sabato 28 maggio 2022

Horus Black - Spinning Rainbow



A quattro anni di distanza dal precedente LP Simply torna il giovanissimo Horus Black, al secolo Riccardo Sechi, con un nuovo EP intitolato Spinning Rainbow composto da cinque pezzi. Se nel primo album Horus Black aveva contaminato la sua passione per Elvis Presley con altre correnti musicali degli anni 60 e 70, in questo nuovo album prosegue l'esperimento combinando la propria vocalità ispirata a the King of Rock and Roll nello stile di fine anni 60 con il rock psichedelico dello stesso periodo.

Spinning Rainbow, la cui copertina trae spunto da quella di Rising dei Rainbow di Ronnie James Dio e Ritchie Blackmore, sembra nato da un inedito incontro tra Elvis e Jim Morrison. La commistione tra i due modelli si nota soprattutto nella title track che apre il disco e in The Monster in cui sembra di ascoltare una outtake di Strange Days dei Doors. Nel disco troviamo anche Kill You with Kisses, ispirata alle ballad di Elvis dei primi album, e il fresco rock and roll di Beatrice. Chiude l'EP il pezzo più interessante e magniloquente intitolato Mirror on The Wall, di cui è stato anche girato un video, in cui troviamo le atmosfere roboanti di An American Trilogy contaminate dal folk prog dei Jethro Tull, grazie al flauto suonato da Francesco Loi. Nella band di Horus Black, inoltre, suonano il chitarrista Samuele Perduca e il batterista Nicolas Megna degli Anxia Lytics recentemente distintisi al programma The Band di Rai 1.

Con Spinning Rainbow Horus Black si conferma una delle voci più interessanti del panorama italiano degli ultimi anni grazie alla sua voce singolare che gli consente sperimentazioni inedite con gli stilemi del passato. Horus Black combina componenti diverse appartenenti a mondi altrettanto diversi, creando suggestioni nuove con elementi dell'epoca d'oro del rock and roll che sicuramente convinceranno gli appassionati di classic rock di qualunque epoca.

martedì 10 maggio 2022

Perché lo standard jazz Moonlight Serenade si intitola così?



Moonlight Serenade è uno dei brani più iconici della discografia di Glenn Miller ed è anche uno degli standard jazz più noti di ogni epoca, grazie anche al titolo onirico e suggestivo che dona fascino al brano prima ancora del suo ascolto. Tuttavia la scelta del titolo fu lunga e travagliata e passò attraverso fasi successive.

Il brano nacque nella sua prima forma nel 1935 con musica di Glenn Miller e testo di Eddie Heyman, celebre paroliere che aveva composto anni prima anche Body and Soul e che negli anni successivi avrebbe scritto altri celeberrimi standard come When I Fall in Love e For Sentimental Reasons, intitolata Now I Lay Me Down to Weep. In seguito George Simon, compositore e biografo di Miller, propose a quest'ultimo un nuovo testo intitolato Gone with the Dawn; ma il celebre jazzista non fu soddisfatto né della proposta di Heyman, né di quella di Simon.

Miller quindi non incise il pezzo fino a quando nel 39 gli fu quindi proposto un terzo testo, questa volta scritto da Mitchell Parish, che nel 1928 aveva scritto anche le parole di Stardust, intitolato The Wind in the Trees. A Miller piacque, ma prima che potesse inciderla la casa discografica, la Robbins Music, ne acquistò i diritti e decise di stamparla su 78 giri come lato B della cover di un brano di Frankie Carle intitolato Sunrise Serenade.

La Robbins Music pensò che un buon completamento per Sunrise Serenade avrebbe potuto essere intitolato Moonlight Serenade e chiese a Mitchell di scriverne un altro testo con il titolo nuovo. Il disco fu pubblicato il 4 aprile del 1939 e riscosse subito grande successo; la versione incisa sul primo 78 giri è ovviamente quella strumentale, ma il testo di Mitchell Parish è stato negli anni interpretati da molti dei più noti vocalist della storia del jazz, come Ella Fitzgerald e Frank Sinatra.

La storia di Moonlight Serenade è tanto più incredibile se si considera che è nata come un B-side, ma la sua fama oggi supera largamente quella di Sunrise Serenade al punto che la prima è uno dei brani più noti di Glenn Miller, mentre la seconda è spesso ignorata anche nelle compilation più recenti. Inoltre negli anni Miller utilizzò titoli simili in altri brani, quali Moonlight Cocktail e Serenade in Blue entrambe del 1944, a riprova del fatto che Moonlight Serenade fu uno dei brani che gli regalarono più successo.

Nonostante sia stato quindi scelto per rendere omaggio a un brano che si attendeva fosse più importante, la scelta di un titolo così evocativo contribuì sicuramente a creare il successo di un pezzo leggendario nato dalla perfetta commistione di musica, testo e titolo.



Fonti: