Sotto al nome Amadeus Awad's Eon si cela il duo libanese composto dal chitarrista Amadeus Awad e dal cantante Elia Monsef che sono anche autori delle musiche e dei testi dei loro dischi. Nel 2013 gli Amadeus Awad's Eon hanno dato vita alla metal-opera The Book of Gates, ambientata nell'antico Egitto, che narra una storia di tradimento e di ritorno dai morti interpretata da vocalist di grande spessore. Il faraone è infatti interpretato da Russell Allen, una delle voci delle più potenti e apprezzate del panorama metal attuale, la regina dalla straordinaria Amanda Somerville e il negromante proprio da Elia Monsef.
Come è lecito aspettarsi dalla tematica trattata e dalla provenienza dei due autori, l'album è riconducibile al filone dell'oriental metal, con melodie tipiche del power metal arricchite di sonorità magrebine e mediorientali. Non a caso tra i musicisti troviamo anche Elyes Bouchoucha, tastierista dei Myrath, una delle migliori band mondiali di questo genere.
Il disco è composto da quattro tracce più tre bonus track tratte da un album precedente di Amadeus Awad. Il brano di apertura è intitolato Visions e dopo aver introdotto le melodie orientali che pervaderanno l'intero disco lascia la narrazione al negromante che introduce la storia che sta per svolgersi, cioè che la regina ha intenzioni maligne e che il faraone dovrà affrontare una dura lotta da solo.
Nel secondo pezzo intitolato The Crown’s Fate entrano in scena i due protagonisti principali interpretati dai due straordinari vocalist che non hanno bisogno di presentazioni. Entrambi regalano un'altra, ennesima, prova magistrale delle loro doti canore. Un plauso particolare va comunque ad Amanda Somerville che si lancia in un canto arabeggiante in tonalità più acute rispetto al solito, mostrando grandi capacità anche lontana dal suo repertorio solito; Russell Allen interpreta il faraone con voce potente e aspra, senza allontanarsi troppo dal suo stile consueto. The Crown’s Fate svela qual è il piano malvagio della regina, ovvero avvelenare il faraone ed ereditarne il regno.
Il terzo pezzo è la title track e si apre con il suono duro e ossessivo delle chitarre che introducono quanto verrà raccontato: il faraone si trova nell'oltretomba e lo attende la dura prova di superare tredici cancelli per rompere l'incantesimo e porre fine al regno della regina. Il faraone trae la forza dalla rabbia di essere stato tradito mentre torna in scena il necromante che gli promette il favore degli dei nella sua impresa. Il pezzo si chiude con un una stoccata finale della regina, in cui Amanda di nuovo esegue un canto in stile orientale, che minaccia il faraone di tenerlo per sempre in suo potere.
Nel brano conclusivo troviamo il faraone tornare in vita da comune mortale, ma di nuovo il negromante gli promette la vittoria sulla regina, la quale non si arrende e continua a proclamare la propria supremazia; la chiusura del pezzo è cantanta da tutti e tre con le voci che si sovrappongono a creare un contrasto canoro di grande effetto.
Il disco è completato dalla presenza di tre bonus track tratte dall'EP di Amadeus Awad Schizanimus uscito nello stesso anno (che è composto in realtà di questi soli tre pezzi) che ribadiscono l'altissimo livello della capacità compositiva del chitarrista libanese che anche in questo caso propone del bellissimo oriental metal cantato questa volta dal solo Elia Monsef.
L'unico difetto di The Book of Gates è che dura troppo poco. Meno di venticinque minuti per una metal-opera ricca di suggestioni e cantata da due maestri del metal, quando questa formula avrebbe retto bene per l'intera durata di un LP. E' anche un peccato che Amadeus Awad non goda della fama che merita perché, come testimonia questo disco, ci troviamo davanti a uno dei più creativi interpreti del metal mondiale.
Come è lecito aspettarsi dalla tematica trattata e dalla provenienza dei due autori, l'album è riconducibile al filone dell'oriental metal, con melodie tipiche del power metal arricchite di sonorità magrebine e mediorientali. Non a caso tra i musicisti troviamo anche Elyes Bouchoucha, tastierista dei Myrath, una delle migliori band mondiali di questo genere.
Il disco è composto da quattro tracce più tre bonus track tratte da un album precedente di Amadeus Awad. Il brano di apertura è intitolato Visions e dopo aver introdotto le melodie orientali che pervaderanno l'intero disco lascia la narrazione al negromante che introduce la storia che sta per svolgersi, cioè che la regina ha intenzioni maligne e che il faraone dovrà affrontare una dura lotta da solo.
Nel secondo pezzo intitolato The Crown’s Fate entrano in scena i due protagonisti principali interpretati dai due straordinari vocalist che non hanno bisogno di presentazioni. Entrambi regalano un'altra, ennesima, prova magistrale delle loro doti canore. Un plauso particolare va comunque ad Amanda Somerville che si lancia in un canto arabeggiante in tonalità più acute rispetto al solito, mostrando grandi capacità anche lontana dal suo repertorio solito; Russell Allen interpreta il faraone con voce potente e aspra, senza allontanarsi troppo dal suo stile consueto. The Crown’s Fate svela qual è il piano malvagio della regina, ovvero avvelenare il faraone ed ereditarne il regno.
Il terzo pezzo è la title track e si apre con il suono duro e ossessivo delle chitarre che introducono quanto verrà raccontato: il faraone si trova nell'oltretomba e lo attende la dura prova di superare tredici cancelli per rompere l'incantesimo e porre fine al regno della regina. Il faraone trae la forza dalla rabbia di essere stato tradito mentre torna in scena il necromante che gli promette il favore degli dei nella sua impresa. Il pezzo si chiude con un una stoccata finale della regina, in cui Amanda di nuovo esegue un canto in stile orientale, che minaccia il faraone di tenerlo per sempre in suo potere.
Nel brano conclusivo troviamo il faraone tornare in vita da comune mortale, ma di nuovo il negromante gli promette la vittoria sulla regina, la quale non si arrende e continua a proclamare la propria supremazia; la chiusura del pezzo è cantanta da tutti e tre con le voci che si sovrappongono a creare un contrasto canoro di grande effetto.
Il disco è completato dalla presenza di tre bonus track tratte dall'EP di Amadeus Awad Schizanimus uscito nello stesso anno (che è composto in realtà di questi soli tre pezzi) che ribadiscono l'altissimo livello della capacità compositiva del chitarrista libanese che anche in questo caso propone del bellissimo oriental metal cantato questa volta dal solo Elia Monsef.
L'unico difetto di The Book of Gates è che dura troppo poco. Meno di venticinque minuti per una metal-opera ricca di suggestioni e cantata da due maestri del metal, quando questa formula avrebbe retto bene per l'intera durata di un LP. E' anche un peccato che Amadeus Awad non goda della fama che merita perché, come testimonia questo disco, ci troviamo davanti a uno dei più creativi interpreti del metal mondiale.