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venerdì 22 dicembre 2023

Intervista a Michele Guaitoli, cantante dei Visions of Atlantis e dei Temperance

È disponibile sul mio canale YouTube un'intervista video a Michele Guaitoli, cantante dei Visions of Atlantis e dei Temperance. Nel video parliamo dei suoi album più recenti con le due band e dei progetti futuri.

Ringraziamo Michele per la sua cortesia e disponibilità.


mercoledì 12 aprile 2023

Imperial Age - New World


Nel mezzo del turbinio causato dal loro spostamento dalla Russia all'Europa, per via delle fin troppo ovvie ragioni belliche, gli Imperial Age hanno pubblicato il loro nuovo album intitolato New World che arriva quanttro anni dopo il precedente The Legacy Of Atlantis. L'album è composto da otto pezzi che hanno come tema i viaggi per mare e la libertà, tematiche ricorrenti nelle incisioni del gruppo, e caratterizzate principalmente atmosfere incoraggianti e gioiose.

New World propone la più alta espressione di symphonic metal che questa band abbia mai prodotto, con sonorità maestose che mischiano lirica, classica e metal, e in cui i tre straordinari vocalist di questo gruppo, Alexander Osipov, Jane Odintsova (che recentemente è stata nostra ospite per un'intervista video) e Anna Moiseeva, offrono il meglio della loro vocalità a cui si somma il potente contributo corale del SoundPuzzle Chorus. Ne risulta un disco di presa immediata che coniuga al meglio la potenza delle basi musicali alle atmosfere patinate del metal sinfonico.

La prima traccia Windborn apre il disco con una forza travolgente sia nelle musiche che nel canto e dà subito un assaggio delle caratteristiche dell'intero disco che proseguono nelle successive due Legend of the Free e The Way I Am. Tra i pezzi migliori troviamo anche The Wheel e Shackles of Gold che si apre con suoni etnici e che costituisce un tocco di unicità all'interno dell'album. Chiude il disco Call of the Towers che dura ben diciotto minuti e che racchiude in sé lunghe parti strumentali, musica classica, musica da film e ovviamente il canto dei tre vocalist.

L'edizione deluxe in CD è impreziosita dalla presenza di un secondo disco che che ripropone le stesse otto canzoni dell'album principale, suonate con l'orchestra anziché con la band. Superata la sorpresa di non trovare i riferimenti consueti di chitarra, basso e batteria, si apprezza l'ecletticità di queste composizioni che funzionano bene sia in versione metal sia in versione classica.

New World è in terzo album degli Imperial Age, nella cui formazione è entrato di recente anche il batterista italiano Manuele Di Ascenzio, e ad oggi è anche la loro opera più completa e matura che mostra come questa band sia in continua crescita. Non resta che sperare che lo spostamento in Europa, più precisamente nel Regno Unito, dia loro più stabilità e consenta di produrre più musica di altrettanto buon livello.

sabato 17 dicembre 2022

Raskasta Joulua - Viides adventti


A cinque anni dall'ultimo album Raskasta Joulua IV torna lo straordinario combo dei Raskasta Joulua, superguppo formato dai migliori interpreti del symphonic metal finlandese che dal 2004 compone album di musica natalizia reinterpretata nel loro stile.

Il nuovo album è intitolato Viides Adventti ed è composto da dieci pezzi che si aprono con il celeberrimo canto del sedicesimo secolo Gaudete eseguito solo dal coro e qui realizzato in un inedito mash-up con We Wish You a Merry Christmas. Il disco si snoda poi principalmente tra brani della tradizione locale, poco noti al di fuori della Finlandia stessa, interpretati da vocalist di eccezione del calibro Marko Hietala, ex bassista dei Nightwish, Elize Ryd degli Amaranthe, Juha-Pekka Leppäluoto, Noora Louhimo dei Battle Beast, Tony Kakko dei Sonata Artica e Tommy Karevik vocalist dei Seventh Wonder e dei Kamelot. Tra i pezzi finlandesi spiccano la magnoliquente Vinter interpretata da Elize Ryd e Tommy Karevik con atmosfere da power ballad ottantiana e la potente Jouluun Uskotaan cantata da Pekka Heino con la sua voce distintiva in stile AOR.

Tra i brani celebri troviamo Avaruus, adattamento di Walking in the Air dal film The Snowman del 1982 cantata da Nora Louhimo con il testo realizzato per l'album Joulusydän del giornalista e presentatore Timo Torsti Antero Mikkonen che nel 1989 realizzò un album di cover in finlandese di canti natalizi, e Kyllä Pukki Tietää, adattamento finlandese di Run Rudolph Run di Chuck Berry cantata da JP Leppäluoto e Ilja Jalkanen. Chiudono il disco due pezzi cantanti da tutti i vocalist del disco che sono anche i più celebri e facili da apprezzare al primo ascolto, quali Stars realizzata nel 1985 dal supergruppo metal Hear 'n Aid capitanato di Ronnie James Dio, Jimmy Bain e Vivian Campbell, e una traduzione in finlandese di Silent Lucidity dei Queensrÿche realizzata apposta per quest'album con il titolo di Kehtolaulu.


Parallelamente all'uscita dell'album i Raskasta Joulua hanno anche quest'anno intrapreso la loro tournée in Finlandia, come accade durante ogni stagione natalizia, nella quale portano nelle arene queste ottime reinterpretazioni di classici che mischiano tradizione e modernità come solo questo dream team del metal sa fare. Viides adventti, così come le precedenti opere in studio dei Raskasta Joulua, regala un'ora di ottima musica interpretata dai migliori vocalist del panorama symphonic metal del mondo, che può dare un tocco diverso alle feste di Natale di chi ama il metal e di chi ama i classici.

sabato 12 novembre 2022

Intervista a Jane Odintsova degli Imperial Age

Per parlare del loro più recente album New World, uscito lo scorso settembre, la vocalist degli Imperial Age Jane Odintsova ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo di seguito ai nostri lettori.

L'intervista è disponibile solo in inglese.



venerdì 14 ottobre 2022

Xandria + Visions of Atlantis - Milano, 13/10/2022

Questo concerto era inizialmente previsto per settembre del 2020 e anche allora avevo deciso che ci sarei andato, perché dopo aver visto i Visions of Atlantis al Dadga di Retorbido sapevo che non avrei potuto perdermi altre loro date live nelle vicinanze. Purtroppo la pandemia ha costretto la band a posticipare di due anni, ma almeno il ritardo ha consentito di arricchire il piatto perché nel frattempo gli Xandria si sono rimessi al lavoro con una cantante nuova e le due band hanno unito le forze partendo per questo tour insieme.


La nuova data è il 13 ottobre 2022, la location è la stessa della pianificazione originale: il Legend di Milano che è uno di quei locali in cui funziona praticamente tutto, essendo in periferia quanto basta da non dover attraversare il traffico metropolitano, con un parcheggio poco distante e il bar appena fuori. Purtroppo mi perdo l'apertura dei Ye Banished Privateers perché essendo una giornata di lavoro non riesco ad arrivare in tempo, ma arrivo con anticipo per gli Xandria che con Ambre Vourvahis dimostrano subito di avere ancora intatta la propria potenza di fuoco. La band esegue i tre brani scritti e realizzati con la cantante nuova, uno dei quali intitolato Ghosts è ancora inedito, e completa la propria esibizione con pezzi tratti da tutta la loro discografia da Ravenheart fino a Death to The Holy dall'ultimo album Theater of Dimensions. Ambre, che si muove sul palco con la sicurezza di una diva di lunga esperienza, si confronta quindi con le tre vocalist che l'hanno preceduta e ne esce a testa altissima mostrando carisma e una notevole capacità di passare dal growl, al canto tradizionale alla lirica con una disinvoltura incredibile.


Poco dopo la band tedesca, salgono sul palco i Visions of Atlantis e se possibile l'asticella si alza ancora. La band apre la propria performance con Master the Hurricane e i due vocalist, Clémentine Delauney e Michele Guaitoli, dimostrano subito che la loro intesa è sempre più solida mentre si alternano e duettano mostrando un'amalgama perfetta. La scaletta prevede otto pezzi dall'ultimo album Pirates e il tema piratesco e del viaggio che combina speranza e incertezza contraddistingue ogni cosa: dall'abbigliamento della band, all'ambientazione, all'introduzione dei pezzi con cui i due vocalist raccontano le storie dietro a ciascuna delle loro canzoni. Questa volta però si nota qualcosa di diverso, mentre Michele in forma straripante dialoga con il pubblico in italiano non traspare solo la passione per la musica ma anche la gioia di poter tornare alla normalità dopo due anni terribili. La positività che la band vuole esprimere sprizza da ogni gesto; il sorriso non manca mai, Clémentine scherza lanciando tra il pubblico il cappello da pirata di Michele e lo stesso Michele dice chiaro che questo non è un concerto ma una festa quando invita il pubblico a saltare durante l'esecuzione di Melancholy Angel. Ovviamente tutti seguiamo l'invito e mentre salto e canto con loro mi viene un dubbio: ma come fa Clémentine a passare al registro lirico mentre salta?


