martedì 18 gennaio 2022

James Taylor Quartet - Wait a Minute



Il James Taylor Quartet è una delle realtà di spicco dell'acid jazz degli anni 90; il gruppo esordì nel 1987 con Mission Impossible (album composto di cover di colonne sonore tra cui il celebre motivo omonimo di Lalo Schifrin) a cui seguì The Money Spyder nello stesso anno. Il terzo album del gruppo resta ad oggi la loro più celebre incisione ed uscì nel 1988 con il titolo Wait a Minute. Il disco è composto da dodici tracce, che salgono a tredici nell'edizione in CD, e che fanno esattamente ciò che ci si aspetta da una composizione del genere con un acid jazz ricco di innesti funk jazz guidato dall'organo Hammond suonato dal leader del quartetto James Taylor.

Tutte le tracce del disco suonano divertenti e di rapida presa, regalando così all'ascoltatore un disco di jazz di facile ascolto. Tra le dodici tracce ci sono otto composizioni inedite, tra cui la title track che è l'unica a contenere una linea vocale, e quattro cover quali una rivisitazione del tema di Starsky & Hutch, Jungle Strut di Gene Ammons (resa celebre anche da una cover dei Santana), il tema di Lulu di Johnny Harris e The Natural Thing di Jack McDuff. Nella versione in CD troviamo anche la cover di I Say a Little Prayer di Burt Bacharach interpretata negli anni da dive quali Dionne Warwick, Aretha Franklin e Diana King. Tra i brani più divertenti del disco troviamo, oltre alla già citata title track, anche gli echi caraibici di Indian Summer (da non confondere con l'omonima canzone dei Doors) e le suggestioni sudamericane di Baion-Ara.

Il James Taylor Quartet proseguì dopo Wait a Minute con il jazz strumentale per un solo disco, per poi cambiare radicalmente strada negli anni 90 passando a una mescolanza di soul e funk cantato e da allora l'attività della band non si è mai arrestata e oggi ha all'attivo più di trenta album, di cui alcuni firmati con lo pseudonimo di New Jersey Kings, l'ultimo dei quali intitolato Baker's Walk è uscito nel 2021. La discografia del combo guidato da James Taylor, originario di Rochester nel Kent, è costellata di successi e collaborazioni sia in studio sia dal vivo tra le quali Wait a Minute occupa un posto di rilievo e può essere un buon punto di partenza per scoprire questo straordinario gruppo e anche un facile primo ascolto per chi vuole entrare nel magico mondo della musica jazz.

lunedì 10 gennaio 2022

Rap: Una storia, due Americhe di Cesare Alemanni

Nel 2019 lo scrittore Cesare Alemanni ha pubblicato il volume Rap: Una storia, due Americhe che, come dice il titolo stesso, narra la storia della musica rap ponendo in parallelo ad essa le contraddizioni sociali degli Statu Uniti, in cui uno dei movimenti culturali più importanti del ventesimo secolo è nato in un contesto di povertà e criminalità lontanissimo dagli sfavillanti ambienti della finanza e del capitalismo che hanno fatto grande l'America. Il libro di Alemanni parte della nascita del rap nei ghetti di uptown New York negli anni 70 ed arriva fino ai giorni nostri con i più recenti casi di Drake o del movimento del sud degli Stati Uniti che ha trovato il proprio epicentro ad Atlanta, ed è particolarmente efficace per almeno due motivi.

Anzitutto l'autore spende gran parte del suo scritto nello spiegare il contesto sociale in cui le varie fasi del rap si sono sviluppate, passando quindi dai movimenti del black power alle rivolte di Los Angeles fino all'impoverimento di Detroit a causa dello spostamento della manodopera dell'industria automobilistica. Più avanti nel volume troviamo anche l'impatto che eventi più recenti, come l'11 settembre e le presidenze Obama e Trump abbiano avuto sulla musica hip hop.

