The Final Countdown è il primo album che ho comprato nella mia vita, avevo otto anni. Da allora è indiscutibilmente il disco più famoso e iconico che gli Europe abbiano mai realizzato, e probabilmente è anche l'unico che gran parte della folla stipata all'Alcatraz conosceva. La scelta del gruppo di intitolare The Final Countdown Tour la loro attuale tournée suggerisce proprio questo e se da un lato questo celeberrimo LP ha consentito al quintetto di Stoccolma di raggiungere la fama mondiale di cui gode, è anche vero che lo stesso disco mette troppo spesso in ombra gli altri capolavori degli Europe che, beninteso, nella loro lunga carriera hanno inanellato una bella serie di successi discografici e Out of This World, Prisoners in Paradise, Bag of Bones e il più recente War of Kings sono capolavori del rock dello stesso valore di The Final Countdown. Forse solo Secret Society del 2006 è stato leggermente inferiore alle aspettative, ma per il resto gli Europe non hanno mai sbagliato un disco.
In questo tour il gruppo ha operato una scelta atipica e coraggiosa: eseguire solo due album e per intero. Lo spettacolo è infatti nettamente diviso in due: nella prima metà la band esegue tutto War of Kings e nella seconda metà esegue proprio The Final Countdown suonando i pezzi nello stesso ordine in cui compaiono nel disco. Fa sorridere che, avendo subito contestazioni dal pubblico che non conosceva War of Kings nella date precedenti, il gruppo è costretto sia spiegare questa scelta prima ancora di iniziare a suonare. Ma a parte le contestazioni di chi non conosce molto la carriera degli Europe, fortunatamente e senza troppi giri di parole, è stato un concerto semplicemente perfetto, la band convince sotto tutti i punti di vista, con l'energia travolgente del loro hard rock che scorre a fiumi invadendo la folla sia sui brani lenti sia su quelli energici.
Joey Tempest affronta il caldo infernale dell'Alcatraz con una giacca di pelle borchiata chiaramente ispirata, se non risalente, agli anni 80. La prima ora del concerto è contraddistinto dalle sonorità hard & heavy ricche di venature blues come nella tradizione dei mostri sacri degni anni 70 come i Rainbow o Whitesnake a cui si ispira War of Kings. La seconda è invece caratterizzata dall'AOR più melodico, ricco di tastiere e delle emozioni di trent'anni fa. Joey coinvolge a più riprese il pubblico, facendogli cantare ponti e ritornelli, e si avvicina a toccare le mani dei fans più vicini al palco ritardando in un occasione la ripresa del canto dopo uno stacco musicale. Il cantante prova anche a dire qualche parola in italiano e gli riesce piuttosto bene con l'esperimento che viene accolto con calore e affetto dalla folla. Dal punto di vista dell'energia, della precisione dei musicisti e della voce di Tempest, gli ultimi trent'anni sembrano non essere passati. In particolare la potenza vocale di Joey non è minimamente intaccata dagli anni che passano.
Resta forse un solo rimpianto in quella magica serata dell'Alcatraz: quello di notare come la folla conosca solo i testi dei pezzi di The Final Countdown e faccia fatica a seguire quelli di War of Kings. Viene da chiedersi se conoscano gli altri dischi degli Europe e forse è meglio continuare a non saperlo. E' un po' sconsolante vedere che gran parte degli sforzi musicali del gruppo vengano ignorati dal grande pubblico, non ci resta che la speranza che il bellissimo concerto milanese abbia lasciato la curiosità al pubblico di andare a scoprire che la band di Joey Tempest ha composto molti dischi di grande valore oltre al celeberrimo The Final Countdown.
In questo tour il gruppo ha operato una scelta atipica e coraggiosa: eseguire solo due album e per intero. Lo spettacolo è infatti nettamente diviso in due: nella prima metà la band esegue tutto War of Kings e nella seconda metà esegue proprio The Final Countdown suonando i pezzi nello stesso ordine in cui compaiono nel disco. Fa sorridere che, avendo subito contestazioni dal pubblico che non conosceva War of Kings nella date precedenti, il gruppo è costretto sia spiegare questa scelta prima ancora di iniziare a suonare. Ma a parte le contestazioni di chi non conosce molto la carriera degli Europe, fortunatamente e senza troppi giri di parole, è stato un concerto semplicemente perfetto, la band convince sotto tutti i punti di vista, con l'energia travolgente del loro hard rock che scorre a fiumi invadendo la folla sia sui brani lenti sia su quelli energici.
Joey Tempest affronta il caldo infernale dell'Alcatraz con una giacca di pelle borchiata chiaramente ispirata, se non risalente, agli anni 80. La prima ora del concerto è contraddistinto dalle sonorità hard & heavy ricche di venature blues come nella tradizione dei mostri sacri degni anni 70 come i Rainbow o Whitesnake a cui si ispira War of Kings. La seconda è invece caratterizzata dall'AOR più melodico, ricco di tastiere e delle emozioni di trent'anni fa. Joey coinvolge a più riprese il pubblico, facendogli cantare ponti e ritornelli, e si avvicina a toccare le mani dei fans più vicini al palco ritardando in un occasione la ripresa del canto dopo uno stacco musicale. Il cantante prova anche a dire qualche parola in italiano e gli riesce piuttosto bene con l'esperimento che viene accolto con calore e affetto dalla folla. Dal punto di vista dell'energia, della precisione dei musicisti e della voce di Tempest, gli ultimi trent'anni sembrano non essere passati. In particolare la potenza vocale di Joey non è minimamente intaccata dagli anni che passano.
Resta forse un solo rimpianto in quella magica serata dell'Alcatraz: quello di notare come la folla conosca solo i testi dei pezzi di The Final Countdown e faccia fatica a seguire quelli di War of Kings. Viene da chiedersi se conoscano gli altri dischi degli Europe e forse è meglio continuare a non saperlo. E' un po' sconsolante vedere che gran parte degli sforzi musicali del gruppo vengano ignorati dal grande pubblico, non ci resta che la speranza che il bellissimo concerto milanese abbia lasciato la curiosità al pubblico di andare a scoprire che la band di Joey Tempest ha composto molti dischi di grande valore oltre al celeberrimo The Final Countdown.
2 commenti:
Sarei tanto voluto esserci, sul serio, e non solo per questioni nostalgiche. Purtroppo però tanti che vanno a vederli sono li solo per la nostalgia appunto, per i dischi vecchi. Ed è un peccato perché di cose belle ne hanno fatte parecchie, non adagiandosi sugli allori. Certo, fare tutto "War of Kings" mi sembra un po' una forzatura, non credi?
Si, penso che tu abbia ragione. E' stata una scelta molto coraggiosa, ma forse sarebbe stato meglio un concerto con una setlist tradizionale prendendo qualche canzone da ogni album.
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