sabato 26 gennaio 2019

Pierre Edel: rock 'n' roll tra Parigi e Mosca

Che un cantante di valore partecipi a un talent show è un evento raro, che un cantante fenomenale ne faccia addirittura quattro è un evento unico nella storia. E’ questo il caso del vocalist francese Pierre Edel che ha partecipato a ben quattro edizioni di The Voice (in Francia nei primi mesi del 2014, in Russia nell’autunno dello stesso anno, in Ucraina nel 2016 e in Belgio nel 2018) e le sue interpretazioni di Whole Lotta Love, The House of the Rising Sun (due volte) e Sweet Child o’ Mine alle blind auditions sono tra le più apprezzate della storia di questo format. Nelle sue esibizioni al famoso talent show, Pierre ha dato ampio sfoggio della sua voce potente e della sua estensione e anche di una buona ecletticità, sapendo interpretare classici del rock, ma anche muovendosi bene in terreni più pop interpretando Bennie and the Jets di Elton John o Gimme! Gimme! Gimme! degli ABBA.


Pierre Edel è nato a Parigi nel 1987 da padre francese e madre russa e ha vissuto tra Parigi, Mosca, Londra, India e Ucraina e il contesto multiculturale in cui è vissuto influenza notevolmente la sua produzione musicale. Inoltre Pierre parla russo e francese madrelingua e questo spiega le sue connessioni con il mondo russo.

L’attività discografica di Pierre Edel ha preso le mosse ben prima della sua partecipazione a The Voice, quando nel 2013 realizzò una cover di Love Child dei Deep Purple, stampata al tempo anche su CD single. L’anno dopo Pierre Edel formò un duo con il chitarrista russo Sergey Mavrin dal nome Show Time e questa inedita accoppiata realizzò un EP dal titolo Press Your Fucking Delete Key dai suoni smaccatamente crossover, con basi vicine al metal e con Pierre alterna il canto al rap.

La collaborazione tra i due è continuata e nel 2015 quando incisero una cover di Geroy Asfalta (Герой асфальта) degli Aria, dall’album omonimo del 1987, di cui lasciano inalterata la melodia senza rinunciare a rendere più moderne le sonorità dal metal classico originale. In questa prova Pierre regge benissimo il confronto Valery Kipelov, pur avendo una voce notevolmente più acuta e molto diversa dal vocalist degli Aria. Per l’occasione il brano è stato inciso anche in francese con il titolo di Le Héros de l'Asphalte e con il testo tradotto dallo stesso Pierre. Nello stesso anno Pierre ha prestato la voce cantando in sanscrito nel brano Govinda nell’album Neotvratimoye (Неотвратимое) dei Mavrin, band fondata proprio da Sergey Mavrin.

Due anni dopo Pierre ha inciso il proprio primo album solista disponibile interamente su Soundcloud, in cui oltre a cantare con il suo timbro inconfondibile suona la chitarra, il basso e anche la tastiera in alcuni pezzi. Lo stile musicale di questo album è chiaramente ispirato ai modelli classici del rock degli anni 70 e degli anni 80 e il punto di forza di queste incisioni risiede sicuramente nelle notevoli capacità canore di Pierre, visto che il vocalist fa ampio sfoggio di acuti e di vibrato, che sono le doti migliori già messe in luce a The Voice e nelle sue produzioni precedenti.

Il disco parte alla grande con Ruins of Love il cui grintoso riff di chitarra è ispirato ai fondatori dell’hard rock come i Deep Purple o i Black Sabbath; le stesse atmosfere settantiane si trovano anche in Shower of Tears. Le influenze sulla musica di Pierre Edel non si esauriscono agli anni 70, visto che nell’album si trovano anche sonorità ottantiane e marcatamente AOR come in Snakewheel Ambustion e Return to the City of Love, dove la città dell’amore del titolo è ovviamente Parigi. Tra i pezzi dal sapore anni 80 si trova anche Chemistry of Love che di distingue per l’intro acustico dalle suggestioni caraibiche. Nell’album non manca una spruzzata di funk, con 66Sex, e nemmeno qualche momento più d’atmosfera con le power ballad Electric Bridge e Breaking Chains che chiude il disco.