In secondo luogo Alemanni non edulcora mai la propria narrazione mettendo in evidenza le contraddizioni e la superficialità di certe frange del rap che si ispirano a modelli comportamentali violenti, al contempo non si lascia andare a facili giudizi spiegando sempre quale sia il background di tali scelte. L'analisi dell'autore è molto lucida e distaccata anche nell'analizzare le azioni degli ultimi due presidenti, sottolineando l'incauto ottimismo di Obama, che invitava i genitori afroamericani a dare il buon esempio ai figli quando molti degli adolescenti afroamericani non avevano uno o entrambi i genitori, o l'inadeguatezza di Trump che Alemanni non esita a definire parafasciscta.

Trovare difetti a questo libro è veramente difficile perché funziona sotto praticamente tutti i punti di vista, dando un buon quadro di insieme su un tema sfaccettato e complesso come quello della musica rap e costituisce proprio per questo un ottimo prodotto come in italiano se ne vedono pochi.

mercoledì 22 dicembre 2021

Sarah Brightman - A Winter Symphony


Nel 2008 la soprano inglese Sarah Brightman ha pubblicato il suo primo, e finora unico, album natalizio intitolato A Winter Symphony che riprende il titolo di un precedente LP della cantante intitolato Symphony uscito a gennaio dello stesso anno.

Nel disco Sarah interpreta dodici pezzi, più varie bonus track contenute nelle diverse edizioni deluxe uscite dalla pubblicazione iniziale, della tradizione del natale attingendo dal classici come Silent Night o Jesu, Joy of Man's Desiring (composta nel diciannovesimo secolo sulla musica di Herz und Mund und Tat und Leben di Johann Sebastian Bach), brani moderni come I Believe in Father Christmas di Greg Lake e I Wish It Could Be Christmas Everyday dei Wizzard, e un'inedita Ave Maria in spagnolo scritta dalla stessa Brightman con il compositore messicano Jorge Avendaño Lührs e interpretata insieme al cantante argentino Fernando Lima.

L'album ha la sonorità che ci aspetta, con un canto elegante nello stile del classical crossover di cui Sarah Brightman è una delle migliori esponenti al mondo, arricchito da venature new age, che si sentono maggiormente nei brani di atmosfera come In the Bleak Midwinter, la cover di I've Been This Way Before di Neil Diamond, Amazing Grace, o l'Ave Maria di Gounod.

Nei brani lenti la cantante dà sfoggio del meglio delle sue doti canore grazie ad acuti celestiali, tuttavia riesce a interpretare in modo ottimo anche i pezzi veloci come la già citata I Wish It Could Be Christmas Everyday e Arrival degli ABBA, qui incisa con il testo di Björn Ulvaeus scritto per il musical Mamma Mia!, che finì comunque per essere esclusa dalla versione finale. Non si tratta dal primo adattamento cantato di Arrival, in quanto anche Time di Frida (una delle due vocalist degli ABBA) e BA Robinson e Belle della stessa Frida con in cantante francese Daniel Balavoine, entrambe del 1983, utilizzarono la base di Arrival, ma la versione di Sarah Brightman è la prima che utilizza la parola arrival come titolo e nel ritornello e grazie alla sua potenza interpretativa è sicuramente il brano più coinvolgente del disco.

Con la prima stampa dell'album ne è stata realizzata una versione deluxe venduta solo da Barnes & Noble che include come bonus track Happy Xmas di John Lennon, Carpe Diem del musicista tedesco Freddy Sahin-Scholl del 1999 e When a Child is Born, canto natalizio scritto sulla musica di Soleado del gruppo italiano Daniel Sentacruz Ensemble del 1974. Altre bonus track sono incluse nella versione giapponese che si conclude con First of May dei Bee Gees, canzone che parla del Natale nonostante sia stata pubblicata nei primi mesi del 1969, e la ballata folk irlandese He Moved through the Fair.