Quando Clem annuncia che siamo giunti all'ultima canzone guardo l'orologio perché non ci credo, mi sembra che dall'inizio siano passati dieci minuti e invece devo riconoscere che la band suona da un'ora e mezza. Sarà che ho divorato Pirates e lo so a memoria, ma questo concerto è davvero volato. Lo show si chiude con Pirates Will Return e Legion of the Seas, ma anche quando si spengono le luci non c'è una gran fretta di andare a casa e la scelta è vincente perché la band di ferma a bere qualcosa di fresco con il pubblico e Michele e il chitarrista Christian Douscha sono anche ben disponibili per chi vuole fare una foto con loro.

La serata a questo punto volge al termine davvero, ma quello che resta mentre riprendiamo l'autostrada con Pirates nell'autoradio è una sensazione di positività che dopo un concerto non si respirava da tempo, perché la gioia che la band ha voluto trasmetterci ci ha coinvolto in pieno e ce la portiamo a casa. Ed è quello che serve per riprendere il mondo come lo conoscevamo. E alla fine non resta che ringraziare chi ha reso possibile tutto questo.

Grazie Xandria, grazie Visions of Atlantis e grazie Legend. Grazie a tutti.

sabato 11 giugno 2022

Visions of Atlantis - Pirates



A quasi tre anni da Wanderers tornano i Visions of Atlantis con un nuovo album intitolato Pirates realizzato con la stessa formazione del precedente. Il disco è composto da dodici tracce di ottimo metal sinfonico che sorprendono per la loro qualità già dal primo ascolto, perché giunta al suo ottavo lavoro in studio la band guidata da Clémentine Delauney e Michele Guaitoli affina la propria formula regalando un disco che rasenta la perfezione grazie a una vincente mescolanza delle loro caratteristiche principali: sonorità energiche, melodie accattivanti, le straordinarie doti vocali dei cantanti e i cori che li accompagnano. In particolare in questo nuovo album la soprano francese, se possibile, sale di un altro gradino grazie alla sua miglior performance in carriera con cui si mostra al massimo della forma e si impone definitivamente come una delle più iconiche regine della scena metal mondiale.

Il disco, come si evince dal titolo, si ispira ad atmosfere piratesche e questo non sorprende più di tanto visto che il mare è un tema ricorrente nei dischi dei Visions of Atlantis fin dagli esordi, basti pensare che il nome stesso della band si ispira al mito di Atlantide, che il disco precedente parlava di naufraghi e che nelle tracce più famose del gruppo troviamo Lemuria e Return to Lemuria, dedicate alla mitica omonima isola.

L'album parte fortissimo con due brani energici, quali Pirates Will Return e Melancholy Angel, che includono tutti gli stilemi che caratterizzano il disco, con basi potenti e con Clémentine che ci regala rapidi e frequenti cambi di registro passando con disinvoltura al canto lirico. L'intesa vocale tra i due cantanti è perfetta, con Clem e Michele che si alternano e duettano come una sorta di dream team del canto metal. Subito dopo troviamo Master the Hurricane che regala uno stupendo connubio tra atmosfere nordiche, grazie alla presenza di flauti e cornamuse, cori epici e sonorità symphonic metal; suggestioni scandinave simili si trovano anche nell'onirica In My World. Tra i brani migliori troviamo sicuramente anche Legion of The Seas caratterizzata da atmosfere magniloquenti e Darkness Inside che è il pezzo che più si avvicina alle sonorità ottantiane grazie al suono preponderante delle tastiere. Pirates vede anche la presenza di tre ballad, quali Freedom, in cui il coro si esprime in un meraviglioso vocalizzo, Heal The Scars, cantata dalla sola Clémentine, e I Will Be Gone, che ripropone le sonorità nordiche vicine ai Nightwish e che chiude il disco.

In Pirates, in sintesi, funziona bene praticamente tutto, perché è un capolavoro di scrittura, composizione e interpretazione, che mette in luce gli aspetti più solidi di questa band. Che i Visions of Atlantis avessero raggiunto l'apice con l'aggiunta di Michele e Clémentine era noto già dall'album precedente, ma questo disco conferma che la formula funziona alla grande e che possiamo aspettarci altri dischi di questi altissimo livello anche per il futuro. Non resta che da godersi questo disco, in attesa che il tour li porti in Italia e di poter sentire queste gemme di metal anche dal vivo.

venerdì 19 marzo 2021

Temperance - Melodies of Green and Blue


Realizzare un album metal in acustico può sembrare un impresa impossibile, anzi una Mission Impossibile per citare il titolo di un brano di Viridian, l'ultimo LP dei Temperance pubblicato nel 2020. Riuscire in un'impresa del genere non è semplice e richiede musicisti versatili e dalle doti eccezionali; tuttavia c'è chi riesce a trasformare l'impossibile in possibile ed è questo il caso del nuovo EP della band, nato come un esperimento su YouTube durante la pandemia da COVID-19 che ha raccolto il favore dei fan fino a convincere il gruppo a realizzare un disco intero.

L'album è composto da otto pezzi di cui sei rielaborazioni di brani tratti da Viridian più due inediti che aprono il disco. Il disco rinuncia quindi alle atmosfere patinate e roboanti degli album precedenti, per approdare a emozioni più intime. Il risultato di questa sperimentazione è semplicemente perfetto e va a toccare le corde più intime dell'animo, risvegliando emozioni profonde e ancestrali. L'acustico ovviamente mette in luce maggiormente le doti canore degli interpreti, e in questo caso i Temperance mettono in campo una delle coppie miglior al mondo con il combo composto da Michele Guaitoli e Alessia Scolletti, che è la punta di diamante del metal italiano e che regala in queste incisioni un'altra prova magnifica soprattutto nei duetti, in cui Alessia fa la voce alta e Michele quella bassa.

Le melodie dei pezzi restano simili a quelle originali, per questo il disco si ascolta facilmente, anche la trasformazione in acustico li rende di fatto dei prodotti nuovi. Tra i pezzi migliori di questo EP troviamo sicuramente I Am the Fire che mantiene il proprio stampo ottantiano anche in questa versione acustica, l'ottima e sperimentale Nanook e My Demons Can't Sleep nel cui finale troviamo un divertente assaggio di musica latina cantato in spagnolo dai due vocalist.

Con Melodies of Green and Blue i Temperance confermano quindi le proprie capacità e soprattutto mostrano una maturità che poche band hanno; perché dimostrano di sapere uscire dai propri binari e di saperlo fare benissimo. L'ecletticità di questo gruppo non è del tutto una novità, perché già Viridian aveva mostrato ricche contaminazioni sonore di ottimo livello. Questo nuovo EP conferma quindi che creatività e la capacità di questo gruppo non hanno confini e lascia la curiosità di scoprire quali altri confini i Temperance possano valicare, regalandoci ancora dischi meravigliosi come questo.

sabato 28 novembre 2020

Nostra Morte - Sin Retorno


Sin Retorno
del 2012 è il secondo album dei messicani Nostra Morte, il cui esordio discografico risale al 2009 con l'album Un Cuento Antes de Morir. La musica del gruppo di Tepic, capitale dello stato di Nayarit nel Messico centrale, offre uno dei migliori esempi di metal sinfonico al mondo, che coniuga basi potenti, grintose e al contempo melodiche con il canto di impostazione operistica dei due vocalist Eiven Dumort e Dollette LaMort.

Il risultato di questa mescolanza sonora è un album solido, dalle atmosfere magniloquenti e teatrali con evidenti richiami alla letteratura gotica e al mondo dei vampiri. Il disco è composto da quattordici tracce, tutte di altissimo livello, che basano la propria forza sull'amalgama vocale che i due vocalist riescono a creare, duettando e alternandosi. Inoltre il canto in spagnolo, mentre gran parte del metal sinfonico mondiale è in inglese, dona alla musica di questa band un tocco di unicità davvero notevole, che ammorbidisce anche l'impatto sonoro del canto.