Sul canale YouTube di Pierre Edel si possono trovare le versioni acustiche di Electric Bridge, Chemistry of Love oltre a un pezzo inedito intitolato Tu M’as Tout Dit, una ballad in cui troviamo il vocalist cantare in francese, dando così un tocco di originalità a questo pezzo dai ritmi lenti.

Nonostante sia poco noto al di fuori del mondo francofono e russofono, se non per le performance a The Voice, Pierre Edel è una delle realtà più interessanti del rock contemporaneo grazie a una voce singolare e molto versatile, e anche alla sua capacità compositiva riscontrabile nei suoi pezzi originali. Non resta che sperare che il grande pubblico si accorga di questo enorme talento e magari il mezzo per farsi conoscere potrebbe essere quello di allungare la lista dei talent show a cui ha partecipato.

domenica 20 gennaio 2019

La Mercury racconta i Queen - Milano, 19/1/2019

Se La Mercury racconta i Queen si ferma per una serata a Milano, l'evento è di quelli imperdibili. Lo dice il titolo stesso, la serata vedrà i classici di un quartetto leggendario del passato reinterpretati da un gruppo di musicisti leggendari di oggi. E allora vale proprio la pena di addentrarsi nel cuore del capoluogo, tra il freddo e il traffico, e sfidare il dedalo di strade tra cui la ricerca di un parcheggio sembra dover durare through the eons and on and on.


Il piano interrato del The Boss, il locale che ospita l'evento, ha una grande sala per concerti che questa sera è sold out al punto che tanta gente è costretta a seguire il concerto in piedi o seduta sui tavoli in fondo alla sala. Il trio apre lo spettacolo intorno alle 22:30, con l'ideatrice Francesca Mercury (il cui cognome d'arte rende omaggio proprio al vocalist dei Queen) nel ruolo di narratrice e corista, accompagnata da Giacomo Voli, vocalist dei Rhapsody of Fire, alle voci principali, alla tastiera e alla chitarra acustica, e Nik Messori, ex chitarrista di Gianluca Grignani, alla chitarra elettrica e alle seconde voci.

A partire dalle prime note si è capito che lo spettacolo che stava per iniziare era qualcosa di straordinario e mai visto prima, con Francesca che racconta piccoli stralci della vita dei Queen e curiosi aneddoti su Freddie Mercury e la sua band, e la narrazione di queste pillole di storia è alternata alle canzoni della band interpretate in quest'occasione in acustico. Può sembrare impossibile replicare in acustico gli arrangiamenti dei Queen così ricchi di orchestrazioni e sonorità teatrali, eppure questo terzetto ci riesce alla grande, quasi con facilità, come una macchina rodata che si muove alla perfezione, con Giacomo Voli in una serata perfetta che regala la sua ennesima interpretazione stellare. Del resto Giacomo è tra i pochissimi cantanti al mondo degni di raccogliere l'eredità del compianto Freddie e lo dimostra in tutti i pezzi, dai più semplici (ammesso che ne esistano) fino ai più difficili come Somebody to Love o Who Wants to Live Forever.

Questo inedito trio spazia attingendo i brani dalle due decadi di attività dei Queen, dal primo album che prende il nome stesso della band fino a Innuendo del 1991. Il pubblico risponde con il calore che questa iniziativa merita, cantando tutti i pezzi insieme al vocalist, scandendo il ritmo con il battito delle mani e con lo schiocco delle dita nella chiusura di Under Pressure. Tra un pezzo e l'altro Francesca racconta la genesi delle canzoni e spiega molte curiosità sulla produzione musicale del gruppo, come il fatto che It's a Hard Life contenga snippet di vari pezzi d'opera o per quale motivo One Vision si chiuda con il verso fried chicken. Nella setlist non può mancare Bohemian Rhapsody, che il terzetto la esegue in un medley con Killer Queen e The March of The Black Queen, riproponendo l'esperimento inventato proprio dai Queen a partire dal live in Hyde Park del 1976. A riprova delle incredibili capacità vocali di Giacomo Voli, il trio esegue Bohemian Rhapsody includendo anche l'intro a cappella, che nemmeno Freddie cantava dal vivo.


