Nel 1970 il produttore dei Temptations Norman Whitfield assemblò un altro gruppo vocale con il quale sperimentare nuove commistioni e sonorità senza esporsi alla critica di pubblico e stampa che riteneva che il produttore stesse daneggiando il proprio gruppo principale distorcendone la natura a proprio piacimento. Il gruppo che prese vita da questa decisione furono gli Undispited Truth, composti da Joe "Pep" Harris, Billie Rae Calvin e Brenda Joyce Evans
L'album di esordio del gruppo porta lo stesso nome della band e fu pubblicato nel 1971. Il disco è composto da undici tracce che offrono quarantaquattro minuti di black music molto varia e di facile presa. Nel disco si trovano tutti gli stilemi delle sonorità della Motown: passando dall'R&B classico, al soul, al funk, alla psichedelia e anche qualche tocco di rock. L'unico brano inedito del disco è il divertente pezzo di apertura You Got The Love I Need, ai confini tra R&B e disco. Delle restanti tracce, quattro (Save My Love For A Rainy Day, Ball of Confusion, Smiling Faces Sometimes e Since I've Lost You) furono incise in quegli anni anche dai Temptations, sia nelle loro incisioni più vicine al Motown sound sia a quelle psichedeliche coeve di questo album. Tra le altre troviamo anche alcuni classici degli anni 60 come Aquarius, dal musical Hair, Ain't No Sun Since You've Been Gone, I Heard It Through the Grapevine, Like a Rolling Stone di Bob Dylan, California Soul, incisa in precedenza dai 5th Dimension e da Marvin Gaye e Tammi Terrell, e We've Got a Way Out Love degli Originals.
Lo schema base delle canzoni è che Harris esegue la voce principale, con gli altri due vocalist impegnati in controcanti e doppie voci (ci sono comunque un paio di eccezioni, ad esempio in Aquarius la voce principale è quella di Brenda). Alcune delle cover sono eseguite mantenendo la stessa atmosfera dei pezzi originali, mentre altre sono completamente riviste, come Like a Rolling Stone in cui la polifonia vocale trasforma il pezzo originale in uno completamente diverso. Lo stesso vale per Ball of Confusion il cui arrangiamento è completamente diverso da quello dei Temptations e per I Heard It Through the Grapevine, notevolmente accelerata e arricchita di cori e controcanti. Non mancano le ballad classiche, nello stile originale della Motown, come Ain't No Sun Since You've Been Gone e We've Got a Way Out Love.
Gli Undispited Truth danno quindi prova già da loro primo album di essere un prodotto solido, capace di reinterpretare pezzi noti in chiavi diverse. Purtroppo la vita del gruppo vide molte vicissitudini; dopo altri due album focalizzati principalmente sulla revisione di cover contemporanee, il gruppo si divise e Harris venne affiancato da nuovi vocalist. L'anno seguente gli Undisputed Truth lasciarono la Motown per la Whitfield e in breve tempo sparirono dalle scene. E' un vero peccato che la loro fama sia così limitata, perché anche se non godono del blasone dei gruppi più noti della Motown hanno comunque confezionato una buona quantità di dischi di alto livello, che meritano di essere conosciuti e ascoltati.
mercoledì 27 gennaio 2021
mercoledì 20 gennaio 2021
John Fogerty - Fogerty's Factory
Durante il lockdown dovuto alla pandemia da COVID-19 l'ex frontman dei Creedence Clearwater Revival ha realizzato il proprio nuovo album intitolato Fogerty's Factory con l'aiuto del suoi figli Shane, Tyler e Kelsy in veste di musicisti. Nel disco, la cui copertina è un omaggio a quella dell'album Cosmo's Factory del 1970 dei CCR, la famiglia Fogerty reintepreta in chiave acustica e in presa diretta alcuni dei classici della discografia della band storica e di quella solista del frontman in un'atmosfera leggera e da festa in famiglia. Il disco contiene anche due cover, quella di Lean on Me di Bill Withers, dedicata al movimento BLM, e quella di City Of New Orleans di Steve Goodman.
I pezzi sono stati registrati nello studio casalingo di Fogerty, ad esclusione di Centerfield tratta dall'album omonimo del 1985, registrata al Dodgers Stadium (ovviamente senza pubblico) in occasione del settantacinquesimo compleanno di John. Il disco offre un po' di sano divertimento, con i brani che mostrano chiaramente il loro lato più rustico e ruspante, anche per il fatto di essere basato interamente su solo voce, chitarre e basso, senza batteria. Sicuramente lo si ascolta volentieri ed essendo tutti brani noti scorre senza intoppi e senza annoiare. Tuttavia non si tratta certo di un capolavoro, visto che si tratta di cover acustiche di pezzi famosi la cui melodia resta inalterata e quindi non aggiunge nulla a quanto già conoscevamo.