Il suono del disco è monolitico, al punto che è difficile individuare pezzi migliori di altri. In ogni caso spicca sicuramente la title track che apre il disco dando subito un assaggio di ciò che seguirà e Erik el Rojo in cui compare come ospite il baritono Pablo Akhma Atahualpa. Degna di nota sono anche Perséfone, che è il brano in cui Dollette dà la propria miglior prova vocale, e Réquiem DeMort che contiene uno snippet della canzone sovietica Katjuša. Il brano migliore dell'album è comunque Cuando la Muerte se Viste de Gloria che oltre alle sonorità operistiche e quelle metal aggiunge una buona dose di musica mariachi che crea un contrasto e una mescolanza e di grandissimo impatto.

Sin Retorno è, in sintesi, un vero capolavoro che mischia generi diversi con grande maestria il cui punto di forza è la commistione di stili e la voce impeccabile dei due cantanti. Ed è un vero peccato che questa band sia così poco conosciuta al di fuori del Messico, perché sicuramente non ha nulla da invidiare ai gruppi più noti europei e nordamericani di questo genere.

giovedì 8 ottobre 2020

Metallica - S&M2


Per celebrare i vent'anni di S&M, il loro primo album orchestrale, i Metallica hanno ripetuto l’esperimento con un nuovo concerto che li vede ancora una volta affiancati dalla San Francisco Symphony, che aveva preso parte anche al primo S&M, e anche questa nuova prova live ha dato vita a un album dal vivo della band di James Hetfield intitolato, come è abbastanza scontato, S&M2.

Il concerto, tenutosi a settembre 2019, è stato pubblicato ad agosto del 2020 sia in Blu-Ray sia in doppio CD. La band coadiuvata dall'orchestra ha eseguito ventidue pezzi attingendo da tutta la propria carriera con almeno un brano da ogni LP. Gli album più rappresentati sono l’ultimo Hardwired...to Self-Destruct e il black album, da cui sono tratti tre pezzi ciascuno, e Ride the Lightning rappresentato da due. Da tutti gli altri è stato preso un pezzo solo.

La formula è la stessa, già collaudata due decenni fa con S&M con la reinterpretazione in chiave sinfonica del migliori brani della discografia dei Metallica. Il live si apre con l’immancabile The Ecstasy of Gold di Ennio Morricone, scritta per la colonna sonora del film Il Buono, il Brutto, il Cattivo che il quartetto di Los Angeles utilizza come brano di apertura in versione strumentale, mentre nella versione del film contiene un vocalizzo della soprano Edda Dell’Orso, dal 1983. Circa metà della setlist era già presente nel primo live del 1999 e a questi si aggiunge la selezione dei pezzi più recenti e anche due brani di musica classica: la Suite Scita di Sergey Prokofiev, interpretata dalla sola orchestra, e la Fonderia d’Acciaio dall'opera L’officina di Aleksandr Mosolov suonata dall'orchestra e dalla band, in un esempio di crossover al contrario rispetto al resto del disco: con un pezzo classico eseguito dall'orchestra con una band metal.

Ovviamente mischiare hard rock e musica sinfonica non è un esperimento nuovo, visto che gli stessi Metallica, ma anche i Kiss, gli Scorpions e i Deep Purple (prima di tutti gli altri) lo hanno fatto in passato; ciò nonostante un disco come questo si distingue comunque da gran parte della produzione contemporanea e proprio per questo lo si ascolta con piacere. Alla band questo doppio album serve anche a tenere viva la propria immagine in un momento così difficile, agli ascoltatori serve sicuramente a ricordare che la musica non ha confini.

martedì 22 settembre 2020

Intervista ad Alessia Scolletti dei Temperance

Da tre anni Alessia Scolletti è la voce femminile dei Temperance, uno dei gruppi più importanti e interessanti del panorama metal del nostro paese. Dallo scorso anno, inoltre, Alessia è impegnata nel progetto musicale new age degli ERA, guidato dal francese Éric Levi. Per parlarci di questi due gruppi e anche un po' di sé stessa, Alessia ha accettato la nostra proposta di un'intervista che offriamo di seguito ai nostri lettori.

Ringraziamo Alessia per la sua cortesia e disponibilità.





125esima Strada: Ciao Alessia, e grazie del tempo che ci stai dedicando. Partiamo subito parlando del vostro nuovo lavoro Viridian, ci racconti come è nato questo disco?

Alessia Scolletti: Ciao, grazie a te per l'invito, è un piacere fare quattro chiacchiere con te.

Il nostro quinto album Viridian ha semplicemente raccolto il testimone passatogli dall'album precedente, Of Jupiter and Moons, e ha proseguito la staffetta: è l'immagine migliore per descrivere ciò che realmente è avvenuto nei quasi due anni che hanno separato i due lavori. La cura del dettaglio, la mescolanza di generi e influenze, la ricerca di un sound più naturale e il dare maggiore spazio a strumenti veri sono tutti elementi presenti in Of Jupiter and Moons che in Viridian sono stati ripresi e approfonditi, grazie anche all'aver avuto più tempo per lavorare insieme. Siamo molto fieri di questo album, l'unico rammarico è appunto non essere riusciti a promuoverlo come avrebbe meritato per via delle restrizioni del Coronavirus, fatto che ha penalizzato la maggior parte degli artisti e delle band che come noi si trovavano in tour nel periodo febbraio-marzo.


125esima Strada: C'è qualche pezzo dell'album a cui sei più legata? Se sì, ci spieghi perché?

Alessia Scolleti: Non ho mai nascosto quanto Nanook, il nono brano di Viridian, mi abbia saputo conquistare fin dal primo istante, quando ancora non era nient'altro che una bozza: la sua cavalcata in terzine, il meraviglioso connubio creato dall'unione del suono dell'arpa con quello della cornamusa, il climax che si protrae per tutta la durata della canzone... Tutti elementi che mi hanno fatto letteralmente innamorare di questo brano. Il coro di voci bianche nel punto centrale della canzone ha poi dato quel tocco di magia in più che l'ha resa ancora più speciale: è difficile non emozionarsi!



125esima Strada: Ciò che a me è piaciuto molto del disco è l'esperimento del crossover, con il coro dei bambini, il coro gospel e la partecipazione di Laura Macrì. Ci racconti come è nata l'idea di queste contaminazioni sonore?

Alessia Scolletti: Siamo una band di cinque elementi, ognuno con gusti e background musicali differenti... Le contaminazioni sono inevitabili! Ed è bello come riusciamo a mettere un po’ della personalità di ognuno di noi all'interno dei brani. Ci piace continuamente rinnovarci e metterci alla prova, stupire e sperimentare: si può dire che è diventato ormai un nostro marchio di fabbrica!


125esima Strada: Mi è sembrato che il disco sia anche molto influenzato dall'AOR degli anni ottanta. È stata una vostra scelta precisa? Siete molto appassionati di questo genere?

Alessia Scolletti: Ok, mi sa che ci hai “beccati”: in particolar modo io e Marco siamo molto legati a questo genere, per cui ogni tanto torna a fare capolino tra un brano e l’altro! Sarai d’accordo con me poi che con tre cantanti si possono creare un sacco di melodie intrecciate in più che tanto si sposano con il melodic rock!

Il tutto comunque avviene in maniera spontanea e naturale, non si parte mai con l’idea di dare vita a tavolino ad un brano esclusivamente AOR, metal o altro: si portano in studio le idee, si ascoltano, si rimodellano, aggiustano e assemblano e pian piano il brano prende forma.


125esima Strada: Da qualche tempo sei entrata anche negli ERA, lo stupendo progetto New Age di Eric Lévi. Come sei entrata a far parte di questo gruppo e che posto occupa la New Age nella tua vita artistica?

Alessia Scolletti: Essere entrata a far parte del progetto ERA è una delle cose più incredibili che mi sia successa negli ultimi tempi, ed il come è avvenuto è decisamente ancora più incredibile: di fatto sono stata contattata da Éric Levi in persona in seguito all’aver visto alcuni miei video sia coi Temperance che in versione solista! Ha fin da subito espresso il suo totale apprezzamento per la figura mia e di Michele [Guaitoli, voce maschile dei Temperance e compagno di Alessia nella vita, N.d.R.] e ci ha proposto di iniziare una collaborazione con lui, la quale avrebbe poi portato ad esibirci sul palco con lui per la sua prima tournée ufficiale dopo ben 25 anni di attività! Inutile dire che solo l’idea ci fece salire l’entusiasmo alle stelle!

Il vero e proprio battesimo con il genere New Age però l’ho avuto con Enigma, progetto tedesco quasi contemporaneo a ERA, il quale ha condito tanti dei miei pomeriggi da studente!