Purtroppo, come dice anche Francesca la cui passione per il racconto è tangibile, è impossibile eseguire tutta la discografia dei Queen in una sera, o saremmo rimasti lì fino alla mattina dopo, e quindi il concerto deve volgere al termine dopo aver ascoltato i pezzi più famosi della lunga discografia della band. In chiusura Francesca, Giacomo e Nik eseguono We Will Rock You, con il pubblico che scandisce il ritmo battendo i piedi e le mani, seguita da We Are The Champions, quasi come fossero un pezzo unico, così come si trovano anche nell'album News of the World da cui sono tratte.

E mentre usciamo di nuovo tra le strade di Milano in mezzo al viavai del capoluogo lombardo viene da chiedersi se le persone che percorrono le vie del centro hanno idea dello spettacolo a cui noi abbiamo assistito al piano interrato del The Boss. Probabilmente no, ma noi che siamo appena usciti da lì sappiamo che la musica dei Queen non smette di stupire e di unire; se poi è interpretata da alcuni tra i migliori musicisti di questa epoca che aggiungono la propria creatività a quella di Freddie e dei suoi tre soci è ancora meglio.

venerdì 4 gennaio 2019

Filippo Margheri - Indipendenza

Il 2018 ha visto il ritorno discografico del cantante fiorentino Filippo Margheri, che in passato ha ricoperto il ruolo di vocalist del gruppo underground dei MiiR e anche quello di voce e frontman dei Litfiba, il più glorioso gruppo rock del nostro paese, dopo Piero Pelù e Gianluigi Cavallo e prima del ritorno del primo.

Il nuovo album di Margheri, che tutt'ora alterna la propria attività di musicista a quella di ingegnere meccanico, si intitola Indipendenza ed è composto da undici tracce di puro rock duro, ruvido, graffiante e dai contorni gotici. Come è ovvio che sia tutte le tracce si basano sul connubio tra le basi dirette ed energiche e la straordinaria voce di Margheri che si conferma per potenza, estensione ed espressività una delle migliori realtà del rock nostrano e non solo; perché basta un ascolto di questo disco per capire che in realtà questo è uno dei migliori cantanti rock al mondo.

Il disco contiene una buona mescolanza di pezzi forti e altri più lenti e d'atmosfera. L'album parte alla grande con l'ottima Ora che si apre con un'intro di piano e voce, prima che si uniscano gli altri strumenti e che aumenti la velocità. Tra i pezzi migliori troviamo troviamo anche la ruggente Sedato, il pezzo più vicino all'hard&heavy dell'intero album, che fa riflettere su come la società moderna tenda ad appiattire i pensieri in modo da rendere i cittadini meno pericolosi e Cronico che è uno dei pezzi in cui Margheri dà miglior sfoggio delle sue capacità vocali grazie anche all'urlo che chiude le strofe.

Tra i pezzi più raccolti troviamo l'amara ballad Lei è, il midtempo Sacro e Profano e Grande che parte come una ballad per assestarsi su ritmi veloci e aggressivi nella seconda metà. Ritmi più lenti si trovano anche in Cattiva Bambina, primo singolo estratto dall'album, la cui seconda metà è impreziosita da Margheri che doppia parlando la propria voce cantata. Indipendeza contiene anche la nuova versione di Scusa Signore, sorta di preghiera salmodica la cui versione originale è stata pubblicata nel 2014.