A Winter Symphony sicuramente non regala sorprese, le sonorità offerte sono quelle consuete delle composizioni di Sarah Brightman, ma non per questo è un album meno godibile delle attese. Se approcciato con le giuste aspettative è sicuramente un album divertente che crea un'atmosfera natalizia unica e magica grazie alla voce unica di Sarah Brightman che sa creare mescolanze suggestive di stili diversi come pochissimi altri.

lunedì 13 dicembre 2021

Storia di Happy Xmas (War Is Over) di John Lennon e Yoko Ono


Happy Xmas (War Is Over) è una delle canzoni più note e riconoscibili della tradizione natalizia degli ultimi decenni. Nonostante sia celebre, iconica ed entrata di diritto nei classici del Natale, si tratta di un pezzo piuttosto recente, scritto e inciso da John Lennon con la moglie Yoko Ono nel 1971.

Happy Xmas arrivò al culmine di due anni di attivismo pacifista della coppia rivolto in particolare alla guerra in Vietnam e iniziato nel primi mesi del 1969 con i bed-in per la pace di Amsterdam e Montreal e proseguito con l'acquisto di spazi pubblicitari in dodici città del mondo per l'esposizione del cartello che recava la scritta WAR IS OVER! If You Want It – Happy Christmas from John & Yoko, frase che verrà poi ripresa proprio in Happy Xmas. Prima di allora altre due celebri canzoni pacifiste avevano usato il verso the war is over: la canzone intitolata proprio The War is Over di Phil Ochs e The Unknown Soldier dei Doors, entrambe del 1968. Non è noto se Lennon abbia preso spunto da queste due incisioni precedenti alla sua, si tratta in ogni caso di una frase molto semplice e ovvia.

Pochi mesi prima nello stesso anno, Lennon aveva pubblicato Imagine e, intenzionato a replicarne il successo commerciale, decise di riproporne l'esperimento, realizzando un altro pezzo che condiva il proprio messaggio politico con una melodia accattivante e che desse un messaggio positivo anziché uno negativo, arricchendo il tutto con le atmosfere natalizie. Nelle prime settimane di ottobre del 1971 Lennon registrò due demo con solo chitarra e voce: la prima nella stanza del St. Regis Hotel dove alloggiava con Yoko Ono, e la seconda nell'appartamento di Greewich Village nel quale nel frattempo si erano trasferiti. La melodia del brano e la struttura melodica non erano creazioni inedite, ma erano tratte dalla ballata inglese Skeball del diciottesimo secolo nella recente interpretazione di Peter, Paul and Mary del 1963.

Lennon propose quindi il pezzo al produttore Phil Spector che aggiunse spunti presi da altri pezzi da lui prodotti: il verso iniziale So this is Christmas fu preso dall'intro di I Love How You Love Me delle Paris Sisters e i riff di chitarra da Try Some, Buy Some della moglie del produttore Ronnie Spector, alla cui produzione aveva partecipato anche George Harrison. Happy Xmas fu registrato nello studio Record Plant di New York a partire dal 28 ottobre del '71 e fu pronto in una sera, con la sola esclusione della parte corale dell'Harlem Community Choir, gruppo vocale di bambini tra i quattro e i dodici anni, che aggiunse i propri cori il 31 ottobre. Nelle stesse sessioni venne registrato anche il B-Side Listen, the Snow Is Falling, cantato dalla sola Yoko Ono.

Il 45 giri fu pubblicato l'1 dicembre del 1971, in ritardo per l'airplay natalizio e infatti si dovette aspettare la ristampa del 1972 affinché scalasse le classifiche e diventasse il singolo natalizio che oggi conosciamo e che vanta innumerevoli cover e reinterpretazioni.

Happy Xmas fu il primo, ma non l'unico, singolo natalizio pubblicato dai quattro ex Beatles; fu infatti seguito da Ding Dong, Ding Dong di George Harrison nel 1974, Wonderful Christmastime di Paul McCartney del 1979 e due decenni dopo, nel 1999, da I Wanna Be Santa Claus di Ringo Starr. Tuttavia nessuno di questi raggiunse la notorietà del pezzo di Lennon che a distanza di cinque decenni può essere considerato a pieno titolo un classico moderno del Natale.


