lunedì 26 novembre 2018

La discografia dei Run-D.M.C. dal 1990 al 2001

Nei primi anni 80 il terzetto composto da Joseph Simmons (in arte Run), Darryl McDaniels (DMC) e Jason Mizell (Jam Master Jay), noto con la oggi celeberrima sigla Run-D.M.C., dimostrò al pubblico che l'hip hop non era confinato ai 45 giri, ma che avrebbe potuto reggere la durata di un intero LP, e lo fece creando mescolanze di suoni che gettarono le basi per quello che negli anni a seguire sarebbe stato conosciuto come rap metal o crossover.

Purtroppo con l'ascesa del gangsta rap, la musica festaiola dei Run-D.M.C. fece fatica a farsi spazio nelle classifiche di vendita e dopo i primi quattro album pubblicati tra il 1984 e il 1988 il trio realizzò altri tre LP che non ottennero lo stesso successo dei precedenti e sono per questo spesso ignorati da chi non segue il gruppo assiduamente.

Il primo lavoro in studio successivo a Tougher Than Leather uscì nel 1990 con il titolo di Back From Hell. Per questo album il gruppo riprese la grafia del proprio nome Run-D.M.C. che era stata usata per l'album di esordio del 1984 e per King Of Rock del 1985 (nei successivi due LP il nome era scritto RUN DMC).

Back From Hell è composto da sedici tracce che ripropongono il suono tipico del trio, caratterizzato da basi dure e massicce e dall'alternanza vocale di Run e di DMC.

Per questo album il trio rinuncia quasi del tutto alle mescolanze con il rock di cui furono pionieri nella prima metà degli anni 80, l'unico accenno di rock di trova nelle chitarre campionate della title track.

Nonostante la scarsa notorietà, anche Back From Hell contiene alcune tra le tracce più famose del trio, come The Ave e Pause, quest'ultima è stata anche pubblicata in singolo insieme alla versione dei Run-D.M.C. di Ghostbusters di Ray Parker Jr realizzata per il film Ghostbusters II.

Dopo Back From Hell, i Run-D.M.C. tornarono in studio nel 1993 per realizzare Down With The King. In questo sesto album il trio abbandonò Adidas e fedora, in favore di un look più stradaiolo. Per la prima volta l'album vede anche un notevole numero di ospiti presi dalla scena hip hop dell'epoca come Q-Tipo gli EPMD. Il suono del gruppo in questo nuovo album si fa più duro e ossessivo e più simile al gangsta rap e a quello di altri gruppi dell'epoca come gli N.W.A o i Public Enemy, non a caso Three Little Indians contiene un campionamento di Public Enemy No.1 del gruppo di Chuck D. Tra i momenti migliori dell'album troviamo sicuramente i due pezzi più potenti, quali Ooh, Whatcha Gonna Do e la title track che apre il disco e che vede come ospiti il duo Pete Rock & CL Smooth.

Down With The King vede anche un parziale ritorno al crossover con Big Willie in cui si aggiunge come ospite il chitarrista dei Rage Against The Machine Tom Morello; inoltre la band si lancia anche in un nuovo esperimento di reggae, dopo Roots, Rap, Reggae contenuto in King Of Rock, con What's Next in cui i due rapper del Queens si alternano con il cantante giamaicano Mad Cobra.

Dopo Down With The King i Run-D.M.C. rimasero lontani dagli studi per ben otto anni fino a quando nel 2001 pubblicarono il loro settimo ed ultimo album dal titolo Crown Royal, per il quale recuperarono la grafia RUN DMC. Quest'ultimo album vede la presenza di ben dodici ospiti che si alternano di fatto con il solo Run, perché DMC compare in solo tre pezzi a causa di problemi di salute e divergenze artistiche con gli altri due.

Crown Royal spazia tra l'hip hop della west coast e il crossover, ma l'impressione è che siano gli ospiti a dare una direzione alla musica; come se i Run-D.M.C. fossero ospiti in dischi di altri musicisti. Ciò nonostante l'insieme è decisamente godibile e il disco suona molto moderno probabilmente proprio per via dei tanti contributi esterni. I pezzi migliori sono sicuramente The School of Old in cui Run duetta con Kid Rock, Rock Show che vede come ospite Stephan Jenkins e la cover di Take Money and Run della Steve Miller Band a cui al microfono si aggiunge Everlast. Tra i pezzi più fedeli all'hip hop newyorkese spicca sicuramente la cupa Queens Day a cui partecipano Nas e Prodigy dei Mobb Depp.