Nel disco si trovano anche le nuove versioni di due dei pezzi migliori risalenti all'epoca in cui Filippo era il cantante dei Liftiba, quali Sepolto Vivo e La Rabbia in Testa. La melodia di entrambi resta immutata, ma l'arrangiamento viene reso più moderno, pulito e aggressivo, riuscendo così nell'incredibile compito di migliorare due pezzi che erano grandiosi già nel 2009.

Chiude il disco la cover di La Femmina di Piombino di Magnino Magni, scomparso prematuramente nel 1986 a 38 anni.

Giunti al termine dell'ascolto di Indipendenza sembra che il tempo sia trascorso troppo in fretta, perché questo disco è composto da undici tracce di altissimo livello, senza riempitivi e senza un attimo di noia. Margheri ci regala del sano rock sanguigno e diretto che colpisce dal primo all'ultimo minuto che convince sotto ogni aspetto: da quello autorale, agli arrangiamenti, fino alla realizzazione.

Indipendenza è sicuramente uno dei migliori album di rock italiano di ogni tempo ed è uno dei pochi che regge benissimo il confronto con i rocker americani o inglesi. Mentre diamo il "Bentornato" a Filippo Margheri non resta che da sperare che questo disco non resti un esperimento isolato e che questo straordinario musicista ci regali altre perle di questo valore

giovedì 27 dicembre 2018

Blackmore's Night - Winter Carols

Nel 2006 i Blackmore's Night, duo di rock rinascimentale composto dal chitarrista dei Deep Purple Ritchie Blackmore e dalla moglie Candice Night, hanno inciso il proprio primo, e fin qui unico, album di canti natalizi. Il disco si intitola Winter Carols e conserva tutte le caratteristiche distintive della musica dei Blackmore's Night basata, fin dal loro esordio discografico con Shadow of the Moon del 1997, sull'unione tra la strumentazione folk, fatta soprattutto di fiati e di strumenti a corda, e la voce angelica di Candice Night.

Per sottolineare la continuità tra questo lavoro e i precedenti, la copertina ritrae la stessa strada della città della Baviera Rothenburg ob der Tauber che compare anche sulla copertina di Shadow of the Moon e in questa seconda occasione il paesaggio è imbiancato dalla neve.

Il disco è composto da dodici tracce, prevalentemente pezzi tradizionali reinterpretati dai due nel loro stile. Ad essi si aggiungono due brani inediti, quali la strumentale Winter e la gioiosa Christmas Eve, e la cover di Wish You Were Here dei Rednex tratta dall'album di esordio dei Blackmore's Night e che è l'unica traccia che non ha nulla di natalizio.

Tra i pezzi migliori di questo album troviamo sicuramente Ma'oz Tzur, la cui prima strofa è cantata in ebraico e la seconda è presa invece dalla traduzione inglese intitolata Rock of Ages, e Ding Dong Merrily on High che è quello in cui Candice dà la miglior prova della sua vocalità grazie al celebre ritornello Gloria, Hosanna in Excelsis. Spicca anche la reinterpretazione di Good King Wencelsas in cui il canto di Candice Night è accompagnato da una ricca sezione di strumenti a corda a cui si aggiungono i fiati dalla seconda strofa.

Nell'album sono anche presenti due medley: quello tra Hark! The Herald Angels Sing e Come All Ye Faithful che apre il disco e quello tra l'inno calvinista Simple Gifts e Lord of the Dance del poeta inglese Sydney Carter, scritta proprio sulla melodia di Simple Gifts.

