lunedì 25 febbraio 2019

Bo Diddley - The London Bo Diddley Sessions

Dopo Howlin' Wolf, Muddy Waters, B.B King e Chuck Berry, anche Bo Diddley all'inizio degli anni 70 decise di realizzare un album nella capitale del Regno Unito, avvalendosi della collaborazione di alcuni tra i migliori musicisti inglesi dell'epoca per mischiare la propria produzione alle sonorità del blues bianco europeo.

Il risultato di questa mescolanza è stato pubblicato nel 1973 con il titolo di The London Bo Diddley Sessions. L'album è composto da nove tracce che offrono un perfetto connubio di blues, rock e funk ricco di strumenti a fiato e di percussioni atipiche come conga e tamburello. Nella formazione di musicisti che hanno realizzato il disco non si trovano nomi di spicco, contrariamente a quelli dei quattro colleghi di Bo Diddley che hanno realizzato prima di lui album londinesi, ma questo non inficia minimamente la qualità della musica, che al contrario rimane ottima e fresca per tutta la durata dell'LP.

Il disco parte con uno dei propri pezzi migliori con Don't Want No Lyin' Woman sostenuto da un ritmo incalzante e che offre un portentoso duetto tra Bo Diddley e la vocalist Cookie Vee, che presta la sua voce anche in Going Down e Sneakers on a Rooster). Il disco prosegue con una nuova versione di Bo Diddley (pezzo che porta il nome stesso dell'autore inciso inizialmente in 45 giri nel 1955) dal testo diverso rispetto alla versione originale.

La seconda metà dell'album propone pezzi più orientati al funk, come Husband-In-Law, Do the Robot e Get Out of My Life. Tra le tracce migliori troviamo anche la strumentale Bo-Jam, basata interamente sulla chitarra suonata dallo stesso Bo Diddley, e la già citata Sneakers on a Rooster in cui il piano suonato da Tennyson Stephens duetta con la sezione dei fiati e che vede di nuovo Cookie Vee affiancare Bo Diddley alla voce.

Nonostante in rete si legga spesso che The London Bo Diddley Sessions è stato registrato per la maggior parte a Chicago con solo qualche traccia registrata a Londra per giustificare il titolo, il booklet della versione in CD riporta invece che solo Going Down, Husband-In-Law e Sneakers On A Rooster sono state incise nella metropoli dell'Illinois e che la maggior parte dei pezzi è stata incisa proprio a Londra. In ogni caso, questo The London Sessions è un ottimo esempio di commistione di tra le scene musicali dei due lati dell'Atlantico di inizio anni 70. L'album ha un suono innovativo e divertente, non conosce momenti bassi e si ascolta con piacere per tutta la sua durata ed una delle tante pietre miliari del blues e del rock 'n' roll realizzate da questo straordinario musicista.

martedì 19 febbraio 2019

Leize - Deriva

A poco più di tre anni dal precedente Cuando Te Muerden tornano i baschi Leize con un nuovo album in studio intitolato Deriva. Rispetto al disco precedente la formazione della band vede una sola modifica, con l’ingresso del chitarrista Mikel Lazkano in sostituzione di Patxi Carrasco che è stato uno dei fondatori della band nel lontano 1982.

Per questo nuovo lavoro i Lezie ripropongono il proprio marchio di fabbrica senza distanziarsi molto dal modello originale, proponendo quindi un rock urbano (sottogenere del rock spagnolo) fatto di basi hard rock grezze ed essenziali e testi che parlano di tematiche sociali, relative soprattutto alla vita delle classi più povere.

Il nuovo album, così come i precedenti, è composto da sonorità ruvide, dirette e sanguigne e dal canto aspro del vocalist Felix Lasa a cui spesso si aggiungono i tre musicisti in poderosi cori, soprattutto nei ritornelli. Tra le dieci tracce del disco si trova ovviamente una predominanza di pezzi veloci; ritmi più lenti si trovano nell'unica ballad Calle 38 e nella melodica Dame Tu Mano contraddistinta da un coro sul ritornello particolarmente ricco.