125esima Strada: Passiamo a temi più personali. Durante il lockdown tu e Michele avete lanciato l'idea delle Quarantine Songs, cioè avete registrato delle cover di altri generi musicali, per mantenere i contatti con il vostro pubblico e tra le altre avete inciso un'inedita versione di Something Stupid. Questo mi porta a chiederti: oltre al metal quali generi musicali amate e ascoltate?

Alessia Scolletti: In quel momento sia io che Michele eravamo reduci da due tournée diverse entrambe interrotte: siamo rientrati in Italia con non poca fatica e ad aspettarci c’era una situazione tutt'altro che rassicurante... Lo sconforto era tanto, non lo nascondo. Le “Quarantine Songs” sono sì stato un mezzo per restare in contatto con amici e sostenitori, ma anche un modo per infondere a noi stessi un po’ di svago e positività in un periodo davvero difficile: avremmo voluto registrarne di più! Ma scegliere era difficile.

I generi che ci influenzano, come hai già intuito da te, non si limitano al metal e al rock: personalmente mi sono sempre sentita molto legata a tutto ciò che è nato dagli anni 80 (in particolar modo new wave/post-punk e dance) e, in modo del tutto insospettabile, seguo anche molti artisti dell’odierna scena pop internazionale (da Lady Gaga a Billie Eilish, passando per Bruno Mars, One Republic, Coldplay e molti altri). In qualcosa sicuramente avrò influenzato anche Michele, ma posso svelare ad esempio che tra i suoi gruppi preferiti “non-metal” ci sono i Muse!


125esima Strada: Chi sono i cantanti e le cantanti che ti hanno più influenzato durante la tua carriera?

Alessia Scolletti: Il rock, e in particolar modo hard-rock e AOR, hanno fortemente influito sul mio modo di cantare, per cui nomi come Steve Lee (Gotthard), David Coverdale (Whitesnake), Joey Tempest (Europe), Fergie Frederiksen (Toto), Steve Overland (FM) e altri di quel filone mi hanno sempre accompagnata nel mio percorso di crescita.

Sembrerà strano, ma non ci sono state voci femminili ad aver colpito nel profondo l’Alessia che stava muovendo i primi passi nel mondo della musica!


125esima Strada: E chi sono invece i tuoi preferiti della scena attuale?

Alessia Scolletti: Nel mondo musicale attuale si può assistere a un gran numero di sfumature di colori, timbri e stili, è una cosa bellissima per chi come me ama spaziare tra i generi!

Restando nel metal, voci come quella di Russell Allen, Daniel Gildenlöw (Pain of Salvation), Mikael Åkerfeldt (Opeth), Devin Townsend - solo per citarne alcuni - restano inarrivabili: dopo tanto tempo ho anche trovato delle voci femminili che hanno saputo colpirmi nel profondo, Floor Jansen e Kobra Paige (Kobra and The Lotus) su tutte.

Al di fuori del metal invece, voci di artisti come Jessie J , Sam Smith, Bruno Mars, Lady Gaga, Fever Ray, Chris Cornell (RIP), Mike Patton e tanti altri.

martedì 4 agosto 2020

Temperance - Viridian

Con il nuovo Viridian, uscito a gennaio di quest’anno, i Temperance sono giunti al loro quinto album in studio e al secondo con la nuova formazione che vede Michele Guaitoli e Alessia Scolletti alle voci, dopo Of Jupiter and Moons del 2018. In questo nuovo lavoro la band continua sulla strada tracciata dal precedente, realizzando un disco di ottimo metal melodico, intriso di AOR di stampo ottantiano, che basa la propria forza sulla positività della musica espressa e sulle ottime doti vocali dei due interpreti.

Il disco è composto da undici pezzi e parte fortissimo con la travolgente Mission Impossible chiaramente ispirata all'omonima serie cinematografica, ma l’offerta musicale non si ferma ai pezzi energici, infatti il disco vira subito verso l’AOR con pezzi melodici come I Am the Fire e Start Another Round. Atmosfere ottantiane si trovano anche in Let it Beat e nella title track Viridian che sono anche i due brani in cui Michele e Alessia tirano fuori il meglio delle proprie doti vocali, con Alessia in particolare che regala una performance magistrale nel controcanto sul ritornello finale di Viridian.

Come anticipato le atmosfere del disco sono molto varie e oltre ai pezzi energici e a una buona dose di AOR troviamo la power ballad Scent of Dye e un paio di esperimenti di crossover con The Cult of Misery, che contiene vocalizzi lirici di Laura Macrì, e Nanook impreziosita dalla presenza del coro dei bambini della scuola Sant'Angela Merici.

Chiudono il disco la speranzosa Gaia, in cui l’uomo si rivolge alla Terra su cui abita tra una richiesta di scuse e la speranza di poter cambiare il mondo per il meglio, e Catch the Dream, retta solo da un battito di mani come accompagnamento e che vede la presenza del coro gospel NuVoices Project, che inneggia all'unione dell’umanità e al superamento delle divisioni. La versione digitale del disco include Lost in the Christmas Dream, che come suggerisce il titolo stesso è un canto natalizio in stile AOR dai toni positivi e che invita a non perdere mai la speranza.

Giunti alla fine dell’ascolto ci si accorge che Viridian non contiene neanche un filler e costituisce un ottimo album di metal melodico ricco di commistioni e suggestioni diverse in cui la band dà anche una lezione tanto ovvia quanto di successo: se si ha in squadra il Dream Team del canto italiano realizzare un album di questo livello è quasi facile e naturale.

martedì 23 giugno 2020

Imperial Age - The Legacy of Atlantis

The Legacy of Atlantis
del 2018 è il secondo album dei moscoviti Imperial Age, uscito sei anni dopo il precedente Turn the Sun Off! e a due anni di distanza dall’EP Warrior Race. L’album è composto da nove tracce che costituiscono una vera e propria metal opera che narra, attraverso il racconto di vari personaggi, di un mago proveniente dall’antica e avanzatissima società di Atlantide che rinasce nell’Europa medievale.

Anche in questo disco, come nei precedenti, la musica degli Imperial Age è contraddistinta da sonorità maestose e magniloquenti e la forza di questo gruppo sono le voci dei tre vocalist, tutti con impostazione operistica: il tenore Alexander “Aor” Osipov, il soprano Anna “Kiara” Moiseeva e il mezzo-soprano Jane “Corn” Odintsova (che nei dischi precedenti suonava anche le tastiere). Nel disco il gruppo si avvale anche del coro del Conservatorio Statale di Mosca Pëtr Il'ič Čajkovskij che conferisce uno stile operistico all’album. Il risultato di questa commistione sonora è un symphonic metal di ottimo impatto sonoro, che colpisce già al primo ascolto e che non ha bisogno di molti passaggi prima di essere apprezzato.

Trattandosi di una metal opera è difficile individuare pezzi migliori di altri, perché il suono del disco è monolitico e non si presta a essere diviso. In ogni caso la title track spicca sicuramente sia dal punto di vista musicale sia da quello canoro, con i tre vocalist e il coro che regalano la loro prova migliore. Degni di nota sono anche Domini Canes, che in un ponte contiene un estratto del Credo di Nicea, e The Escape, che presenta sonorità un po’ diverse, più leggere ed elettroniche.

The Legacy of Atlantis è in sintesi un capolavoro del symphonic metal, che mette in campo tre voci straordinarie in una mescolanza di musica classica, lirica e metal che creano una sintesi perfetta di cose apparentemente diverse. Il disco in sé è ottimo dall'inizio alla fine ed è un'ottima scoperta per chi non conosce questo singolare sestetto, e conferma anche che giunti alla loro terza prova in studio gli Imperial Age sono una delle migliori e più interessanti realtà del panorama del symphonic metal mondiale.

lunedì 27 aprile 2020

Nightwish - Human. :II: Nature.

Cinque anni sono un periodo lungo, ed è questo il lasso temporale trascorso tra il precedente album dei Nightwish Endless Forms Most Beautiful del 2015 e il nuovo Human. :II: Nature. Ma se il precedente disco aveva convinto solo in parte, questa volta il gruppo finlandese ha sfruttato bene il tempo a disposizione componendo un disco ricco di suoni diversi e nuovi e che non assomiglia a nulla di quanto fatto in passato durante la loro variegata carriera.