L'album è stato ristampato nel 2013 con un secondo disco che contiene cinque incisioni live e una nuova versione di Christmas Eve. Nel 2017 Winter Carol è stato ristampato per la seconda volta con l'aggiunta, rispetto alla versione del 2013, di altri tre classici natalizi: Deck the Halls, God Rest Ye Merry Gentlemen e Oh Christmas Tree

Winter Carols resta una delle migliori e più interessanti rivisitazioni dei canti natalizi in chiave rock, proprio per l'approccio singolare di questi due musicisti che sanno trasformare ogni brano su cui mettono le mani in qualcosa di magico e unico. Questo album di discosta, e di molto, da ogni altra registrazione rock o heavy metal dei canti natalizi, perché lo stile dei Blackmore's Night è unico e lontanissimo da quello di chiunque altro, e questa straordinaria coppia è riuscita anche in questo caso a dare un incredibile tocco di originalità e freschezza a brani vecchi di secoli.

domenica 23 dicembre 2018

Bohemian Rhapsody: il biopic sulla vita di Freddie Mercury

E’ proiettato nelle sale cinematografiche italiane in questi giorni il film Bohemian Rhapsody, il biopic che racconta la vita e la carriera musicale di Freddie Mercury dal suo ingresso nel Queen nel 1970 fino al Live Aid di Wembley nel 1985.

Il film racconta diversi aspetti della vita del cantante, dalla sua eccentricità, alla sua creatività musicale, fino alla sua controversa sessualità e al suo rapporto con Mary Austin. Bohemian Rhapsody è sicuramente godibile dal punto di vista cinematografico e le oltre due ore passate al cinema volano via come se il film durasse il tempo di un videoclip. Tuttavia purtroppo il film soffre di un evidente limite: è impossibile raccontare quindici anni in due ore. E proprio per questo la narrazione è molto superficiale, quasi irritante, per almeno tre quarti del film. Non viene approfondito nessuno dei temi proposti; ad esempio l’ingresso di Freddie nei Queen viene raccontato in modo incredibilmente frettoloso, viene completamente ignorato il fatto che la prima incisione di Mercury con May e Taylor non è il primo album dei Queen ma il singolo pubblicato con lo pseudonimo di Larry Lurex, non si capisce quasi nulla della composizione della traccia che dà il titolo al film, viene appena accennato e poi abbandonato il fatto che i Queen abbiano realizzato con Hot Space un disco volto alla disco music.

Inoltre il film contiene una serie di errori davvero notevoli di cui Rolling Stone ha fatto una lista molto ricca. Tra questi spicca il fatto che i Queen non si sono mai sciolti e non è quindi vero che il Live Aid fu una reunion. Inoltre, il disco solista di Freddie Mercury non portò alcun nervosismo nella band, né un'interruzione dell’attività della stessa e Freddie non fu il primo dei quattro a realizzare un disco in autonomia perché Roger Taylor ne registrò due tra il 1981 e il 1984 e anche Brian May realizzò un album senza il resto della band nel 1983.

Un anacronismo è scappato anche all'attenta analisi di Rolling Stone. Durante una festa a casa di Freddie ambientata poco prima che il band scrivesse We Will Rock You, si sente Super Freak di Rick James. Ma We Will Rock You è uscita nel 1977 e Super Freak nel 1981.

La parte finale del film è dedicata alla malattia di Freddie ed è questo l’unico aspetto che viene approfondito. Ma anche in questo caso è quasi tutto inventato, infatti Freddie Mercury non era a conoscenza della propria malattia prima del Live Aid e un esame svolto nel 1985 diede risultato negativo. Inoltre non è vero che i Queen furono aggiunti per ultimi alla scaletta del Live Aid, perché il loro nome compare nel primo elenco letto alla stampa da Bob Geldof.

L’unico merito di questo film è quello di aver recuperato incisioni inedite della band, tra pezzi registrati all'inizio della carriera e mai pubblicati, versioni live o arrangiamenti diversi di pezzi famosi. Tra questi spicca sicuramente l'estratto (cinque pezzi su otto) del medley di 21 minuti che il quartetto eseguì proprio al Live Aid.