Fonti:
  • 33 Revolutions per Minute: A History of Protest Songs, from Billie Holiday to Green Day, di Dorian Lynskey
  • Lennon Lives Forever, di Mikal Gilmore
  • Come together: John Lennon in his time, di Jon Wiener
  • The Beatles Diary Volume 2: After The Break-Up 1970-2001, di Keith Badman

venerdì 10 dicembre 2021

Tin Idols - Metal Kalikimaka, Volume 3


Nel 2016 gli hawaiani Tin Idols hanno completato la loro trilogia natalizia con la pubblicazione del terzo volume della serie Metal Kalikimaka. Il disco, composto da tredici tracce, ripropone la formula dei due precedenti con una selezione di pezzi della tradizione natalizia, tra classici e moderni, reinterpretati in chiave metal.

La regina del metal hawaiano Sandy Essman interpreta tre brani con la consueta potenza e sicurezza, troviamo infatti Sandy al microfono in Carol of the Bells, O Come All Ye Faithful (che a dispetto del titolo è cantata in latino in un inedito mash-up con Gloria in Excelsis Deo) e nell'Ave Maria di Charles Gounod. Sandy canta in latino due dei suoi tre pezzi e oltre all'intonazione e alla potenza che la contraddistinguono colpisce la precisione della pronuncia, una delle migliori al di fuori dell'Europa meridionale. Tra le voci femminili spicca anche l'interpretazione di Marti Kerton di Christmas Wrappings dei Waitresses del 1981 di cui mantiene l'atmosfera festaiola portando il new wave del pezzo originale su un incalzante brano metal.

Tra le voci maschili troviamo il potente canto di Tim Hewitt che apre il disco con The First Noel, seguito poco dopo dalla voce graffiante di Angelo Jensen che interpreta I'll Be Home for Christmas. Nell'album sono presenti anche due versioni di Hallelujah di Leonard Cohen con il testo natalizio dei Cloverton interpretate da Jon Lorenc: la prima versione ha il consueto arrangiamento metal, mentre la seconda, decisamente più raccolta, è interpretata con soli voce e tastiera. Tra le migliori rivisitazioni troviamo anche We Wish You a Metal Christmas (reinterpretazione di We Wish You a Merry Christmas) cantata da Mark Caldeira (una delle migliori voci del roster dei Tin Idols) e impreziosita dai cori di Sandy Essman, e O Little Town of Bethlehem interpretata da John Diaz in un inedito stile canoro da classical crossover.

In generale Metal Kalikimaka, Volume 3 ha un suono più patinato e maturo rispetto ai due predecessori e costituscie un album convincente e di altissimo livello che raggiunge appieno lo scopo che si prefigge, cioè quello di divertire per tutta la sua durata regalando versioni inedite di brani famosissimi. I Tin Idols, che nella loro lunga discografia vantano anche reinterpretazioni in chiave metal di Madonna e Duran Duran, si confermano tra i migliori interpreti della musica natalizia, come confermato da questo terzo innesto della trilogia di Metal Kalikimaka.

mercoledì 1 dicembre 2021

Stevie Wonder - Someday at Christmas


Pubblicato nel 1967 Someday at Christmas è il primo album natalizio di Stevie Wonder; il disco è composto da dodici tracce di cui cinque classici e sette inediti, tra cui la title track uscita in singolo l'anno prima.

Come in tutti i dischi di Stevie Wonder anche in questo caso si trovano un caleidoscopio di suoni e stili che si alternano e creare una composizione varia in cui non ci sono due brani che si assomiglino. Si passa dal rock and roll di What Christmas Means To Me, al ritmo da marcia marziale di The Little Drummer Boy, fino alla ballad soul The Day That Love Began. L'album è stato realizzato in collaborazione con i Funk Brother, il gruppo di turnisti che in quei decenni realizzava le basi per la Motown, e con altri due gruppi della Motown dell'epoca: le Andantes, che eseguono i cori di voci femminili, e gli Originals, che eseguono quelli maschili.