Purtroppo dopo Crown Royal l'attività discografica dei Run-D.M.C subì un violento arresto quando il DJ e polistrumentista Jam Master Jay fu ucciso da due colpi di pistola nel suo studio di registrazione nel Queens.

Non sapremo mai quale strada avrebbe preso la musica di questo leggendario combo se avesse potuto incidere altri dischi; ma sappiamo che tutti i sette album che hanno realizzato sono di altissima qualità. Anche gli ultimi tre, per quanto poco noti.

giovedì 15 novembre 2018

Northward - Northward

L'inedito duo dei Northward è il nuovo progetto di una coppia d'eccezione del rock nordico, formata dal chitarrista dei Pagan's Mind Jørn Viggo e dalla straordinaria cantante Floor Jansen che ad oggi è la frontwoman dei Nightwish e che in passato è stata anche vocalist dei ReVamp e degli After Forever.

Il primo album di questo nuovo combo, che si avvale della collaborazione di quattro musicisti turnisti, porta il nome stesso del gruppo e propone un hard rock lontanissimo dalle atmosfere metal tra il symphonic, il power e il prog in cui i due si muovono di solito. Il risultato è un album di rock massiccio e duro in cui ha ampio spazio la chitarra di Viggo e che trae la propria forza dalla voce di Floor che è una delle migliori voci femminili al mondo. Chi credeva che il più recente album dei Nightwish non valorizzasse al meglio la voce della cantante olandese sarà sicuramente soddisfatto dall'album dei Northward in cui la vocalist riesce a tirare fuori il meglio dello stile moderno del suo canto (lasciando ovviamente da parte quello lirico, per cui esistono altri progetti musicali come i gruppi in cui ha militato in passato e le esibizioni dal vivo dei pezzi più vecchi dei Nightwish).

Il disco parte fortissimo con le grintose While Love Died e Get What You Give che danno subito un ottimo assaggio di ciò che verrà a seguire, con due tracce ricche di riff di chitarra poderosi e della potenza vocale di Floor. L'album contiene stili di rock molto diversi attingendo anche dall'AOR degli anni 80 con pezzi come Let Me Out e la graffiante I Need. Tra i brani più energici spicca anche la poderosa Big Boy che inizia con duri e grezzi riff di chitarra dalle venature nu metal prima che Floor attacchi la prima strofa.

Floor mostra anche il lato più dolce e meno aggressivo della sua voce nelle ballad come Drifting Islands, che vede come ospite la cantante Irene Jansen che duetta con la sorella, o la bellissima e acustica Bridle Passion realizzata con solo voce e chitarra. Tra i momenti più melodici spicca anche Timebomb che alterna strofe da midtempo a un ritornello più energico. Chiude il disco la title track, brano di oltre sette minuti la cui prima metà suona come una ballad dal sapore pop per poi assestarsi su ritmi più veloci nella seconda parte.

Il primo album di questo duo mostra l'incredibile ecletticità di questo duo, che dimostra di saper realizzare dell'ottima musica anche in terreni lontani da quelli abituali. In realtà i due hanno scritto i pezzi nel lontano 2008 ma sono riusciti a realizzare l'album solo nel 2018 per via degli impegni di entrambi con le rispettive band. Questo LP è una delle migliori e più ricche creazioni hard rock di questo 2018 e in realtà questo non stupisce più di tanto, perché se si può contare su un talento naturale e versatile come Floor Jansen tutto diventa molto più facile. Non resta che sperare che Floor e Jørn Viggo non vogliano lasciare isolato questo esperimento e che non servano altri dieci anni prima che riescano a realizzare un altro grande album come questo.

venerdì 9 novembre 2018

Medina Azahara - Trece Rosas

Nonostante siano passate quattro decadi dal loro disco di esordio, gli andalusi Medina Azahara continuano a sfornare album a una frequenza davvero notevole, e a solo due anni dal precedente Paraiso Prohibido la band guidata da Manuel Martinez ha pubblicato il nuovo album intitolato Trece Rosas. Come suggerito dal titolo stesso il disco è dedicato alle 13 rose, un gruppo di donne condannate a morte nel 1939 dopo essere state ingiustamente accusate di aver cospirato per uccidere il dittatore Francisco Franco. Il disco è composto proprio da tredici tracce in cui i Medina Azahara si spostano dai suoni potenti e poderosi del passato verso un easy listening convincente e di facile presa anche per i neofiti.