In conclusione, consigliamo la visione del film? Sicuramente no, consigliamo piuttosto di ascoltarne la colonna sonora che è l'unica cosa che merita. Per il resto non resta che augurarsi che se un seguito del film verrà mai realizzato, come già ipotizzato da Brian May allo scopo di raccontare la vita del cantante dal 1985 al 1991, sia più fedele alla realtà e più rispettoso della vera vita di Freddie Mercury.

sabato 22 dicembre 2018

Trans-Siberian Orchestra - Christmas Eve and Other Stories

Nel 1996 Paul O'Neill, Robert Kinkel e Jon Oliva (rispettivamente produttore, tastierista e batterista dei Savatage) fondarono il supergruppo dei Trans-Siberian Orchestra allo scopo di reinterpretare i classici natalizi in stile hard rock. Il primo album dei Trans-Siberian Orchestra (o TSO, come sono anche noti) si intitola Christmas Eve and Other Stories ed è composto da quindici brani (più due tracce bonus); per le sue incisioni in studio il gruppo si avvale della presenza di un’orchestra e di un coro che si sommano alla band ed è proprio grazie alla numerosità dei suoi elementi che la musica proposta mostra un perfetto connubio tra stili musicali molto diversi.

Gli album dei TSO sono dei veri e propri concept album. Nel caso di Christmas Eve and Other Stories la vicenda narrata è quella di un uomo che entra in un bar la notte di Natale e incontra un anziano misterioso che gli racconta la storia di un angelo sceso dal cielo per vedere cosa viene fatto sulla Terra nel nome del Natale e del suo viaggio intorno al mondo per scoprirlo.

In Christmas Eve and Other Stories si trova di tutto: dal canto solista alle parti corali, pezzi classici e brani nuovi, medley, fraseggi metal e lunghe parti sinfoniche. Il disco si apre con l’inedito An Angel Came Down cantato da John Margolis e che presenta inserti della melodia di Stille Nacht di Franz Gruber. Segue un medley strumentale tra O Come All Ye Faithful e O Holy Night, e giunti a questo punto dell’ascolto si capisce di essere stati coinvolti in un viaggio musicale meraviglioso che porterà l’ascoltatore in terre inesplorate della musica natalizia e del metal.

Il terzo pezzo conferma quanto scoperto fin qui. Con A Star To Follow, che contiene degli inserti di God Rest Ye Merry Gentlemen si sommano diversi cori di voci maschili e di voci bianche a creare una polifonia vocale di grande impatto.

Tra momenti migliori di questo concept album troviamo la gioiosa e inedita First Snow e The Prince of Peace basata sulla melodia di Hark! The Herald Angels Sing di Felix Mendelssohn e cantata da Marlene Danielle. Tra i medley migliori spicca sicuramente quello tra Joy To The World e Good King Wenceslas intitolato Good King Joy.

Il disco contiene anche una versione strumentale di The First Noel ed è chiuso, come anticipato, da due bonus track: le versioni strumentali di O Holy Night e God Rest Ye Merry Gentlemen.

Christmas Eve and Other Stories è il primo volume della trilogia natalizia dei Trans-Siberian Orchestra proseguita nel 1998 e nel 2004 con gli album The Christmas Attic e The Lost Christmas Eve, e costituisce un disco dall'incredibile ricchezza sonora e compositiva. L’unica pecca di questa incisione è che per via delle rielaborazioni dei pezzi classici potrebbe essere inizialmente di difficile ascolto, ma questa difficoltà viene superata dopo pochi ascolti e le melodie dei TSO entrano in testa facilmente.

Christmas Eve and Other Stories è quindi un ottimo album di rock sinfonico ed è l’archetipo delle incisioni natalizie di stampo rock e metal: tutte le successive incisioni hard rock dei canti di Natale sono debitrici ai Trans-Siberian Orchestra e ai loro fondatori, che nel 1996 hanno realizzato questo storico disco.

martedì 18 dicembre 2018

Intervista a Giacomo Voli

Se fino a qualche anno fa veniva considerato il miglior cantante mai uscito da un talent show, oggi a Giacomo Voli questa etichetta inizia ad andare stretta, molto stretta. Il cantante di Coreggio ha infatti al suo attivo due dischi solisti e un album come vocalist dei TeodasiA, ha prestato la voce all'ultimo lavoro in studio di Edward De Rosa ed è attualmente il frontman e cantante dei Rhapsody of Fire.