Il disco vede anche la presenza di due ospiti. Il primo di questi è il chitarrista degli Avalanche (che in passato ha militato anche nei Mägo de Oz) Jorge Salán che partecipa alla grintosa Mi Lugar, pezzo più trascinante del disco grazie proprio all'energico suono della chitarra e anche al coinvolgente ritornello. Inoltre Alberto Marin è ospite in No Me Da La Gana che si avvicina notevolmente al metal grazie proprio alla partecipazione del chitarrista degli Ankhara.

Tra i pezzi migliori troviamo sicuramente anche la potente traccia di apertura Castigo e Dime Lo Que Quieres che si distingue per un ritmo vicino al punk e per le atmosfere generalmente più leggere rispetto al resto del disco.

Con questo nuovo album i Leize realizzano l’ennesima gemma di rock della loro discografia che è purtroppo sconosciuta al di fuori del loro paese, nonostante la qualità non manchi e al contrario è sempre rimasta alta in tutte le loro produzioni. E’ un vero peccato che questa ottima band goda di così poca considerazione al di fuori della Spagna, per ora non resta che sperare che Deriva serva a regalare loro un po’ di visibilità in più oltre ai confini iberici.

martedì 12 febbraio 2019

La discografia solista di Freddie Mercury

Il nome di Freddie Mercury è indissolubilmente legato a quello dei Queen, eppure durante la ventennale carriera del quartetto, il vocalist riuscì a realizzare numerose incisioni soliste trovando spazio nella fitta discografia del gruppo.


In realtà la prima registrazione solista di Freddie Mercury risale a prima ancora che i Queen si formassero con il singolo I Can Hear Music realizzato con lo pseudonimo di Larry Lurex. Il 45 giri conteneva la cover dell’omonimo brano delle Ronettes (portato al successo anche dai Beach Boys) e come B-side la cover di Goin’ Back di Gerry Goffin e Carole King. Tuttavia al progetto di Larry Lurex presero parte anche Brian May e Roger Taylor ed è quindi forse più corretto considerare il disco come la prima incisione della band che si stava formando, piuttosto che un disco solista di Freddie Mercury

La prima incisione solista di Freddie Mercury dopo l’esordio discografico dei Queen risale al 1984 con il brano Love Kills realizzato per la colonna sonora di Giorgio Moroder del leggendario film muto Metropolis del 1927. L’anno seguente Freddie realizzò quello che resta tuttora il suo unico album solista dal titolo Mr. Bad Guy. L’album contiene tutti i pezzi più celebri della discografia solista del cantante, come la title track, I Was Born to Love You, Foolin’ Around e Your Kind of Lover. Ciò che distingue maggiormente questo album dalle incisioni dei Queen è che le basi sono generalmente più semplici, le chitarre hanno un ruolo meno predominante e le sonorità si allontanano dal rock per muoversi verso il pop o la disco, come testimoniato da pezzi come Let’s Turn it On o Living On My Own. Nel disco troviamo anche un esperimento di reggae con My Love Is Dangerous e non mancano ballad più tradizionali come Made in Heaven, Love Me Like There's No Tomorrow e There Must Be More To Life Than This.

Due tracce di questo album, Made in Heaven e I Was Born to Love You, furono poi inserite nell’ultimo album dei Queen con Freddie Mercury alla voce, cioè il postumo Made in Heaven del 1995. Per l’occasione la band reincise le basi rendendole più simile allo stile dei Queen grazie ad arrangiamenti più vicini al rock.

L’anno seguente Freddie prestò la voce a due tracce nel concept album Time di David Clark, la title track e In My Defence, due power ballad di ottima fattura che mettono perfettamente in luce le straordinarie doti canore del cantante. Nel 1987 Freddie Mercury realizzò un altro dei suoi singoli più celebri, la sontuosa cover di The Great Pretender dei Platters il cui B-side è l’altrettanto celebre Exercises In Free Love. Come dice il titolo stesso questa seconda traccia è un esercizio canoro in cui Freddie esegue un vocalizzo, su una base suonata al piano da Mike Moran, imitando una voce da soprano, il pezzo fu infatti immaginato per la voce di Monserrat Caballé con cui l’anno seguente avrebbe inciso Barcelona.