Rispetto al passato il gruppo rinuncia quasi del tutto alla influenze arabe e mediorientali per approdare a un suono più ricco di spunti mediterranei, e in parte riconducibili proprio alla musica del nostro paese; anche il canto di Martinez attinge meno alla tradizione araba per esprimersi in uno stile più tradizionale. Le uniche tracce di musica arabeggiante si trovano in No Mires Atrás, per il resto il disco è caratterizzato da una buona alternanza di pezzi energici e di power ballad, che sono sempre state uno dei marchi di fabbrica del quintetto di Cordoba, e che in questo album sono ben cinque.

Tra i pezzi più veloci troviamo Libres Sin Nada e La Lucha che sono le uniche tracce del disco che presentano suoni più pesanti e più prossimi al metal; in Trece Rosas si trova anche qualche influenza di AOR ottantiano con Donde Sopla El Viento e Solo Son Cobardes che coniugano sapientemente melodia e suoni potenti, in particolare la seconda vede la presenza preponderante delle tastiere che donano sonorità patinate di grande effetto.

Le cinque ballad sono tutte di ottima fattura ed è difficile scegliere quali siano le migliori; se proprio dovessimo sceglierne alcune la scelta ricadrebbe su Mi Pequeño Corazon grazie al bellissimo arpeggio di chitarra che regge l'intero pezzo, su Ana y Raquel e sull'ottantiana Tu.

Ovviamente sono lontanissimi i fasti di Tanger o Tierra De Libertad, ma è altrettanto ovvio che Trece Rosas è l'ennesimo capolavoro di questo gruppo straordinario. La musica di questo album è sicuramente più tradizionale e meno sperimentale, ma questo non toglie che questo album convinca sotto ogni aspetto, regalando tredici tracce di alto livello e senza riempitivi. Purtroppo la barriera linguistica rende i Medina Azahara praticamente sconosciuti al di fuori dei paesi di lingua spagnola, tuttavia per qualità e creatività meriterebbero di far parte dell'empireo delle band più famose al mondo.

Mentre ci godiamo l'ascolto di Trece Rosas non resta quindi che aspettare che la band di Manuel Martinez produca il proprio prossimo lavoro in studio, che vista la produttività del gruppo siamo sicuri non si farà aspettare troppo a lungo.

mercoledì 31 ottobre 2018

Greta Van Fleet: salvatori del rock o tribute band?

Sono il fenomeno musicale degli ultimi anni. Molti critici musicali hanno scritto almeno un editoriale su di loro, non c'è un sito internet che tratti di hard rock che non abbia una loro recensione e la rotazione dei loro pezzi sulle radio di genere ha una frequenza impressionante.

Stiamo ovviamente parlando degli americani Greta Van Fleet, quartetto di giovanissimi che dopo aver dato alle stampe due EP nel 2017 ha quest'anno pubblicato il proprio primo LP dal titolo Anthem of the Peaceful Army. Li si ama o li si odia, i Greta Van Fleet non sembrano capaci di generare emozioni pacate e dividono il pubblico tra chi li considera i salvatori dell'hard rock e chi li reputa poco più di una tribute band dal successo immeritato.


Sulle loro capacità tecniche non ci sono dubbi. La loro musica è sicuramente piacevole, tutti i pezzi si lasciano ascoltare e ogni loro passaggio in radio è sempre gradito. I dubbi sono, semmai, sulla creatività e la loro capacità autorale.