Per parlare di tutti i suoi progetti e per raccontarci qualcosa di sé, Giacomo Voli ha accettato la nostra proposta di concederci una nuova intervista, dopo quella di qualche anno fa.

Ringraziamo Giacomo per la sua cortesia e disponibilità


125esima Strada: Ciao Giacomo e bentornato su questo blog! Parliamo anzitutto del tuo pezzo più recente Senza l'Autotiùn, ironico e tagliente. Come è nato questo pezzo? Che storia c'è dietro?

Giacomo Voli: Ciao a tutti! Il pezzo Senza l'Autotiùn è nato da una bozza di Filippo Martelli... della quale bozza non è rimasto nulla! Ahahaha... Scherzi a parte, ad inizio 2018 ho lavorato insieme ad un team per selezionare alcuni singoli in mezzo ad una decina di miei pezzi, e ho anche lavorato ad idee di Mr. Martelli per avere più spunti possibili. Musicalmente si trattava di un funky un po' 80, basato sulla chitarra acustica, il risultato dovrebbe lasciar capire come l'ho trasformato!

Dal punto di vista testuale ho lasciato libera la mente, è nato una sorta di "manifesto" di un rocker come tanti. Quelli come me che ascoltano e cantano generi anche più pesanti del pop italiano generalmente hanno apprezzato questo schiaffo simbolico alle abitudini della radio e della tv.

Ci sono molti riferimenti e potrei anche parlarne ma... preferisco lasciare a chiunque la libertà di riconoscere una propria battaglia o un proprio pensiero all'interno del testo!


125esima Strada: Recentissimamente hai partecipato alle selezioni per Sanremo Giovani, ma purtroppo non sei arrivato alla fase finale. Cosa ti resta di questa esperienza? Hai imparato qualcosa che ti porti a casa nel tuo bagaglio di esperienza?

Giacomo Voli: San Remo Giovani è stata una scelta difficile. Sicuramente ha creato non poche discussioni... D'altra parte, come credo tutti possano capire, queste occasioni sono quelle importanti per presentare la propria musica in ambiti molto conosciuti, che conservano una grande visibilità.

Ogni discussione legata alla qualità dell'ambiente, del "genere" che viene accettato lì... la lascio al tempo che trova. La musica che viene trasmessa e ascoltata è lo specchio di ciò che siamo, come la televisione. Mi sono detto che per rompere qualche muro qualcuno doveva pur cominciare!


125esima Strada: Da cosa pensi che sia dipesa la tua esclusione (non certamente dalla mancanza di talento!)? Forse il tuo stile non è abbastanza sanremese?

Giacomo Voli: Eh... ce ne sarebbe da dire. Ovviamente con precisione non lo saprò mai... Sicuramente il brano era "di rottura", così come è stato definito molte volte, e poteva essere un'arma a doppio taglio.

Io mi sono presentato con un'etichetta indipendente, Massarelli Production, e non avevamo nessuna possibilità di prevalere sulle grandi major e sui favoriti (Sony, Universal, Warner, Sugar ecc) perciò tutto dipendeva dai posti "vacanti" una volta che i favoriti fossero stati scelti. Spero di non dire cose scandalose...

Io sono sicuro di ciò che ho visto: Baglioni e la commissione si sono divertiti molto, tanto mi basta.


125esima Strada: Parliamo del futuro. Cosa ci puoi anticipare sull'EP di prossima uscita?

Giacomo Voli: Per adesso non ho una data precisa della pubblicazione... posso dire che raccoglierà sicuramente Senza l'autotiùn e l'altro singolo che era stato registrato (per iscriversi sono necessari due brani).

L'EP avrà un valore importante per me, perché racconterà la mia nuova maturità, nella scrittura, nella musica e nell'arrangiamento. In questi giorni sto lavorando assieme al management e al produttore per scegliere adeguatamente i prossimi passi da fare. Spero di potere dare presto notizie!