L'album è composto da due dischi, il primo dei quali contiene nove tracce cantante, mentre il secondo ne contiene otto strumentali. I brani cantanti hanno un suono generalmente più orientato al pop e orecchiabile rispetto al passato, tuttavia i Nightwish arricchiscono il proprio sound con sonorità orchestrali (grazie alla Pale Blue Orchestra che affianca la band in tutto l'album), con suoni folk, etnici e maestosi a creare una commistione mai sentita prima. Floor alterna sapientemente, e come solo lei sa fare, il canto lirico a quello tradizionale dando vita a contrasti sonori di grande effetto.

Il disco parte forte con Music, la traccia dai suoni più duri dell'intero disco, per poi proseguire con la maestosa Noise che dà un primo assaggio dei poderosi cori che la band mette in campo in questo nuovo album. Shoemaker, dedicata allo scienziato Eugene Shoemaker come spiegato dalla stessa Floor in un video su YouTube, dà un primo serio assaggio della magia sonora che il disco ci regala, grazie a un pezzo dalla struttura completamente atipica chiuso con un vocalizzo lirico della frontwoman. La traccia successiva Harvest trova per la prima volta il chitarrista Troy Donockley alla voce principale, con Floor e Marco Hietala nell'inedito ruoli di coristi, e offre un brano leggero dalle atmosfere pop e folk di presa immediata; nel pezzo troviamo anche la presenza di Johanna Kurkela vocalist degli Auri e moglie del tastierista Tuomas Holopainen nel ruolo di narratrice.

Nella successiva Pan ritroviamo cori potenti e sonorità maestose che caratterizzano anche la traccia di chiusura Endless cantata da Marco Hietala. In How's the Heart e in Possession troviamo di nuovo sonorità tendenti al pop con Floor che esegue acuti e vocalizzi lirici di raffinata fattura. Completa il primo disco Tribal che aggiunge a questo album dei suoni tribali grazie anche alle percussioni etniche e al canto più aspro di Floor e Marco.

Il secondo disco è composto da otto pezzi di musica orchestrale, lontana dal metal e che spazia dalla classica, al folk al new age, con più di un rimando alle composizioni strumentali di Mike Oldfield; scelta che stupisce fino a un certo punto, visto che anche Èlan ricordava Man in the Rain da Tubular Bells III. Le otto tracce scorrono tra atmosfere mitologiche e oniriche, creando un disco di musica ai confini con l'ambient che può stupire, ma che resta di altissimo livello e molto efficace.

Human. :II: Nature. è quindi un album sorprendente, che rompe ogni legame con gli stilemi del passato della band. La qualità è innegabile ed è forse il migliore album che il sestetto finlandese abbia mai realizzato; le scelte stilistiche potrebbero scontentare i fan più affezionati al passato, ma anche in questo caso non si può negare che Human. :II: Nature. è sicuramente il loro disco più coraggioso e maturo.

mercoledì 26 febbraio 2020

Intervista a Michele Guaitoli, cantante dei Visions of Atlantis e dei Temperance

Michele Guaitoli è una delle voci più interessanti del panorama symphonic metal mondiale e attualmente ricopre il ruolo di voce maschile dei Visions of Atlantis e dei Temperance. Per parlare dei suoi dischi più recenti e per raccontarci qualcosa di sé, Michele ha accettato la nostra proposta di un'intervista.

Ringraziamo Michele Guaitoli per la sua cortesia e disponibilità.


125esima Strada: Ciao Michele e grazie del tempo che ci stai dedicando. Iniziamo parlando dei Visions of Atlantis di cui sei entrato a far parte per l'ultimo album Wanderers. Che storia c'è dietro a questo album? Come sono nati i pezzi?

Michele Guaitoli: Ciao Leonardo e grazie del tempo che mi dedichi! Come sai per noi artisti è sempre un’occasione poter spendere qualche parola in più sui nostri lavori, che spesso non vengono analizzati nel contenuto concettuale ma solo dal lato prettamente musicale!


Wanderers come hai sottolineato è il primo disco in cui ho potuto partecipare come membro fisso dei Visions of Atlantis, vivendo tutta la fase di registrazione in studio e di “creazione” dei brani, tra l’altro avendo l’onore e la fortuna di avere anche due miei brani inseriti nel lotto (At the End of The World e A life of our Own). L’album è un disco che è nato con la grandissima carica data dalla nuova formazione, assieme al mio ingresso c’è stata una sorta di scarica di adrenalina nella band che ha dato nuova linfa vitale e tanta grinta a tutti, visto che sopratutto dal piano del live si sono aperte moltissime porte (per una questione di disponibilità: Siegfried nel 2018 lasciò la band perché gli impegni dei Visions of Atlantis iniziavano ad essere troppi rispetto al suo lavoro principale). Positività, forza d’animo e voglia di crescere ed esplorare il mondo insieme: da qui il nome Wanderers, da qui la “luce” e la grande carica positiva nelle liriche e nelle tematiche!


125esima Strada: C'è un brano del disco a cui sei più legato? Se sì, perché’

Michele Guaitoli: Beh senza dubbio i due brani che ho scritto io: A Life of Our Own e At the End of the World, semplicemente perché in ogni brano che compone un musicista lascia qualcosa di sé, si crea quindi una sorta di legame affettivo con ognuno dei propri pezzi. Tolti questi, ti confesso che Heroes of the Dawn è un pezzo che mi ha colpito dal primo istante. Sarà la vena leggermente celtica, sarà il ritornello che dal primo ascolto mi è iniziato a girare in testa, sarà la bella storia di fondo, ma è un brano che probabilmente anche se non fossi parte della band ascolterei a ripetizione.


125esima Strada: Com'è lavorare con un regina della musica affermata come Clémentine Dalauney? Ti ci sei trovato bene subito o è servito un po' di assestamento?

Michele Guaitoli: In realtà c’è stata una grande intesa dal primissimo istante. Clemi è una persona molto alla mano ed in generale sono stato accolto da subito non solo da lei, ma da tutta la band, con grande entusiasmo. Oggi posso dirti tranquillamente che siamo una famiglia ed il rapporto che c’è tra me e Clemi è veramente un rapporto fratello/sorella: dalle confidenze, al supporto ai piccoli bisticci che si risolvono sempre. Vocalmente poi uno dei feedback che più spesso riceviamo è che le nostre due vocalità si sposano in maniera naturale ed efficace. Sia dal lato tecnico che estetico mi trovo molto d’accordo: armonicamente ci completiamo e stilisticamente abbiamo delle caratteristiche comuni, dal vibrato alle inflessioni. Paradossalmente è stato veramente facile accostarsi l’uno all'altra musicalmente.


125esima Strada: Una cosa che colpisce dell'album è la copertina: così luminosa e che porta un messaggio di speranza con i due naufraghi che vedono da lontano un vascello che li può portare il salvo. Ci racconti che storia c'è dietro a questa copertina?

Michele Guaitoli: Come ti accennavo nella prima domanda i Visions of Atantis di oggi sono una band ricca di carica, energia e speranze, con tanta… tanta voglia di crescere ed esplorare il mondo, visto che uno dei grandissimi privilegi dati dall'essere musicista è proprio la possibilità di viaggiare e vedere il mondo grazie alla musica. Questo è quello che ci ha spinto a chiamare questo album Wanderers, ossia nomadi, esploratori, persone alla ricerca di sé stessi, curiosi di scoprire. Il tutto ruota poi attorno alla tematica marittima che da sempre pilota l’atmosfera di questa band. Il mare è il nostro ambiente, l’acqua la nostra materia e l’ambientazione “fantasy” relativa al mondo piratesco è alla base di molti pezzi e di molte nostre grafiche. Ovviamente il Kraken in copertina è il simbolo delle paure, del male che attornia la nostra esistenza, ma la luce e la forza d’animo permettono a chi ha il cuore pieno d’amore e di coraggio di potersi salvare da ogni pericolo.


125esima Strada: Parliamo anche della tua ultima fatica: Viridian dei Temperance. Come è nato questo album?

Michele Guaitoli: E’ un disco che ha avuto una gestazione di oltre un anno, anche se in realtà la fase di composizione e registrazione è stata molto più breve. Con Of Jupiter and Moons e con la nuova formazione con me ed Alessia [Scolletti, voce femminile dei Temperance, N.d.A], i Temperance hanno iniziato un nuovo capitolo della loro storia e se per Jupiter ci siamo ritrovati con i brani scritti, Viridian è il primo album dove davvero si può dire di aver lavorato con e per questa line-up. Dalle linee melodiche alla suddivisione delle parti, dalle scelte stilistiche alle scelte armoniche: tutto è nato con in mente la line-up a tre voci, cosa che in Jupiter non solo non era stata possibile, ma l’arrangiamento è stato fatto piuttosto in fretta per questioni di tempistiche. Viridian è nato nel gennaio 2019, ha visto le registrazioni sparse tra febbraio e aprile 2019 e lo sviluppo delle grafiche e del lato “gestionale”si è poi prolungato fino alla release nel gennaio 2020. È tra l’altro il primo disco dove ho avuto la possibilità di scrivere due brani “e mezzo" (Gaia, Let it Beat e Catch the Dream che è stato scritto a quattro mani con Marco).