Viene comunque da chiedersi perché dal 2007 John Fogerty sforni solo cover. A Revival del 2007 sono infatti seguiti The Blue Ridge Rangers del 2009, che conteneva cover di altri musicisti, e Wrote a Song for Everyone del 2013, album di autocover che vedeva importanti ospiti della scena rock contemporanea. E per quanto quindi Fogerty's Factory sia piacevole da ascoltare, lascia un po' la sensazione dell'occasione sprecata. Non resta che sperare che questo sia un esperimento per provare la nuova band e che Fogerty e i suoi figli ci regalino un album di inediti nei prossimi anni.
I pezzi sono stati registrati nello studio casalingo di Fogerty, ad esclusione di Centerfield tratta dall'album omonimo del 1985, registrata al Dodgers Stadium (ovviamente senza pubblico) in occasione del settantacinquesimo compleanno di John. Il disco offre un po' di sano divertimento, con i brani che mostrano chiaramente il loro lato più rustico e ruspante, anche per il fatto di essere basato interamente su solo voce, chitarre e basso, senza batteria. Sicuramente lo si ascolta volentieri ed essendo tutti brani noti scorre senza intoppi e senza annoiare. Tuttavia non si tratta certo di un capolavoro, visto che si tratta di cover acustiche di pezzi famosi la cui melodia resta inalterata e quindi non aggiunge nulla a quanto già conoscevamo.
Viene comunque da chiedersi perché dal 2007 John Fogerty sforni solo cover. A Revival del 2007 sono infatti seguiti The Blue Ridge Rangers del 2009, che conteneva cover di altri musicisti, e Wrote a Song for Everyone del 2013, album di autocover che vedeva importanti ospiti della scena rock contemporanea. E per quanto quindi Fogerty's Factory sia piacevole da ascoltare, lascia un po' la sensazione dell'occasione sprecata. Non resta che sperare che questo sia un esperimento per provare la nuova band e che Fogerty e i suoi figli ci regalino un album di inediti nei prossimi anni.
mercoledì 13 gennaio 2021
Neon Tapehead - Never Say Never
Nel 2016 il chitarrista moscovita Dmitry Ursul ha fondato il proprio nuovo gruppo chiamato Neon Tapehead, con cui realizza da allora dell'ottima musica electrofunk ispirata alle atmosfere patinate degli anni 80. Dopo un primo disco registrato del 2018 dal titolo Tapehead's Grooves e dopo qualche cambio nella formazione, nel 2020 la band è tornata con un nuovo singolo intitolato Танцуй (cantato in russo) a cui è seguito il nuovo EP Never Say Never, composto da cinque pezzi che offrono un'ottima commistione di electrofunk, disco music e R&B e che raccolgono tutti gli stilemi della musica da ballo del decennio d'oro, creando una mescolanza sonora di grande impatto ed effetto.
Attualmente il gruppo è composto dal fondatore Dmitry Ursul, leader del gruppo, alle chitarre e alla produzione, Maya Shonia alla voce, Dmitry Votintsev al basso e Alexandr Kovalchuk alla batteria. Già dal primo ascolto la musica dei Neon Tapehead colpisce, diverte e si lascia ascoltare con piacere. Oltre alle basi musicali realizzate con grande maestria, il punto di forza di questo gruppo è la voce di chiara ispirazione black di Maya Shonia che riesce a dare ai brani un groove incredibile cantando in stile R&B e conferendo alle cinque canzoni un'efficace mistura di leggerezza e sensualità.
Tutto il disco è pervaso da venature scintillanti e festaiole tipiche del decennio a cui si ispira, al punto che questo disco più che un omaggio agli anni 80 sembra preso di peso da allora e teletrasportato ai giorni nostri. E' difficile individuare tracce migliori di altre, perché questo EP coinvolge e intrattiene per tutta la sua durata, in ogni caso spiccano Let's Get Down in cui l'impronta della black music è più forte che altrove e la title track che è il brano più etereo del disco.
Never Say Never dei Neon Tapehead racchiude quindi proprio ciò di cui più si sente bisogno in questo momento: allegria e spensieratezza, senza rinunciare a una produzione di altissimo livello. Un ottimo disco con cui iniziare un nuovo anno.
Attualmente il gruppo è composto dal fondatore Dmitry Ursul, leader del gruppo, alle chitarre e alla produzione, Maya Shonia alla voce, Dmitry Votintsev al basso e Alexandr Kovalchuk alla batteria. Già dal primo ascolto la musica dei Neon Tapehead colpisce, diverte e si lascia ascoltare con piacere. Oltre alle basi musicali realizzate con grande maestria, il punto di forza di questo gruppo è la voce di chiara ispirazione black di Maya Shonia che riesce a dare ai brani un groove incredibile cantando in stile R&B e conferendo alle cinque canzoni un'efficace mistura di leggerezza e sensualità.
Tutto il disco è pervaso da venature scintillanti e festaiole tipiche del decennio a cui si ispira, al punto che questo disco più che un omaggio agli anni 80 sembra preso di peso da allora e teletrasportato ai giorni nostri. E' difficile individuare tracce migliori di altre, perché questo EP coinvolge e intrattiene per tutta la sua durata, in ogni caso spiccano Let's Get Down in cui l'impronta della black music è più forte che altrove e la title track che è il brano più etereo del disco.