La caratteristica peculiare del quartetto del Michigan è infatti che la loro musica assomiglia in modo smaccato ed esplicito a quella dei Led Zeppelin; tutto nel sound dei Greta Van Fleet ricorda la band di Jimmy Page e Robert Plant, dalle melodie, ai riff di chitarra al cantato di Joshua Kiszka che imita Plant in tutto e per tutto.

I critici più ottimisti sostengono che i Greta Van Fleet abbiano il merito di far avvicinare il pubblico più giovane al rock degli anni 70, che gli stessi Zeppelin hanno al loro tempo attinto a piene mani dal blues di Chicago e che altre band, come i Darkness o gli Struts, si ispirano ai modelli del passato senza attirarsi le critiche che ricevono i Greta Van Fleet.

E' sicuramente vero che Page e Plant hanno spesso copiato in modo disinvolto da Muddy Waters, Howlin' Wolf e molti altri, ma il suono dei Led Zeppelin è sempre stato molto diverso da quello dei bluesman americani; basti pensare che gli Zep hanno sostituito le chitarre acustiche con quelle elettriche e che il canto di Plant è diversissimo da quello dei modelli a cui si è ispirato. Nessuno in un ascolto in doppio cieco potrebbe confondere Muddy Waters con i Led Zeppelin; lo stesso non si può dire di un confronto tra gli Zeppelin e i Greta Van Fleet che sono quasi indistinguibili per chi non conosca a memoria le discografie. I Darkness attingono dall'AOR ottantiano, ma il loro sound non si confonde con quello di nessun'altra band e le somiglianze tra gli Struts e i Queen sono molto meno marcate di quelle tra i Led Zeppelin e i Greta Van Fleet.

Detto questo, per ora i Greta Van Fleet sono una buona band, forse una delle migliori in circolazione, ma il fatto di non avere un suono distintivo li relega nel gruppo delle "buone band". I fasti dei Led Zeppelin sono molto lontani e per ora non sembra proprio che i Greta Van Fleet possano rimanere nella memoria come una delle band più iconiche di questo decennio. Il rischio è che finiscano nel limbo dei gruppi che non esplodono mai, come i Bush o gli Screaming Trees il cui talento non è mai stato premiato del tutto.

Sicuramente i Greta Van Fleet hanno il tempo dalla loro parte, sono poco più che ventenni e avranno la possibilità di sviluppare un suono più personale. Glielo auguriamo di cuore, ma fino ad allora il loro impatto nella storia della musica rimarrà molto limitato.

mercoledì 24 ottobre 2018

Ace Frehley - Spaceman

Ace Frehley è noto soprattutto per essere il chitarrista storico dei Kiss avendo fatto parte della formazione iniziale della band newyorkese dall'esordio nel 1973 fino all'82 e poi ancora dalla reunion del 1996 al 2002. Ma oltre alla militanza nella band di Paul Stanley e Gene Simmons, Ace Frehley può vantare una ricchissima carriera parallela come solista e come frontman dei Frehley's Comet da lui stesso fondati.

Con il nuovo Spaceman è giunto al suo ottavo album solista e il titolo stesso del disco chiarisce in quale direzione Frehley voglia andare: spaceman era infatti la maschera che indossava nei Kiss e che componeva il quartetto con Starchild (Paul Stanely), Demon (Gene Simmons) e Catman (Peter Criss). Le nove tracce del nuovo album offrono quasi un'ora di puro hard rock che attinge dalle origini musicali dei Kiss che mischia nelle giuste dosi i suoni duri degli anni 70 con quelli patinati e divertenti dell'AOR ottantiano.

Spaceman centra perfettamente il proprio obiettivo regalando nove tracce divertenti, che prendono subito al primo ascolto e che spingono ad alzare il volume per tutta la durata del disco. Come è ovvio e normale aspettarsi tutte le nove tracce sono basate sul suono grintoso della chitarra e sulla voce tonante di Ace. L'album è piuttosto breve, ed è forse questo il suo unico limite, ma proprio per questo non contiene riempitivi, ma solo pezzi di altissimo livello. Se proprio dovessimo scegliere tracce migliori di altre la scelta cadrebbe sulla ruggente traccia di apertura Without You I’m Nothing che vede ospite Gene Simmons in veste di autore e bassista e su Your Wish Is My Command, scritta anch'essa insieme a The Demon.