125esima Strada: A me ha colpito molto la traccia Nanook. Come è nata l'idea di utilizzare un coro di bambini?

Michele Guaitoli: Nanook è anche una delle mie tracce preferite! Anche qui c’è una vena celtica e molta, moltissima musica. Il coro di bambini non è una novità nel mondo Temperance: in The Earth Embraces Us All era già stato usato un coro di bambini per il brano Oblivion. Poter rivivere questa esperienza in Viridian è stato magnifico anche perché per me personalmente è stata la primissima volta in un disco metal. Credimi che vedere 20 giovanissimi intonare le note di un brano della tua band è qualcosa di magnifico, magico e incredibilmente puro.


125esima Strada: Come è nata invece Mission Impossible? Siete particolarmente legati alla saga cinematografica con Tom Cruise? Se sì, perché?

Michele Guaitoli: E’ una storia piuttosto divertente: devi sapere che quando “scriviamo” i brani difficilmente incidiamo le versioni di “pre-produzione” con i testi definitivi: di solito si tende a buttare giù una bozza con parole inventate, falso inglese o addirittura usando testi di altre canzoni giusto per “cantare” qualcosa sulla linea melodica. Il testo arriva sempre in un secondo momento a pezzo finito. Nella versione di pre-produzione di questo brano Marco cantava, nel ritornello, Mission Impossibile…e la cosa ci è piaciuta al punto da voler poi sviluppare il testo finale del pezzo attorno a Mission Impossibile 2, che è un film che a tutti è piaciuto moltissimo. Anche in questo caso, non si tratta di qualcosa di insolito per i Temperance che già nel secondo album - Limitless - avevano imbastito le liriche di Mr.White basandosi sulla serie TV Breaking Bad. Consapevoli di questo trascorso e con uno spirito un po’ “nerd”, ci siamo ripetuti.


125esima Strada: Chi sono i musicisti e cantanti che ti hanno influenzati di più durante la tua carriera?

Michele Guaitoli: Ce ne sono molti, ma alcuni hanno sicuramente cambiato il mio modo di affrontare il canto in generale. Credo ci sia stata una vera e propria evoluzione stilistica in me legata ad alcune figure di rilievo!

Il primo vocalist che va citato per forza è James Hetfield, non tanto per la tecnica ma perché con la sua voce ho iniziato ad appassionarmi davvero all’heavy metal. Ricordo che i brani dei Metallica come per moltissimi musicisti, sono stati quelli che ho provato per primi nella sala prove. Guardavo i loro DVD, ascoltavo a ripetizione i loro pezzi e cercavo di imitare Hetfield nelle mie primissime esperienze canore. Poi, con un altro cliché, è arrivato Bruce Dickinson con gli Iron Maiden… e con loro ho capito l’importanza della tecnica vocale per poter reggere un repertorio impegnativo. A seguire… ma si sa che da ragazzini spesso si cade nei luoghi comuni, mi sono appassionato di Eric Adams e dei Manowar, completando quel terzetto di band per le quali ogni metallaro passa. Credo di poter dire con certezza che il mio vibrato sia figlio di Eric Adams e Bruce Dickinson. Da lì mi sono poi iniziato a “specializzare” un po’ di più, appassionandomi a voci che hanno cambiato pian piano il mio modo di affrontare il canto in maniera più dettagliata. Kai Hansen (Gamma Ray) e Hansi Kursch (Blind Guardian) sono stati due riferimenti fondamentali… poi c’è stato Michele Luppi, non solo come esempio ma anche come insegnante (e gli devo davvero tantissimo), poi Tobias Sammett con i suoi Edguy prima e gli Avantasia dopo, poi Roy Kahn e i Kamelot, Russell Allen ed i Symphony X (nonché gli Adrenaline Mob)…


125esima Strada: E chi sono invece i tuoi preferiti della scena attuale?

Michele Guaitoli: Tuttora ci sono molti vocalist che mi affascinano e da cui cerco di imparare, come si suol dire non si finisce mai di crescere ed apprendere. Russell Allen è ancora uno dei miei grandi riferimenti, ma anche Daniel Gildenlow (Pain of Salvation), Devin Townsend, Tommy Karevik (con cui ho avuto l’onore di andare in tour ben due volte a Settembre 2018 e Marzo 2019… il mondo è pieno di artisti fenomenali e voci pazzesche. La mia speranza è solo di poter un giorno essere anche io d’esempio come tanti lo sono stati per me, e di poter “influenzare” qualcuno come io sono stato influenzato da altri, continuando questa splendida catena di condivisione e passione che è la musica!

lunedì 17 febbraio 2020

Visions of Atlantis - Wanderers Tour, Retorbido 15/2/2020


Che i Visions of Atlantis passassero nel loro tour da così vicino a casa mi sembrava una cosa incredibile. E quindi appena vista nel calendario della band la data di Retorbido ho bloccato l'agenda segnandomi che quella sera ci sarebbe stato uno concerto imperdibile. Aggiungiamo pure che per vedere dal vivo Clémentine Delauney i trenta chilometri che mi separano dal Dagda li avrei fatti pure a piedi e la curiosità di sentire l'udinese Michele Guaitoli era davvero tanta.

Purtroppo mi sono perso le due band di apertura, che chi era presente ha poi raccontato essere di altissimo livello, ma arrivo appena in tempo per l'ingresso su palco del quintetto austro-franco-italiano con il batterista Thomas Caser (unico membro fisso del gruppo dal 2000 ad oggi) a scandire l'intro di Release My Symphony con cui i Visions of Atlantis aprono in concerto. Già dal primo pezzo si capisce che la serata ci regala una piacevole scoperta; perché se è pur vero che la star dell'evento è la regina del symphonic metal Clémentine, ci vuole ben poco a capire che Michele è assolutamente all'altezza della prova e dà subito sfoggio delle sue notevoli doti vocali che gli consentono di passare dalle tonalità basse agli acuti con grande facilità. E con il secondo pezzo New Dawn capiamo tutto: la regina resta la regina, ma qui davanti a noi abbiamo anche il nuovo re del metal sinfonico.

La setlist verte soprattutto sugli ultimi due album, quelli che vedono Clémentine alla voce, con solo tre innesti dal passato, quali la già citata New Dawn e Memento da Delta del 2011 e Passing Dead End da Trinity del 2007.

Clémentine è semplicemente meravigliosa mentre si muove sul palco con una grazia incantevole e mischia come solo lei sa fare potenza e dolcezza. Alla voce fantastica della soprano francese, che innesta spesso tocchi di lirica nel proprio canto, si unisce la potenza e le decisione vocale di Michele che dimostra di essere uno dei migliori al mondo nel suo ruolo. L'intesa tra i due vocalist è perfetta e sembra che cantino insieme da decenni, mentre in realtà hanno un solo album in coppia all'attivo; i due duettano, si amalgamo e si completano alla grande regalando al pubblico un impatto di sonoro di ottima presa.

A metà concerto Clémentine esegue da sola la title track dell'ultimo album e subito dopo questa breve pausa il resto della band risale sul palco per la seconda metà dell'esibizione costellata di pezzi tra i migliori della loro discografia recente come The Deep & The Dark e a A Journey to Remember. Dopo Passing Dead End la band saluta ed esce, ma ovviamente il pubblico raccolto ai piedi del palco chiede un encore che la band regala con In & Out of Love e Return To Lemuria che è forse il brano più noto dei dischi cantati da Clémentine.


Di solito i concerti finisco con l'ultima traccia e i saluti. Ma non questo. Sono solo le 23:30 quando l'esibizione finisce e non c'è fretta di andare via. In un corridoio che porta ai servizi incontro proprio Clémentine che gentilmente accetta di fare una foto e sono talmente shockato che mi rivolgo in inglese anche alla persona a cui chiedo di scattarla con il mio cellulare. Poco dopo anche Michele raggiunge il pubblico nel locale e si ferma a chiacchierare dimostrandosi molto vicino al suo pubblico come se non fosse il cantante di una delle band migliori del mondo ma un nuovo amico che incontri in un locale di musica dal vivo.