Barcelona resta la più celebre incisione di Freddie Mercury senza i Queen, l’album è composto da otto tracce che coniugano sapientemente le capacità vocali di questi due incredibili cantanti così diversi ma che si amalgamano benissimo. Oltre alla title track, scritta per celebrare le Olimpiadi di Barcellona del 1992, il disco contiene altri capolavori realizzati con lo stesso stile, come La Japonaise in cui i due cantano anche in giapponese, The Golden Boy impreziosita dalla presenza di un corposo coro gospel e How Can I Go On che vede la presenza di John Deacon al basso.

L’LP realizzato con Monserrat Caballé fu anche l’ultima pubblicazione di Freddie Mercury senza il resto del Queen prima della sua morte sopraggiunta nel 1991. Dopo il decesso del cantante sono state pubblicate molte compilation che raccolgono i suoi successi solisti, la prima di esse è The Freddie Mercury Album del 1992 che contiene sette remix di pezzi già editi più le versioni originali di Barcelona, Love Kills, Exercises in Free Love e The Great Pretender. Nel mercato americano la compilation fu sostituita da un’altra intitolata The Great Pretender in cui anche la title track e Love Kills sono in versioni remixate, il disco presenta anche una versione diversa di Mr. Bad Guy, manca Barcelona e al suo posto si trova un remix di My Love Is Dangerous. Inoltre vi si trovano due versioni di Living On My Own.

L’anno seguente fu pubblicata una compilation di soli sei pezzi intitolata Remixes, che come dice il titolo stesso contiene dei remix dei pezzi pubblicati da Freddie in vita. Tra le tracce del disco si trovano due versioni di Living on My Own (una delle quali è stata pubblicata anche in singolo) e una versione hard rock di My Love is Dangerous (la stessa pubblicata sulla compilation The Great Pretender) che si allontana tantissimo dalla versione contenuta su Mr Bad Guy.

Nel 2000 fu pubblicata la raccolta The Solo Collection composta da dodici dischi che contiene tutti i singoli completi di B-side, demo e versioni inedite. Nel 2006 uscì la compilation doppia Lover of Life, Singer of Songs che contiene nuove versioni di Love Kills e Living on My Own oltre a una demo di Mr. Bad Guy mai pubblicata prima. Nel 2016 fu data alle stampe quella che è ad oggi l’ultima raccolta dedicata all’attività solista di Freddie Mercury dal titolo Messenger of the Gods: The Singles che ha il merito di recuperare un altro pezzo fino ad allora inedito: la versione di Exercises in Free Love cantata da Montserrat Caballé.

Vista l’ampia mole di bootleg e la lunga lista di pezzi mai pubblicati, è molto probabile che la discografia solista di Freddie Mercury non si esaurisca qui e che in futuro possano emergere altre registrazioni. Nel frattempo non resta che ascoltare quelle pubblicate fino ad oggi, in cui Freddie Mercury ha dato più spazio alla propria creatività creando spesso sonorità molto lontane da quelle che ha realizzato con il resto del suo celebre quartetto ma ovviamente altrettanto geniali e memorabili.

lunedì 4 febbraio 2019

Intervista ai Cayne

I milanesi Cayne sono una delle realtà più interessanti del gothic metal italiano, in attività da due decenni hanno realizzato durante la loro carriera tre album e due EP. Per parlare del loro album più recente Beyond The Scars e di molto altro, i Cayne hanno accettato la nostra richiesta di un'intervista che pubblichiamo di seguito.

Ringraziamo i Cayne per la loro cortesia e disponibilità


125esima Strada: Iniziamo parlando del vostro nuovo album Beyond The Scars. Come sono nati i pezzi dell’album? Cosa c’è dietro la nascita di questo disco?

Cayne: Innanzi tutto grazie di darci la possibilità di parlare di noi e del nostro ultimo lavoro.

Questo album nasce innanzitutto dalla nostra forte passione per la musica che, complice una forte motivazione a trovare riscatto dalle molte avversità che abbiamo dovuto attraversare (come band così come nelle nostre vite private), è sfociata in una nuova fase creativa che ci ha coinvolti tutti quando ci siamo ritrovati in sala prove per lavorare sulle idee che ognuno di noi aveva preparato da solo a casa.

