesa il Boss torna sulle scene con il suo diciottesimo album per il quale sceglie una formula nuova abbandonando completamente l'heartland rock per muoversi verso un country rock ispirato alle band californiane degli anni 70 come gli Eagles o i Creedence Clearwater Revival.

Il titolo stesso Western Stars indica come Bruce abbia spostato verso ovest i propri spunti e le immagine bucoliche che accompagnano il CD anticipano le sonorità che si troveranno nel disco. Il risultato è un album di tredici tracce lente i cui ritmi non si discostano mai dalle atmosfere rilassate del deserto americano. I ritmi lenti del disco sorprendono non poco, ma stupisce anche la presenza massiccia di strumenti ad arco, che non erano così predominanti nei dischi di Springsteen dai tempi di Waitin' on a Sunny Day di The Rising.

Se questa combinazione risulta comunque buona e funziona bene, il disco ha l'innegabile difetto che i pezzi sembrano tutti un po' troppo simili e le sensazioni suscitate dalla traccia di apertura Hitch Hikin' si troveranno poi anche in tutte le altre. Si distinguono solo Sleepy Joe’s Café? per i ritmi leggermente più vivaci, e la ballad There Goes My Miracle caratterizzata da atmosfere più profonde e solenni. Tra i pezzi migliori troviamo anche Tucson Train e Chasin' Wild Horses che sono i due brani in cui gli archi si sentono con maggiore intensità e la title track di cui è stato realizzato un video in ambientazione western.

Chiudono il disco Hello Sunshine, pubblicata in singolo prima dell'uscita dell'LP, che risente di qualche eco di Everybody's Talking di Harry Nilsson e l'acustico Moonlight Motel realizzata con solo piano, chitarra e voce.

In sintesi Western Stars è sicuramente un disco di altissimo livello e perfettamente godibile, ma per apprezzarlo bisogna ascoltarlo con le giuste aspettative. Se ci si aspetta il rock di Born in the U.S.A., qui non c'è. Questo disco non assomiglia a nulla che Springsteen abbia fatto in passato e potrebbe quindi scontentare i fan storici. Ma se lo si approccia con le giuste attese, non si può non considerare che Western Stars dimostra invece come questo settantenne abbia ancora molte strade da esplorare e che anche quelle nuove gli riescono bene come quelle già percorse.

martedì 6 agosto 2019

Le colonne sonore della serie di Men in Black

Il 2019 ha visto l'uscita nelle sale cinematografiche del quarto film della serie di Men in Black, iniziata nel 1997 con l'eponimo film con Will Smith e Tommy Lee Jones. Fin dal primo capitolo la  serie è stata famosa non solo per la parte cinematografica ma anche per le sue celebri colonne sonore.

Contestualmente all'uscita del primo Men in Black sono stati pubblicati due dischi, come all'epoca era abbastanza consueto: il primo intitolato Men in Black: The Score contenente le musiche di Danny Elfman effettivamente presenti nel film e il secondo intitolato Men in Black: The Album che contiene invece dei pezzi cantanti. Il più celebre brano tratto dall'album è sicuramente la title track di Will Smith basata su un campionamento di Forget Me Nots di Patrice Rushen del 1982 e ricordata anche per il celebre video in cui Will Smith balla in sincronia con un gruppo di altri uomini in nero a cui si aggiunge un grosso alieno. Nel disco è presente anche un secondo pezzo di Will Smith intitolato Just Cruisin' e altri dodici brani interpretati da alcuni dei maggiori esponenti della black music dell'epoca, tra cui i Roots, Nas, le Destiny's Child e gli A Tribe Called Quest.


Oltre a quelli di Will Smith i pezzi migliori del disco sono We Just Wanna Party with You di Snoop Doggy Dogg, alla sua ultima uscita discografica prima del cambio di nome in Snoop Doog, basata su un campionamento di Get Down on It di Kool and the Gang, e Dah Dee Dah (Sexy Thing) di Alicia Keys allora sedicenne al suo esordio. Completano in disco due pezzi strumentali di Danny Elfman presenti anche nella score. Ad esclusione delle due tracce di Elfman e della title track, nessuno dei pezzi dei disco compare nel film rendendo di fatto Men in Black: The Album una compilation di black music slegata dal film.

Men in Black fu inclusa anche nel primo album solista di Will Smith intitolato Big Willie Styles uscito pochi mesi dopo il film; nella versione europea dell'album è presente anche Just Cruisin' come bonus track. L'anno dopo entrambi i pezzi sono stati inclusi nel Greatest Hits di DJ Jazzy Jeff & The Fresh Prince, nonostante fossero stati incisi come brani solisti di Smith quando il duo non era più in attività.

Nel 2002, con l'uscita di Men in Black II, Will Smith ripeté l'esperimento di pubblicare la traccia principale della colonna sonora anche sul proprio album solista Born to Reign (e nel 1999 aveva fatto lo stesso con il film Wild Wild West e l'album Willennium). Tuttavia il pezzo Black Suits Comin' (Nod Ya Head) ebbe un approccio meno scherzoso e più serio e aggressivo rispetto alla colonna sonora del primo film, grazie al suono prominente delle chitarre seguendo un percorso musicale già iniziato con Willennium.

Di Men in Black II è stata pubblicato un unico disco intitolato Men In Black II: Music From The Motion Picture che contiene diciotto brani strumentali di Danny Elfman, Black Suits Comin' (Nod Ya Head) di Will Smith e I Will Survive interpretata da Tim Blaney che nel film dà la voce al cane Frank.

Nel 2012 uscì al cinema Men in Black 3 di cui fu pubblicata la colonna sonora dal titolo MIB3 Music by Danny Elfman che come dice il titolo stesso contiene sono i brani strumentali di Elfman. L'unico pezzo cantato che compare nel film è Back in Time di Pitbull che venne pubblicato in singolo, ma non incluso nell'album delle colonna sonora.

Il quarto capitolo della serie intitolato Men in Black: International, il primo e unico finora senza la partecipazione di Will Smith, è uscito nelle sale cinematografiche nel 2019 e contestualmente ne è stata pubblicata la colonna sonora dal titolo Men in Black: International - Original Motion Picture Score che contiene ventisei brani strumentali di nuovo di Danny Elfman, questa volta con la partecipazione di Chris Bacon.


Le colonne sonore di Men in Black sono sicuramente uno dei motivi del successo di questo franchise, e nonostante i capitoli cinematografici siano ad oggi quattro è indubbio che le prime due realizzate da Will Smith abbiano dato il contributo principale a consolidare il marchio di questa fortunata serie che è diventata in breve tempo un'icona degli anni 90 e il cui successo dura ancora più di vent'anni dopo il primo film.