È molto difficile togliersi di dosso le emozioni di una serata così, che giorni dopo sono ancora vive e ben presenti. E mente torno a casa nell'autoradio girano ovviamente Wanderers e The Deep & The Dark, e mentre ascoltiamo questi capolavori non resta che sperare che Clémentine, Michele e il resto del gruppo tornino presto da queste parti.

Per ora, grazie ragazzi, un abbraccio!

mercoledì 6 novembre 2019

Tarja - In The Raw

La discografia solista di Tarja Turunen si può facilmente dividere in tre fasi: una prima in cui ha continuato a far rivivere i fasti dei Nightwish delle origini, una seconda iniziata nel 2016 con una svolta verso il pop, e parallelamente alla prime due una terza in cui ha inciso dischi di musica classica e lirica. Il nuovo In The Raw si colloca sicuramente sulla strada pop iniziata con gli album The Brightest Void e The Shadow Self di tre anni fa; questo disco contiene infatti dieci tracce sempre più lontane dal symphonic metal degli esordi ma pur sempre di ottima fattura, ricche di spunti e di commistioni interessanti.

L'album si apre con Dead Promises che vede come ospite Björn Strid dei Soilwork, il pezzo era stato pubblicato prima dell'uscita dell'album accompagnato da un video e la scelta è incomprensibile, visto che si tratta dell'unica traccia dell'album che ci saremmo volentieri risparmiati. Fortunatamente il passo falso è presto dimenticato grazie alla bellissima e Goodbye Strangers che vede come ospite Cristina Scabbia dei Lacuna Coil che in questo brano mette il luce doti canore che non emergono praticamente mai nelle sue produzioni con il gruppo milanese, e ovviamente viene da chiedersi perché servisse Tarja per tirare fuori il meglio dalla nostra Cristina.

Il resto del disco propone una predominanza di brani leggeri e di facile ascolto, come Tears in Rain, Serene e Shadow Play. Tra i pezzi migliori del disco troviamo anche You and I e Railroads in cui Tarja regala qualche tocco di canto lirico nei ritornelli. Nell'album sono presenti anche due pezzi molto più lunghi degli altri. Il primo di essi è la bellissima ballad The Golden Chamber, una lunghissima ballad con influenze new age in cui per circa tre minuti Tarja esegue un maestoso vocalizzo, per la restante parte il pezzo ha solo due strofe di cui la seconda il finlandese. Il secondo pezzo che supera i sette minuti è Spirits of the Sea, anch'essa lentissima e ricca di suggestioni new age. Completa l'album Silent Masquerade che vede la presenza come ospite di Tommy Karevik, vocalist dei Kamelot e dei Seventh Wonder, che duetta con Tarja eseguendo le voci basse mentre la soprano fa quelle alte.

In sintesi, In The Raw è l'ennesimo capolavoro di questa straordinaria artista che in oltre due decadi non ha mai sbagliato un colpo. Con questo disco Tarja conferma la sua straordinaria ecletticità, non solo come interprete ma anche coma autrice perché fino ad ora non aveva mai sconfinato nel new age. mentre questa volta l'ha fatto e con ottimi risultati. In The Raw è sicuramente uno degli album migliori di questo 2019 ed è anche uno dei migliori lavori di una cantante che non smette mai di stupire.

martedì 3 settembre 2019

Visions of Atlantis - Wanderers

È passato solo un anno e mezzo dall'ultima uscita discografica dei Visions of Atlantis, con The Deep & The Dark del 2018, e la band austriaca ha già pubblicato un nuovo lavoro in studio intitolato Wanderers per il quale la formazione del gruppo vede una nuova modifica, con l'ingresso dell'italiano Michele Guaitoli, già vocalist dei Kaledon e dei Temperance, che sostituisce Siegfried Samer e affianca la voce della soprano francese Clémentine Delauney.

In questo nuovo album la band ripropone la propria formula collaudata che prosegue sulla strada battuta da The Deep & The Dark con basi potenti a cui si sommano le voci dei due eccezionali vocalist che si completano, si amalgamano, si rincorrono e spesso duettano con Clémentine a fare le voci alte e Michele quelle basse. Il suono che ne risulta è un symphonic metal patinato e melodico, con forti venature di AOR ottantiamo e che convince e rapisce già al primo ascolto.

Il disco è composto da tredici tracce e si apre con l'epica e lunghissima Release My Symphony che dà un primo assaggio di ciò che si troverà nel resto dell'album con Clémentine che nel finale aggiunge qualche tocco di canto lirico. La continuità con i lavori passati della band è sottolineata dalla traccia successiva Heroes of the Dawn che contiene un'autocitazione da Return to Lemuria dell'album precedente (che a sua volta si ispirava a Lemuria dell'album Cast Away del 2004) e che così come quest'ultima è ricca di fiati che danno un'atmosfera fiabesca al pezzo.

Nel complesso l'album presenta un buon equilibrio tra pezzi energici e quelli lenti. Tra i momenti più melodici troviamo le ballad Nothing Last Forever e Into the Light cantante da entrambi i vocalist e la title track caratterizzata da una strumentazione minimale e cantanta dalla sola Clémentine. Tra i pezzi migliori del disco spiccano sicuramente quelli in cui le influenze AOR sono più marcate, come le energiche A Life or Our Own e At the End of The World, oltre a To The Universe che è il brano che mostra più degli altri l'ottima mescolanza vocale dei due cantanti e che è anch'esso impreziosito da alcuni accenni di canto lirico nei ritornelli.

Chiude il disco la cover di In and Out of Love del DJ olandese Armin van Buuren originariamente affidata alla voce di Sharon Den Adel e che in questo caso è interpretata da Clémenetine che surclassa la collega quanto a potenza, espressività e per quanti diversi colori sappia dare al proprio canto.

Wanderers è in sintesi un ottimo album, fresco e divertente, che fa esattamente ciò che deve fare, cioè regalare un ora di metal melodico che trae la propria forza principale dalle voci straordinarie dei due vocalist che nonostante siano al loro esordio insieme sembrano già una coppia navigata ed affiatata. E se era già ben noto che Clémentine fosse una delle migliori autrici e interpreti al mondo, la sua collaborazione con Michele funziona alla grande e se le premesse delle nuova coppia sono queste siamo sicuri che i Visions of Atlantis abbiano un futuro ancora più roseo del loro già glorioso passato.

mercoledì 5 dicembre 2018

Nightwish Decades: World Tour - Assago, 4/12/2018

Avevo comprato il biglietto il 28 dicembre 2017, un anno prima. E vista l'attesa era ovvio che le aspettative fossero alte. Ma è bastato l'inizio con la melodia di Swanheart suonata da Troy Donockley alle uilleann pipes, prima ancora che il resto della band uscisse dai camerini, per capire che sarebbe stato un concerto memorabile, uno di quelli in cui sei dei migliori musicisti del mondo mettono al lavoro le loro capacità combinandole e creando insieme qualcosa di unico.

Credit: Francesco Prandoni
Il sestetto è salito sul palco poco prima delle 21 e il concerto è partito subito fortissimo con Dark Chest of Wonders seguita a ruota da Wish I Had An Angel e 10th Man Down. L'inizio del concerto è condito da lanci di fiamme sparate dall'apposita strumentazione posta appena davanti al palco e ad ogni uscita di fuoco il calore si sente forte anche sugli spalti, come se non bastasse il caldo infernale del Forum che contrasta non poco con la fredda serata di fine autunno che si vive all'esterno. Fin dalle prime note Floor domina la scena, ben consapevole delle sue doti canore e della sua fisicità che comunque l'aiuta parecchio, del resto nonostante il tacco non troppo alto sovrasta in altezza tutti i suoi cinque colleghi. Il Decades: World Tour serve a celebrare i vent'anni di attività del gruppo e la setlist viene adeguata di conseguenza, con pezzi presi da ogni album della discografia del gruppo. I più rappresentati sono Once, con quattro pezzi, e ovviamente Oceanborn e Wishmaster con tre pezzi ciascuno. Holopainen ci regala anche un piccolo mash-up tra due pezzi di Oceanborn quando inserisce uno snippet di Stargazers in Sacrament of Wilderness.

Credit: Francesco Prandoni
I pezzi suonati dal vivo sono generalmente più energici delle registrazioni in studio, spostando un po' l'equilibrio dei suoni verso quelli più duri; comunque non viene meno il connubio tra sonorità pesanti e melodia che è il segno distintivo dei Nightwish che restano in ogni caso gli inventori del metal sinfonico. Un tocco di musica nordica viene aggiunto in alcuni pezzi da Donockley che oltre alla chitarra suona le uilleann pipes e il tin whistle creando così la mescolanza musicale che da sempre contraddistingue questo gruppo.