I punti di forza di questo album sono sicuramente la già citata title track, nota anche per il disincantato testo pacifista, e l'interpretazione scintillante di Silver Bells. Una menzione a parte merita anche l'interpretazione dell'Ave Maria di Franz Schubert con la quale Wonder dà sfoggio della sua capacità di passare dall'R&B alla musica classica.

Someday at Christmas è diventata negli anni un nuovo classico del Natale e vanta ad oggi innumerevoli cover tra cui quella dei Jackson 5 del 1970 e una versione rock dei Pearl Jam del 2004. Lo stesso Stevie Wonder ha reinterpretato il proprio pezzo nel 2015 in una versione più raccolta con sono piano e voce in cui duetta con la cantante soul Andra Day.

Someday at Christmas rappresenta l'ottavo album di Stevie Wonder dal suo esordio nel 1962 con The Jazz Soul of Little Stevie Wonder e quando uscì diede un assaggio del suo strabiliante talento quando la sua carriera stava decollando e non era ancora esplosa con quello che oggi definiamo il periodo classico, tra Music of My Mind del 1972 e Songs In The Key of Life del 1976. Il disco convince sotto ogni punto di vista, regalando un'ora di musica natalizia tra la migliore mai realizzata, con un buon equilibrio tra pezzi nuovi e tradizionali, che sicuramente accontenta sia gli amanti della black music che quelli della tradizione del Natale.

mercoledì 17 novembre 2021

Junior Wells - Hoodoo Man Blues

Nel 1965 il leggendario bluesman Junior Wells fece il suo esordio discografico con l'album Hoodoo Man Blues che resta ad oggi una delle sue migliori produzioni, nonché uno dei dischi più iconici del blues di Chicago. Nella prima versione in vinile, l'album è composto da dodici tracce tra inediti, standard e adattamenti di pezzi di altri autori.

Il disco è realizzato con il supporto della Junior Wells' Chicago Blues Band in cui spicca la presenza di Buddy Guy alla chitarra; i due nei decenni successivi, fino alla morte di Junior Wells, incisero altri nove album insieme e Hoodoo Man Blues segnò l'inizio della loro proficua collaborazione. L'album è un capolavoro e una pietra miliare che inanella dodici gioelli di blues che trasportano l'ascoltatore nella Chicago degli anni 60 e nel fermento culturale che diede la propulsione a questo stile musicale. Il punto di forza delle dodici tracce si trova nella commistione della voce tonante di Junior Wells, l'onnipresente chitarra di Buddy Guy e l'armonica suonata dallo stesso Wells. Buddy Guy non limita il suo contributo alla chitarra, perché presente anche in veste di autore nelle strumentali In the Wee Wee Hours e We're Ready.

La combinazione musicale creata da Junior Wells e Buddy Guy funziona bene sia nei pezzi più energici, come la traccia di aperura Snatch It Back and Hold It e la title track, sia nei dolorosi lamenti di ballad quali Ships on the Ocean o We're Ready. Tra le cover spiccano Good Morning, School Girl, in cui Wells mostra il meglio della sua vocalità, Early in the Morning di Sonny Boy Williamson e Hound Dog di Big Mama Thorton lontanissima dalla versione rock and roll di Elvis Presley del 1956.

Hoodoo Man Blues non è solo una colonna del blues di Chicago ma anche della black music di ogni genere. Le dodici tracce sono tutte di alto livello e mostano in ogni sfumatura le incredibili doti dei loro interpreti e la loro cura maniacale dei dettagli. Purtroppo, almeno in Italia, Junior Wells non gode della fama che meriterebbe e alle volte viene messo in ombra da figure più famose come Howlin' Wolf o Muddy Waters, e un nuovo alscolo del suo primo LP può servire a ricordare a chi non lo conosce che Wells merita sicuramente un posto tra i giganti del genere.