A differenza del passato c’è stato molto più lavoro corale sulla stesura delle parti musicali, mentre la stesura dei testi è stata affidata interamente a Giordano [Adornato, cantante dei Cayne N.d.R.]. Ci siamo presi il tempo necessario per lavorare più a lungo tutti insieme sulla maggior parte delle partiture e sugli arrangiamenti, inserendo ognuno di noi il proprio gusto e le proprie emozioni.

Se da un lato all'inizio eravamo emozionati e un po’ spaventati, devo dirti che mano a mano che il lavoro procedeva, il nostro entusiasmo cresceva sempre di più e i timori iniziali si sono subito dileguati. Tutto questo ha creato un clima di affiatamento e di intesa mai sperimentati prima (prima si lavorava molto di più stand alone, scambiandoci i file via mail).

Sembra una frase fatta ma credimi, non è così. Siamo molto soddisfatti del risultato finale, ottenuto dall'affiatamento e grazie alla produzione affidata a Diego Minach (il nostro chitarrista) che ha saputo cogliere da tutti noi il meglio, lasciandoci "sperimentare” e mettendoci a nostro completo agio durante tutte le fasi delle recording sessions. E’ stato veramente stimolante e gratificante e tutto questo è stato interamente riversato nelle tracce: credo che questo “flusso positivo” si percepisca durante l’ascolto dell’album.


125esima Strada: All'interno dell’album ci sono pezzi a cui siete più legati? Se sì, perché?

Cayne: In realtà per vari aspetti siamo ovviamente legati ad ognuno dei dodici pezzi che compongono Beyond The Scars, perché ognuno di essi racconta un po’ di noi e delle nostre “visioni”, c’è dentro tanto lavoro e molta passione. Se dovessimo però citare alcuni brani ai quali siamo più legati ti direi sicuramente la opening track, No Answers From The Sky perché lo abbiamo sviluppato partendo da un arpeggio che ci ha lasciato Claudio [Leo, ex chitarrista e fondatore della band, scomparso nel 2013 N.d.R.] e che fino ad ora non avevamo ancora trovato il giusto equilibrio emotivo per riprendere e finalmente sviluppare.

Poi senza dubbio The Asylum Of Broken Hope che è nata da Diego e che, quando ce la fece sentire la prima volta in sala prove, ci fece capire che avevamo finalmente ritrovato il giusto feeling tra di noi e che eravamo pronti per tuffarci nella meravigliosa avventura della scrittura del nuovo album.


125esima Strada: Parliamo anche di qualcosa di più vecchio. Uno dei miei pezzi preferiti dei Cayne è Little Witch; qual è la storia di questo brano?

Cayne: La parte musicale è nata da un arpeggio di Claudio Leo che è stato poi completato con tutta la band in sala prove. La melodia della parte cantata e il testo è stato scritto da Giordano (come tutti i testi dei nostri album) e parla sostanzialmente di una bellissima e morbosa “gothic girl”, una piccola irresistibile streghetta sexy che ti rende schiavo del suo fascino.


125esima Strada: Come è nata l’idea di usare il violino nel metal? Secondo me è un’ottima scelta che crea un bellissimo effetto, ma mi sembra anche una scelta molto singolare.

Cayne: Sì, è sicuramente una scelta singolare, anche se non del tutto inedita, ma le sonorità del violino che si mischiano e si contrappongono ai “classici” solo di chitarra creano una miscela sonora affascinante e che non passa certamente inosservata. Quindi direi che è nata dalla volontà di provare a creare nuove sonorità e di portare qualcosa di nuovo che esca un pochino dei soliti cliché di genere.


125esima Strada: Non avete mai pensato di cantare in italiano? Potrebbe essere un esperimento interessante, non siete d’accordo?

Cayne: In realtà non ci abbiamo mai seriamente pensato, come dici tu potrebbe forse essere un esperimento interessante… chissà magari potremmo osare in futuro e diventare, che ne so, i nuovi Litfiba o Timoria. Eheheheh.

No, a parte gli scherzi credo sia più difficile riuscire ad amalgamare il nostro sound con le sonorità tipiche della nostra lingua… per ora alcuni di noi a volte si cimentano a cantare qualcosa in italiano durante i sound check delle voci prima di un live, ma questo è solo per puro divertimento ;-)


125esima Strada: Chi sono i musicisti di ogni tempo che vi hanno influenzato di più?