Il disco contiene anche la cover di I Wanna Go Back dei Billy Satellite che trasforma una melodica ballad in un pezzo potente midtempo che rallenta il ritmo rispetto al resto del disco. L'unico altro pezzo che presenta ritmi più lenti è l'ultimo e strumentale Quantum Flux che sconfina nel soft rock.

Giunti alla fine dell'ascolto di questo portentoso album, che purtroppo ad ogni ascolto sembra finire troppo in fretta, resta solo da constatare che i musicisti della generazione di Ace Frehley sono tra i migliori che il nostro pianeta abbia mai ospitato e che tra i chitarristi più giovani non se ne trova uno che possa competere con questo quasi settantenne. Questo disco convince sotto ogni aspetto, compositivo, musicale e vocale, risultando una delle incisioni migliori di questo 2018 che va a porre un altro memorabile tassello nell'incredibile e immensa galassia musicale nata intorno al quartetto dalle facce dipinte nato a New York nei primi anni 70.

martedì 16 ottobre 2018

Sandro Di Pisa - Tutto (Da) Solo

A quasi vent'anni dall'esordio discografico con A Night in viale Tunisia e dopo innumerevoli prove discografiche da solita, in trio o quartetto, il musicista e divulgatore Sandro Di Pisa tenta un nuovo esperimento musicale con un album di canzoni in cui mischia il jazz, di cui è uno dei maggiori esponenti del nostro paese, con la tradizione cantautorale italiana. Il nuovo album si intitola Tutto (Da) Solo ed è composto da tredici tracce divertenti e ricche di sonorità diverse.

L'album si apre con Daunizzeuèi composto da un testo nonsense su una base musicale soft rock che sembra nata da un incontro tra gli Eagles e i Velvet Underground. Il resto dell'album si assesta su un cool jazz nello stile collaudato di Sandro Di Pisa, con testi ironici e scherzosi che fanno riflettere su alcune situazioni della vita quotidiana di cui l'assuefazione non ci fa cogliere gli aspetti più bizzarri. Tra questi troviamo Ab ITA Colo che racconta cosa avviene nell'abitacolo di un auto e Obsoleto che ironizza sulla rapida obsolescenza degli apparati elettronici di cui la nostra vita è sempre più pervasa, Di Pisa sottolinea come lo stesso trattamento venga riservato anche alla musica, con brani di successo di facile presa che vengono dimenticati nel giro di breve.

L'autore tratta anche il tema dell'inquinamento dilagante nel brano Le Polveri Sottili e quello dei rifiuti urbani che rischiano di sommergerci nella scherzosa Zachepù (il cui titolo ripetuto più volte assume tutt'altro significato). Tra i brani migliori troviamo anche Sveglia, caffè, uno swing ottantiano dal sapore vagamente caraibico, e A Me Non La Si Fa le cui sonorità sembrano prese di peso dal cool jazz della West Coast degli anni 50. Quest'ultimo pezzo è presente anche in una versione eseguita solo con archi denominata string version.

In Tante Cose Da Spiegare Di Pisa racconta anche quanto sia difficile insegnare musica nel mondo attuale e come nella sua migliore tradizione arricchisce il pezzo con inserti di altri brani famosi quali il tema di Mission: Impossible di Lalo Schifrin, Albachiara di Vasco Rossi e il tema di James Bond di Monty Norman.

Questo nuovo album di Sandro Di Pisa regala un'ora di ottimo jazz divertente e godibile che intrattiene e si ascolta facilmente senza rinunciare ai suoni complessi e di alto livello. Nella speranza che questo disco possa servire a far conoscere il jazz agli ascoltatori meno avvezzi, appare evidente come la creatività compositiva di Sandro Di Pisa non conosca limiti. Questo disco di canzoni convince sotto ogni aspetto e l'esperimento di Sandro Di Pisa di reinventarsi cantautore è riuscito alla grande; alla luce di questo grande successo non resta che aspettare di vedere quali altre frontiere della musica valicherà in futuro questo straordinario artista.

martedì 9 ottobre 2018

La discografia dei Crickets successiva alla morte di Buddy Holly (seconda parte 1964 - 1965)

La carriera discografica dei Crickets subì una dura battuta d'arresto nel 1959 per via della morte del leader storico Buddy Holly che perse la vita in un incidente aereo insieme a Ritchie Valens e The Big Popper. Tuttavia la band non arrestò la propria produzione e riuscì a riprendere l'attività rimaneggiando la formazione. Dopo i primi tre album pubblicati tra il 1960 e il 1962 il gruppo proseguì senza sosta e nel 1964 uscì il quarto album successivo alla morte di Buddy Holly.