Never Say Never dei Neon Tapehead racchiude quindi proprio ciò di cui più si sente bisogno in questo momento: allegria e spensieratezza, senza rinunciare a una produzione di altissimo livello. Un ottimo disco con cui iniziare un nuovo anno.
mercoledì 6 gennaio 2021
Tupac - Storia di un ribelle di Andrea Di Quarto
È uscito alla fine del 2020 il volume Tupac - Storia di un ribelle del giornalista di TV Sorrisi e Canzoni Andrea Di Quarto che ricostruisce la vita del celebre rapper dal contesto sociale in cui è nato fino al tragico epilogo a Las Vegas.
Il libro di Di Quarto, senza troppi giri di parole, è semplicemente perfetto ed è un'opera di magistrale giornalismo come ai nostri giorni se ne vedono poche, soprattutto su un argomento di nicchia come l'hip hop e da parte di un giornalista italiano. Di Quarto infatti attinge da un numero di fonti davvero impressionante e di altissimo livello, garantendo così un racconto veritiero e il più possibile aderente alla realtà. L'autore anzitutto risale spessissimo alle dirette parole degli stessi protagonisti delle vicende narrate, attingendo da numerose interviste e dichiarazioni. Inoltre cita tra le proprie fonti riviste, giornali e documentari tra i più autorevoli, senza cedere mai al richiamo facile di tabloid e titoli clickbait.
Proprio per via dell'intento di offrire un racconto veritiero, Di Quarto smonta molte delle bufale più diffuse sulla vita del rapper; ad esempio chiarisce che il suo legame con Jada Pinkett era solo di amicizia anche se a molti piace ricamarci sopra una storia d'amore di fatto mai avvenuta. Inoltre un merito innegabile e importantissimo di questo libro è che non si tratta di un'"agiografia di Tupac" ma di un racconto super partes che non vuole edulcorare il messaggio e che mette il luce le contraddizioni e le debolezze che spesso hanno caratterizzato Tupac e il suo messaggio musicale.
Come è ovvio un'ampia parte del libro è dedicata alla morte di Tupac e all'analisi delle indagini e delle teorie che sono nate da allora, sottolineando punti di forza e di debolezza di ognuna di loro. L'autore comunque smonta senza mezzi termini quelle più ridicole che vogliono il rapper ancora vivo a nascondersi chissà dove o complotti orditi dall'FBI.
In sintesi il libro di Di Quarto, che è autore anche di due volumi sulla storia del rap usciti nel 2018, è un ottimo lavoro di impeccabile fattura. Sicuramente si può consigliare la lettura di Tupac - Storia di un ribelle ad almeno due categorie di persone: gli appassionati di hip hop e i biografi. I primi perché ci troveranno un valido e completo racconto della vita uno dei rapper più rappresentativi della storia. I secondi perché imparino come si scrivono le biografie.
Il libro di Di Quarto, senza troppi giri di parole, è semplicemente perfetto ed è un'opera di magistrale giornalismo come ai nostri giorni se ne vedono poche, soprattutto su un argomento di nicchia come l'hip hop e da parte di un giornalista italiano. Di Quarto infatti attinge da un numero di fonti davvero impressionante e di altissimo livello, garantendo così un racconto veritiero e il più possibile aderente alla realtà. L'autore anzitutto risale spessissimo alle dirette parole degli stessi protagonisti delle vicende narrate, attingendo da numerose interviste e dichiarazioni. Inoltre cita tra le proprie fonti riviste, giornali e documentari tra i più autorevoli, senza cedere mai al richiamo facile di tabloid e titoli clickbait.
Proprio per via dell'intento di offrire un racconto veritiero, Di Quarto smonta molte delle bufale più diffuse sulla vita del rapper; ad esempio chiarisce che il suo legame con Jada Pinkett era solo di amicizia anche se a molti piace ricamarci sopra una storia d'amore di fatto mai avvenuta. Inoltre un merito innegabile e importantissimo di questo libro è che non si tratta di un'"agiografia di Tupac" ma di un racconto super partes che non vuole edulcorare il messaggio e che mette il luce le contraddizioni e le debolezze che spesso hanno caratterizzato Tupac e il suo messaggio musicale.
Come è ovvio un'ampia parte del libro è dedicata alla morte di Tupac e all'analisi delle indagini e delle teorie che sono nate da allora, sottolineando punti di forza e di debolezza di ognuna di loro. L'autore comunque smonta senza mezzi termini quelle più ridicole che vogliono il rapper ancora vivo a nascondersi chissà dove o complotti orditi dall'FBI.
In sintesi il libro di Di Quarto, che è autore anche di due volumi sulla storia del rap usciti nel 2018, è un ottimo lavoro di impeccabile fattura. Sicuramente si può consigliare la lettura di Tupac - Storia di un ribelle ad almeno due categorie di persone: gli appassionati di hip hop e i biografi. I primi perché ci troveranno un valido e completo racconto della vita uno dei rapper più rappresentativi della storia. I secondi perché imparino come si scrivono le biografie.
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