Cayne: Le influenze arrivano veramente da ogni tipo di genere e da ogni tipo di musicisti: siamo tutti ovviamente fan dei classici gruppi rock, hard rock e metal che inevitabilmente ci portiamo nel nostro background, poi ognuno di noi ha le sue influenze che vanno dalla classica al prog, al metal estremo passando per elettronica, folk, pop, fusion e per qualunque tipo di buona musica esista. Ahahahah.

Ognuno di noi ha poi propri “eroi” tipo Plant, Coverdale, Steve Vai, Satriani, Paco de Lucia, Tommy Emmanuel, Marc Wood, Steve Harris, Jaco Pastorius (giusto per citarne qualcuno). Tutte queste influenze variegate e provenienti da ogni genere vengono inconsciamente rielaborate ed amalgamate insieme, contribuendo a dar vita al sound dei Cayne.


125esima Strada: E nella scena musicale attuale chi sono i vostri preferiti?

Cayne: Sono tantissimi, ci piace ascoltare qualunque nuova band che proponga buona musica e che riesca a catturare la nostra attenzione, non necessariamente dal punto di vista della tecnica, ma soprattutto che sappia trasmetterci emozioni. Se devo citarne qualcuna tra le ultime band, in senso temporale, che ci piacciono ti direi Blackberry Smoke, Katatonia, Rival Sons, Vola, Ghost, Haken, Monuments, White Lies, e un sacco d’altri, ahahahah.


125esima Strada: Cosa pensate dello stato di salute del rock in Italia al giorno d’oggi?

Cayne: Direi che il “rock” nel senso più lato del termine ancora funziona e anzi, per alcuni versi, è pure molto “di moda” (mi vengono in mente i sold out di mega band tipo AC/DC o Metallica). Se pensi alla situazione in Italia ci sono tantissime band là fuori nascoste per lo più negli scantinati e nelle sale prove, alla ricerca di una posto dove potersi esprimere e confrontarsi. La vera difficoltà che vediamo sta nella possibilità di trovare luoghi dove potersi esibire e nella difficoltà di riuscire ad arrivare al pubblico, nel senso che sembra che ci sia molto meno seguito per le realtà meno conosciute o, per così dire, dell’underground. Non sono in grado di dirti quali siano le cause, sicuramente un insieme di fattori concomitanti che limitano molto le possibilità di riuscire a farsi conoscere.


125esima Strada: Parliamo di tecnologie. Cosa pensate dell’uso di internet per diffondere la musica?

Cayne: Se da un lato la diffusione di piattaforme tipo Deezer o Spotify, giusto per citarne solo alcune, ha consentito a chiunque di poter rendere disponibile la propria musica praticamente a tutti creando “l’illusione” di poter essere visibili al mondo intero, di fatto se non ci sono a supporto campagne di marketing e targetizzazione mirate (e costose) equivale ad essere un granello di sabbia in un oceano. E’ molto difficile che qualcuno che non ti conosca direttamente o per passaparola possa arrivare alla tua musica, anche se playlist e comunanza di generi possono in piccola parte veicolare fino a te l’ascoltatore che ha gusti affini alla tua proposta.

Per non parlare poi delle royalties che sono praticamente pari a zero: a una band non mainstream (per non dire sconosciuta) queste piattaforme non restituiscono praticamente nulla in termini di proventi dovuti come diritti di copyright sulla diffusione della propria musica. Se a questo poi si aggiunge che le quote devono essere spesso ulteriormente ripartite tra editore, compositore ed autore non resta praticamente nulla.


125esima Strada: Cosa avete in serbo per il futuro? Quando potremo ascoltare il vostro prossimo album?

Cayne: Per ora vorremmo trovare nuovi canali e circuiti che ci possano far conoscere a nuovi possibili fan e continuare la promozione di Beyond The Scars. Per un nuovo album è ancora presto per dire quando sarà pronto, abbiamo da parte alcune idee che sono a livello embrionale e che svilupperemo con la dovuta calma tutti insieme in sala prove, così come abbiamo fatto con Beyond The Scars e il risultato a noi è piaciuto tanto, e speriamo sia cosi anche per chi lo ascolterà.

Grazie ancora e stay addicted to Cayne! ;-)