125esima Strada: Da due anni sei anche il vocalist dei Rhapsody of Fire, raccogliendo un'eredità pesante di cui sei sicuramente all'altezza. Quali spunti nuovi ti dà questa esperienza nel più importante gruppo metal del nostro paese?

Giacomo Voli: Sicuramente la vicinanza con un grande compositore come Alex Staropoli mi ha fatto crescere in modo esponenziale. Il mio compito, oltre che vocale, è stato quello di scrivere la nuova saga e i testi del primo disco con questa formazione, assieme a Roberto de Micheli (chitarrista). Tutti e tre abbiamo creato il nuovo cuore pulsante della band, con l'aiuto di una sezione ritmica paurosa (Alessandro Sala al basso e Manu Lotter alla batteria).

Ciò che ho imparato grazie a questa esperienza (appena cominciata) è sicuramente di aver approfondito ancora di più la capacità compositiva, le qualità delle diverse lingue (ho cantato una stessa canzone in quattro lingue, e uno dei singoli anche in una lingua orientale) e la loro musicalità. Queste cose hanno un valore inestimabile per me.


125esima Strada: La tua carriera solista è molto diversa da ciò che interpreti nei Rhapsody of Fire. Quali lati diversi della tua personalità metti in campo in queste attività così lontane tra loro?

Giacomo Voli: Come solista combatto una battaglia culturale, contro la musica italiana come la conosciamo. Credo fortemente che la bella musica non abbia genere, quando un brano è costruito bene (testo e musica) all'interno del proprio genere, non ha paragoni che reggano.

Il mio intento è di abituare anche me stesso all'idea che le sonorità rock che amo non devono essere così distanti dalla nostra cultura e dalla nostra bellissima lingua. Perché? Perché io parlo, sogno, desidero in italiano :D

Con i Rhapsody of Fire (nonostante il genere sia molto differente per ambientazione e potenza) ho potuto ritrovare il lato "lirico" e "cavalleresco" che come solista non esprimo, perciò sono due aspetti di me che sento complementari e coesistenti dentro di me, sono contento di avere più sfumature e lati da osservare... altrimenti sai che noia?


125esima Strada: Ci puoi anticipare qualcosa anche sul nuovo album dei Rhapsody of Fire di prossima uscita?

Giacomo Voli: La prima pietra di un bel viaggio! Credo che sarà ottimo "pane" per i denti dei fan di lunga data.
Abbiamo voluto conservare molti dei "cliché" tipici della storia della band, la saga, i termini epici e fieri, le battaglie, la magia... senza rinunciare alla freschezza della line up. Siamo molto fieri del nostro lavoro!


125esima Strada: Recentemente hai anche intrapreso una nuova attività in cui esegui delle cover dei Queen. Ci racconti qualcosa di questo nuovo progetto e anche di come è nata la tua passione per i Queen?

Giacomo Voli: Il primo amore non si scorda mai... giusto? Fin da quando avevo pochissimi anni ricordo i dischi A Kind of Magic e Innuendo come colonna sonora delle mie giornate. Questo piccolo "tributo" è stato frutto di una passione irrefrenabile che, in questa chiave, aveva senso di essere espressa. Esistono centinaia di tributi ai Queen, ma questa formula rende la nostra proposta differente dal solito. Francesca Mercury è un'enciclopedia ambulante del rock (oltre che una persona speciale) e racconta aneddoti e curiosità su Freddie e i Queen, Nik Messori è un chitarrista straordinario (suonava con Grignani e molti altri) e anche un ottimo corista. Io mi sono preso il compito di suonare anche il pianoforte, oltre che a cantare le parti del grande frontman. Mi emoziono ogni volta!

Vi aspetto anche lì.


125esima Strada: Grazie ancora del tempo che ci hai dedicato e buon lavoro!

Giacomo Voli: Grazie a voi per il sostegno! Alla prossima!