Floor dialoga con il pubblico come solo lei sa fare, invitando la folla a cantare e a tenere il tempo con urla sincronizzate. Il pubblico la ripaga come merita seguendola in ogni mossa e sostituendosi a lei nel cantare i ritornelli di Élan e di Nemo. La frontwoman non perde un attimo nel dimostrare le proprie incredibili doti vocali, sia per estensione che per potenza che per la naturalezza con cui cambia stile adattandolo ad ogni pezzo, e proprio questo dimostra che Floor è la più completa tra le tre cantanti che si sono avvicendate in questo ruolo, sapendo interpretare perfettamente sia i pezzi scritti per Tarja che quelli scritti per Anette Olzon.

Nei duetti con Marco Hietala i due si amalgamano con grande maestria, con Marco che esegue le seconde voci nella maggior parte dei pezzi, ma i due si scambiano di ruolo ogni volta che Hietala interpreta le voci principali.

Il lato canoro non è comunque l'unico in cui Floor (in una serata semplicemente perfetta) si muove alla grande, la sua capacità di tenere la scena è straordinaria mentre si muove sul palco con una grazia incantevole quando non canta ed esibendosi spesso in lunghi head banging in cui fa roteare la sua voluminosa chioma.

Credit: Francesco Prandoni
Quando Tuomas Holopainen inizia a suonare The Greatest Show on Earth appare chiaro che il concerto sta volgendo al termine e guardando l'orologio ci si accorge che sono passate quasi due ore anche se si ha l'impressione che siano passati pochi minuti, tanto l'esibizione dei Nightwish è stata bella e coinvolgente. La lunga composizione che chiude il più recente album viene inframezzata da Ghost Love Score appena prima dei saluti finali in cui la band ringrazia il pubblico per l'affetto e il pubblico ricambia e ringrazia per l'ottimo show.

Uscendo dal Forum e prima di rituffarsi nella fredda serata della periferia milanese resta un solo rimpianto, cioè la consapevolezza che il concerto avrebbe potuto essere prolungato all'infinito perché ogni pezzo della discografia di questo straordinario gruppo meritava di entrare nella setlist di un tour commemorativo. E mentre si torna a casa, appena superato il casello di Assago nell'autoradio non può che girare Decades, l'ultima compilation del gruppo, e riascoltando o i pezzi appena ascoltati anche live non resta che sperare che il prossimo disco con Floor alla voce non si faccia attendere troppo e che il prossimo tour riporti presto i Nightwish a Milano.

lunedì 30 aprile 2018

Phantom Elite - Wasteland

Il primo album dei Phantom Elite ha avuto una gestazione molto lunga, con il primo singolo Siren's Call pubblicato nell'estate del 2016 e il secondo Wasteland un anno dopo; per ascoltare l'album per intero è stato però necessario aspettare fino all'aprile del 2018 quando l'LP che porta il titolo del secondo singolo è stato finalmente pubblicato.

Nonostante la band sia un nome nuovo nel panorama metal mondiale, i suoi membri non sono certo degli esordienti. Il gruppo è stato infatti fondato dal chitarrista olandese degli After Forever Sander Gommans con i musicisti che compongono la band che segue dal vivo gli HDK (una delle formazioni collaterali della lunga e varia attività di Gommans) composta dai chitarristi Goof Veelen e Ted Wouters e dal batterista Eeelco van der Meer. Alla voce i Phantom Elite possono vantare la presenza della brasiliana Marina La Torraca, che è una delle migliori interpreti del metal sinfonico di ogni tempo e che dà un tocco personale e unico all'ottimo primo album di questa inedita formazione. Oltre che essere la voce dei Phantom Elite, Marina milita anche nel supergruppo vocale Exit Eden ed è anche la cantante dei rumeni Highlight Kenosis, e se con questi ultimi mostra il lato più delicato della sua voce, nei Phantom Elite tira fuori tanta grinta e tanta rabbia.

Il disco è composto da dodici tracce che offrono un symphonic metal che unisce la durezza del suono delle chitarre alla straordinaria voce della vocalist che (non che ce ne fosse bisogno) dimostra le due doti incredibili traccia per traccia confermandosi a pieno titolo una delle regine del genere. Il disco vede una preponderanza di brani energici, ma non mancano momenti più raccolti. L'album parte fortissimo proprio con Siren's Call in cui Marina attacca a cantare a secco per essere subito raggiunta da poderosi riff di chitarra; il secondo pezzo Rise With The Dawn continua su ritmi sostenuti con il suolo martellante delle chitarre che apre il brano prima che Marina attacchi la prima strofa.


Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente i due singoli che hanno anticipato l'uscita dell'album, in particolare la title track mostra al meglio la potenza e l'estensione della voce della cantante. Tra i momenti più energici spiccano anche Every Man For Himself ricca di sonorità vicine al grunge e Spectrum of Fear che offre qualche influenza di rock ottantiano. Una menzione particolare merita anche anche la bellissima e unica Revelation che si distingue dalla restanti tracce per il poderoso coro che accompagna la voce della cantante e che avvicina i Phantom Elite a sonorità più affini a quelle di gruppo come gli Xandria. Tra i pezzi più raccolti troviamo la ballad Above The Crowd e due lenti acustici fatti con solo voce e chitarra quali Astray e la traccia di chiusura Serenade Of The Netherworld, che mostrano un lato più dolce e meno aggressivo della voce dell'ottima cantante di questa band.

L'album di esordio dei Phantom Elite ripaga appieno la lunga attesa, realizzando quello che sarà uno dei migliori dischi di metal sinfonico di quest'anno. Del resto basta guardare il curriculum del fondatore e quello della cantante per non restare sorpresi: basta anche solo la voce di Marina La Torraca a trasformare una buona idea in un album memorabile.

domenica 25 febbraio 2018

Visions of Atlantis - The Deep & The Dark

A due anni di distanza dall'EP Old Routes - New Waters tornano gli austriaci Visions of Atlantis con il primo album in studio realizzato con i due nuovi cantanti Siegfried Samer e Clémentine Delauney. Il nuovo album si intitola The Deep & The Dark ed è composto da dieci tracce che ripropongono la formula classica dei Visions of Atlantis con un symphonic metal melodico e ricco di venature di AOR ottantiano basato su un sapiente accostamento tra la forza delle chitarre e il suono morbido delle tastiere a cui si uniscono le voci dei due vocalist, con il canto di Siegfried in tipico stile power metal e Clémentine a fare da vero punto di forza di questo insieme.

L'album si apre con la potente title track cantata interamente dalla soprano francese che dà subito prova della potenza ed estensione della sua voce. Tra i brani più energici troviamo anche Ritual Night in cui di nuovo Clémentine sfoggia il meglio della sua forza vocale, Dead Reckoning e Words of War che è la traccia del disco in cui i rimandi agli anni 80 sono più netti. Restando sui brani forti spiccano anche The Silent Mutiny che è il pezzo più duro del disco il cui le chitarre prendono il sopravvento sulle tastiere e Book of Nature che presenta sonorità mediorientali che tendono verso l'oriental metal, genere nel quale Clémentine si era già cimentata partecipando come ospite all'album Tales of the Sand dei tunisini Myrath.

Il disco contiene anche tre pezzi più melodici. Il primo di essi è l'epica Return to Lemuria che riprende in parte la melodia di Lemuria dall'album Cast Away del 2004 quando i vocalist del gruppo erano Mario Plank e la compianta Nicole Bogner. Tra i brani più melodici troviamo anche The Grand Illusion che è uno dei pezzi migliori dell'album anche perché Clémentine fa un uso più esteso del canto lirico che è quasi assente nel resto dell'album e oltre che in questo brano compare solo nei ritornelli di Return to Lemuria e Dead Reckoning. Nel disco sono presenti anche due ballad: The Last Home, cantata dalla sola Clémentine e realizzata con voce e tastiera fino all'ultimo ritornello in cui si aggiunge il resto della strumentazione, e Prayer to the Lost, anch'essa cantata solo dalla soprano.


Con The Deep & The Dark i Visions of Atlantis realizzano un altro ottimo album, il sesto della loro carriera, che prosegue degnamente la scia dei precedenti e che dà una lezione tanto importante quanto semplice: se si ha nel gruppo un talento naturale come quello di Clémentine Delauney diventa tutto facile e il disco che ne risulta non può che essere di ottima qualità. Il gruppo esce da questa prova a testa altissima, realizzando il loro ennesimo album memorabile.