Nonostante il disco sia noto come She Loves You / California Sun in realtà non ha un titolo; sulla copertina è riportato l'elenco dei pezzi in esso contenuti e i primi due sono proprio She Loves You e California Sun ed è per questo motivo che il disco è noto con questo titolo. Come riportato anche sul retro di copertina, l'LP vuole sfruttare il successo della british invasion e della beatlemania, infatti contiene cinque cover dei Beatles quali I Want To Hold Your Hand, She Loves You, I Saw Her Standing There, Please, Please Me e From Me To You oltre a Money (That's What I Want) di Barrett Strong di cui i fab four avevano realizzato una cover per l'album With The Beatles del 1963.

Oltre a queste l'album contiene Slippin' and Slidin' di Little Richard, California Sun di Joe Jones, A Fool Never Learns di Andy Williams, Lonely Avenue di Ray Charles (che viene notevolmente accelerata e trasformata da un blues in un rapido rock and roll) e Come On di Tommy Roe. Completa il disco You Can't Be In-Between, l'unico pezzo inedito contenuto sull'LP, un melodico midtempo che rallenta il ritmo rispetto al resto del disco.

La caratteristica principale di questo album di ottimo rock and roll è che nella riproposizione dei pezzi dei Beatles mostra come l'interpretazione dei Crickets, a dispetto della diversità di notorietà, sia in tutto superiore a quella del quartetto di Liverpool. I Crickets infatti non solo suonano meglio, ma eseguono meglio anche le polifonie vocali. Inoltre il cantante Jerry Neylor ha un'estensione e capacità di modulare la voce ben superiore a quella di Paul McCartney, come confermato anche dall'inedito You Can't Be In-Between.

L'anno seguente i Crickets pubblicarono A Collection che come dice il titolo stesso è una raccolta di singoli pubblicati tra il 1962 e il 1965. Non essendo strettamente legato all'esecuzione di cover, questo album consentì ai Crickets di esprimersi prevalentemente in pezzi propri dal suono più vario e maturo in cui il cantante mostra di nuovo le sue notevoli doti e in cui anche le melodie diventano più ricche e complesse.

L'album contiene una versione in inglese di La Bamba realizzata per il film The Girls on the Beach (che oltre ai Crickets include pezzi dei Beach Boys) del 1965 e le cover di Lonely Avenue (già proposta nell'album precedente) e Playboy di David Gates. Oltre a queste il disco contiene undici tracce inedite tra cui You Can't Be In-Between, anch'essa inclusa nel disco precedence. Tra le tracce migliori troviamo My Little Girl e Teardrops Fall Like Rain tratte dal film Just For Fun del 1963. Quest'ultima in particolare, la cui melodia ricorda vagamente Everyday incisa ai tempi di Buddy Holly, mostra nuovamente le incredibili capacità della band non solo come musicisti, ma anche nel canto polifonico. Degna di nota è anche All Over You, brano smaccatamente blues arricchito dalla presenza dell'armonica in cui il canto di Naylor si fa più basso e aspro.

Dopo A Collection la produzione discografica dei Crickets subì un nuovo lungo stop a causa dell'abbandono della band da parte di Naylor. Tuttavia neanche questo nuovo cambio fermò l'attività del gruppo che ripartì nel 1970 con il chitarrista Sonny Curtis alla voce e tuttora la band realizza album nuovi in cui fanno rivivere l'atmosfera degli anni d'oro del rock and roll. Questa straordinaria formazione resta quindi a tutt'oggi una delle band più influenti della storia del rock, anche se la loro scarsa notorietà (almeno in Italia) non rende giustizia alla loro creatività e alle loro capacità tecniche.